Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

mercoledì 31 marzo 2010

Risurrezione di Gabriele D'Annunzio

Previtali

Suono di campane,
voce che trasvola sul mondo,
canto che piove dal cielo sulla terra,
nella città sorda e irrequieta,
e nel silenzio dei colli
ove, nel pallore argenteo,
le bacche d’olivo maturano il dono di pace.
Suono che viene a te,
quale alleluia pasquale,
a offrirti la gioia di ogni primavera,
a chiamarti alla rinascita;
a dirti che la terra rifiorisce
se il tuo cuore si aprirà come un boccio,
che ripete un gesto d’amore e di speranza,
levando il mite ramoscello
in questa chiara alba di risurrezione

martedì 30 marzo 2010

Epitalamio di Pablo Neruda

Mannheim Ricordi quando
d' inverno
giungemmo all'isola?
Il mare verso di noi innalzava
una coppa di freddo.
Alle pareti i rampicanti
sussurravano lasciando
cadere foglie oscure
al nostro passaggio.
Anche tu eri una Piccola foglia
che tremava sul mio petto.
Il vento della vita ti pose lì.
Dapprima non ti vidi; non seppi
che camminavi con me,
finché le tue radici
perforarono il mio petto,
s'unirono ai fili del mio sangue,
parlarono per la mia bocca,
fiorirono con me.
Così fu inavvertita la tua presenza,
foglia o ramo invisibile
e il Mio cuore d'improvviso
si Popolò di frutti e di suoni.
Abitasti la casa
che t'attendeva oscura,
e allora accendesti le lampade.
Ricordi, amor mio,
i nostri primi passi nell'isola?
Le pietre grige ci riconobbero,
le raffiche della pioggia,
le grida del vento nell' ombra.
Ma il fuoco fu
il nostro unico amico,
vicino ad esso stringemmo
con quattro braccia, nell'inverno,
il dolce amore.
Il fuoco vide crescere nudo il nostro amore
fino a toccare stelle nascoste,
e vide nascere e morire il dolore
come una spada spezzata
contro l'amore invincibile.
Ricordi,
oh addormentata nella mia ombra,
come da te cresceva
il sonno,
dal tuo petto nudo,
aperto con le sue cupole gemelle,
verso il mare, verso il vento dell'isola,
e come io nel tuo sogno navigavo
libero, nel mare e nel vento,
legato e sommerso tuttavia
all'azzurro volume della tua dolcezza?
O dolce, dolce mia,
mutò la primavera
i muri dell'isola.
Apparve un fiore come una goccia
di sangue color d'arancia,
poi i colori scaricarono
tutto il loro peso puro.
Il mare riconquistò la sua trasparenza,
la notte su nel cielo
mise in mostra i suoi grappoli,
e ormai tutte le cose sussurrarono
il nostro nome d'amore; pietra a pietra
dissero il nostro nome e il nostro bacio.
L'isola di pietra e di muschio
risuonò nel segreto delle sue grotte
come nella tua bocca il canto,
e il fiore che nasceva
tra gli interstizi della pietra
con la sua sillaba segreta
disse mentre passavi il tuo nome
di pianta bruciante,
e la scoscesa roccia innalzata
come il muro del mondo
riconobbe il mio canto, beneamata,
e tutte le cose dissero
il tuo amore, il mio amore, amata,
perché la terra, il tempo, il mare, l'isola,
la vita, la marea,
il germe che dischiude
le sue labbra nella terra,
il fiore divoratore,
il movimento della primavera,
tutto ci riconosce.
Il nostro amore è nato
fuori delle pareti,
nel vento,
nella notte,
nella terra,
e per questo l'argilla e la corolla,
il fango e le radici
sanno come ti chiami,
e sanno che la mia bocca
si unì alla tua
perché nella terra ci seminarono insieme
solo senza che noi lo sapessimo,
e che cresciamo insieme
e insieme fioriamo,
e per questo
quando passiamo
il tuo nome è nei petali
della rosa che cresce nella pietra,
il mio nome È nelle grotte.
Tutti lo sanno,
non abbiamo segreti,
siamo cresciuti insieme,
ma non lo sapevamo.
Il mare conosce il nostro amore, le pietre
dell'altura rocciosa
sanno che i nostri baci fiorirono
con purezza infinita,
come una bocca scarlatta
albeggia nei loro interstizi:
così conoscono il nostro amore e il bacio
che uniscono la tua bocca e la mia
in un fiore eterno.
Amore mio,
la primavera dolce,
fiore e mare, ci circondano.
Non la scambiamo
per il nostro inverno,
quando il vento
incominciò a decifrare il tuo nome
che oggi ripete a tutte l'ore,
quando
le foglie non sapevano
che tu eri una foglia,
quando
le radici
non sapevano che tu mi cercavi
nel mio petto.
Amore, amore,
la primavera
ci offre il cielo,
ma la terra oscura
È il nostro nome,
il nostro amore appartiene
a tutto il tempo e alla terra.
Amandoci, il mio braccio
sotto il tuo collo d'arena,
aspetteremo
come cambiano la terra e il tempo
nell'isola,
come cadono le foglie
dei rampicanti taciturni ,
come se ne va l'autunno
dalla finestra rotta.
Ma noi
stiamo attendendo
il nostro amico,
il nostro amico dagli occhi rossi,
il fuoco,
quando di nuovo il vento
scuoterà le frontiere dell'isola
e disconoscerà il nome
di tutti,
l'inverno
ci cercherà, amor mio,
sempre,
ci cercherà, perché lo conosciamo,
perché non lo temiamo,
perché abbiamo
con noi
il fuoco
per sempre.
Abbiamo
la terra con noi,
per sempre,
la primavera con noi,
per sempre,
e quando si staccherà
dai rampicanti
una foglia,
tu sai amor mio
che nome sta scritto
su quella foglia,
un nome che è il tuo ed è il mio,
i nostri nomi d'amore, un solo
essere la freccia
che trapassò l'inverno,
l'amore invincibile,
il fuoco dei giorni,
una foglia
che mi cadde sul petto,
una foglia dell'albero
della vita
che fece nido e cantò,
che mise radici
che diede fiori e frutti.
Così vedi, amor mio,
come vado
per l'isola,
Per il mondo,
sicuro in mezzo alla primavera,
pazzo di luce nel freddo,
camminando tranquillo nel fuoco,
sollevando il tuo peso
di petali tra le mie braccia,
come se mai avessi camminato
se non con te, anima mia,
come se non sapessi camminare
se non con te,
come se non sapessi cantare
se non quando tu canti.

lunedì 29 marzo 2010

Mosca, 1962 di Nazim Hikmet

Gustav Klimt*Adele Bloch Bauer
Sotto la pioggia camminava la primavera
con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca
chiusa tra gli pneumatici i motori le stoffe le pelli
il mio cardiogramma era pessimo quel giorno
quel che si attende verrà in un'ora inattesa
verrà tutto da solo
senza condurre con sè
coloro che già partirono
suonavano il primo concerto di Ciaikovskij sotto la pioggia
salirai le scale senza di me
un garofano sta all'ultimo piano della casa al balcone
sotto la pioggia camminava la primavera
con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca
ti sei seduta di fronte a me non mi vedi
sorridi a una tristezza che fuma lontano
la primavera ti porta via da me ti conduce altrove
e un giorno non tornerai più ti perderai nella pioggia.

domenica 28 marzo 2010

La domenica dell'ulivo di Giovanni Pascoli

Ralph Todd Hanno compiuto in questo dì gli uccelli
il nido (oggi è la festa dell'ulivo)
di foglie secche, radiche, fuscelli;
quel sul cipresso, questo su l'alloro,
al bosco, lungo il chioccolo d'un rivo,
nell'ombra mossa d'un tremolìo d'oro.
E covano sul musco e sul lichene
fissando muti il cielo cristallino,
con improvvisi palpiti, se viene
un ronzio d'ape, un vol di maggiolino.
(Myricae/In campagna)

sabato 27 marzo 2010

Ad Attide di Saffo

Waterhouse Forse in Sardi
spesso con la memoria qui ritorna
nel tempo che fu nostro: quando
eri Afrodite per lei e al tuo canto
moltissimo godeva.
Ora fra le donne Lidie spicca
come, calato il sole,
la luna dai raggi rosa
vince tutti gli astri, e la sua luce
modula sulle acque del mare
e i campi presi d'erba:
e la rugiada illumina la rosa,
posa sul gracile timo e il trifoglio
simile a fiore.
Solitaria vagando, esita
e a volte se pensa ad Attide:
di desiderio l'anima trasale,
il cuore è aspro.
E d'improvviso: "Venite!" urla;
e questa voce non ignota
a noi per sillabe risuona
scorrendo sopra il mare.
(ricordando l'amica lontana)

venerdì 26 marzo 2010

Siete nati insieme di Kahlil Gibran

Leinz
Siete nati insieme, e insieme sarete per sempre.
Voi sarete insieme quando le bianche ali della
morte disperderanno i vostri giorni.
Sì, sarete insieme persino nella silenziosa
memoria di Dio.
Ma lasciate che vi siano spazi nel vostro
stare insieme,
E lasciate che i venti del cielo danzino tra voi.
Amatevi l'un l'altro, ma dell'amore non fatene
un vincolo: lasciate piuttosto che vi sia un mare in
movimento tra le sponde delle vostre anime.
Riempitevi reciprocamente la coppa, ma non
bevete da una singola coppa.
Datevi l'un l'altro un po' del vostro pane, ma
non mangiate dalla stessa pagnotta.
Cantate e danzate insieme e siate gioiosi, ma
fate che ognuno di voi possa star solo.
Come sole sono le corde del liuto sebbene
vibrino della stessa musica.
Datevi il cuore, ma non per trattenervelo l'un
l'altro.
Poiché solo la mano della Vita può contenere il
vostro cuore.
E reggetevi insieme, senza però stare troppo
vicini.
Poiché le colonne del tempio sono collocate a
una certa distanza.
E la quercia e il cipresso non crescono l'uno
all'ombra dell'altro.

giovedì 25 marzo 2010

Alla primavera di Giacomo Leopardi

Buckland/Spring
Perché i celesti danni
Ristori il sole, e perché l'aure inferme
Zefiro avvivi, onde fugata e sparta
Delle nubi la grave ombra s'avvalla;
Credano il petto inerme
Gli augelli al vento, e la diurna luce
Novo d'amor desio, nova speranza
Ne' penetrati boschi e fra le sciolte
Pruine induca alle commosse belve;
Forse alle stanche e nel dolor sepolte
Umane menti riede
La bella età, cui la sciagura e l'atra
Face del ver consunse
Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti
Di febo i raggi al misero non sono
In sempiterno? ed anco,
Primavera odorata, inspiri e tenti
Questo gelido cor, questo ch'amara
Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara?
Vivi tu, vivi, o santa
Natura? vivi e il dissueto orecchio
Della materna voce il suono accoglie?
Già di candide ninfe i rivi albergo,
Placido albergo e specchio
Furo i liquidi fonti. Arcane danze
D'immortal piede i ruinosi gioghi
Scossero e l'ardue selve (oggi romito
Nido de' venti): e il pastorel ch'all'ombre
Meridiane incerte ed al fiorito
Margo adducea de' fiumi
Le sitibonde agnelle, arguto carme
Sonar d'agresti Pani
Udì lungo le ripe; e tremar l'onda
Vide, e stupì, che non palese al guardo
La faretrata Diva
Scendea ne' caldi flutti, e dall'immonda
Polve tergea della sanguigna caccia
Il niveo lato e le verginee braccia.
Vissero i fiori e l'erbe,
Vissero i boschi un dì. Conscie le molli
Aure, le nubi e la titania lampa
Fur dell'umana gente, allor che ignuda
Te per le piagge e i colli,
Ciprigna luce, alla deserta notte
Con gli occhi intenti il viator seguendo,
Te compagna alla via, te de' mortali
Pensosa immaginò. Che se gl'impuri
Cittadini consorzi e le fatali
Ire fuggendo e l'onte,
Gl'ispidi tronchi al petto altri nell'ime
Selve remoto accolse,
Viva fiamma agitar l'esangui vene,
Spirar le foglie, e palpitar segreta
Nel doloroso amplesso
Dafne o la mesta Filli, o di Climene
Pianger credè la sconsolata prole
Quel che sommerse in Eridano il sole.
Né dell'umano affanno,
Rigide balze, i luttuosi accenti
Voi negletti ferìr mentre le vostre
Paurose latebre Eco solinga,
Non vano error de' venti,
Ma di ninfa abitò misero spirto,
Cui grave amor, cui duro fato escluse
Delle tenere membra. Ella per grotte,
Per nudi scogli e desolati alberghi,
Le non ignote ambasce e l'alte e rotte
Nostre querele al curvo
Etra insegnava. E te d'umani eventi
Disse la fama esperto,
Musico augel che tra chiomato bosco
Or vieni il rinascente anno cantando,
E lamentar nell'alto
Ozio de' campi, all'aer muto e fosco,
Antichi danni e scellerato scorno,
E d'ira e di pietà pallido il giorno.
Ma non cognato al nostro
Il gener tuo; quelle tue varie note
Dolor non forma, e te di colpa ignudo,
Men caro assai la bruna valle asconde.
Ahi ahi, poscia che vote
Son le stanze d'Olimpo, e cieco il tuono
Per l'atre nubi e le montagne errando,
Gl'iniqui petti e gl'innocenti a paro
In freddo orror dissolve; e poi ch'estrano
Il suol nativo, e di sua prole ignaro
Le meste anime educa;
Tu le cure infelici e i fati indegni
Tu de' mortali ascolta,
Vaga natura, e la favilla antica
Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi,
E se de' nostri affanni
Cosa veruna in ciel, se nell'aprica
Terra s'alberga o nell'equoreo seno,
Pietosa no, ma spettatrice almeno.
(Canto XVIII/Alla Primavera o delle Favole Antiche)

mercoledì 24 marzo 2010

Marzo di Vincenzo Cardarelli

Leighton
Oggi la primavera
è un vino effervescente.
Spumeggia il primo verde
sui grandi olmi fioriti a ciuffi
ove il germe già cade
come diffusa pioggia.
Tra i rami onusti e prodighi
un cardellino becca.
Verdi persiane squillano
su rosse facciate
che il chiaro allegro vento
di marzo pulisce.
Tutto è color di prato.
Anche l'edera è illusa,
la borraccina è più verde
sui vecchi tronchi immemori
che non hanno stagione,
lungo i ruderi ombrosi e macilenti
cui pur rinnova marzo il greve manto.
Scossa da un fiato immenso
la città vive un giorno
di umori campestri.
Ebbra la primavera corre nel sangue.

martedì 23 marzo 2010

Arie VII-IX-XLI di Pietro Metastasio

Alexandra Pavlovna/Borovikovsky VII
Alla stagion novella
fin dall'opposto lido
torna la rondinella
a riveder quel nido,
che il verno abbandonò.
Così il mio cor fedele,
nel suo penar costante,
ritorna al bel sembiante,
che per timor lasciò.
IX
Vedeste mai sul prato
cader la pioggia estiva?
Talor la rosa avviva
alla viola appresso:
figlio del prato istesso
è l'uno e l'altro fiore;
ed è l'istesso umore,
che germogliar li fa.
Il cor non è cangiato,
se accusa o se difende.
Una cagion m'accende
di sdegno e di pietà.
XLI
VENERE Odi l'aura che dolce sospira;
mentre fugge scotendo le fronde,
se l'intendi, ti parla d'amor.
PALLADE Senti l'onda che rauca s'aggira;
mentre geme radendo le sponde,
se l'intendi, si lagna d'amor.
(a due) Quell'affetto chi sente nel petto
sa per prova se nuoce, se giova,
se diletto produce, o dolor.

lunedì 22 marzo 2010

Ha qualcuno come me di Emily Dickinson

Carl Schuch
Ha qualcuno come Me
Investigando Marzo
Nuove case sulla Collina scovato -
E forse una Chiesa -
Che non c'erano, ne siamo certi -
Poco fa con la Neve -
E Oggi ci sono - così come Noi -
Ma come è possibile questo?
Ha qualcuno come Me
Congetturato Chi possano essere
Gli Occupanti dei Casolari -
Così aperti al Cielo -
Da sembrare che Dio debba esserne
Il Vicino più prossimo -
E il Cielo - un conveniente Ornamento
Per lo Spettacolo, o la Compagnia?
Ha qualcuno come Me
Preservato il Fascino al sicuro
Rifuggendo con cura quel Posto
Tutte le Stagioni dell'Anno,
Eccetto Marzo - È allora
Che i miei Villaggi si vedono -
E forse un Campanile -
Non dopo - dagli Uomini -

domenica 21 marzo 2010

Sono nata il 21 a primavera di Alda Merini

Cassandra Christensen-Barney Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

sabato 20 marzo 2010

Primavera è nell'aria di Giuseppe Villaroel

Poynter Stanotte s'è messa in cammino
la Primavera nell'aria.
D'intorno, sul capo, le svaria
un velo di stelle turchino.
Il suo profumo è un sospiro
diffuso sui freschi giardini.
La terra non ha più confini,
il mare non ha più respiro.
L'alba sorride cogli occhi
dalle lunghe ciglia di cielo.
Vibra negli orti ogni stelo
come se una mano lo tocchi.
Le strade hanno tenui tremori
di verde lungo i fossati.
Gli alberi si sono svegliati
con bianche ghirlande di fiori.

venerdì 19 marzo 2010

A mio padre di Camillo Sbarbaro

Brodky/con la figlia/1911 Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t'amerei.
Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
che la prima viola sull' opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell'altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo ch' era il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei.

giovedì 18 marzo 2010

Ti sta vedendo l'altra di Pedro Salinas

Curran Ti si sta vedendo l'altra.
Somiglia a te:
i passi,la stessa fronte aggrondata,
gli stessi tacchi alti
tutti macchiati di stelle.
Quando andrete per la strada
insieme, tutte e due,
che difficile sapere
chi sei, chi non sei tu!
Così uguali ormai, che sarà
impossibile continuare a vivere
così, essendo tanto uguali.
E siccome tu sei la fragile,
quella che appena esiste, tenerissima,
sei tu a dover morire.
Tu lascerai che ti uccida,
che continui a vivere lei,
la falsa tu, menzognera,
ma a te così somigliante
che nessuno ricorderà
tranne me, ciò che eri.
E verrà un giorno
- perché verrà, sì, verrà -
in cui guardandomi negli occhi
tu vedrai
che penso a lei e che la amo:
e vedrai che non sei tu.
(Buon compleanno Nicoletta!!!)

mercoledì 17 marzo 2010

Verticale di Sylvia Plath

Grant Wood/NanMa preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con la radice nel suolo
che succhia minerali e amore materno
per poter brillare di foglie ogni marzo,
e nemmeno sono la bella di un’aiola
che attira la sua parte di Ooh, dipinta di colori
stupendi,
ignara di dover presto sfiorire.
In confronto a me un albero è immortale,
la corolla di un fiore non alta, ma più
sorprendente,
e a me manca la longevità dell’uno e l’audacia
dell’altra.
Questa notte, sotto l’infinitesima luce delle stelle,
alberi e fiori vanno spargendo i loro freschi
profumi.
Cammino in mezzo a loro, ma nessuno mi nota.
A volte penso che è quando dormo
che assomiglio loro più perfettamente -
i pensieri offuscati.

martedì 16 marzo 2010

La passeggiata di Anna Achmatova

Serov/Olga Orlova
La piuma urtò il tetto del calesse.
Io lo guardai negli occhi.
Il cuore si struggeva, non sapendo nemmeno
la causa della pena.
Sera senza vento, avvinta di tristezza
sotto l’arco del cielo nuvoloso,
il Bois de Boulogne pareva
tracciato a china in un album antico.
Aroma di benzina e di lillà,
una guardiga quiete...
Di nuovo egli toccò le mie ginocchia
con la mano che quasi non tremava.
1913

lunedì 15 marzo 2010

Sonetto 99 di William Shakespeare

Ernst KlimtCosì ho rimproverato la violetta audace:
ladra soave, a chi rubasti quel dolce tuo profumo
se non al respiro del mio amore? Il purpureo orgoglio
che a color dimora sulla tua soffice corolla
è ovvio che l'hai presa dalle vene del mio amore.
Ho accusato il giglio di plagio della tua mano,
e dei tuoi capelli i fior di maggiorana;
le rose timorose si ergevan sulle spine,
una rosa di vergogna, l'altra di paura;
una terza, né rossa o bianca, entrambe avea rubato
e alla sua rapina aveva aggiunto il tuo respiro;
ma per quel furto, nel vigor della sua crescita,
vindice un verme la divorava a morte.
Altri fiori ho notato, ma non ne vidi uno
che non ti avesse tolto o il colore o il profumo.

domenica 14 marzo 2010

Non dedicarmi troppo tempo...di Bella Achatovna Achmadulina

Vladimir Serov
Non dedicarmi troppo tempo,
non pormi tante domande.
Non sfiorare la mia mano
con i tuoi occhi buoni, fedeli.
Non seguirmi in primavera
lungo le pozzanghere.
Lo so: una volta ancora, nulla
verrà fuori da questo incontro.
Forse pensi: è per superbia
che non mi vuole amico.
Non la superbia-l'amarezza
tiene così alta la mia testa.

♥♥♥

Messaggio a chi mi legge.....

George Lambdin Io sono assolutamente stupita che ci siano 100 persone che leggono questo blog, verrò a trovarvi uno per uno per fare la vostra conoscenza, e vi ringrazio davvero, siete meravigliosi!!!! I fiori sono tutti per voi...

sabato 13 marzo 2010

Primule di Ada Negri

Waterhouse/1909 Sbocciano al tenue sole
di marzo ed al tepor de' primi venti,
folte, a mazzi, più larghe e più ridenti
de le viole.
Pei campi e su le rive,
a piè de' tronchi, ovunque, aprono a bere
aria e luce anelando di piacere, le bocche vive.
E son tutti esultanza
per esse i colli; ed io le colgo a piene
mani, mentre mi cantan per le vene
sangue e speranza.

venerdì 12 marzo 2010

Orto di marzo di Federico Garcia Lorca

Charles Ward/Progressione della primavera
Il mio melo
ha gia' ombra e uccelli.
Che salto fa il mio sogno
dalla luna al vento!
Il mio melo
offre le braccia al verde.
Fin da marzo, io vedo
la fronte bianca di gennaio!
Il mio melo...
(Vento basso).
Il mio melo
(Cielo alto).

giovedì 11 marzo 2010

Il ramo rubato di Pablo Neruda

Redon Nella notte entreremo
per rubare
un ramo fiorito.
Oltrepasseremo il muro,
nelle tenebre dell'altrui giardino,
due ombre nell'ombra.
L'inverno non è ancora finito
e già il melo appare
trasformato di colpo
in cascata di stelle profumate.
Nella notte entreremo
fino al suo tremante firmamento,
e le tue piccole mani e le mie
ruberanno le stelle.
E furtivamente,
in casa nostra,
nella notte e nell'ombra,
entrerà con i tuoi passi
il silenzioso passo del profumo
e coi i piedi stellati
il corpo chiaro della Primavera.

mercoledì 10 marzo 2010

Marzo 1821 di Alessandro Manzoni

Leonardo Da Vinci/Tavola Doria/Battaglia di Anghiari
Soffermati sull’arida sponda
vòlti i guardi al varcato Ticino,
tutti assorti nel novo destino,
certi in cor dell’antica virtù,
han giurato: non fia che quest’onda
scorra più tra due rive straniere;
non fia loco ove sorgan barriere
tra l’Italia e l’Italia, mai più!
L’han giurato: altri forti a quel giuro
rispondean da fraterne contrade,
affilando nell’ombra le spade
che or levate scintillano al sol.
Già le destre hanno strette le destre;
già le sacre parole son porte;
o compagni sul letto di morte,
o fratelli su libero suol.
Chi potrà della gemina Dora,
della Bormida al Tanaro sposa,
del Ticino e dell’Orba selvosa
scerner l’onde confuse nel Po;
chi stornargli del rapido Mella
e dell’Oglio le miste correnti,
chi ritorgliergli i mille torrenti
che la foce dell’Adda versò,
quello ancora una gente risorta
potrà scindere in volghi spregiati,
e a ritroso degli anni e dei fati,
risospingerla ai prischi dolor;
una gente che libera tutta
o fia serva tra l’Alpe ed il mare;
una d’arme, di lingua, d’altare,
di memorie, di sangue e di cor.
Con quel volto sfidato e dimesso,
con quel guardo atterrato ed incerto
con che stassi un mendico sofferto
per mercede nel suolo stranier,
star doveva in sua terra il Lombardo:
l’altrui voglia era legge per lui;
il suo fato un segreto d’altrui;
la sua parte servire e tacer.
O stranieri, nel proprio retaggio
torna Italia e il suo suolo riprende;
o stranieri, strappate le tende
da una terra che madre non v’è.
Non vedete che tutta si scote,
dal Cenisio alla balza di Scilla?
non sentite che infida vacilla
sotto il peso de’ barbari piè?
O stranieri! sui vostri stendardi
sta l’obbrobrio d’un giuro tradito;
un giudizio da voi proferito
v’accompagna a l’iniqua tenzon;
voi che a stormo gridaste in quei giorni:
Dio rigetta la forza straniera;
ogni gente sia libera e pèra
della spada l’iniqua ragion.
Se la terra ove oppressi gemeste
preme i corpi de’ vostri oppressori,
se la faccia d’estranei signori
tanto amata vi parve in quei dì;
chi v’ha detto che sterile, eterno
saria il lutto dell’itale genti?
chi v’ha detto che ai nostri lamenti
saria sordo quel Dio che v’udì?
Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia
chiuse il rio che inseguiva Israele,
quel che in pugno alla maschia Giaele
pose il maglio ed il colpo guidò;
quel che è Padre di tutte le genti,
che non disse al Germano giammai:
Va’, raccogli ove arato non hai;
spiega l’ugne; l’Italia ti do.
Cara Italia! dovunque il dolente
grido uscì del tuo lungo servaggio;
dove ancor dell’umano lignaggio
ogni speme deserta non è:
dove già libertade è fiorita.
Dove ancor nel segreto matura,
dove ha lacrime un’alta sventura,
non c’è cor che non batta per te.
Quante volte sull’alpe spïasti
l’apparir d’un amico stendardo!
quante intendesti lo sguardo
ne’ deserti del duplice mar!
ecco alfin dal tuo seno sboccati,
stretti intorno ai tuoi santi colori,
forti, armati dei propri dolori,
i tuoi figli son sorti a pugnar.
Oggi, o forti, sui volti baleni
il furor delle menti segrete:
per l’Italia si pugna, vincete!
il suo fato sui brandi vi sta.
O risorta per voi la vedremo
al convito dei popoli assisa,
o più serva, più vil, più derisa
sotto l’orrida verga starà.
Oh giornate del nostro riscatto!
Oh dolente per sempre colui
che da lunge, dal labbro d’altrui,
come un uomo straniero, le udrà!
che a’ suoi figli narrandole un giorno,
dovrà dir sospirando: "io non c’era";
che la santa vittrice bandiera
salutata quel dì non avrà.

martedì 9 marzo 2010

Canzone di marzo di Giovanni Pascoli

Florencio Aguilera Che torbida notte di marzo!
Ma che mattinata tranquilla!
che cielo pulito! che sfarzo
di perle! Ogni stelo, una stilla
che ride: sorriso che brilla
su lunghe parole.
Le serpi si sono destate
col tuono che rimbombò primo
Guizzavano, udendo l'estate,
le verdi cicigne tra il timo;
battevan la coda sul limo
le biscie acquaiole.
Ancor le fanciulle si sono
destate, ma per un momento;
pensarono serpi, a quel tuono;
sognarono l'incantamento.
In sogno gettavano al vento
le loro pezzuole.
Nell'aride bresche anco l'api
si sono destate agli schiocchi.
La vite gemeva dai capi,
fremevano i gelsi nei nocchi.
Ai lampi sbattevano gli occhi
le prime viole.
Han fatto, venendo dal mare,
le rondini tristo viaggio.
Ma ora, vedendo tremare
sopr'ogni acquitrino il suo raggio,
cinguettano in loro linguaggio,
ch'è ciò che ci vuole.
Sì, ciò che ci vuole. Le loro
casine, qualcuna si sfalda,
qualcuna è già rotta. Lavoro
ci vuole, ed argilla più salda;
perché ci stia comoda e calda
la garrula prole.

lunedì 8 marzo 2010

Sono una donna pericolosa di Joan Cavanagh

Hypatia/Charles William Mitchell
Sono una donna pericolosa
Non porto bombe né bambini in grembo
Non porto fiori né miscugli incendiari
Porto scompiglio nella tua ragione, nelle tue teorie, nel tuo realismo
Perché non giacerò nelle tue trincee
Né scaverò trincee per te
Né mi unirò alla tua lotta armata
Per trincee più belle e più grandi
Non camminerò con te né per te
Non vivrò con te, né morirò per te
Ma neppure cercherò di negarti
Il tuo diritto a vivere e a morire
Non dividerò con te neppure un centimetro di questa terra
Finché tu sei maledettamente proteso verso la distruzione
Ma neppure negherò che siamo fatti della stessa terra
Nati dalla stessa Madre
Non ti permetterò di levigare la mia vita alla tua
Ma ti dirò che le nostre vite sono legate insieme
E esigerò che tu viva per comprendere
Questa cosa importante
Che sono una donna pericolosa
Perché devi sapere, signore, che
Sono una donna pericolosa
Perché non tacerò niente di tutto questo
Non colluderò per te
Non avrò fiducia in te né ti disprezzerò
Sono pericolosa perché non rinuncerò, non tacerò
Né mi adatterò alla tua versione della realtà
Tu hai congiurato per svendere la mia vita
E io sono molto pericolosa
Perché non potrò perdonare né dimenticare
Né mai congiungerò per svendere la tua in cambio.
(Trad. di Maddalena Crippa)

domenica 7 marzo 2010

Prima di Primavera di Anna Andreevna Achmatova

Nikolaj Alexandrowitsch Jaroschenko
Prima di primavera ci sono dei giorni
che alita già sotto la neve il prato,
che sussurrano i rami disadorni,
e c'è un vento tenero ed alato.
Il tuo corpo si muove senza pena,
la tua casa non ti par più quella,
tu ricanti una vecchia cantilena,
e ti sembra ancor tanto bella...

♣♣♣

sabato 6 marzo 2010

Fiorita di Marzo di Ada Negri

Gil Elvgren/1945 La fioritura vostra è troppo breve,
o rosei peschi, o gracili albicocchi
nudi sotto i bei petali di neve.
Troppo rapido il passo con cui tocchi
il suolo, e al tuo passar l'erba germoglia,
o Primavera, o gioia de' miei occhi.
Mentre io contemplo, ferma sulla soglia
dell'orto, il pio miracolo dei fiori
sbocciati sulle rame senza foglia,
essi, ne' loro tenui colori,
tremano già del vento alla carezza,
volan per l'aria densa di languori;
e se ne va così la tua bellezza,
come una nube, e come un sogno muori,
o fiorita di Marzo, o Giovinezza...

venerdì 5 marzo 2010

Che dice la pioggerellina di Marzo? di Angiolo Silvio Novaro

Spencer Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d’oro?
Passata è l’uggiosa invernata,
passata, passata!
Di fuor dalla nuvola nera,
di fuor dalla nuvola bigia
che in cielo si pigia,
domani uscira’ Primavera
guernita di gemme e di gale,
di lucido sole,
di fresche viole,
di primule rosse, di battiti d’ale,
di nidi,
di gridi,
di rondini ed anche
di stelle di mandorlo, bianche...
Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto, sul fico e sul moro
ornati di gèmmule d’oro?
Ciò canta, ciò dice:
e il cuor che l’ascolta è felice.
Che dice la pioggerellina
di marzo, che picchia argentina
sui tegoli vecchi
del tetto, sui bruscoli secchi
dell’orto.

giovedì 4 marzo 2010

Sei venuta di marzo di Cesare Pavese

Keller/Maja Klauser/1933 Sei la vita e la morte.
Sei venuta di marzo
sulla terra nuda
il tuo brivido dura.
Sangue di primavera
anemone o nube
il tuo passo leggero
ha violato la terra.
Ricomincia il dolore.
Il tuo passo leggero
ha riaperto il dolore.
Era fredda la terra
sotto povero cielo,
era immobile e chiusa
in un torpido sogno,
come chi più non soffre.
Anche il gelo era dolce
dentro il cuore profondo.
Tra la vita e la morte
la speranza taceva.
Ora ha una voce e un sangue
ogni cosa che vive.
Ora la terra e il cielo
sono un brivido forte,
la speranza li torce,
li sconvolge il mattino,
li sommerge il tuo passo,
il tuo fiato d'aurora.
Sangue di primavera,
tutta la terra trema
di un antico tremore.
Hai riaperto il dolore.
Sei la vita e la morte.
Sopra la terra nuda
sei passata leggera
come rondine o nube,
e il torrente del cuore
si è ridestato e irrompe
e si specchia nel cielo
e rispecchia le cose
e le cose, nel cielo e nel cuore
soffrono e si contorcono
nell'attesa di te.
È il mattino, è l'aurora,
sangue di primavera,
tu hai violato la terra.
La speranza si torce,
e ti attende ti chiama.
Sei la vita e la morte.
Il tuo passo è leggero.

mercoledì 3 marzo 2010

Serenata di Federico Garcia Lorca

Gerhartz
Sulla riva del fiume
la notte si sta bagnando
e nei seni di Lolita
muoiono d'amore i rami.
Muoiono d'amore i rami.
Nuda, la notte canta
sui ponti di marzo.
Lolita si lava il corpo
con acqua salmastra e nardi.
Muoiono d'amore i rami.
La notte d'anice e d'argento
risplende sopra i tetti.
Argento di rivi e specchi
Anice delle tue cosce bianche.
Muoiono d'amore i rami.

martedì 2 marzo 2010

Notte dolorosa di Giovanni Pascoli

Edgard Farasijn Si muove il cielo, tacito e lontano:
la terra dorme, e non la vuol destare;
dormono l'acque, i monti, le brughiere.
Ma no, ché sente sospirare il mare,
gemere sente le capanne nere:
v'è dentro un bimbo che non può dormire:
piange; e le stelle passano pian piano.
(Myricae-Tristezze)

lunedì 1 marzo 2010

Fari lontani di Fernando Pessoa

Schiele/IdaFari lontani,
con una luce all'improvviso così accesa,
con notte e assenza così rapidamente tornata,
nella notte, sulla coperta della nave, quali afflitte conseguenze!
Pena ultima di chi si accomiatò,
finzione del pensare...
Fari lontani...
Incertezza della vita...
È tornata in un crescendo la luce accesa ingigantendosi,
nella casualità dello sguardo perduto...
Fari lontani...
La vita non serve a nulla...
Pensare alla vita non serve a nulla...
Pensare di pensare alla vita non serve a nulla...
Andiamo lontano e la luce che arriva grande arriva meno grande,
fari lontani...