venerdì 12 febbraio 2010

Dire: fare 1 e 2 di Octavio Paz

Marsh1
Tra ciò che vedo e dico,
tra ciò che dico e taccio,
tra ciò che taccio e sogno,
tra ciò che sogno e scordo,
la poesia.
Scivola
tra il sì e il no:
dice
ciò che taccio,
tace
ciò che dico,
sogna
ciò che scordo.
Non è un dire:
è un fare.
È un fare
che è un dire.
La poesia
si dice e si ode:
è reale.
E appena dico
è reale,
si dissipa.
È più reale, così?
2
Idea palpabile,
parola
impalpabile:
la poesia
va e viene
tra ciò che è
e ciò che non è.
Tesse riflessi
e li stesse.
La poesia
semina occhi nella pagina,
semina parole negli occhi.
Gli occhi parlano,
le parole guardano,
gli sguardi pensano.
Udire
i pensieri,
vedere
ciò che diciamo,
toccare
il corpo dell'idea.
Gli occhi
si chiudono,
le parole si aprono.

2 commenti:

  1. FORTUNALE

    Alghe salmastre, sbattute
    in astratti disegni,
    sensuali ricami su antiche sabbie
    mai più calpestate aride muoiono.

    "Io... ho dentro il fragore
    del mare in tempesta,
    di quando lo scoglio bagnato
    si staglia infreddolito eterno
    e onde irritate frustano cielo
    di nuvole basse ed implose.
    Stallo di un albatro
    in volo radente
    di vento, accecato;
    sorrido, forse sogghigno
    incidentale ricorso, ripenso"

    Conchiglie insabbiate, sbeccate
    in deturpanti fregi,
    pietose incisioni su inutili rabbie
    collezioni sgradite insolenti insorgono.

    "Io... ho dentro l'umore
    del fumo che impesta,
    di quando lo spazio arginato
    si ritrae impalpabile inferno
    e fili sottili si avvolgono a velo
    di forme svariate e suontuose.
    Frantumi di un vetro
    in riflesso dolente
    di specchio, spezzato;
    sogghigno, forse sorrido
    inaffidabile scorso, ripenso "


    Gujil

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