Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

sabato 28 febbraio 2009

Di se stesso di Ugo Foscolo

Charles Gleyre/Figure di Baccanti
Non son chi fui; perì di noi gran parte:
Questo che avanza è sol languore e pianti.
E secco è il mirto, e son le foglie sparte
Del lauro, speme al giovenil mio canto.
Perché dal dì ch'empia licenza e Marte
Vestivan me del lor sanguineo manto,
Cieca è la mente e guasto il core, ed arte.
L'umana strage, arte è in me fatta, e vanto.
Che se pur sorge di morir consiglio,
A mia fiera ragion chiudon le porte
Furor di gloria, e carità di figlio.
Tal di me schiavo, e d'altri, e della sorte
Conosco il meglio ed al peggior 'mi appiglio:
E so invocare e non darmi la morte.

venerdì 27 febbraio 2009

L'ultima infedeltà di Guido Gozzano

Dewing
Dolce tristezza, pur t'aveva seco,
non è molt'anni, il pallido bambino
sbocconcellante la merenda, chino
sul tedioso compito di greco...
Più tardi seco t'ebbe in suo cammino
sentimentale, adolescente cieco
di desiderio, se giungeva l'eco
d'una voce, d'un passo femminino.
Oggi pur la tristezza si dilegua
per sempre da quest'anima corrosa
dove un riso amarissimo persiste,
un riso che mi torce senza tregua
la bocca... Ah! veramente non so cosa
più triste che non più essere triste!
(Da I colloqui)

giovedì 26 febbraio 2009

Oboe sommerso di Salvatore Quasimodo

D.G.Rossetti/King DavidAvara pena, tarda il tuo dono
in questa mia ora
di sospirati abbandoni.
Un oboe gelido risillaba
gioia di foglie perenni,
non mie, e smemora;
in me si fa sera:
l'acqua tramonta
sulle mie mani erbose.
Ali oscillano in fioco cielo,
labili: il cuore trasmigra
ed io son gerbido,
e i giorni una maceria.

mercoledì 25 febbraio 2009

Mercoledì delle ceneri III di Thomas S. Eliot

Alice Pike Barney
III
Là dalla prima rampa della seconda scala
Mi volsi e vidi in basso
La stessa forma avvinta alla ringhiera
Sotto la nebbia nell'aria fetida
In lotta col demonio delle scale
Dall'ingannevole volto della speranza e della disperazione.
Alla seconda rampa della seconda scala
Li lasciai avvinghiati, volti in basso;
Non v'erano più volti e la scala era oscura,
Scheggiata ed umida, come la bocca guasta
E bavosa di un vecchio, o la gola dentata di un antico squalo.
Là sulla prima rampa della terza scala
Una finestra a inferriata con il ventre gonfìo
Come quello di un fico e al di là
Del biancospino in fìore e della scena agreste
Quella figura dalle spalle ampie vestita in verde e azzurro
Affascinava il maggio con un flauto antico.
Sono dolci le chiome arruffate, le chiome brune arruffate sulla bocca,
Lillà e chiome brune;
Lo sgomento, la musica del flauto, le pause e i passi della mente sulla terza scala,
Svaniscono, svaniscono; al di là della speranza e al di là della disperazione
La forza sale sulla terza scala.
Signore, non son degno
Signore, non son degno
ma di' una sola parola.
(1930)

At the first turning of the second stair
I turned and saw below
The same shape twisted on the banister
Under the vapour in the fetid air
Struggling with the devil of the stairs who wears
The deceitul face of hope and of despair.
At the second turning of the second stair
I left them twisting, turning below;
There were no more faces and the stair was dark,
Damp, jaggèd, like an old man's mouth drivelling, beyond repair,
Or the toothed gullet of an agèd shark.
At the first turning of the third stair
Was a slotted window bellied like the figs's fruit
And beyond the hawthorn blossom and a pasture scene
The broadbacked figure drest in blue and green
Enchanted the maytime with an antique flute.
Blown hair is sweet, brown hair over the mouth blown,
Lilac and brown hair;
Distraction, music of the flute, stops and steps of the mind
over the third stair,
Fading, fading; strength beyond hope and despair
Climbing the third stair.
Lord, I am not worthy
Lord, I am not worthy
but speak the word only.

martedì 24 febbraio 2009

Canzona di Bacco di Lorenzo De Medici

Feuerbach/Miriam
Quant'è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Quest'è Bacco ed Arïanna,
belli, e l'un de l'altro ardenti:
perché 'l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia
di doman non c'è certezza.
Queste ninfe hanno anco caro
da lor essere ingannate:
non può fare a Amor riparo,
se non gente rozze e ingrate:
ora insieme mescolate
suonon salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Questa soma, che vien drieto
sopra l'asino, è Sileno:
così vecchio è ebbro e lieto,
già di carne e d'anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Mida vien dopo a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro,
s'altro poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi siàn, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò ch'a esser convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza
(dai Canti Carnacialeschi)

lunedì 23 febbraio 2009

Sopportò finchè le semplici vene di Emily Dickinson

Charles Auguste Emile Duran*1900
Sopportò finché le semplici vene
Tracciarono d'azzurro la sua mano -
Finché imploranti, intorno ai quieti occhi
I purpurei pastelli stettero.
Finché le Giunchiglie vennero e andarono
Non so dire quante,
E poi cessò di resistere -
E con i Santi si assise.
Non più la sua paziente figura
Al crepuscolo dolce da incontrare -
Non più la sua timida cuffia
Sulla strada del villaggio -
Ma corone invece, e cortigiani -
E in mezzo a tale bellezza,
Quale se non il suo schivo -
immortale volto
È quello di cui sussurriamo qui?

domenica 22 febbraio 2009

L'ora nostra di Umberto Saba

Guy HoffSai un'ora del giorno che più bella
sia della sera? tanto
più bella e meno amata? È quella
che di poco i suoi sacri ozi precede;
l'ora che intensa è l'opera, e si vede
la gente mareggiare nelle strade;
sulle mole quadrate delle case
una luna sfumata, una che appena
discerni nell'aria serena.
È l'ora che lasciavi la campagna
per goderti la tua cara città,
dal golfo luminoso alla montagna
varia d'aspetti in sua bella unità;
l'ora che la mia vita in piena va
come un fiume al suo mare;
e il mio pensiero, il lesto camminare
della folla, gli artieri in cima all'alta
scala, il fanciullo che correndo salta
sul carro fragoroso, tutto appare
fermo nell'atto, tutto questo andare
ha una parvenza d'immobilità.
È l'ora grande, l'ora che accompagna
meglio la nostra vendemmiante età.

sabato 21 febbraio 2009

Raccomandazione a un figlio di Ernest Hemingway

Josè Luis/Alvarez Ortega
Non fidarti d'un bianco,
Un ebreo non ammazzare,
Non firmare mai un contratto,
Un banco in chiesa non affittare.
Non arruolarti nell'esercito;
Pigliare troppe mogli non bisogna;
Non scrivere mai per le riviste:
Non grattarti la rogna.
Metti sempre una carta sul sedile del cesso,
con la guerra sta in campana,
Tieniti pulito, non essere malmesso,
Non sposare una puttana.
Non pagare i ricattatori,
Gli avvocati tieni a bada,
Non fidarti degli editori,
O finirai in mezzo a una strada.
Tutti gli amici ti lasceranno
Prima o poi moriranno, lo sai,
Che la tua vita sia sana e pulita
E in paradiso li ritroverai.

venerdì 20 febbraio 2009

Armonia della sera di Charles Baudelaire

Duchessa di Portland/De Laszlo 1911
Già s'avvicina l'ora che trepido ogni fiore
come un vaso d'incenso svapora sullo stelo;
solcano effluvi e musiche la sera senza velo;
malinconico valzer, delirante languore!
Ogni fiore svapora trepido sullo stelo;
il violino geme come un afflitto cuore;
malinconico valzer, delirante languore!
Come un altare immenso è triste e bello il cielo.
Il violino geme come un afflitto cuore,
un mite cuore, ch'odia il nulla vasto e gelido!
Come un altare immenso è triste e bello il cielo;
nel suo sangue rappreso il sole immoto muore.
Un mite cuore, ch'odia il nulla vasto e gelido,
dei bei giorni che furono raccoglie ogni bagliore;
nel suo sangue rappreso il sole immoto muore....
Il tuo ricordo in me brilla come un cimelio!

giovedì 19 febbraio 2009

Il lampo di Giovanni Pascoli

J.Singer SargentE cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo,
esterrefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.

mercoledì 18 febbraio 2009

Avorio di Mario Luzi

Elinor Glyn 1927/De Laszlo
Parla il cipresso equinoziale, oscuro
e montuoso esulta il capriolo,
dentro le fonti rosse le criniere
dai baci adagio lavan le cavalle.
Giù da foreste vaporose immensi
alle eccelse città battono i fiumi
lungamente, si muovono in un sogno
affettuose vele verso Olimpia.
Correranno le intense vie d'Oriente
ventilate fanciulle e dai mercati
salmastri guarderanno ilari il mondo.
Ma dove attingerò io la mia vita
ora che il tremebondo amore è morto?
Violavano le rose l'orizzonte,
esitanti città stavano in cielo
asperse di giardini tormentosi,
la sua voce nell'aria era una roccia
deserta e incolmabile di fiori.

martedì 17 febbraio 2009

Ciò che ho scritto di noi di Nazim Hikmet

Konstantin Yegorovich Makovsky*Julia Makovskaya 
Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
è la mia nostalgia
cresciuta sul ramo inaccessibile
è la mia sete
tirata su dal pozzo dei miei sogni
è il disegno
tracciato su un raggio di sole
ciò che ho scritto di noi è tutta verità
è la tua grazia
cesta colma di frutti rovesciata sull'erba
è la tua assenza
quando divento l'ultima luce all'ultimo angolo della via
è la mia gelosia
quando corro di notte fra i treni con gli occhi bendati
è la mia felicità
fiume soleggiato che irrompe sulle dighe
ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
ciò che ho scritto di noi è tutta verità.

lunedì 16 febbraio 2009

O iubelo de core di Jacopone Da Todi

Anonimo*Proculo e moglie
O iubelo de core,
che fai cantar d'amore!
Quanno iubel se scalda,
sì fa l'omo cantare;
e la lengua barbaglia,
non sa que se parlare;
drento no 'l pò celare
(tant'è granne!) el dolzore.
Quanno iubel c'è aceso,
sì fa l'omo clamare;
lo cor d'amor è apreso,
che no 'l pò comportare;
stridenno el fa gridare
e non virgogna allore.
Quanno iubelo à preso
lo core ennamorato,
la gente l'à 'n deriso,
pensanno el so parlato,
parlanno esmesurato
de que sente calore.
O iubel, dolce gaudio,
ch'è' drento ne la mente!
Lo cor deventa savio,
celar so convenente;
non pò esser soffrente
che non faccia clamore.
Chi non à custumanza
te reputa empazzito,
vedenno esvalianza
com'om ch'è desvanito.
Drent'à lo cor firito,
non se sente de fore.

domenica 15 febbraio 2009

Esistere psichicamente di Andrea Zanzotto

La poesia antica 1888/Lefevbre Da questa artificiosa terra-carne
esili acuminati sensi
e sussulti e silenzi,
da questa bava di vicende
- soli che urtarono fili di ciglia
ariste appena sfrangiate pei colli -
da questo lungo attimo
inghiottito da nevi, inghiottito dal vento,
da tutto questo che non fu
primavera non luglio non autunno
ma solo egro spiraglio
ma solo psiche,
da tutto questo che non è nulla
ed è tutto ciò ch'io sono:
tale la verità geme a se stessa,
si vuole pomo che gonfia ed infradicia.
Chiarore acido che tessi
i bruciori d'inferno
degli atomi e il conato
torbido d'alghe e vermi,
chiarore-uovo
che nel morente muco fai parole
e amori.

sabato 14 febbraio 2009

Mai più di Jacques Prevert

In piena notte all'alba
mai più per sempre
io ti amerò
Ecco cosa egli le cantava
Il cuore di lei lo trattava freddamente
Vorrei che tu non amassi che me
Egli le diceva che era pazzo di lei
e che ella era troppo ragionevole di lui
Mai più per sempre
in pieno giorno e di prima notte
Ma certo
se ti dico che ti amo
ti amo da morire
ed anche un po' da viverne
E non voglio dire che non amo che te
che non amo partire
partire per ritornare
che non amo ridere
e che ai tuoi teneri lamenti io non preferisco il tuo sorriso
Non amare che me
ella dice
o allora questo non conta
Cerca di capire
Non m'importa niente di capire
Hai ragione non si tratta di capire
si tratta di sapere
Non voglio sapere nulla
Hai ragione
non si tratta di sapere
si tratta di vivere di essere di esistere
Tutto ciò non esiste
voglio che tu mi ami
e che non ami che me
ma voglio che le altre ti amino
e che tu ti rifiuti a loro
a causa mia
Terribilmente avida
È forse colpa mia ma son fatta così
Va bene egli dice e se ne va
Mai più all'alba
in piena notte per sempre
Non vale la pena ritornare
Lei ha gettato le valigie dalla finestra
e lui è per la strada
solo con le valigie
Ed eccomi ora tutto solo come un cane sotto la pioggia
poi constata che non piove
peccato
è meno riuscito
comunque non si può avere tutte le sere una tempesta di neve
e la scena non è sempre drammatica a piacimento
L'uomo lascia cadere le valigie
le camicie e il rasoio elettrico
le boccette
e con le mani in tasca
il bavero del soprabito rialzato
si addentra nella nebbia
Non c'è nebbia
ma l'uomo pensa
Abbandono le valigie mi addentro nella nebbia
Allora c'è la nebbia
e l'uomo è nella nebbia
e pensa al suo grande amore
e rivanga i violini del ricordo
ed accelera il passo perché fa freddo
e passa un ponte e ritorna sui suoi passi e passa un altro ponte
e non sa perché
Uomini e donne escono da un cinema dove dietro a un manifesto c'è un prelato
E la folla se ne va la luce si spegne il prete resta
Che diavolo potrà mai fottere di dietro a quel manifesto quel prete
Appena l'uomo lo guarda il prete scompare
ma di tanto in tanto la testa s'affaccia
come il piccolo cappuccino della piccola casetta dei barometri molto semplici
una testa piatta e livida come una luna malata
come albume stantio su un piatto molto sporco
E poi dopo tutto
che me ne frega
Quel cinema
è forse il locale notturno
di quel prete
Ma il prete lancia un piccolo grido
come una donnetta che viene scannata
come un barboncino che muore
Nelle nebbie di Londra
in piena Parigi di notte
l'uomo fugge
Mai più per sempre
inseguito dal suo grande amore.

venerdì 13 febbraio 2009

Mio fratello era aviatore di Bertold Brecht

Dicksee
Mio fratello era aviatore.
Un giorno gli diedero una carta,
e fece i bagagli, con rotta verso Sud.
Mio fratello è un conquistatore.
Al nostro popolo serve spazio,
è un nostro antico sogno
avere terre.
Lo spazio mio fratello l'ha conquistato
nel massiccio del Guadarrama.
È lungo un metro e ottanta,
profondo un metro e cinquanta.

giovedì 12 febbraio 2009

Ai giovani di Alda Merini

BuigasBella ridente e giovane
con il tuo ventre scoperto,
e una medaglia d'oro
sull'ombelico,
mi dici che fai l'amore ogni giorno
e sei felice e io penso che il tuo ventre
è vergine mentre il mio
è un groviglio di vipere
che voi chiamate poesia
ed è soltanto tutto l'amore
che non ho avuto
vedendoti io ho maledetto
la sorte di essere un poeta.

mercoledì 11 febbraio 2009

Grandi misteri abitano di Fernando Pessoa

Khnopff Grandi misteri abitano
la soglia del mio essere,
la soglia dove esitano
grandi uccelli che fissano
il mio tardivo andar aldilà di vederli.
Sono uccelli pieni di abisso,
come ci sono nei sogni.
Esito se scandaglio e medito,
e per la mia anima è cataclisma
la soglia dove essa sta.
Allora mi sveglio dal sogno
e mi rallegro della luce,
seppure di malinconico giorno;
perché la soglia è paurosa
e ogni passo è una croce.

martedì 10 febbraio 2009

Stanze di Emily Bronte

Shannon*Iris
Spesso ammonita, eppure sempre ritorno
A quelle prime emozioni dell'infanzia,
Lasciando l'affannosa caccia di sapere e ricchezza
Per più pigri, irrealizzabili sogni:
Oggi eviterò l'ombrosa regione
La cui insostenibile vastità mi opprime;
Le visioni insorgono a legioni
Recando l'irreale a una strana prossimità.
Camminerò, ma non sulle antiche eroiche tracce,
Né attraverso sentieri di nobile condotta,
O tra sembianze appena distinguibili,
Nebulose sagome di una storia remota.
Andrò dove la mia natura mi conduce;
E mi annoia scegliere altra guida:
Dove le greggi brucano le felci tra le gole
E il vento soffia selvaggiamente sui declivi.
Cos'hanno da svelare di tanto grande questi monti?
Più gloria e più dolore di quanto io sappia dire:
La terra che desta il cuore all'emozione
Può concentrare in sè Cielo e Inferno.

lunedì 9 febbraio 2009

Farfalle di Pablo Neruda

Chambers Le farfalle
ballano
velocemente
un ballo
rosso
nero
arancione
verde
azzurro
bianco
granata
giallo
violetto
nell'aria
nei fiori
nel nulla
sempre volanti
consecutive
e remote.

domenica 8 febbraio 2009

Il Testamento di Fabrizio De Andrè

Robert Hale Ives Gammell
Quando la morte mi chiamerà
forse qualcuno protesterà
dopo aver letto nel testamento
quel che gli lascio in eredità
non maleditemi non serve a niente
tanto all'inferno ci sarò già
ai protettori delle battone
lascio un impiego da ragioniere
perché provetti nel loro mestiere
rendano edotta la popolazione
ad ogni fine di settimana
sopra la rendita di una puttana
voglio lasciare a Bianca Maria
che se ne frega della decenza
un attestato di benemerenza
che al matrimonio le spiani la via
con tanti auguri per chi c'è caduto
di conservarsi felice e cornuto
sorella morte lasciami il tempo
di terminare il mio testamento
lasciami il tempo di salutare
di riverire di ringraziare
tutti gli artefici del girotondo
intorno al letto di un moribondo
signor becchino mi ascolti un poco
il suo lavoro a tutti non piace
non lo consideran tanto un bel gioco
coprir di terra chi riposa in pace
ed è per questo che io mi onoro
nel consegnarle la vanga d'oro
per quella candida vecchia contessa
che non si muove più dal mio letto
per estirparmi l'insana promessa
di riservarle i miei numeri al lotto
non vedo l'ora di andar fra i dannati
per rivelarglieli tutti sbagliati
quando la morte mi chiederà
di restituirle la libertà
forse una lacrima forse una sola
sulla mia tomba si spenderà
forse un sorriso forse uno solo
dal mio ricordo germoglierà
se dalla carne mia già corrosa
dove il mio cuore ha battuto un tempo
dovesse nascere un giorno una rosa
la do alla donna che mi offrì il suo pianto
per ogni palpito del suo cuore
le rendo un petalo rosso d'amore
a te che fosti la più contesa
la cortigiana che non si dà a tutti
ed ora all'angolo di quella chiesa
offri le immagini ai belli ed ai brutti
lascio le note di questa canzone
canto il dolore della tua illusione
a te che sei costretta per tirare avanti
costretta a vendere Cristo e i santi
quando la morte mi chiamerà
nessuno al mondo si accorgerà
che un uomo è morto senza parlare
senza sapere la verità
che un uomo è morto senza pregare
fuggendo il peso della pietà
cari fratelli dell'altra sponda
cantammo in coro già sulla terra
amammo tutti l'identica donna
partimmo in mille per la stessa guerra
questo ricordo non vi consoli
quando si muore si muore soli.

sabato 7 febbraio 2009

A tutte le donne di Alda Merini

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra

venerdì 6 febbraio 2009

Rimembranza di Emily Bronte

John W. Alexander*Isabel
Freddo nella terra, pesa su te la neve profonda,
lontano, lontano, isolato, freddo nella tetra tomba!
Ho dimenticato, mio unico amore, di amarti,
divisa infine dall'onda del tempo che tutto divide?
Non vagano più, in solitudine, i miei pensieri
oltre le montagne, là, sulle sponde del nord,
riposando le ali dove erica e felci, per sempre,
per sempre nascondono il tuo nobile cuore?
Freddo nella terra, e il gelo di quindici inverni,
da quelle scure colline, si è sciolto in primavera:
si, è fedele lo spirito che ancora ricorda
dopo tali anni di mutamenti e sofferenze.
Dolce amore della giovinezza, perdona, se ti dimentico,
mentre la corrente del mondo mi trascina;
altri desideri, altre speranze mi chiamano,
speranze che offuscano, ma non recano offesa!
Non una nuova luce si è accesa nel mio cielo,
non un nuovo mattino è mai sorto per me;
la gioia della mia vita veniva dalla tua cara vita,
la gioia della mia vita è nella tomba con te.
Ma, quando perirono i giorni dorati del sogno
né la disperazione poteva ancora distruggere;
imparai allora che si può amare l'esistenza,
e darle forza e nutrirla, privati della gioia.
Allora frenai le lacrime della vana passione,
svezzai il mio giovane spirito dal desiderio del tuo;
gli negai il desiderio bruciante di correre
in quella tomba che già era più che mia.
E ancora non oso lasciarlo languire,
non oso accogliere l'estasi e la pena del ricordo;
se bevessi a fondo di questa angoscia sublime,
non potrei più cercare il vuoto mondo.

giovedì 5 febbraio 2009

Anima mia di Nazim Hikmet

Pablo Picasso
Anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
e come s’affonda nell’acqua
immergiti nel sonno
nuda e vestita di bianco
il più bello dei sogni
ti accoglierà
anima mia
chiudi gli occhi
piano piano
abbandonati come nell’arco delle mie braccia
nel tuo sonno non dimenticarmi
chiudi gli occhi pian piano
i tuoi occhi marroni
dove brucia una fiamma verde
anima mia.

mercoledì 4 febbraio 2009

La bellezza di Charles Baudelaire

Leonardo da Vinci*Monna Lisa
Sono bella, o mortali, come un sogno di pietra e il mio seno,
cui volta a volta ciascuno s'è scontrato,
è fatto per ispirare al poeta un amore eterno e muto come la materia.
Troneggio nell'azzurro quale Sfinge incompresa,
unisco un cuore di neve alla bianchezza dei cigni,
odio il movimento che scompone le linee e mai piango, mai rido.
I poeti, di fronte alle mie grandi pose,
che ho l'aria di imitare dai più fieri monumenti,
consumeranno i giorni in studi severi, perché,
onde affascinare quei docili amanti,
ho degli specchi puri che fanno più bella ogni cosa:
I miei occhi, questi larghi occhi dalle luci eterne.

martedì 3 febbraio 2009

Un rimorso di Guido Gozzano

James Tissot*1877
I.
O il tetro Palazzo Madama...
la sera... la folla che imbruna...
Rivedo la povera cosa,
la povera cosa che m'ama:
la tanto simile ad una
piccola attrice famosa.
Ricordo. Sul labbro contratto
la voce a pena s'udì:
"O Guido! Che cosa t'ho fatto
di male per farmi così?"
II.
Sperando che fosse deserto
varcammo l'androne, ma sotto
le arcate sostavano coppie
d'amanti... Fuggimmo all'aperto:
le cadde il bel manicotto
adorno di mammole doppie.
O noto profumo disfatto
di mammole e di petit-gris...
"Ma Guido che cosa t'ho fatto
di male per farmi così?".
III.
Il tempo che vince non vinca
la voce con che mi rimordi,
o bionda povera cosa!
Nell'occhio azzurro pervinca,
nel piccolo corpo ricordi
la piccola attrice famosa...
Alzò la veletta. S'udì
(o misera tanto nell'atto!)
ancora: "Che male t'ho fatto,
o Guido, per farmi così?".
IV.
Varcammo di tra le rotaie
la Piazza Castello, nel viso
sferzati dal gelo più vivo.
Passavano giovani gaie...
Avevo un cattivo sorriso:
eppure non sono cattivo,
non sono cattivo, se qui
mi piange nel cuore disfatto
la voce: "Che male t'ho fatto,
o Guido per farmi così?".

lunedì 2 febbraio 2009

Il nido di Giovanni Pascoli

Vincent Van Gogh Dal selvaggio rosaio scheletrito
penzola un nido. Come, a primavera,
ne prorompeva empiendo la riviera
il cinguettio del garrulo convito!
Or v'è sola una piuma, che all'invito
del vento esita, palpita leggiera;
qual sogno antico in anima severa,
fuggente sempre e non ancor fuggito:
e già l'occhio dal cielo ora si toglie;
dal cielo dove un ultimo concento
salì raggiando e dileguò nell'aria;
e si figge alla terra, in cui le foglie
putride stanno, mentre a onde il vento
piange nella campagna solitaria.

domenica 1 febbraio 2009

C' erano Ike e Tony e Jaque e il sottoscritto di Ernest Hemingway

Geranzani/Bagnanti 1918
C'erano Ike e Tony e Jaque e il sottoscritto
Che giravano per il centro di Schio
Tre giorni di licenza e ti senti un gran dritto
Sbronzi duri ma l'occhio aperto e fitto
Si guardava com'erano fatte, santo Dio
Perché la faccia non interessa quando hai solo tre giorni
di licenza
Né ad Ike né a Tony né a Jaque né al sottoscritto.
La faccia è gratis, la guardi, ne hai diritto
Ma una caviglia ti costa sofferenza
Perché la caviglia è un segno.
Buono è il cognac anche se Martel non è,
La caviglia ha segreti che tiene per sé.
Certe volte li serba, o li scambia con te.
Fra tre giorni saremo di nuovo all'inferno, ecco perché
Non ce ne importa un fico se anche lei Martel non è.