Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

lunedì 30 aprile 2012

Prato d'aprile di Ada Negri

Santiago Rusinol Prats
C'era un prato: con folte erbe, frammiste
a bianchi fiori, e gialli, e violetti;
e fra esse un brusio di mille piccole
vite felici; e se sull'erbe e i fiori
spirava il vento, con piegar di steli
tutto il prato nel sol trascolorava.
E volavan farfalle, uguali a petali
sciolti dai gambi; e si perdean rapidi
i miei pensieri in quell'aerea danza
ove l'ala era il fiore e il fiore l'ala.  

domenica 29 aprile 2012

Aprile di Renzo Pezzani

Alexander Demetrios Goltz
Questo mese canterino
che ha un fioretto sullo stemma,
non dimentica un giardino,
non si scorda di una gemma.
Mostra i suoi color più belli
da ringhiere e da cancelli.
Cuor contento ed occhi puri,
con un filo d’erba in bocca,
mette il verde anche sui muri.
S’addormenta in mezzo al prato:
è felice d’esser nato.
Sopra il monte aspetta il sole.
Tutti i doni ha nella sporta
per lasciarne ad ogni porta.
Ma per sè altro non vuole
che la piuma di un uccello
per ornarsene il cappello.

sabato 28 aprile 2012

Brindisi d'aprile di Giosuè Carducci

Hans Thoma*Aprile
Quando su l’elci nere
E i mandorli novelli
Tripudia de gli augelli
Il coro nuzïal,
E son le primavere
Per le colline apriche
Occhi di ninfe antiche
Che guardano il mortal,
E il sol d’un giovenile
Riso i verzier saluta
E pio sovra la muta
Landa s’inchina il ciel,
E il fiato de l’aprile
Move le biade in fiore
Come un sospir d’amore
Di nuova sposa il vel:
Sobbalza allor di palpiti
Sente le sue ferite,
Il tronco de la vite,
De la fanciulla il cor
Quella spira odorifere
Gemme a la fredda scheggia,
Questa desio lampeggia
Nel vergine rossor.
Allora a l’aer tepido
Tutto fermenta e langue,
Entro le vene il sangue, 
Entro le botti il vin.
Tu senti de la patria,
Rosso prigion, desío;
E l'aura del natío
Colle sommove il tin.
Di pampini giuliva
La dolce vite è là,
Tu qui ne’ lacci.... Oh viva,
Viva la libertà!
Andiamo, il prigioniere
Andiamo a liberar 
Facciamlo nel bicchiere
Rivivere e brillar
Brillare al colle in vetta,
Brillare in faccia al sol;
Ribaci lui l’auretta,
Riveda egli il magliol.
E tu arridigli, o sole. Ei di te nacque
Ne’ dí che ad Opi t’infondevi in seno:
De i doni suoi la vita egra compiacque,
Come te ardente, come te sereno:
Quando tu disparisti, ed ei soggiacque
Prigion celeste in carcere terreno:
Bagna i tuoi raggi nel gentil vermiglio,
Bacia, sole immortal, bacia il tuo figlio.
Vermiglio questo; ma quell’altro è biondo
Come la chioma tua, lene Agïeo,
Come le ninfe che inseguivi al mondo
Su le rive felici di Peneo,
Allor che il ionio spirito giocondo
D’ogni splendida cosa iddio ti feo:
Ora le forme belle han tolto esiglio;
Bacia, sole immortal, bacia il tuo figlio.
Unico ei resta, o sole; ed io d’amore
Unico l’amo, o biondo siasi o nero.
Biondo, è la luce che da i nervi fuore
Sprizza del canto il creator pensiero;
Nero, è il buon sangue che di fondo al cuore
Ne i magnanimi fatti ondeggia altero:
Versa al biondo i tuoi raggi ed al vermiglio,
Bacia, sole immortal, bacia il tuo figlio.
(Rime Nuove\Libro III)

venerdì 27 aprile 2012

Le piccole cose di Stefano Benni

Fernando Botero
Le piccole cose
che amo di te
quel tuo sorriso
un po’ lontano
il gesto lento della mano
con cui mi carezzi i capelli
e dici: vorrei
averli anch’io così belli
e io dico: caro
sei un po’ matto
e a letto
svegliarsi
col tuo respiro vicino
e sul comodino
il giornale della sera
la tua caffettiera
che canta, in cucina
l’odore di pipa
che fumi la mattina
il tuo profumo
un po’ blasé
il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te
Quel tuo sorriso
strano
il gesto continuo della mano
con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei
averli anch’io cosi belli
e io dico: caro
me l’hai già detto
e a letto
stare sveglia
sentendo il tuo respiro
un po’ affannato
e sul comodino
il bicarbonato
la tua caffettiera
che sibila in cucina
l’odore di pipa
anche la mattina
il tuo profumo
un po’ demodé
le piccole cose
che amo di te
Quel tuo sorriso
beota
la mania idiota
di tirarmi i capelli
e dici: vorrei
averli anch’io così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
e a letto
stare sveglia
a sentirti russare
e sul comodino
un tuo calzino
e la tua caffettiera
che è esplosa
finalmente, in cucina!
la pipa che impesta
fin dalla mattina
il tuo profurno
di scimpanzé
quell’orrendo gilet
le piccole cose
che amo di te

giovedì 26 aprile 2012

Tutte le lettere d'amore di Fernando Pessoa

Albert Lynch@The letter
Tutte le lettere d'amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d'amore se non fossero ridicole.

Anch'io ho scritto ai miei tempi lettere d'amore, come le altre,
ridicole.

Le lettere d'amore, se c'è l'amore,
devono essere
ridicole.

Ma dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d'amore
sono
ridicoli.

Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d'amore
ridicole.

La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere
a essere
ridicoli.

(Tutte le parole sdrucciole,
come tutti i sentimenti sdruccioli,
sono naturalmente
ridicole).

@@@@@@
Todas as carta de amor
Todas as cartas de amor são
Ridiculas.
Não seriam cartas de amor se não fossem
Ridìculas.

Também escrevi em meu tempo cartas de amor, Como as outras,
Ridiculas.

As cartas de amor, se hà amor,
Tém de ser
Ridiculas.

Mas, afinal,
Sò as criaturas que nunca escreveram
Cartas de amor
É' que são
Ridiculas.

Quem me dera no tempo em que escrevia
Sem dar por isso
Cartas de amor
Ridiculas.

A verdade é que hoje
As minhas memòrias
Dessas cartas de amor
E' que são
Ridiculas.

(Todas as palavras esdrùxulas,
Como os sentimentos esdruxulos,
São naturalmente
Ridiculas).

mercoledì 25 aprile 2012

Epigrafe per i Caduti di Marzabotto di Salvatore Quasimodo

Elihu Vedder/Memory
1954
Questa è memoria di sangue
di fuoco, di martirio,
del più vile sterminio di popolo
voluto dai nazisti di von Kesselring
e  dai loro soldati di ventura
dell’ultima servitù di Salò
per ritorcere azioni di guerra partigiana,
I milleottocentotrenta dell’altipiano
fucilati e arsi
da oscura cronaca contadina e operaia
entrano nella storia del mondo
col nome di Marzabotto.
Terribile e giusta la loro gloria:
indica ai potenti le leggi del diritto
il civile consenso
per governare anche il cuore dell’uomo,
non chiede compianto o ira
onore invece di libere armi
davanti alle montagne e alle selve
dove il Lupo e la sua brigata
piegarono più volte
i nemici della libertà.
La loro morte copre uno spazio immenso,
in esso uomini d'ogni terra
non dimenticano Marzabotto
il suo feroce evo
di barbarie contemporanea.
(25 aprile 1945-25 aprile 2012)

martedì 24 aprile 2012

Cammini a me somigliante di Marina Cvetaeva

Irma von Duczynska*Harmonie*1914
Cammini, a me somigliante,
gli occhi puntando in basso.
Io li ho abbassati- anche!
Passante, fermati!
Leggi - di ranuncoli
e di papaveri colto un mazzetto
- che io mi chiamavo Marina
e quanti anni avevo.
Non credere che qui sia - una tomba,
che io ti apparirò minacciando...
A me stessa troppo piaceva
ridere quando non si può!
E il sangue fluiva alla pelle,
e i miei riccioli s'arrotolavano...
Anch'io esistevo, passante!
Passante, fermati!
Strappa uno stelo selvatico per te
e una bacca - subito dopo.
Niente è più grosso e più dolce
d'una fragola di cimitero.
Solo non stare così tetro,
la testa chinata sul petto.
Con leggerezza pensami,
con leggerezza dimenticami.
Come t'investe il raggio di sole!
Sei tutto in un polverio dorato...
E che almeno però non ti turbi
la mia voce di sottoterra.
*******
Идешь, на меня похожий,
Глаза устремляя вниз.
Я их опускала - тоже!
Прохожий, остановись!
Прочти - слепоты куриной
И маков набрав букет -
Что звали меня Мариной
И сколько мне было лет.
Не думай, что здесь - могила,
Что я появлюсь, грозя...
Я слишком сама любила
Смеяться, когда нельзя!
И кровь приливала к коже,
И кудри мои вились...
Я тоже была, прохожий!
Прохожий, остановись!
Сорви себе стебель дикий
И ягоду ему вслед:
Кладбищенской земляники
Крупнее и слаще нет.
Но только не стой угрюмо,
Главу опустив на грудь.
Легко обо мне подумай,
Легко обо мне забудь.
Как луч тебя освещает!
Ты весь в золотой пыли...
- И пусть тебя не смущает
Мой голос из-под земли
***
(Коктебель
, 3 мая 1913)

lunedì 23 aprile 2012

D'aprile di Folgore da San Gimignano

Walter Crane#Spring
D'april vi dono la gentil campagna
tutta fiorita di bell'erba fresca:
fontane d'acqua che non vi rincresca,
donn'e donzelle per vostra compagna,
ambianti palafren, destrier di Spagna
e gente costumata a la francesca;
cantar, danzar a la provenzalesca
con instrumenti novi d'Alemagna.
E da torno vi sia molti giardini
e giacchito vi sia ogni persona:
ciascun con reverenza adori e 'nchini
a quel gentil, c'ho dato la corona
de pietre preziose, le più fini
c'ha 'l presto Gianni e 'l re de Babilona.

domenica 22 aprile 2012

Non ho più odio per l'aprile di Andrea Zanzotto

Michelangelo▲Creazione di Adamo▲1512
Non ho più odio per l'aprile
per gli aprili lontani in cui
come nel fondo di bambage d'averno
e di dati stillati da inessenza
ad ogni sofferenza risuggevo un pur volatile
volubile senso
Non ho più odio per le sepolture
in cui sprofondai nei miei giovani
freddissimi aprili. Ora accolgo
sulle ultime svolte del grigio nel grigio
leccato qua e là da rosa e bianco e simili
e dal giallo di maledizioni-forsizie
- allora non c'erano quelle bestiole biliose -
ora, mi ripeto mi riprendo-avvolto
in tanti stracci come un fante
mi rannicchio nel seno più lasso d'aprile
mi tralascio spaventi e sagre, a lato, alle spalle
nel sopore, che null'altro è più
di sopore, mi tollero e tollero le avventure horror
gli eventi strabici d'aprile.
E in asso per un istante lascio ogni me stesso.
(Versi casalinghi)
(Buona giornata della Terra)

sabato 21 aprile 2012

Nell'annuale della fondazione di Roma di Giosuè Carducci

Sir Lawrence Alma Tadema
Te redimito di fior purpurei
april te vide su ’l colle emergere
da ’l solco di Romolo torva
riguardante su i selvaggi piani:
te dopo tanta forza di secoli
aprile irraggia, sublime, massima,
e il sole e l’Italia saluta
te, Flora di nostra gente, o Roma.
Se al Campidoglio non piú la vergine
tacita sale dietro il pontefice
né piú per Via Sacra il trionfo
piega i quattro candidi cavalli,
questa del Fòro tuo solitudine
ogni rumore vince, ogni gloria;
e tutto che al mondo è civile,
grande, augusto, egli è romano ancora.
Salve, dea Roma! Chi disconósceti
cerchiato ha il senno di fredda tenebra,
e a lui nel reo cuore germoglia
torpida la selva di barbarie.
Salve, dea Roma! Chinato a i ruderi
del Fòro, io seguo con dolci lacrime
e adoro i tuoi sparsi vestigi,
patria, diva, santa genitrice.
Son cittadino per te d’Italia,
per te poeta, madre de i popoli,
che desti il tuo spirito al mondo,
che Italia improntasti di tua gloria.
Ecco, a te questa, che tu di libere
genti facesti nome uno, Italia,
ritorna, e s’abbraccia al tuo petto,
affisa ne’ tuoi d’aquila occhi.
E tu dal colle fatal pe ’l tacito
Fòro le braccia porgi marmoree,
a la figlia liberatrice
additando le colonne e gli archi:
gli archi che nuovi trionfi aspettano
non piú di regi, non piú di cesari,
e non di catene attorcenti
braccia umane su gli eburnei carri;
ma il tuo trionfo, popol d’Italia,
su l’età nera, su l’età barbara,
su i mostri onde tu con serena
giustizia farai franche le genti.
O Italia, o Roma! quel giorno, placido
tonerà il cielo su ’l Fòro, e cantici
di gloria, di gloria, di gloria
correran per l’infinito azzurro.
(Odi Barbare↔Libro I)

venerdì 20 aprile 2012

Come ballavamo di Anne Sexton

Hans Schlereth
   La sera del matrimonio di mio cugino
ero vestita di blu.
Avevo diciannov’anni
e ballammo, Padre, andammo in orbita.
Un movimento ondulato
come d’angeli in vasca da bagno
l’ondeggiamento di due uccelli infuocati
l’ondeggìo lento del mare in bottiglia,
sempre più lentamente ondulante.
L’orchestra suonava
“Come ballavamo la sera delle nostre nozze”,
nelle volute del valzer mi portavi
rigirandomi come la mensola in cucina,
ed eravamo cari,
tanto cari.
Ora che sei rigido
inutile come un cane cieco,
ora che non puoi più scrutarmi,
la canzone mi risuona nella testa.
Puro ossigeno fu lo champagne che bevemmo
e il tintinnìo dei bicchieri nel nostro cin cin.
Lo champagne respirava come un sub
e i bicchieri furono cristallo e la sposa
e lo sposo avvinghiati nel sonno,
come una coppia alle vecchie maratone danzanti.
Mamma ballò con venti uomini, faceva la bellona.
Tu ballavi solo con me, senza dire una parola.
Ma il serpente parlò
quando m’hai stretta più forte.
Quel serpente, beffardo
si destò al contatto
s’eresse come un grande dio.
E noi, l’una dell’altro
i colli reclini attorcigliammo
come due cigni solitari.
▬▬▬▬▬▬▬
HOW WE DANCED  
The night of my cousin’s wedding
I wore blue.
I was nineteen
and we danced, Father, we orbited.
We moved like angels washing themselves.
We moved like two birds on fire.
Then we moved like the sea in a jar,
slower and slower.
The orchestra played
“Oh how we danced on the night we were wed.”
And you valzer me like a lazy Susan
and we were dear,
very dear.
Now that you are laid out,
useless as a blind dog,
now that you no longer lurk,
the song rings in my head.
Pure oxygen was the champagne we drank
and clicked our glasses, one to one.
The champagne breathed like a skin diver
and the glasses were crystal and the bride
and groom gripped each other in sleep
like nineteen-thirty marathon dancers.
Mother was a belle and danced with twenty men.
You danced with me never saying a word.
Instead the serpent spoke as you held me close.
The serpent, that mocker, woke up and pressed against me
like a great god and we bent together
like two lonely swans.

giovedì 19 aprile 2012

Gran ballo di primavera di Jacques Prevert

Haddon Sundblom
Ragazza di marzo
ragazzo d'aprile
innamorati di maggio.
Nella ferraglia della festa
i fuochi di sant'Elmo
crepitano sui trolley.
Ragazza di marzo
ragazzo d'aprile
innamorati di maggio.
Cullati dal dolce strepito della giostra
accarezzando un sogno
accarezzandosi anche.
Si amano per la vita
Questo sogno è vero
come il fragore della festa,
per la vita si amano
per via della vita
e quand'anche separati
la vita li ha uniti.
§§§§§§§
Grand bal du printemps
Fille de Mars
garçon d’Avril
amoureux de Mai
Dans la ferraille de la Fête
les feux de la Saint-Elme
sur les trolleys crépitent
Fille de Mars
garçon d’Avril
amoureux de Mai
Bercés par le doux fracas du manège
en caressant un rêve
se caressant aussi
Ils s’aiment
pour la vie
Ce rêve est aussi vrai que le vacarme de cette fête
c’est pour la vie qu’ils s’aiment
c’est à cause de la vie
et même s’ils se quittent
elle les a réunis.
1951

mercoledì 18 aprile 2012

Aprile-Amore di Mario Luzi

Laura Knight☼Lamorna Cove
Il pensiero della morte m'accompagna
tra i due muri di questa via che sale
e pena lungo i suoi tornanti. Il freddo
di primavera irrita i colori,
stranisce l'erba, il glicine, fa aspra
la selce; sotto cappe ed impermeabili
punge le mani secche, mette un brivido.
Tempo che soffre e fa soffrire, tempo
che in un turbine chiaro porta fiori
misti e crudeli apparizioni, e ognuna
mentre ti chiedi che cos'è sparisce
rapida nella polvere e nel vento.
Il cammino è per luoghi noti
se non che fatti irreali
prefigurano l'esilio e la morte.
Tu che sei, io che sono divenuto
che m'aggiro in così ventoso spazio,
uomo dietro una traccia fine e debole!
E' incredibile ch'io ti cerchi in questo
o in altro luogo della terra dove
è molto se possiamo riconoscerci.
Ma è ancora un'età, la mia,
che s'aspetta dagli altri
quello che è in noi oppure non esiste.
L'amore aiuta a vivere, a durare,
l'amore annulla e dà principio. E quando
chi soffre o langue spera, se anche spera,
che un soccorso s'annunci di lontano,
e in lui, un soffio basta a suscitarlo.
Questo ho imparato e dimenticato mille volte,
ora da te mi torna fatto chiaro,
ora prende vivezza e verità.
La mia pena è durare oltre quest'attimo.

martedì 17 aprile 2012

Natura di Vincenzo Cardarelli

Charles Courtney Curran
Per te risorgono le viete immagini.
La tua giovane testa ricciuta è come il pomo del tirso -
corpo inastato, festivo, tragico.
Tu non conosci l’ampio arco impetuoso del tuo sorriso:
come sfolgori, come si dilati una tua mossa rapida!
Io sono il tuo martire e il tuo testimone.
Talvolta la tua presenza mi tocca come un’immersione
improvvisa nella primavera.
Tu sei l’incanto delle mattine che non torneranno.
Stupefatte e straordinarie mattine, da non sapere la
nostra irrisorietà come entrarci!
Ritmo, verginità, perfezione.

lunedì 16 aprile 2012

Dicevi: a primavera di Elena Bono

Isabel Bishop♫1940
Dicevi: a primavera
a primavera faremo un gran ballo
sul prato di fianco alla chiesa,
aprile dovrà ben venire-
Aprile è venuto:
trenta e più primavere passate,
non ci fu poi quel ballo
dei partigiani sul prato,
tu non lo sai.
Tu non sai tante cose
da allora.
Tu ed io seduti ancora
sopra il muretto
a picco
sulla vallata,
lo sten qui posato tra noi,
tu dondolando impaziente
le gambe nel vuoto
battendo indietro i talloni
contro il muretto,
il sole rosso negli occhi
addosso l'odore di neve
i verdi anni che hai sempre.
Ti guardo, caro, ti guardo.
Tu non sai quante cose da allora,
ed io non so dirti
il mio cuore pesante
il cuore
che a poco a poco affonda
come una pietra.
Forse anche questo è tradire.
Mi vergogno del cuore che ho adesso.
Con occhi subito inquieti
domandi che cosa.
Io scuoto la testa: no, nulla,
non è nulla, mio caro.
Sì, a primavera quel ballo....

domenica 15 aprile 2012

Io mi cresco un male e Amen per la Domenica in Albis

R.H. Ives Gammell♪Lamentation
Io mi cresco un male
Grato respiro una radice
esprime d'albero corrotto:
Io mi cresco un male
da vivo che a mutare
ne soffre anche la carne.
♪♪♪♪♪♪♪♪
Amen per la Domenica in Albis
Non m'hai tradito, Signore:
d'ogni dolore
son fatto primo nato.
(Oboe sommerso)

sabato 14 aprile 2012

Ballata triste di Federico Garcia Lorca

Joaquin Sorolla♀Cabeza de andaluza
(Piccola poesia)
Il mio cuore è una farfalla,
rapita dal ragno grigio del tempo
col polline fatale del disinganno.
Da piccolo cantavo come voi,
bimbi buoni del prato,
liberavo il mio sparviere con le temute
quattro unghie da gatto.
Passai per il giardino di Cartagena
implorando la verbena
ma persi l'anello del mio destino
guardando un ruscello immaginario.
Fui anche cavaliere
una fresca sera di maggio.
Ella per me era l'enigma allora,
stella azzurra sul mio vergine petto.
Cavalcavo lentamente verso i cieli.
Era una domenica d'erba medica.
E vidi che ella spezzava con le mani
gigli invece di rose e di garofani.
Non avevo mai pace,
bimbi buoni del prato,
la Lei del romance
in splendidi sogni m'immergeva:
chi coglierà mai garofani
e rose di maggio?
E perché solo i bimbi le vedranno
in groppa a Pegaso?
Sarà quella stessa che nelle ballate
chiamiamo con tristezza stella,
pregandola di uscire
a volteggiar sul prato?...
Nell'aprile della mia infanzia io cantavo,
bimbi buoni del prato,
la impenetrabile Lei del romancedove Pegaso vola.
Cantavo di notte la tristezza
del mio amore ignorato,
e la luna, più luna che mai, che sorriso
aveva tra le labbra!
Chi coglierà mai garofani
e rose di maggio?
E in quale buio angolo di cimitero
saranno finite le sventure
di quella piccolina, tanto bella,
che sua madre maritò?
Sto solo col mio amore sconosciuto,
senza cuore, senza lamenti
verso il tetto irraggiungibile dei cieli
e mi fa da appoggio un grande sole.
Quale peso è mai questa tristezza!
Bimbi buoni del prato,
come ricorda dolcemente il cuore
i giorni ormai lontani...
Chi coglierà mai garofani
e rose di maggio?
Granada, aprile 1918
****************
Balada triste
(Pequeño poema)
¡Mi corazón es una mariposa,
niños buenos del prado!,
que presa por la araña gris del tiempo
tiene el polen fatal del desengaño.
De niño yo canté como vosotros,
niños buenos del prado,
solté mi gavilán con las temibles
cuatro uñas de gato.
Pasé por el jardín de Cartagena
la verbena invocando
y perdí la sortija de mi dicha
al pasar el arroyo imaginario.
Fui también caballero
una tarde fresquita de mayo.
Ella era entonces para mí el enigma,
estrella azul sobre mi pecho intacto.
Cabalgué lentamente hacia los cielos.
Era un domingo de pipirigallo,
Y vi que en vez de rosas y claveles
ella tronchaba lirios con sus manos.
Yo siempre fui intranquilo,
niños buenos del prado,
el ella del romance me sumía
en ensoñares claros:
¿quién será la que coge los claveles
y las rosas de mayo?
¿Y por qué la verán solo los niños
a lomos de Pegaso?
¿Será esa misma la que en los rondones
con tristeza llamamos
estrella, suplicándole que salga
a danzar por el campo?...
En abril de mi infancia yo cantaba,
niños buenos del prado,
la ella impenetrable del romance
donde sale Pegaso.
Yo decía en las noches la tristeza
de mi amor ignorado,
y la luna lunera ¡qué sonrisa
ponía entre sus labios!
¿Quién será la que corta los claveles
y las rosas de mayo?
Y de aquella chiquita, tan bonita,
que su madre ha casado,
¿en qué oculto rincón de cementerio
dormirá su fracaso?
Yo solo con mi amor desconocido,
sin corazón, sin llantos,
hacia el techo imposible de los cielos
con un gran sol por báculo.
¡Qué tristeza tan seria me da sombra!
Niños buenos del prado,
cómo recuerda dulce el corazón
los días ya lejanos...
¿Quién será la que corta los claveles
y las rosas de mayo?
Granada, abril de 1918
(Libro de poemas)

venerdì 13 aprile 2012

Il marchio di Maria Luisa Spaziani

Plinio Nomellini◙Parisina◙1913
Quando notturno l'uomo con la scure
piomberà sui ciliegi, e scorticati
come volpi i bei rami penderanno,
che cosa mi avrà ucciso e violentato
che già degli anni a fuoco non recasse
il marchio d'ogni male e d'ogni addio?
Ad aprile corone bianche e argento
non fioriranno più queste mie notti
che una suprema luce ancora illude
ora che il fuoco è spento e che la vita
in sè, fiore di tenebra, si chiude.
(Utilità della memoria)

giovedì 12 aprile 2012

Ariete di Salvatore Quasimodo

Frederick Childe Hassam○1904
Nel pigro moto dei cieli
la stagione si mostra: al vento nuova,
al mandorlo che schiara
piani d'ombra aerei
nuvoli d'ombre e biade:
e ricompone le sepolte voci
dei greti, dei fossati,
dei giorni di grazia favolosi.
Ogni erba dirama,
e un'ansia prende le remote acque
di gelidi lauri ignudi iddii pagani;
ed ecco salgono dal fondo fra le ghiaie
e capovolte dormono celesti.
(Ed è subito sera)

mercoledì 11 aprile 2012

Ritratto di Signora II di Thomas Stearns Eliot

Sophie Menter*Repin*1887
Ora che i lillà sono in fiore
Lei tiene un vaso di lillà nella sua stanza
E ne contorce uno fra le dita, parlando.
« Ah, amico mio, tu non lo sai, tu non lo sai
Cos'è la vita, tu che la tieni fra le mani »;
(Lentamente torcendo gli steli dei lillà)
« La lasci scorrere da te, la lasci scorrere,
La giovinezza è crudele, non ha alcun rimorso,
Sorride alle situazioni che non può vedere. »
Io sorrido, naturalmente,
E continuo a bere il tè.
« Eppure, in questi tramonti d'aprile,
che in qualche modo richiamano
La mia vita sepolta, e Parigi a primavera,
Mi sento immensamente in pace, e dopo tutto
Trovo che il mondo sia meraviglioso e giovane. »
E la voce ritorna simile all'insistente stonatura
Di un violino spezzato in un pomeriggio d'agosto:
« Io sono sempre sicura che comprendi
Ogni mio sentimento, sono sempre sicura che lo senti,
E che mi tendi la mano oltre l'abisso.
Sei invulnerabile tu, non hai il tallone d'Achille.
Andrai avanti, e quando avrai prevalso
Potrai dire: qui molti hanno fallito.
Ma cosa mai posseggo, amico mio, cosa posseggo
Da poterti donare, e cosa puoi ricevere da me?
Nient'altro che amicizia e simpatia
Da chi sta per raggiungere la fine del viaggio
Resterò qui a sedere, servendo il tè agli amici... »
Prendo il cappello: come potrò vigliaccamente fare
ammenda
Per quello che mi ha detto?
Mi vedrete nel parco ogni mattina
A leggere i fumetti e la pagina sportiva.
Noto in particolare
Una contessa inglese che si dà alle scene.
Un greco assassinato
Durante un ballo polacco, un reo di peculato
Che ha reso confessione. Mantengo il mio contegno,
E rimango padrone di me
Fino al momento in cui un organetto, meccanico e stanco,
Ripete un vecchio canto estenuato
Con il profumo dei giacinti nel giardino, richiamando
Alla memoria cose che altri hanno desiderato.
Sono sbagliate o giuste queste idee?
(Prufrock e altre osservazioni)
◘◘◘◘◘◘◘◘◘◘◘◘◘
Now that lilacs are in bloom
She has a bowl of lilacs in her room
And twists one in her fingers while she talks.
«Ah, my friend, you do not know, you do not know
What life is, you who hold it in your hands»;        
(Slowly twisting the lilac stalks)
«You let it flow from you, you let it flow,
And youth is cruel, and has no remorse
And smiles at situations which it cannot see.»
I smile, of course,        
And go on drinking tea.
«Yet with these April sunsets, that somehow recall
My buried life, and Paris in the Spring,
I feel immeasurably at peace, and find the world
To be wonderful and youthful, after all.»       
The voice returns like the insistent out-of-tune
Of a broken violin on an August afternoon:
«I am always sure that you understand
My feelings, always sure that you feel,
Sure that across the gulf you reach your hand.         
You are invulnerable, you have no Achilles’ heel.
You will go on, and when you have prevailed
You can say: at this point many a one has failed.  
But what have I, but what have I, my friend,
To give you, what can you receive from me?        
Only the friendship and the sympathy
Of one about to reach her journey’s end.  
I shall sit here, serving tea to friends.…»  
I take my hat: how can I make a cowardly amends
For what she has said to me?        
You will see me any morning in the park
Reading the comics and the sporting page.
Particularly I remark
An English countess goes upon the stage.
A Greek was murdered at a Polish dance,       
Another bank defaulter has confessed.
I keep my countenance,
I remain self-possessed
Except when a street-piano, mechanical and tired
Reiterates some worn-out common song        
With the smell of hyacinths across the garden
Recalling things that other people have desired.
Are these ideas right or wrong?
( Prufrock and Other Observations)

martedì 10 aprile 2012

Il pesco di Giovanni Pascoli

Charles Conder•1888
a Adolfo Cipriani
••••••••••
Penso a Livorno, a un vecchio cimitero
di vecchi morti; ove a dormir con essi
niuno più scende; sempre chiuso; nero
d'alti cipressi.
Tra i loro tronchi che mai niuno vede,
di là dell'erto muro e delle porte
ch'hanno obliato i cardini, si crede
morta la Morte,
anch'essa. Eppure, in un bel dì d'Aprile,
sopra quel nero vidi, roseo, fresco,
vivo, dal muro sporgere un sottile
ramo di pesco.
Figlio d'ignoto nòcciolo, d'allora
sei tu cresciuto tra gli ignoti morti?
ed ora invidii i mandorli che indora
l'alba negli orti?
od i cipressi, gracile e selvaggio,
dimenticàti, col tuo riso allieti,
tu trovatello in un eremitaggio
d'anacoreti?
(Myricae-Alberi e fiori)
-Cento anni di assenza, ma sempre nei nostri cuori...-

lunedì 9 aprile 2012

Storie dell'arsura di Andrea Zanzotto

Bartolomeo Bezzi+San Michele all'Adige+1895
I
Vuoto d'acque, misero scheletro
lungo le case del mio paese,
Soligo io ti guardo e non mi basta
La Pasqua dell'Angelo, non piove da mesi.
Hai sete, piccolo fiume imbavagliato
nudo nudo e senza parola.
Io tra lacrime guardo
il sole allontanato ed offeso dal vento,
La Pasqua dell'Angelo
tra furiosa polvere sparire
e invernali ombre di reticolati
di rive in brulle rive
assecondare la tua magra quiete.
Da tanto a te, Soligo, mi conformo,
la sete lunga lunga trassi come il tuo letto,
da tanto non piove che un'amara abitudine
mi ha tolto ricordarmi
che sia la sete stessa.
II
Dai miei poveri giorni mi svio,
salgo con lena primaverile
verso i boschi di Lorna
e benefiche valli e grato verde
d'aprile acerbamente sogno.
Nulla per dorsi spenti
e per cavi torpori mattutini
nulla dietro il ventaglio del meriggio
che soffocate sere scopre
per tramiti gessosi e stecchi e brividi.
Negli altri anni a queste ore
sulle mie pene invernali
grande e madido il bosco
era cresciuto, mansueto limo
aveva popolato il mio cortile.
Ma ora un sole infelice mi fa scuotere il capo,
or si fende la creta, sbigottito è il ruscello,
e le tue care labbra
sento umide solo
per un'avara dimenticanza
dell'immenso risucchio dell'arsura.
(Elegia e altri versi)

domenica 8 aprile 2012

Sera di Pasqua di Eugenio Montale

Joseph Christian Leyendecker
Alla televisione
Cristo in croce cantava come un tenore
colto da un'improvvisa
colica pop.
Era stato tentato poco prima
dal diavolo vestito da donna nuda.
Questa è la religione del ventesimo secolo.
Probabilmente la notte di San Bartolomeo
o la coda troncata di una lucertola
hanno lo stesso peso nell'Economia
dello Spirito
fondata sul principio dell'Indifferenza.
Ma forse bisogna dire che non è vero
bisogna dire che è vera la falsità,
poi si vedrà che cosa accade. Intanto
chiudiamo il video. Al resto
provvederà chi può (se questo chi
ha qualche senso).
Noi non lo sapremo.
(Tutte le poesie)

sabato 7 aprile 2012

Via della croce di Fabrizio De Andrè

Paolo Veronese+1582
Poterti smembrare coi denti e le mani,
sapere i tuoi occhi bevuti dai cani,
di morire in croce puoi essere grato
a un brav'uomo di nome Pilato.
Ben più della morte che oggi ti vuole
t'uccide il veleno di queste parole:
le voci dei padri di quei neonati.
da Erode per te trucidati.
Nel lugubre scherno degli abiti nuovi
misurano a gocce il dolore che provi;
trent'anni hanno atteso col fegato in mano,
i rantoli di un ciarlatano.
Si muovono curve le vedove in testa,
per loro non è un pomeriggio di festa ;
si serran le vesti sugli occhi e sul cuore
ma filtra dai veli il dolore :
fedeli umiliate da un credo inumano
che le volle schiave già prima di Abramo,
con riconoscenza ora soffron la pena
di chi perdonò a Maddalena,
di chi con un gesto soltanto fraterno
una nuova indulgenza insegnò al padreterno,
e guardarono in alto, trafitti dal sole,
gli spasimi di un redentore.
Confusi alla folla ti seguono muti
sgomenti al pensiero che tu li saluti:
A redimere il mondo gli serve pensare,
il tuo sangue può certo bastare.
La semineranno per mare e per terra
tra boschi e città la tua buona novella,
ma questo domani, con fede migliore,
stasera è più forte il terrore.
Nessuno di loro ti grida un addio
per esser scoperto cugino di Dio:
gli apostoli han chiuso le gole alla voce,
fratello che sanguini in croce.
Han volti distesi già inclini al perdono,
ormai che han veduto il tuo sangue di uomo
fregiarti le membra di rivoli viola,
incapace di nuocere ancora.
Il potere vestito di umana sembianza,
ormai ti considera morto abbastanza
e già volge lo sguardo a spiar le intanzioni
degli umili, degli straccioni.
Ma gli occhi dei poveri piangono altrove,
non sono venuti a esibire un dolore
che alla via della croce ha proibito l'ingresso
a chi ti ama come se stesso.
Son pallidi al volto, scavati al torace,
non hanno la faccia di chi si compiace
dei gesti che ormai ti propone il dolore,
eppure hanno un posto d'onore.
Non hanno negli occhi scintille di pena,
non sono stupiti a vederti la schiena
piegata dal legno che a stento trascini,
eppure ti stanno vicini.
Perdonali se non ti lasciano solo
se sanno morire sulla croce anche loro,
a piangerli sotto non han che le madri,
in fondo son solo due ladri.
(La buona novella 1970)

venerdì 6 aprile 2012

Venerdì Santo di Maria Luisa Spaziani

Venerdì Santo
Bouguereau+Pietà+1876
Lei credeva di stringere in quel corpo
disincarnato, esangue, il suo ragazzo
morto a trentatrè anni per oscure
trame di tribunali.
Se le avessero detto che stringeva
a sè l'intero mondo e la sua Storia
non l'avrebbe capito. Erano solo
un figlio con sua madre.

giovedì 5 aprile 2012

L'orto degli ulivi di Rainer Maria Rilke

Bloch
Sotto le grigie fronde Egli salia
- grigio, dissolto, - su per l'uliveto,
premendo a tratti la cinerea fronte
entro le ardenti mani polverose.
«Dopo il tutto, anche ciò. Questa, la fine.
M'è forza andare, pur se spenti ho gli occhi.
E vuoi che affermi, Dio, la tua presenza
nel mentre io stesso più non ti ritrovo?
Più non ti trovo. Non ti trovo in me.
E non negli altri. Non in questa pietra.
Più non ti trovo, no. Solo, son io.
Solo, con tutta la miseria umana,
che a lenir nel tuo nome avevo impreso
(inaudita vergogna!)... E tu, non sei».
Dissero, poi, che un angelo discese...
Un angelo? Perché? La notte, scese.
E sfrascò di tra gli alberi, distratta,
agitando i discepoli nel sonno.
Notte non insueta. All'altre, eguale.
Alle notti infinite, in cui riposa
anche il cane randagio, anche la pietra.
Triste notte qualunque; all'altre, eguale:
prona, in attesa, al rifiorir del giorno.
Che non scendono, no, verso chi prega
supplice, in terra, angeli dal cielo;
non s'accresce la Notte attorno a lui.
Ogni naufrago è solo. E lo abbandona,
fra i marosi, anche il padre; e lo respinge
anche il grembo materno.

mercoledì 4 aprile 2012

Tradimenti di Pierfrancesco Zen

Hans Thoma
Il metallico suono delle trenta monete
ancora rieccheggia nel doloroso Tempio,
mentre il Traditore giustizia l'Iscariota.
Nel cortile vociante, sprofondato nell'alba
Pietro, ha poco prima rinnegato la fede
e così liberato un altro proditore.
Profetiche Scritture trovano componimento
ma non so decifrare, per questo tra le mani
ho rigirato a lungo il denaro iniquo
di cui non conoscevo il valore cruciale.
Se era un talento, oramai l'ho sepolto
nel silenzio sgomento porterà meno frutto:
nè il campo del Vasaio, nè la pietà e il pianto.
Le tenebre non temo, solo nostalgia
e rammarico scorgo per non aver acceso
al Sacrario il lume della rotta Alleanza.
Lasciatemi fratelli sulla ventosa soglia
lasciatemi ascoltare e da qui osservare
del mondo i tradimenti, i più sterili e volgari:
eppure si tradisce solo ciò che si ama.
Voi che invece entrate, parlateGli di me ora
filo d'erba sull'uscio, e del soldo interrato.
(I giochi del tempo)

martedì 3 aprile 2012

Pasqua di Oscar Wilde

Raffaello♠1503
Le trombe argentee squillarono nella Cupola:
la gente cadde in ginocchio a terra, emozionata:
e recato sul collo degli uomini io vidi,
come un gran Dio, il Santo Signore di Roma.
Sacerdotale, egli portava una veste più bianca della spuma,
e, regale, si paludava in rosso maestoso,
tre corone d'oro gli si levavano alte sul capo:
in splendore e in luce il Papa passò.
Furtivamente il mio cuore ripercorse ampi deserti d'anni
fino a Uno che vagò presso un mare solitario,
ed invano cercò un luogo di riposo:
"Le volpi hanno tane, e ogni uccello ha il nido.
Io, solo, io debbo vagare stanco,
piagarmi i piedi, e bere vino e sale di lacrime".

♠♠♠♠♠♠♠♠♠♠
Easter day
The silver trumpets rang across the Dome:
The people knelt upon the ground with awe:
And borne upon the necks of men I saw,
Like some great God, the Holy Lord of Rome.
Priest-like, he wore a robe more white than foam,
And, king-like, swathed himself in royal red,
Three crowns of gold rose high upon his head:
In splendour and in light the Pope passed home.
My heart stole back across wide wastes of years
To One who wandered by a lonely sea,
And sought in vain for any place of rest:
'Foxes have holes, and every bird its nest.
I, only I, must wander wearily,
And bruise my feet, and drink wine salt with tears.'

lunedì 2 aprile 2012

Pasqua senza week-end di Eugenio Montale

Adrienne♣Gustave Van de Woestyn
Se zufolo il segnale convenuto
sulle parole ‘sabato domenica
e lunedì’ dove potrò trovarti
nel vuoto siderale? Fu un errore conoscersi,
un errore che tento di ripetere
perché solo il farnetico è certezza.
SATURA

domenica 1 aprile 2012

Ricordati di me di Emily Dickinson

Jan Van Eyck♦1430
"Ricordati di me" implorò il Ladro!
Oh Ospitalità!
Mio Invitato "Oggi in Paradiso"
Te ne do garanzia.
Quella Cortesia indelebile rimarrà
Quando sarà Polvere la Delizia
Con cui citiamo il più potente caso
Di ricompensata fiducia.
Di tutto ciò che ci è concesso sperare
Solo l'Affidavit resta
Che ciò fosse dovuto dove più temiamo
Di essere inaspettati Amici.
♦♦♦♦♦♦♦♦
"Remember me" implored the Thief!
Oh Hospitality!
My Guest "Today in Paradise"
I give thee guaranty.
That Courtesy will fair remain
When the Delight is Dust
With which we cite this mightiest case
Of compensated trust.
Of all we are allowed to hope
But Affidavit stands
That this was due where most we fear
Be unexpected Friends.