Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

giovedì 31 gennaio 2013

Soliloquio di Giuseppe Ungaretti

Leslie Gerald Brockhurst*Margaret Duchess of Argyll
Gennaio-Febbraio 1969
I
Cercata in me ti ho a lungo,
Non ti trovavo mai,
Poi universo e vivere
In te mi si svelarono.
Quel giorno fui felice,
Ma il giubilo del cuore
Trepido mi avvertiva
Che non ne ero mai sazio.
Fu uno smarrirmi breve,
Già dita tue di sonno,
Apice di pietà,
Mi accarezzano agli occhi.
Davi allora sollecita
Quella quiete infinita
Che dopo amare assale
Chi ne godé la furia.
II
Rifulge il sole in te
Con l'alba che è risorta.
Può ripiegarmi a credere
Un mare tanto lieto?
Oggi è il carnale inganno
Che va sciupando un cuore
Logoro dal delirio.
Lo delude ogni mira,
Non torna più che finto
Il miracolo, acceca.
III
Il mio amore per te
Fa miracoli, Amore,
E, quando credi d'essermi sfuggita,
Ti scopro che t'inganni, Amore mio,
A illuminarmi gli occhi
Tornando la purezza.
(Nuove)

mercoledì 30 gennaio 2013

La neve di Attilio Bertolucci

Guy Carleton Wiggins*A winter night in New York
Come pesa la neve su questi rami
come pesano gli anni sulle spalle che ami.
L'inverno è la stagione più cara,
nelle sue luci mi sei venuta incontro
da un sonno pomeridiano, un'amara
ciocca di capelli sugli occhi.
Gli anni della giovinezza sono anni lontani.
(Al fuoco calmo dei giorni)

martedì 29 gennaio 2013

Gennaio di Georgi Kasabov Milev

Joseph Farquharson
In questo giorno sono nato io.
In questo giorno, tra i denti gelidi del freddo, si smorza trattenuto
l’ultimo urlo delle bufere di neve. L’Orsa Maggiore rabbrividisce
irrigidita, bianca, di ghiaccio; tra i suoi denti sfavillanti trovo il
disco spezzato della Stella Polare.
Silenzio e immobilità sul ghiaccio azzurro; sotto le albe impassibili
dell’Aurora Boreale.
Sulla soglia del mio destino sta il vecchio Acquario: il flusso
ininterrotto del mio destino che egli fa sgorgare - si è agghiacciato -
il destino mio.
In questo giorno sono nato io e il mio cuore neonato, ad un tratto, si è
raggelato: un pezzo di ghiaccio, enorme e lucido.
Io credevo che un angelo soave e trasparente avesse portato con le sue dita
delicate il mio cuore - lontano dai beati orizzonti. Egli non è giunto: è
morto il mio tenero cuore tra gli artigli gelidi del ghiaccio.
In questo giorno sono nato io. Il mio cuore si è raggelato: un pezzo di
ghiaccio, enorme e lucido.
Non amo io. Il mio cuore è di ghiaccio - una pietra - spietato - come il
ferro. Non amo niente e nessuno. Non amo!
Oh, libro delle inimicizie!
Io strappo e prendo in mano il mio cuore - una pietra enorme e gelida - in
attesa - pronto a combattere!
Guai alle fronti fragili!
(1920)

lunedì 28 gennaio 2013

Razgledniche* di Miklós Radnóti

Dravko Mandic
Gli crollai accanto, il corpo era voltato
già rigido come una corda che si spezza.
Una pallottola nella nuca. - Anche tu finirai così, -
mi sussurravo - resta pure disteso tranquillo.
Ora dalla pazienza fiorisce la morte -
"Der springt noch auf"* suonò sopra di me.
E fango misto a sangue si raggrumava nel mio orecchio.
(Szentkiràlyszabadja, 1944)
(Mi capirebbero le scimmie)
*************
* Il titolo in serbo significa "cartoline postali"
e queste furono spedite tra le montagne nell'ottobre 1944,
e mai spedite.
* In tedesco "Lui salta su ancora"
Questa poesia ancora per la Memoria, dopo gli
improvvidi discorsi di qualcuno....

domenica 27 gennaio 2013

Alle vittime di Mauthausen di Maria Luisa Spaziani

Benjamin Palencia*1935
Troverò in paradiso le parole non dette,
capitelli di colonne rimaste a metà.
Scaglie di stelle esplose, private di ogni luce,
antiche fontane secche che ritrovano il canto.
Troverò in paradiso quel macilento tralcio di rosa
che a Mauthausen fiorì dietro la baracca quattordici.
Avrà i suoi occhi ogni cosa capace di durare,
miracolata, innocente, ostinata e radiosa.
Troverò in paradiso la tua e la mia pazienza.
Ne faremo un collage con rendez-vous mancati,
e velieri arenati, e brandelli di scienza,
bandiere intrise di pianto, ostinate a sventolare.
(I fasti dell'ortica)

sabato 26 gennaio 2013

Solitudine e Dormire di Giuseppe Ungaretti

Blanche Ames*Tending a soldier*1918
SOLITUDINE
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917
Ma le mie urla
feriscono
come fulmini
la campana fioca
del cielo
Sprofondano impaurite
************
DORMIRE
Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917
Vorrei imitare
questo paese
adagiato
nel suo camice
di neve
(Naufragi)

venerdì 25 gennaio 2013

Marcia forzata di Miklós Radnóti

Charles Courtney Curran
È pazzo, chi è crollato si rialza e di nuovo si incammina,
e con dolore errante nuove ginocchia e caviglie,
eppure si avvia sulla strada come se avesse le ali,
il fosso lo chiama invano, non ha il coraggio di restare,
e se chiedi perché no? forse ancora ti risponde,
che è atteso da una donna, da una morte più saggia, una
morte bella.
Eppure è pazzo, il mansueto, perché laggiù sopra le case
da tempo non giura più che vento bruciacchiato,
il muro è steso sulla schiena e il pruno è spezzato
e la paura è il manto delle notti in patria.
Oh, se potessi credere: non solo portare nel cuore
tutto ciò che ancora vale, e c’è una casa dove tornare?
se ci fosse! e come una volta sulla fresca veranda
ronzerebbe l’ape della pace, mentre si fredda la marmellata 
di prugne,
e il silenzio di fine estate prenderebbe il sole nei giardini 
sonnolenti,
e tra le fronde dondolerebbero frutti nudi,
e Fanni mi attenderebbe bionda davanti alla fitta siepe
e lentamente il lento mattino disegnerebbe l’ombra –
forse è possibile ancora? la luna oggi è così tonda!
Non passarmi oltre, amico, sgridami! E mi rialzo!
Bor 1944

giovedì 24 gennaio 2013

Sonetto della neve di Sergio Corazzini

Fernand Khnopff
Nulla più triste di quell’orto era,
nulla più tetro di quel cielo morto
che disfaceva per il nudo orto
l’anima sua bianchissima e leggera.
Maternamente coronò la sera
l’offerta pura e il muto cuore assorto
in ricevere il tenero conforto
quasi nova fiorisse primavera.
Ma poi che l’alba insidiò co’ ’l lieve
gesto la notte e, per l’usata via,
sorrisa venne di sua luce chiara,
parve celato come in una bara
l’orto sopito di melanconia
nella tetra dolcezza della neve.
(Le aureole*1905)

mercoledì 23 gennaio 2013

Che fra le vostre palme di Marcel Proust

Federico Andreotti
Che fra le vostre palme chiuse il mio cuore lacrimi; il cielo scolorito 
lentamente appassisce. Il fiore dei vostri occhi, chiari come 
una quiete, sul mio cuore reclina incantate corolle.
Mi siano le vostre ginocchia giaciglio di pace. Mi vesta il vostro 
sguardo: e avrò caldo, la notte. E, magica vigilia, allontani il 
vostro alito tutto quello che è impuro, che è sarcasmo, che è 
offesa.
Neri il porto ed i campi; all’ironia del giorno segue consolatrice 
la notte lagrimosa; e la bruma dispersa sciogliendo di dolcezza,
per te si alzano in cuore fuochi di desideri.
******************
Laissez pleurer mon cœur entre vos mains fermées
Le ciel décoloré se fane lentement
La fleur de vos yeux clairs comme un apaisement
Abaisse sur mon cœur ses corolles charmées.
Que vos genoux me soient la couche pacifique,
Vêtu de vos regards, j’aurai chaud pour la nuit
Et votre souffle écartera veilleur magique
Tout ce qui souille et ce qui raille et ce qui nuit.
Le port, les champs sont noirs; après le jour moqueur
La consolante nuit vient de larmes trempée
Et fondant de douceur la brume dissipée
Les feux de ton désir s’allument dans mon cœur.
(Le intermittenze del cuore-Trad. di Franco Fortini)

martedì 22 gennaio 2013

Vento di Ted Hughes

Andrew Newell Wyeth
Questa casa è stata in mare aperto tutta notte,
i boschi si schiantavano nel buio, i colli rimbombavano,
i venti fugavano i campi come bestiame sotto la finestra
neri cavalieri ondeggianti nell'accecante pioggia
finchè spuntò il giorno; allora sotto un cielo arancio
i colli avevano trovato una nuova posizione, e il vento
brandiva un lampo di lama, luminoso di smeraldo,
che si fletteva come il cristallino di un occhio folle.
A mezzogiorno salii lungo il lato della casa fino
alla porta della carbonaia. Una volta osai alzare lo sguardo -
nell'assalto del vento che mi incideva le pupille
la tenda dei colli tambureggiava e tendeva lo strallo,
e i campi tremavano, la linea del cielo era una smorfia,
per sbattere da un secondo all'altro e svanire con un 
rumore d'ala:
il vento trascinò lontano una gazza e un gabbiano dal dorso
nero si piegò come una sbarra di ferro, piano. La casa
risuonava come una verde coppa di fine cristallo alla nota
che potrebbe frantumarla da un secondo all'altro. Adesso 
sprofondati nelle poltrone, davanti al grande fuoco, ci 
stringiamo
forte il cuore e non sappiamo stare con un libro, o un 
pensiero,
o vicini. Guardiamo la vampa del fuoco
e pare che le radici della casa si muovano, ma restiamo seduti
a guardare la finestra che freme di entrare,
a sentire le pietre che gridano sotto gli orizzonti.
(Il falco nella pioggia*1957*Trad. Nicola Gardini)
****************
WIND
This house has been far out at sea all night, 
The woods crashing through darkness, the booming hills, 
Winds stampeding the fields under the window 
 Floundering black astride and blinding wet 
 Till day rose; then under an orange sky 
 The hills had new places, and wind wielded 
 Blade-light, luminous black and emerald, 
 Flexing like the lens of a mad eye. 
 At noon I scaled along the house-side as far as 
The coal-house door. I dared once to look up - 
Through the brunt wind that dented the balls of my 
eyes 
The tent of the hills drummed and strained its guyrope, 
The fields quivering, the skyline a grimace, 
At any second to bang and vanish with a flap: 
The wind flung a magpie away and a black- 
Back gull bent like an iron bar slowly. The house 
Rang like some fine green goblet in the note 
That any second would shatter it. Now deep 
In chairs, in front of the great fire, we grip 
Our hearts and cannot entertain book, thought, 
Or each other. We watch the fire blazing, 
And feel the roots of the house move, but sit on, 
Seeing the window tremble to come in, 
Hearing the stones cry out under the horizons.
(The Hawk in the Rain*1957)

lunedì 21 gennaio 2013

Il rione a gennaio di Josè Montoya

Diego Rivera*1924
Le sere d'inverno
sull'imbrunire
le strade del Rione
si trasformano
con i giochi dei bimbi
gli odori delle pietanze
e le grida delle madri in ansia.
Tutto incomincia
a legarsi
con la nebbia blu
delle fumate
salendo contro
un cielo rabbuiato.
E nessuno teme
il freddo di gennaio.
Le bambine in bianco
si affrettano al catechismo.
I ragazzi
le guardano senza malizia
e continuano a giocare.
I cani si annusano
a vicenda e delusi
proseguono in cerca
di qualcosa.
Più in là si ascolta
lo strillo lontano
di una sirena
e di un destino.
************
EL BARRIO EN ENERO
En la tardes inviernosas
Al oscurecer
Las calles del Barrio
Sen transforman
Con los juegos de niños
Olores de cenas
Y los alaridos de
Madres ansiosas
Todo se impieza
A integrar
Con la niebla azul
De las humaderas
En contra a un
cielo oscurecido
Y nadie le teme
al frìo de enero
Las niñas en blanco
Corren al catecismo
Y los muchachos
Se fijan sin desimular
Y siguen jugando
Y los perros se huelen
Y se desengañan
Y siguen en busca
De algo
Y por allà se oye
El chillido lejano
De una sirena
Y un destino
(Sotto il quinto sole-
 Poeti chicani)

domenica 20 gennaio 2013

Fermandosi accanto a un bosco in una sera di neve di Robert Frost

Maxfield Parrish

Di chi sia il bosco credo di sapere.
Ma la sua casa è in paese: così
Egli non vede che mi fermo qui
A guardare il suo bosco riempirsi di neve.
Troverà strano il mio cavallino
Fermarsi senza una casa vicino
Tra il bosco e il lago gelato
La sera più buia dell'anno.
Dà una scrollata al suo sonaglio
Per domandare se c'è uno sbaglio:
Il solo altro suono è il fruscio
Del vento lieve, dei soffici fiocchi.
Bello è il bosco, buio e profondo,
Ma io ho promesse da non tradire,
E miglia da fare prima di dormire,
E miglia da fare prima di dormire.
(1923)
***************
Stopping By Woods on a Snowy Evening
Whose woods these are I think I know.
His house is in the village though;
He will not see me stopping here
To watch his woods fill up with snow.
My little horse must think it queer
To stop without a farmhouse near
Between the woods and frozen lake
The darkest evening of the year.
He gives his harness bells a shake
To ask if there is some mistake.
The only other sound's the sweep
Of easy wind and downy flake.
The woods are lovely, dark and deep.
But I have promises to keep,
And miles to go before I sleep,
And miles to go before I sleep.

sabato 19 gennaio 2013

E' l'ora rara di Andrea Zanzotto

J.C.Leyendecker*1925
E' l'ora rara
in cinema biancazzurro
è l'ora d'inverno neve punta estrema del dì
ora d'arrivo di K. al castello
ora di brividi immobili in misteri
è l'ora che golfi di stanza pura e immensa
distribuisce nella sua diapositiva
L'ora mai arrivata di cui tutta è deprivata la
natura
E' l'ora che accoglie forse tra stufe in portineria
per sempre, in cui s'ingrana e stagna
tutto il discontinuo del tempo
E' l'ora, accento, precisi vitrei di sospensione
per ogni discorso, per ogni azione
                           19 gennaio
In nuove intersezioni con altre ère
altra geometria del freddo
delle strutture geologiche
tremolanti del freddo
ingoiate dal freddo rifatte
in toilettes per serpentine ère
ère erose dal freddo
del più vecchio cinema sepolto
(Conglomerati)

venerdì 18 gennaio 2013

Ballata delle dame d'una volta di François Villon

Thomas Cooper Gotch*La Reine Clothilde
Ditemi dove, in quale contrada
è Flora, la bella Romana,
dov’è Taide, Archiapada,
che fu sua cugina germana;
Eco che parla se sullo stagno
o sul fiume voce si dà,
e più che umana ebbe beltà.
Dove le nevi di un anno fa?
Dov’è Eloisa tanto dotta
per il cui amore fu castrato
Pietro Abelardo e poi accolto
a San Dionigi, tonsurato?
E dov'è la regina al cui cenno
chiuso in un sacco fu gettato
Buridano dentro la Senna?
Dove le nevi di un anno fa?
Bianca, regina, al par di giglio,
e voce aveva di sirena,
Berta-gran-pie', Beatrice, Alice,
Aremburgi signora del Maine,
e di Lorena la buona figlia
Giovanna, arsa viva a Rouan;
dove, o Vergine, dove mai stanno?
Dove le nevi di un anno fa?
Di loro, Principe, non chiedete
dove sono, ora o fra un anno,
se il ritornello non volete:
Dove le nevi di un anno fa?
*******
Ballade Des Dames du Temps jadis
Dictes moy où, n’en quel pays, Est Flora,
la belle Rommaine;
Archipiada, ne Thaïs,
Qui fut sa cousine germaine;
Echo, parlant quand bruyt on maine
Dessus riviere ou sus estan,
Qui beaulté ot trop plus qu’humaine?
Mais où sont les neiges d’antan!
Où est la tres sage Helloïs,
Pour qui fut chastré et puis moyne
Pierre Esbaillart à Saint-Denis?
Pour son amour ot cest essoyne.
Semblablement, où est la royne
Qui commanda que Buridan
Fust gecté en ung sac en Saine?
Mais où sont les neiges d’antan!
La royne Blanche comme lis,
Qui chantoit à voix de seraine;
Berte au grant pié, Bietris, Allis;
Haremburgis qui tint le Maine,
Et Jehanne, la bonne Lorraine,
Qu’Englois brulerent à Rouan;
Où sont elles, Vierge souvraine? …
Mais où sont les neiges d’antan!
Prince, n’enquerez de sepmaine
Où elles sont, ne de cest an,
Que ce reffrain ne vous remaine:
Mais où sont les neiges d’antan!

giovedì 17 gennaio 2013

Requiem 1*2*3*4 di Anna Achmatova

Alphons Mucha*1922
1.
Ti portarono via all’alba,
Ti seguivo, come a un funerale,
In una stanza angusta i bambini piangevano,
Il lumino alla Madonna si era sciolto,
Sulle tue labbra il freddo dell’icona.
Il sudore di morte sulla fronte... Non si dimentica!
Io come le mogli degli strelizzi,
Piangerò sotto le torri del Cremlino.
Autunno 1935. Mosca (Kutaf’ja)
2.
Placido scorre il placido Don,
La gialla luna entra in casa.
Entra con un cappello sulle ventitre’,
Vede l’ombra la gialla luna.
Questa donna ammalata,
Questa donna sola,
Il marito nella tomba, il figlio in prigione.
Pregate per me.
3.
No, non sono io, e’un altro che soffre.
Io non potrei esser cosi’, ma quel che e’ successo
Che neri drappi lo ricoprano,
E portino via le lanterne...
             Notte.
4.
Se mostrato t’avessero, burlona
E prediletta fra tutti gli amici,
Di Càrskoe Selò allegra peccatrice,
Quel che sarebbe della tua vita:
Startene, col pacco,
Trecentesima sotto Le Croci
E con le tue lagrime cocenti
Scioglierai dell’anno nuovo il ghiaccio.
La’ si dondola il pioppo del carcere,
E non un suono - ma quante
Incolpevoli vite vi hanno fine...
(Requiem*1938)

mercoledì 16 gennaio 2013

Primizie del primo mese di Andrea Zanzotto

Franco Gentilini
Nevi appiattate là dietro: odore
     di vento complicato nel suo vuoto-spinto
afrore di lontananze là in basso
tossiche tanto da creparsi
in combustioni
di sprofondamenti- tamponamenti a catena;
accavallarsi di foie metalliche
e poi a notte la perfusione
che scaturì a stridere il suo nome
a un uccello maligno -
e poi ancora sole maligno di mille purezze
che ad ogni pulviscolo si declina
fischiando ruina
Ah meglio ingolfati là dietro
con le immemori nevi, in odore
     di santità elettroniche da bar,
     con aghi, pixel, pus, frustoli di stars
Fà che fin là non mi prenda di mira la vampa di zolfo
che a notte balzò dalla strozza
dell'acqua-acquana
     di Venezia pantegana.
(Gennaio '96 (variante)
- Canzonette ispide -

martedì 15 gennaio 2013

Compleanno (dedicato a Veronica che parte) di Wislawa Szymborska

Vincent Van Gogh
Tanto mondo a un tratto da tutto il mondo:
morene, murene e marosi e mimose,
e il fuoco e il fuco e il falco e il frutto -
come e dove potrò mettere il tutto?
Queste foglie e scaglie, questi merli e tarli,
lamponi e scorpioni - dove sistemarli?
Lapilli, mirtilli, berilli e zampilli -
grazie, ma ce n'è fin sopra i capelli.
Dove andranno questo tripudio e trifoglio,
tremore e cespuglio e turgore e scompiglio?
Dove porti un ghiro e nascondi l'oro,
che fare sul serio dell'uro e del toro?
Già il biossido è cosa ben preziosa e cara,
aggiungi la piovra, e in più la zanzara!
Immagino il prezzo, benchè esagerato -
grazie, io davvero non l'ho meritato.
Non è troppo per me il sole, l'aurora?
Che cosa può farne l'umana creatura?
Sono qui un istante, un solo minuto:
non saprò del dopo, non l'avrò vissuto.
Come distinguere il tutto dal vuoto?
Dirò addio alle viole nel viaggio affrettato.
Pur la più piccola - è una spesa folle:
fatica di stelo, e il petalo, e il pistillo,
una volta, a caso, in questa immensità,
sprezzante e precisa, fiera fragilità.
****************
Urodziny
Tyle naraz świata ze wszystkich stron świata: 
moreny, mureny i morza i zorze, 
i ogień i ogon i orzeł i orzech - 
jak ja to ustawię, gdzie ja to położę? 
Te chaszcze i paszcze i leszcze i deszcze, 
bodziszki, modliszki - gdzie ja to pomieszczę? 
Motyle, goryle, beryle i trele - 
dziękuję, to dla mnie o wiele za wiele. 
Do dzbanka jakiego ten łopian i łopot 
i łubin i popłoch i przepych i kłopot? 
Gdzie zabrać kolibra, gdzie ukryć to srebro, 
co zrobić na serio z tym żubrem i zebrą? 
Już taki dwutlenek rzecz ważna i droga, 
a tu ośmiornica i jeszcze stonoga! 
Domyślam się ceny, choć cena z gwiazd zdarta - 
dziękuję, doprawdy nie czuję się warta. 
Nie szkoda to dla mnie zachodu i słońca? 
Jak ma się w to bawić osoba żyjąca? 
Na chwilę tu jestem i tylko na chwilę: 
co dalsze przeoczę, a resztę pomylę. 
Nie zdążę wszystkiego odróżnić od próżni. 
Pogubię te bratki w pośpiechu podróżnym. 
Już choćby najmniejszy - szalony wydatek: 
fatyga łodygi i listek i płatek 
raz jeden w przestrzeni, od nigdy, na oślep, 
wzgardliwie dokładny i kruchy wyniośle.

lunedì 14 gennaio 2013

Inverno di Lars Forssell

Lucy Culliton*Winter portrait*2009
Io so amore mio quello che so
Il tuo alito dormiente
Contro il vetro
E nel vapore io disegno
Un vecchio con grandi occhi
Che lentamente colano via
Dietro sole su un tetto innevato
Libellule di neve
Momenti che passano
Cigolanti sconfitte
Svolta nevosa del cuore
E cani che hanno perso il fiuto della cacciagione
Il mio amore si volge sonnolente in te
Il mio sonno veglia
Fianco a fianco dentro di te
Come in un sarcofago di neve
*****************
VINTER
Jag vet min älskade vad jag vet
Din sovande andedräkt
Mot rutan
Och i imman ritar jag
En gubbe med stora ögon
Som sakta rinner bort
Bakom sol på ett snötak
Snösländor
Förbinpasserande ögonblick
Knarrande nederlag
Hjärtats snösväng
Och hundar som tappat vittringen
Min kärlek vänder sig sömnigt i dig
Min sömn vakar
Sida vid sisa inne i dig
Som i en snösarkofag

domenica 13 gennaio 2013

Nevicata di Emilio Praga

Frederick Childe Hassam*1886
La bella neve! scendete, scendete,
Leggiadri fiocchi danzanti nei cieli;
Come perlucce coprite, pingete
I tetti, i tronchi, la mota e gli steli.
Dacchè l’ottobre, soffiando, spruzzando,
Ingiallì tutta la vasta campagna,
Fuor da’ miei vetri, ove, fievole urtando,
La farfalluccia del freddo si lagna,
Mi morîr cinque di rosa arboscelli,
E spirò l’anima a Dio la violetta;
Senza l’ammanto di viti i cancelli
Sembran soldati disposti in vedetta.
Pur questa notte una mano furtiva
L’innaffiatoio rubommi in giardino!
(Se fu per la fame che alcun lo rapiva,
Iddio nol vegga l’agreste bottino).
Intirizzisco se schiudono l’uscio,
Ma qui la stufa borbotta tepente:
Oh benedetto il mio piccolo guscio,
Per me, nevata, sei tutta innocente!
Fa il tuo mestiere: scendete, scendete,
Leggiadri fiocchi danzanti nei cieli;
Come perlucce coprite, pingete,
I tetti, i tronchi, la mota e gli steli...
Della mia donna nel fervido cuore
Aleggia sempre una brezza gentile,
E quando ricco il poeta è d’amore
Anche il gennaio somiglia all’aprile
(Penombre)

sabato 12 gennaio 2013

La menta selvaggia di Maria Luisa Spaziani

Gaetano Bellei
Le rose che il grigio dell'Appia un remoto gennaio ti
diede,
fra gorghi e vascelli di stelle la menta selvaggia
consuma.
Soltanto nel fuoco dipinto, deserto infinito, memoria,
il rudere inquieto fiorisce in celesti castelli abitati.
(Utilità della memoria)

venerdì 11 gennaio 2013

Fantasma di Pablo Neruda

Louise Abbema*Sarah Bernhardt*1875
Come sorgi dal passato, giungendo,
abbacinata, pallida studentessa,
alla cui voce ancora chiedono consolazione
i mesi lunghi e immobili.
I suoi occhi lottavano come rematori
nell'infinito morto
con speranza di sogno e materia
di esseri che escono dal mare.
Dalla lontananza dove
l'odore della terra è diverso
e il vespertino giunge piangendo
in forma di oscuri papaveri.
Nell'alto dei giorni immobili
l'insensibile giovane diurno
nel tuo raggio di luce si addormentava
affermato come in una spada.
Frattanto cresce all'ombra
del lungo trascorso in oblio
il fiore della solitudine, umido, disteso,
come la terra in un lungo inverno.
*****************
Cómo surges de antaño, llegando,
encandilada, pálida estudiante,
a cuya voz aún piden consuelo
los meses dilatados y fijos.
Sus ojos luchaban como remeros
en el infinito muerto
con esperanza de sueño y materia
de seres saliendo del mar.
De la lejanía en donde
el olor de la tierra es otro
y lo vespertino llega llorando
en forma de oscuras amapolas.
En la altura de los días inmóviles
el insensible joven diurno
en tu rayo de luz se dormía
afirmado como en una espada.
Mientras tanto crece a la sombra
del largo transcurso en olvido
la flor de la soledad, húmeda, extensa,
como la tierra en un largo invierno.
(A Mariangela Melato che oggi ci lascia un pò più soli. Addio Signora!)

giovedì 10 gennaio 2013

Non ci sarà nessuno a casa di Boris Pasternak

Delphin Enjorlas
Non ci sarà nessuno a casa,
tranne il crepuscolo. 
Il solo giorno invernale in un trasparente spiraglio
di cortine non accostate.
Solo di bianchi biòccoli bagnati
il rapido aleggiante balenìo.
Solo tetti, neve e tranne
i tetti e la neve, - nessuno.
E di nuovo arabeschi intesserà la brina,
e di nuovo mi domineranno
lo sconforto dell'anno passato
e le vicende di un altro inverno.
E mi scherniranno di nuovo per una
colpa non ancora perdonata,
e una fame di legna avvinghierà
la finestra lungo la crociera.
Ma inaspettatamente per la tenda
scorrerà il trèmito di un'irruzione.
Misurando coi passi il silenzio,
come l'avvenire tu entrerai.
Tu apparirai sulla soglia, indossando
qualcosa di bianco senza stranezze,
qualcosa proprio di quelle stoffe
di cui si cuciono i fiocchi di neve.
*****************
Никого не будет в доме
Никого не будет в доме,
Кроме сумерек. Один
Зимний день в сквозном проеме
Незадернутых гардин.
Только белых мокрых комьев
Быстрый промельк моховой,
Только крыши, снег, и, кроме
Крыш и снега, никого.
И опять зачертит иней,
И опять завертит мной
Прошлогоднее унынье
И дела зимы иной.
И опять кольнут доныне
Неотпущенной виной,
И окно по крестовине
Сдавит голод дровяной.
Но нежданно по портьере
Пробежит сомненья дрожь,-
Тишину шагами меря.
Ты, как будущность, войдешь.
Ты появишься из двери
В чем-то белом, без причуд,
В чем-то, впрямь из тех материй,
Из которых хлопья шьют.
1931

mercoledì 9 gennaio 2013

Di gennaio di Cenne da la Chitarra

Artemisia Gentileschi*Self portrait
Io vi doto, del mese di gennaio,
corti con fumo al modo montanese,
letta qual’ ha nel mare il genovese,
acqua e vento che non cali maio,
povertà [di] fanciulle a colmo staio,
da ber aceto forte galavrese
e star[e] come ribaldo in arnese,
con panni rotti senza alcun denaio.
Ancor vi do così fat[t]o soggiorno:
con una vecchia nera, vizza e ranca,
catun gittando [de] la neve a torno;
apresso voi seder in una banca,
e resmirando quel so viso adorno;
così riposi la brigata manca.
(Risposta per contrarî ai sonetti de' mesi di Folgore da San Geminiano)

martedì 8 gennaio 2013

Inverno di Esiodo

Elizabeth Sonrel*Winter
Il mese di Leneo, giorni da schifo, spellabuoi tutti quanti.
Dio ce ne scampi. E poi quelle gelate, rasoterra:
si fanno spietate quando Borea soffia di traverso
alla Tracia, pastura di cavalli, sul disteso mare,
e con la raffica l'inarca. Mugghiano la terra e la foresta.
Quante querce, aeree chiome, quanti densi pini
stende nei burroni alpestri, sul suolo che ci sfama,
piombando: è tutto un gran boato il bosco sconfinato.
S'intirizziscono le bestie, le code sotto i ventri,
anche quelle di vello peloso che fa ombra: le trapassa
coi soffi ghiacciati, anche se manto di lana le avvolge.
Trafigge perfino il cuoio del bue, che non fa barriera.
Trafigge la coltre di peli caprini. Ma le pecore no,
quelle no. Quel pelame è spesso, non lo forza
il vento del nord. Un vecchio l'incurva: una ruota!
Però non si fa strada fino alla ragazza pelle di velluto:
lei sta nel chiuso della casa, insieme a mamma sua,
e non sa niente, ancora, dell'amore che vale tanto oro,
si lava quella carne in fiore, se la spalma di fluente
olio, si mette giù, tra le coperte, nel cuore della casa,
mentre fuori è inverno....
(Opere e giorni, vv. 504-524)
Trad. di Ezio Savino

lunedì 7 gennaio 2013

L’uomo di neve di Wallace Stevens

Willard Metcalf*1909
Bisogna avere una mente da inverno
Per guardare il gelo e i rami
Dei pini incrostati di neve;
Ed aver avuto freddo a lungo
Per osservare i ginepri sfiniti dal ghiaccio,
Gli abeti spogliati dal barbaglio distante
Del sole di gennaio; e non pensare
Ad una infelicità nel suono del vento,
Nel suono delle poche foglie,
Che è il suono della terra
Piena dello stesso vento
Che soffia nello stesso luogo spoglio
Per chi ascolta, ascolta nella neve,
E, niente in sé, osserva
Il niente che non è qui e il niente che è.
*************
One must have a mind of winter
To regard the frost and the boughs
Of the pine-trees crusted with snow;
And have been cold a long time
To behold the junipers shagged with ice,
The spruces rough in the distant glitter
Of the January sun; and not to think
Of any misery in the sound of the wind,
In the sound of a few leaves,
Which is the sound of the land
Full of the same wind
That is blowing in the same bare place
For the listener, who listens in the snow,
And, nothing himself, beholds
Nothing that is not there and the nothing that is.

domenica 6 gennaio 2013

Oggi è l'Epifania. Di che cosa? di Maria Luisa Spaziani

Jean Gabriel Domergue
Oggi è l'Epifania. Di che cosa?
Io non sono mai stata così sola.
Anche l'angelo tace. Tu da un mese,
angelo rinnegato.
La vita è un filo rosso. Ci attraversa
da alfa e omèga il battito del cuore.
Per tessere che cosa? Inutilmente
il filo cerca la sua cruna.
(La traversata dell'oasi)

sabato 5 gennaio 2013

Er primo amore e Doppo quattr'anni di Trilussa

Edouard Manet
ER PRIMO AMORE
Fu un venerdì, pe' Pasqua Befania,
er sei gennaro der novantasei.
- No Checchino, è impossibbile! Tu sei
troppo scocciante co' 'sta gelosia!
Nun se capimo più! - me disse lei -
Addio, Checchino... - E se n'agnede via.
Volevo dije: - Caterina mia,
viè qua, nun me lascià!... Ma nun potei!
Tu non me crederai: da quer momento
m'è arimasta una spina drento ar core:
è più d'un anno e ancora me la sento!
Ne la malinconia de li ricordi
naturarmente resta er primo amore...
Come diavolo vòi che me ne scordi?
DOPPO QUATTR'ANNI
Chi? Caterina? quale? quella mora?
E chi l'ha più rivista? Va cercanno!
Saranno ormai quattr'anni...Eh, sì, saranno
perchè fu ar tempo che tornai da fòra;
anzi me pare bene che fu quanno
pijavo l'ojoduro: sissignora,
fu ner novantasei, fu propio allora:
sì, ner novantasei, propio in quell'anno!
L'urtimo appuntamento? Era de festa...
Già, la Befana, che j'arigalai
un pettinino d'osso pè la testa...
Me costò, credo bene, un trenta sòrdi...
Eh, so' quasi quattr'anni, capirai...
Come diavolo vòi che m'aricordi?...
(Sonetti ripescati)

venerdì 4 gennaio 2013

Gerontion III di Thomas Stearns Eliot

Joseph Christian Leyendecker
....La tigre balza nell’anno nuovo. Ci divora. Infine,
Penso che non giungemmo a conclusione, quando
m’irrigidii
In una casa d’affitto. Infine,
Penso d’averlo detto per un preciso scopo, e non
perché costretto
Dalle blandizie dei demoni che guardano al passato.
Su questo, cortesemente ti vorrei rispondere.
Io che ero presso al tuo cuore ne fui scacciato
Perdendo la bellezza nel terrore, il terrore nella ricerca.
Ho perduto la mia passione: perché dovrei conservarla
Se ciò che si conserva si contamina?
Ho perduto la vista e l’odorato, l’udito, il gusto e il tatto:
Come li potrò usare per esserti più accanto?
Questi, con mille futili decisioni
Prolungano il profitto del loro gelido delirio,
Eccitano la membrana, quando il senso si è raffreddato,
Con salse pungenti, moltiplicano la varietà
In una desolazione di specchi. Cosa farà il ragno,
Sospenderà le sue operazioni, e la calandra
Indugerà? De Bailhache, Fresca, Mrs. Cammel, 
roteavano
Oltre l’orbita dell’Orsa tremolante
In atomi infranti. Gabbiano controvento, negli stretti
ventosi
Di Belle Isle, o rapido sull’Horn,
Piume bianche nella neve, i richiami del Golfo,
E un vecchio sospinto dagli Alisei 
In un angolo di sonno.
     Padroni della casa,
I pensieri di un arido cervello in un’arida stagione.
*****************
The tiger springs in the new year. Us he devours. 
     Think at last 
We have not reached conclusion, when I 
Stiffen in a rented house. Think at last 
I have not made this show purposelessly 
And it is not by any concitation 
Of the backward devils. 
I would meet you upon this honestly. 
I that was near your heart was removed therefrom 
To lose beauty in terror, terror in inquisition. 
I have lost my passion: why should I need to keep it 
Since what is kept must be adulterated? 
I have lost my sight, smell, hearing, taste and touch: 
How should I use them for your closer contact? 
These with a thousand small deliberations 
Protract the profit of their chilled delirium, 
Excite the membrane, when the sense has cooled, 
With pungent sauces, multiply variety 
In a wilderness of mirrors. What will the spider do,  
Suspend its operations, will the weevil 
Delay? De Bilhache, Fresca, Mrs. Cammel, whirled 
Beyond the circuit of the shuddering Bear 
In fractured atoms. Gull against the wind, in the 
windy straits 
Of Belle Isle, or running on the Horn, 
White feathers in the snow, the Gulf claims, 
And an old man driven by the Trades 
To a sleepy corner. 
     Tenants of the house, 
Thoughts of a dry brain in a dry season. 
(Eliot + 4 gennaio 1965/4 gennaio 2013)

giovedì 3 gennaio 2013

Quella stella lucente di Maria Luisa Spaziani

Carlos Schwabe
Quella stella lucente che sigilla
il cielo il tre gennaio,
nessuno me la sposti, per favore,
nelle sere a venire -
ma se ne va, decresce, si rimangia
ogni promessa, correrà a brillare
su altri mari o mondi, giurerà
oltre ogni sciagura -
ignorando che cosa ha seminato,
violentato, sconvolto, trasformato.
Transiterà, e così va l'aratro
impassibile sventrando la terra.
(La luna è già alta)

mercoledì 2 gennaio 2013

A Jane (L'invito) di Percy Bysshe Shelley

Francois Martin Kavel
La migliore e la più radiosa, vieni!
Più bella assai di questo bel Giorno,
Che, come te, a coloro che soffrono,
Viene ad augurare un dolce mattino
Al rude Anno appena destato
Nella sua culla in mezzo al falceto.
L'ora più chiara di Primavera non nata,
Lungo il cammino invernale,
Trovò, dicono, l'alcione Mattino
Nato da Febbraio canuto.
Inchinandosi dal Cielo, in glauca allegria,
Baciò la fronte alla Terra.
E sorrise al mare silente,
E ordinò la libertà ai fiumi gelati
E alla musica destò tutte le fonti,
E alitò sui monti ghiacciati
E come profetessa di Maggio
Cosparse di fiori il più brullo cammino,
Facendo apparire il gelido mondo
Un mondo a cui sorridi, cara.
Lontano, lontano da uomini e città,
Verso i boschi selvaggi e le colline -
Verso plaghe silenziose
Dove l'anima non debba reprimere
La sua musica nel timore di non trovare
Alcuna eco nell'anima d'un altro,
Mentre il contatto con l'arte della Natura
Armonizza cuore a cuore.
Lascio questo avviso sulla porta
Per i miei visitatori abituali: -
"Sono andato nei campi -
A prender ciò che dà quest'ora dolce; -
Riflessione, puoi tornare domani,
E sederti accanto al fuoco con Dolore. -
Tu, Sconforto, col conto non saldato, -
Tu, noioso Affanno, dicitore di versetti, -
Ti pagherò nella tomba, -
La Morte ascolterà la tua strofa.
Attesa, tu pure, tienti lontana!
Oggi è di per sè bastante;
Speranza sii pietosa, non deridere il Dolore
Coi tuoi sorrisi, e non seguire i miei passi;
Poichè a lungo vissi del tuo dolce cibo,
Trovo alfine il bene d'un istante
Dopo molto soffrire - con tutto il tuo amore,
Di questo tu mai mi parlasti."
Sorella radiosa del Giorno,
Svegliati! alzati! e vieni via!
Nei boschi selvaggi e sulle pianure,
E agli stagni dove le piogge invernali
Rispecchiano il loro tetto di foglie,
Dove il pino intesse ghirlande
Di verde senza linfa e d'edera bruna
Attorno ai rami che mai baciano il sole;
Dove stanno i prati e la pastura,
E le dune del mare; -
Dove la brina disciolta bagna
La stella-margherita che mai declina,
E gli anemoni e le violette,
Che ancora non sposano il profumo al calore,
Incoronano il pallido, fragile anno nuovo;
Quando la notte è abbandonata
Nel profondo oriente, oscuro e cieco,
E la luna risplende azzurra su di noi,
E i marosi innumerevoli
Mormorano ai nostri piedi,
Laddove terra e oceano s'incontrano,
E tutte le cose sembrano una sola
Nel sole universale.
**************
TO JANE (THE INVITATION)
BEST and britest, come away!
Fairer far than this fair Day,
Which, like thee, to those in sorrow,
Comes to bid a sweet good-morrow
To the rough Year just awake
In its cradle on the brake.
The brightest hour of unborn Spring,
Through the winter wandering,
Found, it seems, the Halcyon Morn
To hoar February born.
Bending from Heaven, in azure mirth,
It kissed the forehead of the Earth,
And smiled upon the silent sea,
And bade the frozen streams be free,
And waked to music all their fountains,
And breathed upon the frozen mountains,
And like a prophetess of May
Strewed flowers upon the barren way,
Making the wintry world appear
Like one on whom thou smilest, dear.
Away, away, from men and towns,
To the wild wood and the downs -
To the silent wilderness
Where the soul need not repress
Its music lest it should not find
An echo in another's mind,
While the touch of Nature's art
Harmonizes heart to heart.
I leave this notice on my door
For each accustomed visitor: -
"I am gone into fields
To take what this sweet hour yelds; -
Reflection, you may come to-morrow.
Sit by the fireside with Sorrow. -
You with the unpaid bill, Despair. -
You, tiresome verse-reciter, Care, -
I will pay you in the grave, -
Death will listen to your stave.
Expectation too, be off!
To-day is for itself enough;
Hope, in pity mock not Woe
With smiles, nor follow where I go;
Long having lived on thy sweet food,
At lenght I find one moment's good
After long pain - with all your love,
This you never told me of".  
Radiant Sister of the Day,
Awake! arise! and come away!
To the wild woods and the plains,
And the pools where winter rains
Image all their roof of leaves,
Where the pine its garland weaves
Of sapless green, and ivy dun
Round stems that never kiss the sun;
Where the lawns and pastures be,
And the sandhills of the sea; -
Where the melting hoar-frost wets
The daisy-star that never sets,
And wind-flowers, and violets,
Which yet join not scent to hue
Crown the pale year weak and new;
When the night is left behind
In the deep east, dun and blind,
And the blue moon is over us,
And the multitudinous
Billows murmur at our feet,
Where the earth and ocean meet,
And all the things seem only one
In the universal sun.

martedì 1 gennaio 2013

Il primo gennaio di Eugenio Montale

Ben Kimberly Prins
So che si può vivere
non esistendo,
emersi da una quinta, da un fondale,
da un fuori che non c’è se mai nessuno
l’ha veduto.
So che si può esistere
non vivendo,
con radici strappate da ogni vento
se anche non muove foglia e non un soffio increspa
l’acqua su cui s’affaccia il tuo salone.
So che non c’è magia
di filtro o d’infusione
che possano spiegare come di te s’azzuffino
dita e capelli, come il tuo riso esploda
nel suo ringraziamento
al minuscolo dio a cui t’affidi,
d’ora in ora diverso, e ne diffidi.
So che mai ti sei posta
il come – il dove – il perché,
pigramente indisposta
al disponibile,
distratta rassegnata al non importa,
al non so quando o quanto, assorta in un oscuro
germinale di larve e arborescenze.
So che quello che afferri,
oggetto o mano, penna o portacenere,
brucia e non se n’accorge,
né te n’avvedi tu animale innocente
inconsapevole
di essere un perno e uno sfacelo, un’ombra
e una sostanza, un raggio che si oscura.
So che si può vivere
nel fuochetto di paglia dell’emulazione
senza che dalla tua fronte dispaia il segno timbrato
da Chi volle tu fossi… e se ne pentì.
          Ora
uscita sul terrazzo, annaffi i fiori, scuoti
lo scheletro dell’albero di Natale,
ti accompagna in sordina il mangianastri,
torni dentro, allo specchio ti dispiaci,
ti getti a terra, con lo straccio scrosti
dal pavimento le orme degl’intrusi.
Erano tanti e il più impresentabile
di tutti perché gli altri almeno parlano,
io, a bocca chiusa.
(Satura II)