Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

venerdì 28 febbraio 2014

Tardi apparisti, sacra immagine! di Dario Bellezza

Charles Sheldon
Tardi apparisti, sacra immagine!
Certo potranno dire di avere
il tuo corpo consumato, io solo
l'odore della tua anima!
Ma sono ancora a ripetere le stanche
parole dell'amore, dopo che
perversione e peccato
via fuggirono da me reso pesante
dagli anni. Questa casa è vuota,
inesorabile, banale, piango
asciutte lacrime sopra il tuo viaggio
verso Napoli, Mergellina, il Vesuvio!
Io perché non partii? Restato
a contemplare i miei lutti,
la giovane follia saprà
addormentarsi fra le tue braccia
tenere...
1983

giovedì 27 febbraio 2014

Dialogo di giovedì grasso di Tito Marrone

Charles Sprague Pearce*The Masquerade Ball
Marchesa, permette?
Forse è incomoda l'ora...
Ma come? Siete
voi caro abate.
Coraggio: avanti.
Mi perdonate,
se mi presento senza
parrucca e senza guanti?
Oh, confidiamo ancora
nella vostra clemenza!
Ma venite in cattivo punto. - In cattivo punto?
Prendetevi una sedia.
Grazie. La cerco...
senza trovarla. Quel maledettissimo
padron di casa è un pezzo che gioca la commedia
di lasciarmi così. - Rimango in piedi,
dal mattino alla sera, dalla sera al mattino,
adorator perpetuo della vostra bellezza!
Voi siete la fenice degli abati galanti
Per carità marchesa:
senza la mia parrucca e senza i guanti...
Oh non è nulla! Io stessa
sono fuori di me,
caro abate, perché...
Ma, prima:
vi ricordate l'abito
pompadour, che di Francia
mi recò mio marito
centotrent'anni fa,
che indossai l'ultima
volta al ballo dogale? - Mi ricordo
che quella sera volli baciarvi sulla guancia
(tanto eravate bella!)
e fui percosso dal ventaglino di madreperla.
Ricordate anche troppo.
Or quella veste e quel ventaglio miniato
quando per economia
venni ad abitar qui, li lasciai nella mia
dimora, alla Ca' d'oro,
chiusi dentro un armadio intarsiato,
accanto a' bei gioielli
lasciatimi in eredità dai Loredano...
Poco fa, prima
che voi foste venuto,
colpita dallo strano
rumore della via,
schiudo la gelosia,
mi affaccio... e vedo
una maschera a braccetto
d'un abatino buffo e svenevole,
vestita con la bella mia veste pompadour!
Marchesa l'avventura
non è molto piacevole;
ma se vi dicessi che quell' abatino
portava la mia bella parrucca incipriata?
Davvero? - Certo. La riconobbi
quando mi urtò, passandomi vicino
con la sua goffa dama imbellettata...
Oggi le maschere
vanno a spasso:
mi dicono che sia giovedì grasso.
I vivi si divertono, e i morti si dan pace.
Abate mio... - Marchesa?
Non m'offrite una presa
del vostro buon tabacco d'un tempo? - Mi dispiace,
ma ho dato via
la tabacchiera. Faccio economia...

mercoledì 26 febbraio 2014

Lancia il dado di Charles Bukowski

George Tooker
Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo.
Altrimenti non cominciare mai.
Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo.
Ciò potrebbe voler dire perdere fidanzate, mogli, parenti, impieghi
e forse la tua mente.
Fallo fino in fondo.
Potrebbe significare non mangiare per tre o quattro giorni.
Potrebbe significare gelare su una panchina del parco.
Potrebbe significare prigione, derisione, scherno, isolamento.
L'isolamento è il regalo, le altre sono una prova della tua resistenza,
di quanto tu realmente voglia farlo.
E lo farai a dispetto dell' emarginazione e delle peggiori diseguaglianze.
E ciò sarà migliore di qualsiasi altra cosa tu possa immaginare.
Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo.
Non esiste sensazione altrettanto bella.
Sarai solo con gli Dei.
E le notti arderanno tra le fiamme.
Fallo, fallo, fallo!
Fino in fondo, fino in fondo.
Cavalcherai la vita fino alla risata perfetta.
E' l'unica battaglia giusta che esista.
*****************
Roll the Dice

If you’re going to try, go all the
way.
otherwise, don’t even start.

if you’re going to try, go all the
way. this could mean losing girlfriends,
wives, relatives, jobs and
maybe your mind.

go all the way.
it could mean not eating for 3 or
4 days.
it could mean freezing on a
park bench.
it could mean jail,
it could mean derision,
mockery,
isolation.
isolation is the gift,
all the others are a test of your
endurance, of
how much you really want to
do it.
and you’ll do it
despite rejection and the
worst odds
and it will be better than
anything else
you can imagine.

if you’re going to try,
go all the way.
there is no other feeling like
that.
you will be alone with the
gods
and the nights will flame with
fire.

do it, do it, do it.
do it.

all the way
all the way.
you will ride life straight to
perfect laughter,
it’s the only good fight
there is.

martedì 25 febbraio 2014

L'amore di Anna Andreevna Achmatova

Theo Van Rysselberghe*1911*Else Lampe Von Quita
Ora come un serpente acciambellato
Ammalia proprio vicino al cuore,
Ora per giorni interi come un colombo
Tuba sulla bianca finestra,

Ora lampeggia sulla brina smagliante,
Appare nel sopore della violacciocca...
Ma sicuro e segreto allontana
Dalla gioia e dalla pace.

Sa singhiozzare sì dolcemente
Nella preghiera dello struggente violino,
Ed è terribile indovinarlo
In un ancora sconosciuto sorriso.
1911

lunedì 24 febbraio 2014

Non andartene...di Mario Luzi

Saied Dai 1958
Non andartene,
non lasciare
l'eclisse di te
nella mia stanza.
Chi ti cerca è il sole,
non ha pietà della tua assenza
il sole, ti trova anche nei luoghi
casuali
dove sei passata,
nei posti che hai lasciato
e in quelli dove sei
inavvertitamente andata
brucia
ed equipara
al nulla tutta quanta
la tua fervida giornata.
Eppure è stata,
è stata,
nessuna ora
sua è vanificata.

domenica 23 febbraio 2014

Incontro di Karen Blixen

Lucien-Victor Guirand de Scèvola-1900
Ah, quando sei lontano e nessuno
più nomina il tuo nome -
quando ovunque mi rechi sento
cupo e gelido un vuoto -

comincio a credere che tu sia solo un sogno
nato dalle brame della mia mente,
e a questo sogno ho dato vita e nome
e in ultimo il tuo aspetto -

- ma quando poi ti vedo e posso
sentire ancora le tue forti parole,
e posarti ancora il capo sulla spalla -
ascoltare ancora il suono della tua voce -

allora so che il resto è solo notte,
malvagi sogni che presto scorderò,
so che tu mi porti nella luce
e che in te dimorano la vita e il giorno.
**********
1900 circa-inedita. Trad. Bruno Berni

sabato 22 febbraio 2014

BRUXELLES D'INVERNO di Wystan Hugh Auden

Lawrence Harris*1919
Vai per le fredde strade, aggrovigliate come
un vecchio spago, giungi a fontane tacite
nel gelo, e la città ti sfugge; ha perso tutte
le qualità che dicono "Io sono una Cosa".

Solo chi non ha un tetto e i veri umiliati
sembrano certi d'essere proprio lì dove sono,
e nel loro abbandono sono tutti riuniti;
l'inverno li tiene insieme come il teatro d'opera.

Cime di ricche case spiccano questa notte
dove rare finestre come fattorie brillano;
colmo di senso un detto viaggia come un furgone,

uno sguardo contiene la storia dell'uomo,
e con cinquanta franchi lo straniero potrà
scaldare tra le braccia la città senza cuore. 
PERSONE E POSTI X.
***************
BRUSSELS IN WINTER

Wandering the cold streets tangled like old string,
Coming on fountains silent in the frost,
The city still escapes you; it has lost
The qualities that say "I am a Thing".

Only the homeless and the really humbled
Seem to be sure exactly where they are,
And in their misery are ali assembled;
The winter holds them like the Opera.

Ridges of rich apartments rise to-night
Where isolated windows glow like farms:
A phrase goes packed with meaning like a van,

A look contains the history of man,
And fifty francs will earn the stranger right
To warm the heartless city in his arms.
PEOPLE AND PLACES X.

venerdì 21 febbraio 2014

Ricordo d'inverno di John Crowe Ransom

Klimt*Rose Von Rosthorn-Friedmann*1901
Da due mali, ciascuno di per sè mostruoso,
Fui posseduto, lunghi, difficili a passare,
Un grido Assenza, Assenza, dentro il cuore
E nel bosco il gran soffio d'inverno furioso.

Non credere; ché quando la fiamma al focolare
Ardeva e non filtrava le chiuse porte il vento,
Io come quegli stecchi mi sentivo bruciare,
Lungi dalla mia causa, calore proprio e centro

Meglio nell'aria ghiacciata andare,
Nelle nevi lavare la mia ferita a guarirla,
Là meno doloroso il cuore mi batteva,
Cotto dal freddo, la pena senza sentirla

E dove io cammino la raffica omicida
Questo corpo piegava, questi occhi stravolgendo,
Ed anche se nel cuore il sangue non mi ghiacciava
Troppo scarso scorreva per darne una goccia al sogno

Amore, queste dita che avevano conosciuto
La tua carezza è stretto le nostre forze unite,
Erano dieci povere stupide dita da nulla,
Dieci ghiacciate radici sospese nell'aria.
Trad. Giovanni Giudici

****************
Winter Remembered

Two evils, monstrous either one apart,
Possessed me, and were long and loath at going:
A cry of Absence, Absence, in the heart,
And in the wood the furious winter blowing.

Think not, when fire was bright upon my bricks,
And past the tight boards hardly a wind could enter,
I glowed like them, the simple burning sticks,
Far from my cause, my proper heat and center.

Better to walk forth in the frozen air
And wash my wound in the snows; that would be healing;
Because my heart would throb less painful there,
Being caked with cold, and past the smart of feeling.

And where I walked, the murderous winter blast
Would have this body bowed, these eyeballs streaming,
And though I think this heart’s blood froze not fast
It ran too small to spare one drop for dreaming.

Dear love, these fingers that had known your touch,
And tied our separate forces first together,
Were ten poor idiot fingers not worth much,
Ten frozen parsnips hanging in the weather.

giovedì 20 febbraio 2014

L'invenzione di Pulcinella di Gianni Rodari

Pablo Picasso*Pulcinella con la chitarra*1919
 Signore e signori, fatevi avanti
più gente entra, più siete in tanti!
Correte a vedere la grande attrazione,
la formidabile invenzione.
Non sono venuto su questo mercato
per vendere il fumo affumicato.
Non sono venuto a questa fiera
per vendere i buchi del gruviera.
Il mio nome è Pulcinella
ed ho inventato la moz - za - rel - la!
Da questa parte, signori e signore
son Pulcinella il grande inventore!
Per consolare i poveretti
ho inventato gli spaghetti.
Per rallegrare a tutti la vita
creai la pizza Margherita!
Olio, farina, pomodoro
nulla vale questo tesoro.
Ad ascoltarlo corre la gente,
si diverte... e non compra niente!!

mercoledì 19 febbraio 2014

Febbraio di Francesco Pastonchi

Gaetano Bellei
Com'è buffo febbraio vestito da Arlecchino!
Cammina sotto un cielo ancora grigio; qualche
volta ai coriandoli mescola un freddo e fitto nevischio.
Ma il suo cuore è incostante come i colori del suo
vestito.

E all'improvviso suscita un vento allegro, regala
lunghi raggi di sole, schiude le prime delicate
violette...

Mese strano e bizzarro, febbraio sa essere gentile
e la sua gioia pazzerella si muta a tratti in una gioia
più pura, in un discreto annunzio di primavera.

martedì 18 febbraio 2014

Carnevale di Giosuè Carducci

Manet
voce dai palazzi.

E tu, se d’echeggianti
Valli, o borea, dal grembo, o errando in selva
Di pin canora, o stretto in chiostri orrendi,
Voce d’umani pianti
E sibilo di tibie e de la belva
Ferita il rugghio in mille suoni rendi,
Borea, mi piaci. E te, solingo verno,
Là su quell’alpe volentieri io scerno.

Una caligin bianca
Empie l’aër dormente, e si confonde
Co ’l pian nevato a l’orizzonte estremo.
Tenue rosseggia e stanca
Del sol la ruota, e tra i vapor s’asconde,
Com’occhio uman di sue palpèbre scemo.
E non augel, non aura in tra le piante,
Non canto di fanciulla o vïandante;

Ma il cigolar de’ rami
Sotto il peso ineguale affaticati
E del gel che si fende il suono arguto.
Canti Arcadia e richiami
Zefiro e sua dolce famiglia a i prati:
Me questo di natura altiero e muto
Orror piú giova. Deh risveglia, Eurilla,
Nel sopito carbon lieta favilla;

Ed in me la serena
Faccia converti e ’l lampeggiar del riso
Che primavera ove si volga adduce.
A la sonante scena
Poi ne attendono i palchi, ove dal viso
De le accolte bellezze ardore e luce
E da le chiome e da gl’inserti fiori
Spira l’april che rinnovella odori.

voce dai tuguri.

Oh se co ’l vivo sangue
Del mio cor ristorare io vi potessi,
Gelide membra del figliuolo mio!
Ma inerte il cor mi langue,
E irrigiditi cadono gli amplessi,
E sordo l’uomo ed è tropp’alto Iddio.
O poverello mio, la lacrimosa
Gota a la gota di tua madre posa.

Non de la madre al seno
Il tuo fratel posò: lenta, su ’l varco
Presse gli estremi aliti suoi la neve.
Da l’opra dura, pieno
Il dí, seguiva sotto iniquo carco
I crudeli signor co ’l passo breve;
E coll’uom congiurava a fargli guerra
L’aere implacato e la difficil terra.

Il nevischio battea
Per i laceri panni il faticoso;
E cadde, e sanguinando in van risorse.
La fame ahi gli emungea
L’ultime forze, e al fin su ’l doloroso
Passo lo vinse; e pia la morte accorse
Poi cadavero informe e dissepolto
Lo ritornâr sotto il materno volto.

Ahimè, con miglior legge
Ripara a schermo da la gelid’aura
Aquila in rupe e belva antica in lustre
Ed un covil protegge
Tepido i sonni ed il vigor restaura
A i can satolli entro il palagio illustre
Qui presso, dove de l’amor piú forte,
Figlio de l’uom, te mena il gelo a morte.

voce dalle sale.

Mescete, or via mescete
La vendemmia che il Ren vecchia conserva
Di sue cento castella incoronato.
Gorgogli con le liete
Spume a lo sguardo e giú nel sen ci ferva
Quel che il sol ne’ tuoi colli ha maturato
Cui ben Giovanna a l’Anglo un dí contese,
O di vini e d’eroi Francia cortese.

Poi ne rapisca in giro
La turbinosa danza. Oh di pompose
E bionde e nere chiome ondeggiamenti;
Oh infocato respiro
Che al tuo si mesce, o disvelate rose,
Oh accorti a fulminare occhi fuggenti;
Mentre per mille suoni a tempra insieme
L’acuta voluttà sospira e geme!

Dolce sfiorar co ’l labro
Le accese guance, e stringer mano a mano
E del seno su ’l sen le vive nevi,
E di sua sorte fabro
Ne l’orecchio deporre il caro arcano
De le sorrise parolette brevi,
E meditar cingendo il fianco a lei
De l’espugnata forma indi i trofei.

Che se di nostre feste
Scorra su l’util plebe il beneficio
E civil carità prenda augumento;
Mercé nostra, il celeste,
Che bene e mal partí, saldo giudicio
Ha di bella pietade alleggiamento.
Noi, del nostro gioir, beata prole,
Rallegriam l’universo a par del sole.

voce dalle soffitte.

Mancava il pan, mancava
L’opra sottile a reggere la vita;
E al freddo focolar sedea tremando,
E muta mi guardava,
Pallida mi guardava e sbigottita,
La madre: e un lungo giorno iva passando
Che perseguiami quel silenzio e 'l guardo,
Quand’io lassa discesi a passo tardo.

Piovea per la brumale
Nebbia lividi raggi alta la luna
In su ’l trivio fangoso, e dispariva
Dietro le nubi: tale
Di giovinezza il lume in su la bruna
Mia vita mesto fra i dolor fuggiva.
E la man tesi: e vidimi in conspetto
Osceni ghigni; e in cor mi scese un detto

Immane. Ahi, ma piú immane
Me, o superbi, premea la lunga fame
E il guardo e il viso de la madre antica.
Tornai: recai del pane:
Ma tacean del digiuno in me le brame,
Ma sollevare i gravi occhi a fatica
Sostenni; o madre, e nel tuo sen la fronte
Ascosi e del segreto animo l’onte.

Addio, d’un santo amore
Fantasie lacrimate, e voi compagne
Di questa infelicissima fanciulla!
A voi rida il candore
Del vel che la pia madre adorna e piagne,
E 'l pensier ch’erra a studio d’una culla.
Io derelitta io scompagnata seguo
Pur la traccia de l’ombre e mi dileguo.

voce di sotterra.

Taci, o fanciulla mesta;
Taci, o dolente madre, e l’affamato
Pargol raccheta ne la notte bruna.
Fiammeggia, ecco, la festa
Da’ vetri del palagio, ove il beato
De la libera patria ordin s’aduna,
E magistrati e militi tra’ suoni
E dotti ed usurier mesce e baroni.

De’ tuoi begli anni il fiore,
O fanciulla, intristí, chiedendo in vano
L’aer e l’amor ch’ogni animal desía;
Ma ride in quel bagliore
Di sete e d’òr, che con la bianca mano
La marchesa raccoglie e va giulía
In danza. Or pianga e aspetti pur, che importa?.
La prostituzïone a la tua porta.

Quel che ne la pupilla
Del figliol tuo gelò supremo pianto
Che tu non rasciugasti, o madre trista,
Gemma s’è fatto e brilla
Tra ’l nero crin de la banchiera. E intanto
Il leggiadro e soave economista
A lei che ride con la rosea bocca
Sentenze e baci dissertando scocca.

Gioite, trïonfate,
O felici, o potenti, o larve! e quando
Il sol nuovo la plebe a l’opre caccia,
Uscite e dispiegate,
Pur la mal digerita orgia ruttando.
Le vostre pompe a’ suoi digiuni in faccia;
E non sognate il dí ch’a l’auree porte
Batta la fame in compagnia di morte.
************
LEVIA GRAVIA*Libro II

lunedì 17 febbraio 2014

Alle gatte dello spedale di Sant’Anna di Torquato Tasso

Gary Melchers*The Smithy*1910
Come nell’Ocean, s’oscura e ‘nfesta,
procella il rende torbido, e sonante,
alle stelle, onde il polo è fiammeggiante,
stanco nocchier di notte alza la testa;

così io mi volgo, o bella gatta, in questa
fortuna avversa alle tue luci sante,
e mi sembra due stelle aver davante,
che tramontana sia nella tempesta.

Veggio un’altra gattina, e veder parmi
l’Orsa maggior colla minore: o gatte,
lucerne del mio studio, o gatte amate,

se Dio vi guardi dalle bastonate,
se ‘l Ciel vi pasca di carme e di latte,
fatemi luce a scriver questi carmi.
**********
Nella giornata internazionale del gatto
dedicata a chi li ama incondizionatamente.
Amate i gatti, i gatti sono creature magiche,
provare per credere...

domenica 16 febbraio 2014

Antico inverno di Salvatore Quasimodo

Nella Marchesini*Autoritratto*1923-25
Desiderio delle tue mani chiare
nella penombra della fiamma:
sapevano di rovere e di rose;
di morte. Antico inverno.

Cercavano il miglio gli uccelli
ed erano subito di neve;
così le parole:
un po' di sole, una raggera d'angelo,
e poi la nebbia; e gli alberi,
e noi fatti d'aria al mattino.
*
ACQUE E TERRE*1920-29

sabato 15 febbraio 2014

La Maschera di Luigi Pirandello

Renè Magritte
Io non ti prego, o vuoto cranio umano,
che il gran nodo mi voglia distrigar.
Follie d'Amleto! Io sto co'l Lenau: è vano
de la vita la Morte interrogar.

A che avventarti questa malacia
che in van mi rode, in stolidi perché?
Non vo' sapere a qual mai uom tu sia
appartenuto - ora, appartieni a me
.
Tu nulla forse m'avresti insegnato
quando un cervel chiudevi ed un pensier;
ora m'insegni a ridere del fato,
e a vivere la vita - unico ver.

Vogliam noi oggi, amico teschio, un poco
rifarci de le noje aspre del dí?
Io ho pensato di prenderci gioco...
Amico teschio, indovina di chi?

De la luna, di lei... Non ti se' accorto
ch'ella ti fa da un pezzo l'occhiolin?
Anch'ella è morta, come tu sei morto,
e vi potreste intendere un pochin.

Quando sorge dai monti e le gioconde
acque del Reno incande e le città,
co'l primo raggio suo ti circonfonde,
da la finestra, e a contemplarti sta.

Vogliamo la comedia de la vita
rappresentar stasera tutti e tre?
Io tu e la Luna (sarà presto uscita);
la miglior parte la riserbo a te.

Ho comprato una maschera di cera,
che un volto finge di donna gentil,
una parrucca che par chioma vera,
e velo nero d'ordito sottil.

Vedrai bel gioco! Scambio de la Luna,
temo di te non m'abbia a innamorar...
Tu sembrerai un'andalusa bruna
a le carezze del raggio lunar.

E allora dal mio tavolin vicino
un bel canto d'amore io comporrò;
e quindi a te, facendo un grave inchino,
al lume de la Luna il leggerò.

Tu certamente non me 'l loderai,
e allora io ti dirò con molto ardor:
“Bella fanciulla, che lode non dài,
lodi io non voglio, ma voglio il tuo cor”

Né sí, né no. Ma in questo caso, è noto,
val sí il tacere; ed io cadrò al tuo piè,
e ti dirò... Tu ridi, o teschio vuoto
che sciocca vita! io rido al par di te.

Bonn am Rhein, l890
POESIE SPARSE

venerdì 14 febbraio 2014

Bufera di Bella Achmadulina

American Artist*20th Century*Cupid
Febbraio - tempo d'ira e d'amore -
stranamente brillar fa la distanza;
entro un immenso nord della natura
si sveglian, nudi, i luoghi di vacanza.

E la strada di quattro casucce
si rivela più larga e più lunga
appropriandosi con disinvoltura
e della neve, e della luna tutta.

Come turbina forte! Egualmente
la bufera è a quegli sacrata
che tutti quanti gli alberi e le ville
si vicini teneva alla sua mente

Il dimesso fluire del ruscello,
il brutto, curvo tronco dell'abete
egli ha ritorto in diversa nozione
ricavandone un puro gioiello.

Forse perciò, con adorno mistero,
lo spazio avendo nostalgia di lui,
di quel parlare il murmure delirio
va ripetendo, dentro la sua voce?

E di colpo, per un minuto intero,
sotto il protrarsi della nevicata,
fra quella casa e quel cimitero
l'assidua pena s'è un poco placata.
1968
Trad. di Gigliola Venturi

giovedì 13 febbraio 2014

La Campana incrinata di Charles Baudelaire

Vincent Van Gogh*1887
E' amaro e dolce, lungo le invernali
nottate, accanto al fuoco che irrequieto
arde e fuma, ascoltare lentamente
levarsi le memorie del passato,
mentre risuona nella nebbia il canto
delle campane. Fortunata e lieta
la campana dall'ugola possente
che a dispetto degli anni sana e vigile
lancia fedele il grido religioso
come un vecchio soldato che sta all'erta
sotto la tenda! Ma incrinata è questa
mia anima, e sovente accade, quando
nelle sue pene vuole popolare
dei suoi canti la fredda aria notturna,
che la sua voce affievolita sembri
il rantolo pesante d'un ferito
dimenticato ai margini di un lago
di sangue, sotto un cumulo di morti,
che, immobile, tra immensi sforzi muore.
I FIORI DEL MALE
***********

La cloche fêlée

Il est amer et doux, pendant les nuits d'hiver,
D'écouter, près du feu qui palpite et qui fume,
Les souvenirs lointains lentement s'élever
Au bruit des carillons qui chantent dans la brume.

Bienheureuse la cloche au gosier vigoureux
Qui, malgré sa vieillesse, alerte et bien portante,
Jette fidèlement son cri religieux,
Ainsi qu'un vieux soldat qui veille sous la tente!

Moi, mon âme est fêlée, et lorsqu'en ses ennuis
Elle veut de ses chants peupler l'air froid des nuits,
Il arrive souvent que sa voix affaiblie

Semble le râle épais d'un blessé qu'on oublie
Au bord d'un lac de sang, sous un grand tas de morts
Et qui meurt, sans bouger, dans d'immenses efforts.

Les Fleurs du mal

mercoledì 12 febbraio 2014

Interno di Virgilio Giotti

Janis Rosenthal*1905
Do pomi xe s'un piato,
bei, verdi e rossi. Fora
ghe xe la note scura,
ghe xe el fredo e la bora.

E là ch'i xe, un fià in ombra,
sul zeleste del muro,
i fa come un'alegra
musicheta col scuro,

col fredo, co' l'inverno
vignudi a cucar drento:
pice note, mie note,
che mi scolto contento.

martedì 11 febbraio 2014

Al confine di Alfonso Gatto

Raffaele Faccioli*Viaggio triste*1882
Graniva sull'implume grigio del cielo l'alba.
Il treno più leggero, senza rumore, forse
l'impatto della neve.
Batteva dentro il fiato, la guardia di frontiera,
guanto su guanto il nome della città straniera.
Erano nomi e nomi d'un mondo che perdeva
la ragione del nome. Era finito il male,
finita la ragione d'avere il proprio nome.
E ne restava un bianco impresso di parole
senza pronuncia o voce.
********
POESIE D'AMORE

lunedì 10 febbraio 2014

Pensiero di Alda Merini

Audrey Flack*Marilyn (Vanitas)*1977
Pensiero,io non ho più parole. 
Ma cosa sei tu in sostanza? 
Qualcosa che lacrima a volte, e a volte dà luce. 
Pensiero, dove hai le radici? 
Nella mia anima folle o nel mio grembo distrutto? 
Sei così ardito vorace, consumi ogni distanza; 
dimmi che io mi ritorca come ha già fatto Orfeo guardando la sua Euridice, 
e così possa perderti nell'antro della follia.
♥♥♥♥
Felice compleanno Gianrico!
(Lo so, la poesia non è allegra, ma tu sei una persona molto speciale..
 non ti potevo mettere Tanti auguri a teee...)

domenica 9 febbraio 2014

Febbraio di Boris Pasternak

Ivan Grigoriy Myasoyedov*1913
Febbraio.
Prender l'inchiostro e piangere!
Scrivere di Febbraio a singhiozzi,
finchè il tempo piovoso scrosciante
brucia come una fosca primavera.

Prendere una carrozza. Per sei soldi
fra scampanio e stridere di ruote
recarsi là dove la pioggia torrenziale
strepita più che lacrime ed inchiostro.

Dove, come pere incenerite,
dagli alberi mille cornacchie
cadranno nelle pozze rovesciando
una secca mestizia sul fondo degli occhi.

Nereggiano di sotto gli spazi disgelati,
e il vento e solcato dai gridi,
e quanto più a caso, tanto più esattamente
si compongono i versi a singhiozzi.

sabato 8 febbraio 2014

Faccia a faccia di Tomas Tranströmer

Bernard Buffet
In febbraio la vita era immobile.
Gli uccelli non volevano volare e l'anima
grattava il paesaggio come una barca
gratta il pontile cui è ormeggiata.

Gli alberi mi voltavano le spalle.
La profondità della neve si misurava dai morti fili d'erba.
Le tracce i superficie invecchiavano.
Sotto in telo la lingua moriva.

Un giorno giunse qualcosa alla finestra.
Il lavoro si arrestò ed io alzai lo sguardo.
I colori ardevano. Tutto si voltò.
La terra ed io balzammo l'una contro l'altro.
************
IL CIELO INCOMPIUTO*1962

venerdì 7 febbraio 2014

Cenere di Alfonso Gatto

Igor Grabar*Svetlana*1933
Quello che non sappiamo come un sogno,
come la pioggia, scende in cuore a sera.
Il freddo stringe sulle cose il lume,
lo squallore perenne dei giornali
abbandonati sulle strade, nomi,
fatti perduti appena nati, cenere.

Quello che non sappiamo come un treno
solo nel mondo giunge coi fantasmi
alle case di nebbia, da lontano
un bubbolìo di sonagliere, il carro
delle notti serene.

Quello che non sappiamo, come il freddo,
come la neve, scende sulle tombe.
Udimmo il vento porgere alle cose
il pensiero che l'ombra le fa sole.

Quello che non sappiamo è forse il volto,
il nostro volto che la morte un giorno
suggellerà col suo silenzio, nomi,
fatti perduti appena nati, cenere.
************
POESIE D'AMORE

giovedì 6 febbraio 2014

Lo so bene part. 3 e 4 di Paul Eluard

Christian Schad*Anna Gabionetta*Pianista*1927
Je le sais bien

SU QUESTO CIELO DIRUTO, SUI VETRI D'ACQUA DOLCE

Su questo cielo diruto, sui vetri d'acqua dolce,
Quale viso verrà, valva sonora,
A dire che la notte dell'amore è già un'alba,
Schiusa bocca giunta alla bocca chiusa?
*************
SUR CE CIEL DÉLABRÉ, SUR CES VITRES D'EAU DOUCE
Sur ce ciel délabré, sur ces vitres d’eau douce,
Quel visage viendra, coquillage sonore,
Annoncer que la nuit de l’amour touche au jour,
Bouche ouverte liée à la bouche fermèe.

IGNOTA, ERA LA MIA FORMA DILETTA

Ignota, era la mia forma diletta,
Colei che mi toglieva l’ansia di essere un uomo,
E la vedo, e la perdo, e il mio dolore
Subisco, come sole breve nell’acqua fredda.
***************
INCONNUE, ELLE ÉTAIT MA FORME PRÉFÉRÉE

Inconnue, elle était ma forme préférée,
Celle qui m’enlevait le souci d’être un homme,
Et je la vois et je la perds et je subis
Ma douleur, comme un peu de soleil dans l’eau froide.

NUDITA' DELLA VERITA'*NUDITE' DE LA VERITE'

mercoledì 5 febbraio 2014

Lo so bene Part 1 e 2 di Paul Eluard

Christian Schad*1927
Je le sais bien

LA DISPERAZIONE E' SENZ'ALI

La disperazione è senz'ali,
E senz'ali l'amore,
Non han volto,
Non parlano,
Io non mi muovo più,
Io non li guardo più,
Io non ho più parole
Ma pure sono vivo come il mio amore e la disperazione.
****************
Le désespoir n'a pas d'ailes,.

Le désespoir n'a pas d'ailes,
L'amour non plus,
Pas de visage,
Ne parlent pas,
Je ne bouge pas,
Je ne les regarde pas,
Je ne leur parle pas
Mais je suis bien aussi vivant que mon amour et que mon désespoir.
*************
IL MOSTRO DELLA FUGA FIUTA FINO LE PIUME

Il mostro della fuga fiuta fino le piume
Dell'uccello strinato dal fuoco del fucile.
Vibra quel suo lamento lungo un muro di lacrime
E le cesoie degli occhi la melodia recidono
Che gemmava già in cuore al cacciatore.
**********************
Le monstre de la fuite hume même les plumes

Le monstre de la fuite hume même les plumes
De cet oiseau roussi par le feu du fusil.
Sa plainte vibre tout le long d’un mur de larmes
Et les ciseaux des yeux coupent la mélodie
Qui bourgeonnait déja dans le cœur du chasseur.
NUDITA' DELLA VERITA'
Nuditè de la vérité

martedì 4 febbraio 2014

Poveri di Paolo Buzzi

John Singer Sargent*Lady Sassoon*1907
(Vecchia Piazza della Scala)
Tre poveri, 
e sono vecchi e sono in cenci 
e l'inverno morde rabbioso, 
guardano un cielo nero che promette la neve... 
Han tutti e tre la febbre: 
i lor denti battono in tempo co' lor cuori. 
Appoggiano le schiene curve sfinite 
al muro d'un Teatro che sfolgora di luci. 
Dalle carrozze scendon le dame coi piedi di fata: 
le pellicce han fruscii di bestie vive nei boschi. 
Entran nel luogo d'oro... 
Vampa d'estate dalla porta 
che subito si chiude. 
- Che ci starà qui dentro ? -
Mai non videro vivere i fatti e i canti degli uomini 
nella cornice d'un Teatro. Vengono di lontano: 
non seppero che scene di nevi e di mari e di vulcani 
e le musiche pazze dell'anima e del cielo: 
e ne goderono. Oggi hanno solo fame... 
Girano i cocchi intorno, spavaldi i cocchieri scintillano 
dalle tube nerissime dove la notte accesa si specchia. 
Una corda di frusta, 
roteando, 
ha toccati i tre visi d'un colpo. 
Sorridono, que' vecchi. 
La frusta allegra toccò senza far male... 
Poi, nulla non potendo dividere, dividono - per ore -
i fiati ancora caldi 
sulle mani tremanti, l'un dell'altro, a vicenda; 
guardando la neve che appresta 
il bel tappeto bianco  
alle carrozze di ritorno. Oh rulleranno lunge, 
senza scosse e rumori, piene di dame in sonno 
e l'odore di fiori!..   

Quegli, andran per le vie: 
le vie solitarie, senza cani, 
a far l'orme sull'orme, l'orme con le dita.
***********
AEROPLANI*1908

lunedì 3 febbraio 2014

Monologhetto parte due di Giuseppe Ungaretti

Marie Danforth
Il ricordare è di vecchiaia il segno,
Ed oggi alcune soste ho ricordate
Del mio lungo soggiorno sulla terra,
Successe di Febbraio,
perché sto, di Febbraio, alla vicenda
Più che negli altri mesi vigile.
Gli sono più che alla mia stessa vita
Attaccato per una nascita
Ed una dipartita;
Ma di questo, non è momento di parlare.
E anch'io di questo mese nacqui.
Era burrasca, pioveva a dirotto
A Alessandria d'Egitto in quella notte,
E festa gli Sciiti
Facevano laggiù
Alla luna detta degli amuleti:
Galoppa un bimbo sul cavallo bianco
E a lui dintorno in ressa il popolo
S'avvince al cerchio dei presagi.
Adamo ed Eva rammemorano
Nella terrena sorte istupiditi:
E tempo che s'aguzzi
L'orecchio a indovinare,
E una delle Arabe accalcate, scatta,
Fulmine che una roccia graffia
Indica e, con schiumante bocca, attesta:

Un mahdi, ancora informe nel granito,
Delinea le sue braccia spaventose;


Ma mia madre, Lucchese,
A quella uscita ride
Ed un proverbio cita:

Se di Febbraio corrono i viottoli,
Empie di vino e olio tutti i ciottoli.

Poeti, poeti, ci siamo messi
Tutte le maschere;
Ma uno non è che la propria persona.
Per atroce impazienza
In quel vuoto che per natura
Ogni anno accade di Febbraio
Sul lunario fissandosi per termini:
Il giorno della Candelora
Con il riapparso da penombra
Fioco tremore di fiammelle
Di sull'ardore
Di poca cera vergine,
E il giorno, dopo qualche settimana,
Del Sei polvere e ritornerai in polvere;
Nel vuoto, e per impazienza d'uscirne,
Ognuno, e noi vecchi compresi
Con i nostri rimpianti,
E non sa senza propria prova niuno
Quanto strozzi illusione
Che di solo rimpianto viva;
Impaziente, nel vuoto, ognuno smania,
S'affanna, futile,
A reincarnarsi in qualche fantasia
Che anch'essa sarà vana,
E ne è sgomento,
Troppo in fretta svariando nei suoi inganni
Il tempo, per potersene ammonire.
Solo ai fanciulli i sogni s'addirebbero:
Posseggono la grazia del candore
Che da ogni guasto sana, se rinnova
O se le voci in sé, svaria d'un soffio.
Ma perché fanciullezza
È subito ricordo?
Non c'è, altro non c'è su questa terra
Che un barlume di vero
E il nulla della polvere,
Anche se, matto incorreggibile,
Incontro al lampo dei miraggi
Nell'intimo e nei gesti, il vivo
Tendersi sembra sempre.
************
UN GRIDO E PAESAGGI

domenica 2 febbraio 2014

Visione di Giosuè Carducci

Bartolomeo Bezzi*L'acqua morta*1884
Il sole tardo ne l'invernale
Ciel le caligini scialbe vincea,
E il verde tenero de la novale
Sotto gli sprazzi del sol ridea.

Correva l'onda del Po regale,
L'onda del nitido Mincio correa:
Apriva l'anima pensosa l'ale
Bianche de' sogni verso un'idea.

E al cuor del fiso mite fulgore
Di quella placida fata morgana
Riaffacciavasi la prima età,

Senza memorie, senza dolore,
Pur come un'isola verde, lontana
Entro una pallida serenità.

(Verona, 1 Febbraio 1883)
***********
RIME NUOVE

sabato 1 febbraio 2014

Il venditore di fiori di Meira Delmar

Joaquin Sorolla Bastida
"Garofani, garofani,
porto garofani!
Rossi come bocche
di belle donne..."

"Rose, papaveri,
violette morate
come le orecchie
dell'innamorata.."

E dietro al grido
arriva l'imbonitore
marcando la strada
col suo passo altezzoso...
E siccome già sa
che sempre lo aspetto,
mi guarda ed elogia.

"Sono diventate bianche
le rose vermiglie
perché sembra più bella
quella alla finestra..."

E io lo ringrazio
della frase carina
con i soldi lucenti
e il sorriso allegro.
Gli compro gelsomini
che mi lascia nelle mani
per dopo allontanarsi
per la vecchia via...

"Dalie accese,
violette e più di una rosa,
per i tuoi capelli
ragazzina graziosa..."

"Fiori appena sbocciati
fiori profumati!
Garofani...garofani...
Violette morate!"

E dietro al grido
se ne va l'imbonitore,
lasciando la strada
con il suo passo altezzoso...
E mentre si perde
la sua voce in lontananza,
penso che questa notte
mi dirà il trovatore:
"Con questi gelsomini
paiono i tuoi capelli
notte di dicembre
ricolma di stelle..."

♥♥♥♥♥

EL VENDEDOR DE FLORES

"Claveles, claveles,
que traigo claveles!
Rojos como bocas
de lindas mujeres..."

"Rosas, amapolas,
violetas moradas
como las orejas
de la enamorada..."

Y detrás del grito
llega el pregonero
marcando en la calle
su paso altanero...
Y como ya sabe
que siempre lo espero,
me mira y pregona.

"Se pusieron blancas
las rosas bermejas
porque es más galana
la que está en la reja..."

Y yo le agradezco
la frase bonita
con dinero claro
mi alegre sonrisa.
Le compro jazmines
que en mis manos deja,
y luego se aleja
por la calle vieja...

"Dalias encendidas,
violetas y rosas,
para tus cabellos
muchachita hermosa..."

"Flores nuevecitas,
flores perfumadas!
Claveles...claveles...
Violetas moradas!"

Y detrás del grito
se va el pregonero,
dejando en la calle
su paso altanero...
Y mientras se pierde
su voz a lo lejos,
pienso que esta noche
me dirá el trovero:
"Con esos jazmines
parece tu pelo
noche de diciembre
llena de luceros..."
************
¡feliz cumpleaños! Rocio!!!