Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

venerdì 30 novembre 2012

Sera di Vittorio Bodini

Andy Warhol*Marilyn*1964
La lezione di musica
bruca l'umido
nel mezzo della via,
sentinella perduta dell'autunno,
e in una scia di zucchero filato
si fa strada l'urlo dei Sioux.
Nessun tempo avrà speso così male
tanta sete d'ignoto:
compra educatamente biglietti di morte
ai botteghini la gente, i giornali
parlano di dischi volanti
da cui ciascuno spera una rivincita.
(Inediti 1954-1961)

giovedì 29 novembre 2012

Il violinista pazzo di Fernando Pessoa

Charles Louis Moeller
Non fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.
Egli apparve all'improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all'improvviso se ne andò,
e invano sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano,
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.
Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.
La sposa felice capì
d'essere malmaritata,
l'appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
d'aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo.
In ogni anima sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell'anima gemella,
quella parte che ci completa,
l'ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.
Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell'ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda
-risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere -
la melodia del violinista pazzo.

mercoledì 28 novembre 2012

Lo scialletto di Trilussa

Ettore Tito*La fa la modela
Cor venticello che scartoccia l'arberi
entra una foja in camera da letto.
E' l'inverno che ariva e, come ar solito,
quanno passa de qua, lascia un bijetto.
Jole, infatti, me dice - Stammatina
me vojo mette quarche cosa addosso;
nun hai sentito ch'aria frizzantina?-
E cava fòri lo scialletto rosso
che sta riposto tra la naftalina.
- M'hai conosciuto proprio co' 'sto scialle:
te ricordi? - me chiede: e, mentre parla,
se l'intorcina stretto su le spalle, -
S'è conservato sempre d'un colore:
nun c'è nemmeno l'ombra d'una tarla!
Bisognerebbe ritrovà un sistema
pe' conservà così pure l'amore...-
E Jole ride, fa l'indiferente:
ma se sente la voce che je trema.

martedì 27 novembre 2012

27 novembre di Andrea Zanzotto

Aldemir Martins*Gato
27 novembre
avevo iniziato da giorni il diario
Il meraviglioso sbadiglio che il selvaggio Utti
spara di fronte ad ogni situazione
i meandri ignoti del suo sentire.
Pallasch si potrebbe dire
il suo sbadiglio cinico giglio
buttato in faccia al tutto o al niente
del suo sogno innocente
munito di solido punto-blu
Pallasch o miagolio sbadigliato
dopo bevuta d'acqua pura di prato
lungi dalle verminose delizie
delle guerre e dei giornali e delle pizie
che li sputano fuori
pur se senza finzione di corrucci, senza pudori.
(Isola dei morti-Sublimerie)

lunedì 26 novembre 2012

Marina di Mario Luzi

Adolf Gottlieb
Che acque affaticate contro la fioca riva,
che flutti grigi contro i pali. Ed isole
più oltre e banchi ove un affanno incerto
si separa dal giorno che va via.
Che sparse piogge che navighi, che luci.
Quali? il pensiero se non finge ignora,
se non ricorda nega: là fui vivo,
qui avvisato del tempo in altra guisa.
Che memorie, che immagini abbiamo ereditate,
che età non mai vissute, che esistenze
fuori della letizia e del dolore
lottano alla marea presso gli approdi
o al largo che fiorisce e dice addio.
Rientri tu, ripari a questa proda
e nel cielo che salpa un pino stride
d'uccelli che rimpatriano, mio cuore.
(Primizie del deserto)

domenica 25 novembre 2012

Mattino domenicale di Wallace Stevens

Turner
Lusinghe di vestaglia, ad ora tarda
Caffè ed arance sulla sedia al sole,
La verde libertà di un pappagallo,
Su un tappeto si fondono a disperdere
Silenzi di un arcaico sacrificio.
Essa sogna e risente il nero stupro
Dell’antica rovina, quasi quiete
Che fra lampade acquatiche s’abbuia.
Le agre arance e le ali d’oro verde
Sembran parte di un funebre corteo
Che striscia sopra l’acqua senza suono.
Il giorno è come oceano senza suono,
Cheto al passo dei suoi sognanti piedi,
Volti oltremare verso Palestina,
Muto regno del sangue e del sepolcro.
*******************
SUNDAY MORNING
Complacencies of the peignoir, and late
Coffee and oranges in a sunny chair,
And the green freedom of a cockatoo
Upon a rug mingle to dissipate
The holy hush of ancient sacrifice.
She dreams a little, and she feels the dark
Encroachment of that old catastrophe,
As a calm darkens among water-lights.
The pungent oranges and bright, green wings
Seem things in some procession of the dead,
Winding across wide water, without sound.
He day is like wide water, without sound,
Stilled for the passing of her dreaming feet
Over the seas, to silent Palestine,
Dominion of the blood and sepulcher.

sabato 24 novembre 2012

Canto Quinto (La morte meditata) di Giuseppe Ungaretti

Eugene Assetaz De Bouteyre*The sleeping flower girl
1932
Hai chiuso gli occhi
Nasce una notte
Piena di finte buche,
Di suoni morti
Come di sugheri
Di reti calate nell'acqua.
Le tue mani si fanno come un soffio
D'inviolabili lontananze,
Inafferrabili come le idee,
E l'equivoco della luna
E il dondolio, dolcissimi,
Se vuoi posarmele sugli occhi,
Toccano l'anima.
Sei la donna che passa
Come una foglia.
E lasci agli alberi un fuoco d'autunno.

venerdì 23 novembre 2012

I veri innamorati di Sara Teasdale

William W. Churchill
Tacciono il proprio amore i veri innamorati:
Isotta ed Eloisa, nei giardini del cielo profumati,
Deirdre, Ginevra, Francesca e ogni amante fanciulla
preferiscono tacere, non parlare di nulla –
o se parlano, scelgono argomenti
di futile spessore, del tutto inconsistenti.
Ed una donna io stessa ho conosciuto
che amò d’amore sconfinato e muto
un solo uomo, lottando senza posa,
senza parlarne, indomita e orgogliosa.
Ma se udiva il suo nome anche per caso,
una luce le illuminava il viso.
(Traduzione di Silvio Raffo)
***********************
Those Who Love
Those who love the most,
Do not talk of their love,
Francesca, Guinevere,
Deirdre, Iseult, Heloise,
In the fragrant gardens of heaven
Are silent, or speak if at all
Of fragile, inconsequent things.
And a woman I used to know
Who loved one man from her youth,
Against the strength of the fates
Fighting in somber pride,
Never spoke of this thing,
But hearing his name by chance,
A light would pass over her face.

giovedì 22 novembre 2012

Per la Musica di Bryan Waller Procter

Kate Elizabeth Bunce*Santa Cecilia
Ora, mentre dorme, Muse, cingetelo!
E tu, Pioggia, coprilo di parole d'argento!
Visitalo, dolce Musica! Cadi col suono più gentile
Come rugiada, come notte, sulla sua mente stanca!
Venite, Profumi di rose e di viole:
Portate al suo sonno incantato solo visioni belle!
Così possa il perduto esser trovato,
E il suo pensiero incoronato dall'amore,
E la Speranza giungere splendente
Come un mattino di primavera,
E coi suoi raggi adornare il Futuro,
Finché respiri aria divina
In qualche dolce Cielo di gioia,
Oltre la distesa del Presente!
*****************
FOR MUSIC
Now whilst he dreams, O Muses, wind him round!
Send down thy silver words, O murmuring Rain!
Haunt him, sweet Music! Fall, with gentlest sound, —
Like dew, like night, upon his weary brain!
Come, Odours of the rose and violet, — bear
Into his charmed sleep all visions fair!
So may the lost be found,
So may his thoughts by tender Love be crowned,
And Hope come shining like a vernal morn.
And with its beams adorn
The Future, till he breathes diviner air.
In some soft Heaven of joy, beyond the range of Care !

mercoledì 21 novembre 2012

Sonetti dal portoghese XXIII di Elizabeth Barrett Browning

Annie Louisa Robinson Swynnerton*The letter
Davvero è così? Se io giacessi morta
Ti mancherebbe un pò di vita perdendo la mia?
E ti parrebbe più fredda la luce del sole
Poichè l'umida tomba circonda il mio capo?
Con stupore, o mio Adorato, lessi
Nella lettera che tu questo pensi. Io sono tua,
Ma...sono così importante? Posso versarti il vino
Se le mie mani tremano? L'anima mia allora, invece
Di sognare morte, ritrova l'umile strada della vita.
E dunque, amami, Amore! A me volgi lo sguardo, il respiro!
Come alle donne illustri non pare strano,
Per amore, abbandonare proprietà e rango,
Io cedo alla tomba per il tuo amore, e scambio
La vicina vista del Paradiso, per la terra con te!
**************
Is it indeed so? If I lay here dead,
Wouldst thou miss any life in losing mine?
And would the sun for thee more coldly shine
Because of grave-damps falling round my head?
I marvelled, my Belovèd, when I read
Thy thought so in the letter. I am thine -
But . . . so much to thee? Can I pour thy wine
While my hands tremble? Then my soul, instead
Of dreams of death, resumes life's lower range.
Then, love me, Love! look on me - breathe on me!
As brighter ladies do not count it strange,
For love, to give up acres and degree,
I yield the grave for thy sake, and exchange
My near sweet view of Heaven, for earth with thee!

martedì 20 novembre 2012

Perchè siamo di Andrea Zanzotto

Joseph Kleitsch*1926
Perchè siamo al di qua delle alpi
su questa piccola balza
perchè siamo cresciuti tra l'erba di novembre
ci scalda il sole sulla porta
mamma e figlio sulla porta
noi con gli occhi che il gelo ha consacrati
a vedere tanta luce ed erba
Nelle mattine, se è vero,
di tre montagne trasparenti
mi risveglia la neve;
nelle mattine c'è l'orto
che sta in una mano
e non produce che conchiglie,
c'è la cantina delle formiche
c'è il radicchio, diletta risorsa
profusa alle mie dita,
a un vento che non osa disturbarci.
Ha sapore di brina
la mela che mi diverte,
nel granaio s'adagia un raggio amico
ed il vecchio giornale di polvere pura;
e tutto il silenzio di musco
che noi perdiamo nelle valli
rende lento lo stesso cammino
lo stesso attutirsi del sole
che si coglie a guardarci
che ci coglie su tutte le porte
O mamma piccolo è il tuo tempo,
tu mi vi porti perch'io mi consoli
e là v'è l'erba di novembre,
là v'è la franca salute dell'acqua,
sani come acqua vi siamo noi;
sana azzurra sostanza
vi degradano tutte le sieste
cui mi confondo e che sempre più vanno
comunicando con la notte
Nè attingere al pozzo nè alle alpi
nè ricordare come tu non ricordi:
ma il sol che splende come cosa nostra,
ma sete e fame all'ora giusta
e tu mamma che tutto
sai di me, che tutto hai tra le mani.
Con la scorta di te e dell'erba
e di quella lampada precaria
di cui distinguo la fine,
sogno talvolta del mondo e guardo
dall'alto l'inverno del nord.
(Dietro il paesaggio)

lunedì 19 novembre 2012

Mexico City Blues (1° strofa) di Jack Kerouac

Zoe Mozert*Good news
Magica Collina d'Ignoranza
Magica Collina
E' come nessuna Collina
   Tutte una sola luce
   Vecchie Strade Sconnesse
   Massicciata
   La Via Principale
Denver è uguale
"Lo zio del ragazzo che era con me era
governatore del Wyoming"
"Certo che m'ha ridato i soldi"
Dieci giorni
 Due settimane
  Capitale e azioni
"Era comunque un vecchio imbroglione"
La stessa voce sulla stessa nave
Il Veicolo Supremo
   M/n Excalibur
   Maynard
   Mainline
   Mountain
   Merudvhaga
    Mersion of Missy
**************
Butte Magic of Ignorance
Butte Magic
Is the same as no-Butte
   All one light
   Old Rough Roads
   One High Iron
   Mainway
Denver is the same
"The guy I was with his uncle was
the governor of Wyoming"
"Course he paid me back"
 Ten Days
  Two Weeks
   Stock and Joint
"Was an old crook anyway"
The same voice on the same ship
The Supreme Vehicle
   S.S. Excalibur
   Maynard
   Mainline
   Mountain
   Merudvhaga
   Mersion of Missy
(1st Chorus of Mexico City Blues)

domenica 18 novembre 2012

Bella e somigliante di Paul Éluard

Gerald Leslie Brockhurst*1934
Un viso alla fine del giorno
Una culla tra le foglie morte del giorno
Un mazzo di pioggia ignuda
Nascosto ogni sole
In fondo all'acqua ogni fonte delle fonti
Spezzato ogni specchio degli specchi
Nelle bilance del silenzio un viso
Una pietra fra altre pietre
Per le rame delle luci estreme del giorno
Un viso che somiglia tutti i visi dimenticati
(Trad. Franco Fortini)
******************
BELLE ET RESSEMBLANTE
Un visage à la fin du jour
Un berceau dans les feuilles mortes du jour
Un bouquet de pluie nue
Tout soleil caché
Toute source des sources au fond de l’eau
Tout miroir des miroirs brisé
Un visage dans les balances du silence
Un caillou parmi d’autres cailloux
Pour les frondes des dernières lueurs du jour
Un visage semblable à tous les visages oubliés.
(La Vie immédiate, 1932)
PAUL ÉLUARD
*18 NOVEMBRE 1952*18 NOVEMBRE 2012

sabato 17 novembre 2012

Novembre, 1793 di William Lisle Bowles

Henry Raeburn*Mrs Bethune*1790
C'è una musica insolita nel mormorio del vento
Quando apre le porte all'autunno; e in solitudine
Ti rifugi nel bosco freddo e scuro,
Tra i vecchi alberi, inclinati sul declivio della roccia,
Che a tratti spargono riccioli avvizziti.
Se al riparo di quelle ombre, sotto il loro mormorio,
Tu trascorresti le ore più felici in primavera,
Con tristezza conoscerai l'anno che va,
Perchè è lontana chi divise con te queste delizie
Al sorgere del sole ed al tramonto.
Ritorna primavera! Ritorna maggio gioioso!
Ma triste e negletto sarà il vostro ritorno
Se non accompagnerà i raggi caldi
Colei che in queste ombre ha abbandonato, lontano.
**************
There is strange music in the stirrng wind,
When lowers the autumnal eve, and all alone
To the dark wood's cold covert thou art gone,
Whose ancient trees on the rough slope reclined
Rock, and at times scatter their tresses sere.
If in such shades, beneath their murmuring,
Thou late hast passed the happier hours of spring,
With sadness thou wilt mark the fading year;
Chiefly if one, with whom such sweets at morn
Or evening thou hast shared, far off  shall stray.
O Spring, return! return, auspicious May!
But sad will be thy coming, and forlorn,
If she return not why thy cheering ray,
Who from these shades is gone, gone far away.

venerdì 16 novembre 2012

Impossibilità della parola di Andrea Zanzotto

Andrew Loomis
Se con te, sorella, se in tua vece
giacendo corpo di vetro, dal vetro
della bara dal basso
dolce e pauroso, il mondo
veduto avessi, ieri, tra bisbigli
di campane e il compianto di novembre
- come in un vecchio film venne narrato -
se il tuo silenzio col mio mutato avessi,
non maggiore l'affanno, non la morte
maggiore: e consumato
lo stanco equivoco ora mi dorrei?
E se per te compagno, se in tua vece
i folgoranti prati
la terra tagliente la neve
saziata avessi,
nel tuo grido quale grido mio
per te, dal cuore lacerato, quale
fatale e fosco giorno a lieto volto
a aperto petto salutato avrei.
Che mi trattenne lungi
da voi, dal vostro sonno
sterile o dalla vostra
umile apoteosi? Forse quella
che dicono sporca speranza -
e al gioco spinto ancora
da viscere agitate
di presente, di fisici conati,
non disertai da questo
esistere ove terra
tocca e beve la mente, dove il sole
è un lontano martirio.
Non disertai, nè seguirvi mi fu dato
oltre l'accadimento
lo schema atono afoso delle lacrime.
Speranza e fede, virtù che dai cieli
discendono, assai più che il fuoco offeso
di carità. Voci ed occhi traditi
assai, ma più tu offesa
carità senza potenza, sgomenta
anima; nè te volli salvare
per alla fine perderti, pietoso
non fui troppo di me se prime e verdi
sempre, nelle ombre mie,
speranza carità fede non foste voi
quella che pietà di noi si dice.
E se un giorno dal fango,
da una veglia impossibile,
o da una sede non umana,
o da un'innominabile certezza
io-non-io ripensassi a questo spazio
gocciola, astuta pietra, a questa
sacra e feroce brevità di cose
e sensi e segni, se il fuoco di Marte
cogliessi avvolto alle sue sere e mari
da salutari effimere salsedini
e fanciulle protese ad abbracciare
il luccichio degl'inferi
e l'opera che edifica e ricade
in sè come in un sogno, forse anch'io
- reo di speranza e d'amore -
se tu fossi, sarei, tu ch'è da folli
il nominare, da folli il tacere?
Stipato avello, attesa, eco, di testa
mozza: al più blasfemo
dei silenzi equivale.
Ma donde in suoni che nulla
non di te colmi insegnano, non cieli
nè opere nè volti nè lo stesso
adusto loro contraddirsi,
io mi trascino e tento?
Dai mattini orribili tu liberami
dalla luce infinita che non leva
a sè le mie scomposte
passioni, i gesti invano ripetuti,
ai mattini toglimi, ai risvegli
nel raggiante terrore,
tu risveglio perpetuo su te stesso.
(Vocativo)

giovedì 15 novembre 2012

Di salmastro e di terra è il tuo sguardo di Cesare Pavese

Anna Katrina Zinkeisen*Autoritratto
Di salmastro e di terra
è il tuo sguardo. Un giorno
hai stillato di mare.
Ci sono state piante
al tuo fianco, calde,
sanno ancora di te.
L'agave e l'oleandro.
Tutto chiudi negli occhi.
Di salmastro e di terra
hai le vene, il fiato.
Bava di vento caldo,
ombre di solleone -
tutto chiudi in te.
Sei la voce roca
della campagna, il grido
della quaglia nascosta,
il tepore del sasso.
La campagna è fatica,
la campagna è dolore.
Con la notte il gesto
del contadino tace.
Sei la grande fatica
e la notte che sazia.
Come la roccia e l'erba,
come terra, sei chiusa;
ti sbatti come il mare.
La parola non c'è
che ti può possedere
o fermare. Cogli
come la terra gli urti,
e ne fai vita, fiato
che carezza, silenzio.
Sei riarsa come il mare,
come un frutto di scoglio,
e non dici parole
e nessuno ti parla.
15 novembre '45
(La terra e la morte)

mercoledì 14 novembre 2012

Autunno romantico di Giosuè Carducci

Walter Griffin*1897
Di sereno adamàntino su ’l vasto
Squallor d’autunno il cielo azzurro brilla,
Come di sua beltà nel conscio fasto
La tua fredda pupilla.
Come a te velo tenüe le membra
Nel risorger del tuo bel giorno a l’opre,
Nebbia la terra, che addormita sembra,
Argentëa ricopre.
Ed immoti per essa ergon le cime
Irte e umide i grigi alberi muti,
Quai nel pensier cui la memoria opprime
I dolci anni perduti.
E via sovr’essi indifferente il sole,
Che al bel maggio rideva entro la folta
Fronda, ora fulge e non riscalda. O Jole,
Amiam l’ultima volta.
(Rime nuove*1906)

martedì 13 novembre 2012

Cantilena di novembre di Gyula Juhász

Vincent Van Gogh*Autumn*1885
I tristi pagliai anneriti
stanno in grembo all’autunno, spersi nella pioggia.
Un pioppo si rannicchia sotto il vecchio cielo
che specchia i tempi che se ne vanno.
O tristi pagliai anneriti,
dov’è l’estate, dove sono le frecce di fuoco e le danze?
Un pioppo si rannicchia sotto il vecchio cielo,
filtrano dell’autunno lacrimose fragranze.
I tristi pagliai anneriti
stanno in grembo all’autunno, spersi nella nebbia.
Ancora una volta il mondo si fa più desolato
e questo cuore ancora una volta muore sfinito.
(Traduzione di Mario De Micheli e Eva Rossi)

lunedì 12 novembre 2012

Il baluardo di Maria Luisa Spaziani

Francis Cadell*Mrs Constance Guest
Questo è il cortile pallido dove in clausura le tortore
dolcemente esalavano un pianto gregoriano
e dove la parola con rampicanti di versi
tentava nelle tenebre un cielo più lontano.
La fontana barocca ha il rantolo dei morti
che sassi e nebbie impigliano nel sogno controvento.
Non è desolato il relitto che esprime i lacerti contorti
ma la facciata intatta sopra i deserti del tempo.
(Utilità della memoria)

domenica 11 novembre 2012

Iride di Eugenio Montale

Salvador Dalì*Madonna di Port Lligat*1949
Quando di colpo San Martino smotta
le sue braci e le attizza in fondo al cupo
fornello dell’Ontario,
schiocchi di pigne verdi fra la cenere
o il fumo d’un infuso di papaveri
e il Volto insanguinato sul sudario
che mi divide da te;
questo e poco altro (se poco
è un tuo segno, un ammicco, nella lotta
che me sospinge in un ossario, spalle
al muro, dove zàffiri celesti
e palmizi e cicogne su una zampa non chiudono
l’atroce vista al povero
Nestoriano smarrito);
è quanto di te giunge dal naufragio
delle mie genti, delle tue, or che un fuoco
di gelo porta alla memoria il suolo
ch’è tuo e che non vedesti; e altro rosario
fra le dita non ho, non altra vampa
se non questa, di resina e di bacche,
t’ha investito.
******
Cuore d’altri non è simile al tuo,
la lince non somiglia al bel soriano
che apposta l’uccello mosca sull’alloro;
ma li credi tu eguali se t’avventuri
fuor dell’ombra del sicomoro
o è forse quella maschera sul drappo bianco,
quell’effigie di porpora che t’ha guidata?
Perché l’opera tua (che della Sua
è una forma) fiorisse in altre luci
Iri del Canaan ti dileguasti
in quel nimbo di vischi e pugnitopi
che il tuo cuore conduce
nella notte nel mondo, oltre il miraggio
dei fiori del deserto, tuoi germani.
Se appari, qui mi riporti, sotto la pergola
di viti spoglie, accanto all’imbarcadero
del nostro fiume – e il burchio non torna indietro,
il sole di San Martino si stempera, nero.
Ma se ritorni non sei tu, è mutata
la tua storia terrena, non attendi
al traghetto la prua,
non hai sguardi, né ieri né domani;
perché l’opera Sua (che nella tua
si trasforma) dev’esser continuata.
(La Bufera e altro)

sabato 10 novembre 2012

L'autunno di Friedrich Hölderlin

Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson*Autumn 
Le saghe che si allontanano dal mondo,
Dallo spirito che è stato e che ritorna,
Tornano all'umanità, e molto impariamo
Dal tempo, che in gran fretta si consuma.
Le immagini del passato non abbandona
La natura, così come i giorni sbiadiscono
In piena estate, torna sulla terra l'autunno,
Lo spirito delle piogge torna in cielo.
In breve tempo molto ha avuto fine,
Il contadino, che all'aratro appare,
Vede, che l'anno volge al lieto termine,
In tali quadri si compie il giorno umano.
Il cerchio della terra abbellito di rocce
Non è come la nube, che a sera si perde,
Si mostra insieme a un giorno dorato
E la perfezione è senza lamento.
(Canto e follia)
**************
Der Herbst
Die Sagen, die der Erde sich entfernen,
Vom Geiste, der gewesen ist und wiederkehret,
Sie kehren zu der Menschheit sich, und vieles lernen
Wir aus der Zeit, die eilends sich verzehret.
Die Bilder der Vergangenheit sind nicht verlassen
Von der Natur, als wie die Tag' verblassen
Im hohen Sommer, kehrt der Herbst zur Erde nieder,
Der Geist der Schauer findet sich am Himmel wieder.
In kurzer Zeit hat vieles sich geendet,
Der Landmann, der am Pfluge sich gezeiget,
Er siehet, wie das Jahr sich frohem Ende neiget,
In solchen Bildern ist des Menschen Tag vollendet'
Der Erde Rund mit Felsen ausgezieret
Ist wie die Wolke nicht, die Abends sich verlieret,
Es zeiget sich mit einem goldnen Tage,
Und die Vollkommenheit ist ohne Klage.

venerdì 9 novembre 2012

E' novembre di Ardengo Soffici

Arkhip Ivanovich Kuindzhi*1890
Presto, cogliamo questi ultimi lampi
di bellezza della terra esausta che si prepara a morire. 
Quante volte avremmo voluto fissar nella carta bianca 1'emozione,
il nostro amore quasi carnale per la zolla grassa, bollente, 
coperta di verdura robusta, 
per la spiga pesante che il sole abbrustolisce, 
per il grappolo azzurro, lustro, 
turgido come una mammella, 
per il ramo curvo carico di frutta. 
Non abbiamo saputo! 
Non perdiamo questi splendori estremi. 
Empiamoci gli occhi del vermiglione, della porpora, 
dell' arancione dei pampani agonizzanti; 
del giallo e del bianco dei fiori ritardatari. 
L'erba fresca inzuppata di guazza, 
le foglie scintillanti nelle mattine ancora soleggiate,
 i tetti che la luce inonda ancora, 
i campi e le prode fumanti 
come la groppa di un bue che ha lavorato troppo. 
Domani il sipario della nebbia calerà su tutto e sul nostro cuore. 
Non vedremo, non ameremo più nulla che i nostri ricordi; 
non sentiremo che il nostro dolore solitario.

giovedì 8 novembre 2012

Novembre di Federico Garcia Lorca

Julio Romero De Torres*Nuestra Señora de Andalucía 
Tutti gli occhi
stavano aperti
di fronte alla solitudine
sbiadita dal pianto.
Tin
tan,
tin
tan.
I verdi cipressi
custodivano la loro anima
increspata dal vento,
e le parole come falci
tagliavano anime di fiori.
Tin
tan,
tin
tan.
Il cielo era appassito.
Oh sera prigioniera delle nubi.
sfinge senza occhi!
Obelischi e ciminiere
facevano bolle di sapone.
Tin
tan,
tin
tan.
I ritmi si curvavano
e si curvava l'aria,
guerrieri di nebbia
facevano degli alberi
catapulte.
Tin
tan,
tin
tan.
Oh sera,
sera di un altro mio bacio!
Timore lontano della mia ombra,
senza raggio d'oro!
Sonaglio vuoto.
Sera dissolta
sopra pire si silenzio.
Tin
tan,
tin 
tan.
Novembre 1920
*************
NOVIEMBRE
Todos los ojos
estaban abiertos
frente a la soledad
despintada por el llanto.
Tin
tan,
tin
tan.
Los verdes cipreses
guardaban su alma
arrugada por el viento,
y las palabras como guadañas
segaban almas de flores.
Tin
tan,
tin
tan.
El cielo estaba marchito.
¡Oh tarde cautiva por las nubes,
esfinge sin ojos!
Obeliscos y chimeneas
hacían pompas de jabón.
Tin
tan,
tin
tan.
Los ritmos se curvaban
y se curvaba el aire,
guerreros de niebla
hacían de los árboles
catapultas.
Tin
tan,
tin
tan.
¡Oh tarde,
tarde de mi otro beso!
Tema lejano de mi sombra,
¡sin rayo de oro!
Cascabel vacío.
Tarde desmoronada
sobre piras de silencio.
Tin
tan,
tin
tan.
(Noviembre de 1920)

mercoledì 7 novembre 2012

Al bivio di Andrea Zanzotto

Robert Vonnoh*November
Sotto novembre degradano i prati
di mano cade la gemma alla vergine
il verde vivo è così solo
là al trapasso dei monti,
galli abbagliati galli campestri
da tutte le tane e i segreti
chiameranno domani
le ragioni eterne della neve
Al di qua del mio sguardo
nella sabbia di quel tramonto
il sole arrischia il suo cristallo
la luna esita al bivio
e pende il bosco di natale
esplorato dal vento;
io sono qui dolce schiavo
degli orti nascosti e soffici di aghi,
ho i miti denti cariati dall'oro,
e tutto se ne va
coi miei passi di sonnambulo,
case e grotte s'inebriano
di tepori di gusci e di vesti
Ecco raccolgono laggiù dalla brina
un bambino uscito dal battesimo
e lo portano per le strade,
la vite s'è abbandonata
fuor del muro e del sole
alle stelle settentrionali,
il frumento è nato intorno
ai paesi ai colori alle fanciulle,
il sole è là che non lascia dormire
i prati troppo verdi
e l'acqua devia
si dispera si scioglie s'allontana
Ma lo scoiattolo oltre il freddo
limitare indagando
lascia il fragile cibo e vive ancora
del suo cuore di fragola.
(Dietro il paesaggio)

martedì 6 novembre 2012

Ode al fiore azzurro di Pablo Neruda

Edgar Maxence
Camminando verso il mare
sulla prateria
- oggi è novembre -,
tutto è ormai nato,
tutto ha statura,
ondulazione, fragranza.
Erba dopo erba
intenderò la terra,
a passo a passo,
fino alla linea folle
dell’oceano.
All’improvviso un’onda
d’aria agita e increspa
l’orzo selvatico:
salta
il volo di un uccello
dai miei piedi, il campo
pieno di fili d’oro,
di petali ignorati,
luccica brusco come rosa verde,
si aggroviglia in ortiche che rivelano
il nemico comune,
agili steli, rovi
punteggiati,
differenza infinita
di ogni vegetale che mi saluta
a volte con un rapido
scintillare di spine
e con la pulsazione del suo odore
fresco, fine ed amaro.
Camminando verso le schiume
del Pacifico
a passo lento sopra l’erba bassa
della primavera nascosta,
sembra
- prima che la terra abbia il suo limite,
a cento metri dal più grande oceano -
che tutto sia delirio,
germinazione e canto.
Le minuscole erbe
son coronate d’oro,
raggi violetti vennero
dalle piante arenose
e ad ogni piccola foglia ignorata
giunse un segnale di luna o di fuoco.
Vicino al mare, camminando,
nel mese di novembre,
tra i pruneti che accolgono
luce, fuoco e sale marini,
ho trovato un fiore azzurro
nato nella compatta prateria.
Da dove, da che abisso
estrai il tuo raggio azzurro?
La tua seta tremante,
sottoterra,
si unisce al mare profondo?
Presi quel fiore tra le mani
e lo guardai come se il mare vivesse
in una sola goccia,
come se nello scontro
della terra e delle acque
un fiore sollevasse
un piccolo stendardo
di fuoco azzurro, di pace irresistibile,
d’indomita purezza.

*******************
ODA A LA FLOR AZUL
Caminando hacia el mar 
en la pradera
-es hoy noviembre-,
todo ha nacido ya,
todo tiene estatura,
ondulación, fragancia.
Hierba a hierba
entenderé la tierra,
paso a paso
hasta la línea loca
del océano.
De pronto una ola
de aire agita y ondula
la cebada salvaje:
salta
el vuelo de un pájaro
desde mis pies, el suelo
lleno de hilos de oro,
de pétalos sin nombre,
brilla de pronto como rosa verde,
se enreda con ortigas que revelan
su coral enemigo,
esbeltos tallos, zarzas
estrelladas,
diferencia infinita
de cada vegetal que me saluda
a veces con un rápido
centelleo de espinas
o con la pulsación de su perfume
fresco, fino y amargo.
Andando a las espumas
del Pacífico
con torpe paso por la baja hierba
de la primavera escondida,
parece
que antes de que la tierra se termine
cien metros antes del más grande océano
todo se hizo delirio,
germinación y canto.
Las minúsculas hierbas
se coronaron de oro,
las plantas de la arena
dieron rayos morados
y a cada pequeña hoja de olvido
llegó una dirección de luna o fuego.
Cerca del mar, andando,
en el mes de noviembre,
entre los matorrales que reciben
luz, fuego y sal marinas
hallé una flor azul
nacida en la durísima pradera.
De dónde, de qué fondo
tu rayo azul extraes?
Tu seda temblorosa
debajo de la tierra
se comunica con el mar profundo?
La levanté en mis manos
y la miré como si el mar viviera
en una sola gota,
como si en el combate
de la tierra y las aguas
una flor levantara
un pequeño estandarte
de fuego azul. de paz irresistible,
de indómita pureza.

lunedì 5 novembre 2012

I loro occhi sempre puri di Paul Éluard

Amedeo Modigliani*Jeanne
Giorni lenti, giorni di pioggia,
Giorni di specchi infranti e di aghi perduti,
Giorni di ciglia chiuse ai confini del mare,
D'ore una eguale all'altra, giorni di prigionia,
La mente ancora splendida su foglie
E fiori, la mia mente come l'amore è nuda,
L'alba ch'essa dimentica, la umilia
A contemplare il corpo ubbidiente e vano.
Ma li ho visti, i più begli occhi del mondo,
Déi d'argento recavano zaffiri nelle palme,
Veri déi, ed uccelli nella terra
E nell'acqua, li ho visti.
Quell'ali sono le mie, nulla esiste
Oltre quel volo che scuote i miei affanni,
Volo di stella e luce,
Fiume, pianura, dirupo, quel volo,
Flutti chiari dell'ali,
Pensiero mio che vita e morte reggono.
1926
(trad. Franco Fortini)
******************
Leurs yeux toujours purs
Jours de lenteur, jours de pluie,
Jours de miroirs brisés et d'aiguilles perdues,
Jours de paupières closes à l'horizon des mers,
D'heures toutes semblables, jours de captivité.
Mon esprit qui brillait encore sur les feuilles
Et les fleurs, mon esprit est nu comme l'amour,
L'aurore qu'il oublie lui fait baisser la tête
Et contempler son corps obéissant et vain.
Pourtant, j'ai vu les plus beaux yeux du monde,
Dieux d'argent qui tenaient des saphirs dans leurs mains,
De véritables dieux, des oiseaux dans la terre
Et dans l'eau, je les ai vus.
Leurs ailes sont les miennes, rien n'existe
Que leur vol qui secoue ma misère,
Leur vol d'étoile et de lumière,
Fleuve, plaine, rocher, leur vol
Les flots  clairs de leurs ailes,
Ma pensée soutenue par la vie et la mort.
(Capitale de la douleur)

domenica 4 novembre 2012

Il saluto ai poeti crepuscolari di Nino Oxilia

Frederick Cayley Robinson*1915
...
Ma voi non vedeste la vampa
sul mondo, nè potrete
la vita futura cantare.
Cadeste sul limitare
del Tempo; moriste di sete
lasciando alla stampa
un breve sorriso di morte:
la vostra sorte
fu quella dell'onda che sciacqua
lieve lieve sulla sabbia,
non quella dell'ondata che si squassa
sugli scogli con impeti di rabbia;
foste la nuvola che passa;
il vostro nome fu scritto sull'acqua...
E tu cantavi la provincia,
le tragedie dei burattini,
il suono dell'Avemaria;
cantavi le domeniche
piene di sole e di malinconia
e aspettavi di morire,
Sergio Corazzini!
Io sognavo di cantare
la corsa in un mondo
più vasto; in un ciel più profondo,
dentro a un più profondo mare
la corsa vertiginosa:
volgevo la testa e senza posa
vedevo i tuoi burattini
ballare, gestire, manine, piedini,
al ritmo del tuo cuore stanco...
Poi sei morto. Ed io ti canto,
sepolto tra le rose
del camposanto,
poeta delle piccole cose,
mentre rulla il tamburo...
Domani le piccole cose
saranno per sempre sepolte
e la provincia domenicale
non avrà che il tuo tumulo a guanciale.
Le molte
provincie diverranno un regno senza
gli inutili tuoi re di cartapesta
con la corona in testa...
Tutto il mondo sarà
repubblica di scienza,
terra di libertà
dove l'ingegno governa,
e la conquista moderna
e le invenzioni
faran più svelti roteare i mondi
tra le costellazioni;
trascineranno gli uomini
con gesti isterici
e volti cadaverici
sotto le lampade...
E tu cantavi il passato, Guido Gustavo Gozzano!
Il gioco del volano cantavi e il divano tarlato;
cantavi soave, in sordina, i daggherrotipi, le essenze
di rosa, le diligenze; cantavi la crinolina...
Io sognavo di cantare il presente
vertiginoso, le macchine
rotanti, i salvatacchi,
il marciapiede lucente;
volgevo la testa e udivo
il milleottocentosessanta
suonare la gavotta sul pianoforte a coda
con l'aria di chi goda se qualche corda è rotta...
Avrei dato tutto Grimm,
il tuo Grimm falso e tarlato,
per un tango chez Maxim...
Poi sei morto: Ed io ti canto,
poeta del passato,
mentre rulla il tamburo...
Morto è il Passato, poeta!
...Domani passeran fischiando treni
per le ville languidette
del tuo sogno vestito d'ombra e niente:
morto è il Passato e con le baionette
stiamo uccidendo il Presente
per mettere in trono il Futuro...
...Ma tu, Sandro, tu
non cantavi che l'amore
e non usavi rime; amore, amore,
che dà baci e figli...
Oh! quel profumo di tigli
laggiù
nei viali del Valentino!
Oh! i baci nella nebbia del mattino,
gustosi come frutta! Oh! i baci presi
e dati e trascinati per i colli
torinesi!
Ricordo le sere, le folli
chimere, le angosce divine,
i circoli delle sartine,
il cake-walk...
Oh! giovanile certezza
di gloria! O del futuro
smanioso brivido santo!
Ma sei morto. Ed io ti canto,
poeta della giovinezza,
mentre rulla il tamburo...
Domani le piccole cose
dormiranno sepolte fra le rose,
domani il passato
sarà dimenticato,
ma l'amore, l'amore
rifiorirà nel cuore
dopo
tanto odio senza scopo,
riaprendo a fior d'acqua l'occhio puro...
Fiamme scoppiettanti, laceranti
incendiano il vecchio mondo,
poeti crepuscolari!
Sull'orlo dell'abisso senza fondo
ove caddero ad uno ad uno infranti
i vecchi altari,
m'accomiato da voi! Rulla il tamburo!
(Nino Oxilia, morì il 18 novembre 1917 falciato da una granata mentre partecipava all'eroica difesa della linea del Monte Tomba sul Grappa. Questa sua poesia scritta con lucida consapevolezza del futuro).

sabato 3 novembre 2012

Di Novembre di Folgore da San Gimignano

Tiziano Vecellio*1555
E di novembre a Petriuolo, al bagno,
con trenta muli carchi di moneta:
le rughe sian tutte coverte a seta;
coppe d’argento, bottacci di stagno:
e dar a tutti stazzonier guadagno;
torchi e doppier che vegnan di Chiareta;
confetti con cedrata di Gaeta:
 bëa ciascun e conforti ’l compagno.
E 'l freddo sia grande e ’l fuoco spesso;
fagiani, starne, colombi e mortiti,
1lèvori e cavrioli rosto e lesso:
e sempre aver acconci gli appetiti;
la notte ’l vento e piover a ciel messo:
e siate ne le letta ben forniti.

venerdì 2 novembre 2012

Campi Elisi di Leonardo Sinisgalli

Henry Siddons Mowbray*Persephone
Di là dalla dolce provincia dell'Agri
Siete approdati alle rive sognate,
Oscuri morti familiari.
Le vostre salme hanno dato salute
Al verde degli orti.
I campi di fave si sono allargati
Oltre i cancelli:
Dove arse superba l'età delle rose
Le capre pestano la terra
Nei giorni di siccità.
(Vidi le Muse)

giovedì 1 novembre 2012

Santi del mio paese di Vincenzo Cardarelli

Ángel Zárraga y Argüelles*1912
Ce ne sono di chiese e di chiesuole,
al mio paese, quante se ne vuole!
E santi che dai loro tabernacoli
son sempre fuori a compiere miracoli.
Santi alla buona, santi famigliari,
non stanno inoperosi sugli altari.
E chi ha cara la subbia, chi la pialla,
chi guarda il focolare e chi la stalla,
chi col maltempo, di prima mattina,
comanda ai venti, alla pioggia, alla brina,
chi, fra cotanti e così vari stati,
ha cura dei mariti disgraziati.
Io non so se di me qualcuno ha cura,
che nacqui all'ombra delle antiche mura.
Vien San Martino che piove e c'è il sole,
vedi le vecchie che fanno all'amore.
Rustico è San Martin, prospero, antico,
e dell'invidia natural nemico.
Caccia di dosso il malocchio al bambino,
dà salute e abbondanza San Martino.
Sol che si nomini porta fortuna
e fa che abbiamo sempre buona luna.
Invocalo, se vuoi vita beata,
in ogni ora della tua giornata.
Vien Sant'Antonio, ammazzano il maiale.
Col solicello è entrato carnevale.
L'uomo è nel sacco, il sorcio al pignattino,
corron gli asini il palio e brilla il vino.
Viene, dopo il gran porcaro,
San Giuseppe frittellaro,
San Pancrazio suppliziato,
San Giovanni Decollato.
E San Marco a venire non si sforza,
che fece nascer le ciliege a forza.
E San Francesco, giullare di Dio,
è pure un santo del paese mio.
Ce ne sono di santi al mio paese
per cui si fanno feste, onori e spese!
Hanno tutti un lumino e ognuno ha un giorno
di gloria, con il popolino intorno.