Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

domenica 31 marzo 2013

Cena di Pasqua di Giorgio Bassani

Hans Thoma*Resurrection
a mio padre
E quando nel giro del ballo oscuro che ci rimorchia
dimenticate ombre nostalgiche a fingere la vita,
spirito della notte ci riavrai, dopo le ultime risa,
i baci sulle guance, gli augurii, gli addii sulla porta;
e là dalla soglia a scroscio rompendo un vento crudele
dissiperà le fioche ed esili voci come capelli
incanutiti, nel vuoto portico di tra i cancelli
cieco soffiando sulle deboli fiamme delle candele:
forse torneremo in un muto patto d’intorno a questa
tavola, sotto la lampada, commensali distratti;
fermi, le labbra sigillate, seduti di contro ai ritratti
pallidi dei nostri morti, ad una eterna festa.

sabato 30 marzo 2013

Ho visto un re di Enzo Jannacci

Fairies spring*Arthur Rackham
Dai dai, conta su...ah be, sì be....
- Ho visto un re.
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un re!
- Ah, beh; sì, beh.
- Un re che piangeva seduto sulla sella
piangeva tante lacrime, ma tante che
bagnava anche il cavallo!
- Povero re!
- E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
- è l'imperatore che gli ha portato via
un bel castello...
- Ohi che baloss!
- ...di trentadue che lui ne ha.
- Povero re!
- E povero anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
- Ho visto un vesc...
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un vescovo!
- Ah, beh; sì, beh.
- Anche lui, lui, piangeva, faceva
un gran baccano, mordeva anche una mano.
- La mano di chi?
- La mano del sacrestano!
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; sì, beh.
- e` il cardinale che gli ha portato via
un'abbazia...
- Oh poer crist!
- ...di trentadue che lui ce n' ha.
- Povero vescovo!
- E povero anche il sacrista!
- Ah, beh; sì, beh.
- Ho visto un ric...
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Ha visto un ricco! Un sciur!
- S'...Ah, beh; sì', beh.
- Il tapino lacrimava su un calice di vino
ed ogni go, ed ogni goccia andava...
- Deren't al vin?
- Sì, che tutto l'annacquava!
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; sì, beh.
- Il vescovo, il re, l'imperatore
l'han mezzo rovinato
gli han portato via
tre case e un caseggiato
di trentadue che lui ce n' ha.
- Pover tapin!
- E povero anche il vin!
- Ah, beh; sì, beh.
- Ho vist un villan.
- Sa l'ha vist cus'e`?
- Un contadino!
- Ah, beh; sì, beh.
- Il vescovo, il re, il ricco, l'imperatore,
persino il cardinale, l'han mezzo rovinato
gli han portato via:
la casa
il cascinale
la mucca
il violino
la scatola di kaki
la radio a transistor
i dischi di Little Tony
la moglie!
- E po`, cus'e`?
- Un figlio militare
gli hanno ammazzato anche il maiale...
- Pover purscel!
- Nel senso del maiale...
- Ah, beh; sì, beh.
- Ma lui no, lui non piangeva, anzi: ridacchiava!
Ah! Ah! Ah!
- Ma sa l'e`, matt?
- No!
- Il fatto e` che noi villan...
Noi villan...
E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam,
e sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam!
************
Addio al Poeta con le scarpe da tennis...

venerdì 29 marzo 2013

Al Crocifisso nel Venerdì santo di Torquato Tasso

Andrea Mantegna
Dove rivolgi, o lusinghier fallace,
gli occhi bramosi e vaghi?
dove o come t'appaghi
di quel picciol tempo alletta e piace?
Il Re che fece il sole e l'auree stelle,
fisse in celeste giro,
mi diletta ov'io miro
opere di sua mano assai più belle.
O crudo inganno, o fero ardore, o gelo,
degl'infelici amanti,
deh! miriamo i sembianti
immaginati in terra e vivi in cielo.
Mentre in Croce il contemplo, il veggio esangue:
ahi lagrime! ahi dolore!
Oggi languisce e more
la salute e la vita: ahi piaghe! ahi sangue!
(Rime Sacre)

giovedì 28 marzo 2013

Giuveddí ssanto di Giuseppe Gioachino Belli

Francisco De Zurbaran*1627
Fa’... che ggusto!... spi... Zzitto! ecco er cannone!
Abbasta, abbasta, sú, ccaccia l’uscello.
Nu lo senti ch’edè? spara Castello:
seggno ch’er Papa sta ssopra ar loggione.

Mettémesce un’e ll’antro in ginocchione:
per oggi contentàmesce, fratello.
Un po’ ar corpo e un po’ all’anima: bberbello:
pijjamo adesso la bbonidizzione.

Quanno ch’er Zanto-padre arza la mano,
pòi in articolo-morte fà li conti
a ggruggn’a ggruggno coll’inferno sano.

E nnun guasta che nnoi semo a li Monti,
e ’r Papa sta a Ssan Pietr’in Vaticano:
oggi er croscione suo passa li ponti.
1833 (Sonetti)
*************
Castello: Mole Adriana oggi Castel S.Angelo
loggione: La gran loggia nella facciata di San Pietro in Vaticano, donde il Pontefice amministra la solenne benedizione al popolo foltamente adunato sulla gran piazza.
Mettèmesce:Mettiamoci
Contenàmesce: Accontentiamoci
Bberbello: Bel bello
Monti: oggi Rione di Borgo, dove sorge il Vaticano che è di là dal Tevere.
Croscione: Segno della croce

mercoledì 27 marzo 2013

La Passione di Alessandro Manzoni

Paolo Uccello*1440
O tementi dell'ira ventura,
Cheti e gravi oggi al tempio moviamo, 
Come gente che pensi a sventura, 
Che improvviso s'intese annunziar. 
Non s'aspetti di squilla il richiamo; 
Nol concede il mestissimo rito: 
Qual di donna che piange il marito, 
E la veste del vedovo altar. 
Cessan gl'inni e i misteri beati, 
Tra cui scende, per mistica via, 
Sotto l'ombra de' pani mutati, 
L'ostia viva di pace e d'amor. 
S'ode un carme: l'intento Isaia 
Proferì questo sacro lamento, 
In quel dì che un divino spavento 
Gli affannava il fatidico cor. 
Di chi parli, o Veggente di Giuda? 
Chi è costui che, davanti all'Eterno 
Spunterà come tallo da nuda 
Terra, lunge da fonte vital? 
Questo fiacco pasciuto di scherno, 
Che la faccia si copre d'un velo, 
Come fosse un percosso dal cielo, 
Il novissimo d'ogni mortal? 
Egli è il Giusto, che i vili han trafitto, 
Ma tacente, ma senza tenzone; 
Egli è il Giusto; e di tutti il delitto 
Il Signor sul suo capo versò. 
Egli è il santo, il predetto Sansone 
Che morendo francheggia Israele; 
Che volente alla sposa infedele 
La fortissima chioma lasciò. 
Quei che siede sui cerchi divini, 
E d'Adamo si fece figliolo; 
Né sdegnò coi fratelli tapini 
Il funesto retaggio partir: 
Volle l'onte, e nell'anima il duolo, 
E l'angosce di morte sentire, 
E il terror che seconda il fallire, 
Ei che mai non conobbe il fallir. 
La repulsa al suo prego sommesso, 
L'abbandono del Padre sostenne: 
Oh spavento! l'orribile amplesso 
D'un amico spergiuro soffrì. 
Ma simìle quell'alma divenne 
Alla notte dell'uomo omicida: 
Di quel Sangue sol ode le grida, 
E s'accorge che Sangue tradì. 
Oh spavento! lo stuol de' beffardi 
Baldo insulta a quel volto divino, 
Ove intender non osan gli sguardi 
Gl'incolpabili figli del ciel. 
Come l'ebbro desidera il vino, 
Nell'offese quell'odio s'irrita; 
E al maggior dei delitti gl'incita 
Del delitto la gioia crudel. 
Ma chi fosse quel tacito reo, 
Che davanti al suo seggio profano 
Strascinava il protervo Giudeo, 
Come vittima innanzi a l'altar, 
Non lo seppe il superbo Romano; 
Ma fe' stima il deliro potente, 
Che giovasse col sangue innocente 
La sua vil sicurtade comprar. 
Su nel cielo in sua doglia raccolto 
Giunse il suono d'un prego esecrato: 
I Celesti copersero il volto: 
Disse Iddio: Qual chiedete sarà. 
E quel Sangue dai padri imprecato 
Sulla misera prole ancor cade, 
Che, mutata d'etade in etade, 
Scosso ancor dal suo capo non l'ha. 
Ecco appena sul letto nefando 
Quell'Afflitto depose la fronte, 
E un altissimo grido levando, 
Il supremo sospiro mandò: 
Gli uccisori esultanti sul monte 
Di Dio l'ira già grande minaccia, 
Già dall'ardue vedette s'affaccia, 
Quasi accenni: Tra poco verrò 
O gran Padre! per Lui che s'immola, 
Cessi alfine quell'ira tremenda; 
E de' ciechi l'insana parola 
Volgi in meglio, pietoso Signor. 
Sì, quel Sangue sovr'essi discenda; 
Ma sia pioggia di mite lavacro: 
Tutti errammo; di tutti quel sacro- 
santo Sangue cancelli l'error.
E tu, Madre, che immota vedesti 
Un tal Figlio morir sulla croce, 
Per noi prega, o regina de' mesti, 
Che il possiamo in sua gloria veder; 
Che i dolori, onde il secolo atroce 
Fa de' boni più tristo l'esiglio, 
Misti al santo patir del tuo Figlio, 
Ci sian pegno d'eterno goder.
(Il sacro e il vero)

martedì 26 marzo 2013

Il Rinnegamento di San Pietro di Charles Baudelaire

Salvador Dalì*1951
Che cosa Iddio fa dunque di quel flusso
d'anatemi che tutti i giorni sale 
verso i suoi cari Serafini? Come 
un tiranno impinzatosi di vini 
e di carne, egli piglia sonno al dolce 
suon delle nostre orribili bestemmie. 
L'urlo che danno suppliziati e martiri 
è, certo, un'inebriante sinfonia, 
se i Cieli ancora non ne sono sazi, 
e ciò malgrado tutto il sangue sparso 
per acquistare tale voluttà!
- Gesù, ricorda l'Orto degli Ulivi! 
Tu pregavi in ginocchio, nella tua 
semplicità, colui che nel suo cielo 
rideva al suon dei chiodi che i carnefici 
ti conficcavan nelle carni vive.
E quando sulla tua divinità 
sputar vedesti l'ebbra soldataglia 
e schiumatura di cucine, e quando 
nel cranio, ove l'immensa Umanità 
viveva, ti sentisti penetrare 
la corona di spine; quando atroce 
il peso del tuo corpo rotto dava 
strazio alle tue distese e tese braccia, 
e ti grondavan dall'impallidita 
fronte sudore e sangue, 
e quando fosti 
davanti a tutti posto a far bersaglio, 
ritornavi con l'anima a quei giorni 
sì belli e luminosi in cui venisti 
per mantenere la promessa eterna, 
e quando, in groppa ad un'asina mite, 
tu calpestavi lungo il tuo cammino 
ramoscelli d'olivo e fiori sparsi, 
quando, gonfio d'ardore e di speranza, 
a tutta forza fustigavi il branco 
di quei vili mercanti, e quando, infine, 
fosti re? Più profondo della lancia 
non ti è entrato il rimorso nel costato?
- Quanto a me, me ne andrò, certo, contento, 
da un mondo ove non è sorella al sogno 
l'azione; possa adoperar la spada 
e perire di spada! Ha rinnegato 
il suo Gesù, San Pietro... Ha fatto bene!
(Rivolta* I fiori del male)
***********
LE RENIEMENT DE SAINT PIERRE

Qu'est-ce que Dieu fait donc de ce flot d'anathèmes
Qui monte tous les jours vers ses chers Séraphins ?
Comme un tyran gorgé de viande et de vins,
Il s'endort au doux bruit de nos affreux blasphèmes.

Les sanglots des martyrs et des suppliciés
Sont une symphonie enivrante sans doute,
Puisque, malgré le sang que leur volupté coûte,
Les cieux ne s'en sont point encore rassasiés !

- Ah ! Jésus, souviens-toi du Jardin des Olives !
Dans ta simplicité tu priais à genoux
Celui qui dans son ciel riait au bruit des clous
Que d'ignobles bourreaux plantaient dans tes chairs vives,

Lorsque tu vis cracher sur ta divinité
La crapule du corps de garde et des cuisines,
Et lorsque tu sentis s'enfoncer les épines
Dans ton crâne où vivait l'immense Humanité ;

Quand de ton corps brisé la pesanteur horrible
Allongeait tes deux bras distendus, que ton sang
Et ta sueur coulaient de ton front pâlissant,
Quand tu fus devant tous posé comme une cible,

Rêvais-tu de ces jours si brillants et si beaux
Où tu vins pour remplir l'éternelle promesse,
Où tu foulais, monté sur une douce ânesse,
Des chemins tout jonchés de fleurs et de rameaux,

Où, le cœur tout gonflé d'espoir et de vaillance,
Tu fouettais tous ces vils marchands à tour de bras,
Où tu fus maître enfin ? Le remords n'a-t-il pas
Pénétré dans ton flanc plus avant que la lance ?

- Certes, je sortirai, quant à moi, satisfait
D'un monde où l'action n'est pas la sœur du rêve ;
Puissé-je user du glaive et périr par le glaive !
Saint Pierre a renié Jésus... Il a bien fait !
(Rèvolte*Les fleur du mal)

lunedì 25 marzo 2013

Pasqua armena di Vittoria Aganoor

Marianne Stokes
Non fu di fiele abbeverato? Il petto
non gli squarciò l'ignobile scherano?
Non fu percosso, irriso, e un'empia mano
non lo inchiodò sul legno maledetto?
Pur, quale mai più glorioso e forte
risorgere, se ancor tuona la voce
dell'Osanna, e dovunque apre una croce
le braccia, dall'idea vinta é la morte?
Armenia, ed anche a te squarciato il seno
vedo dai nuovi farisei. Raccolto
hanno il fango a scagliartelo sul volto;
per dissetarti apprestano il veleno.
Ma se l'insazïata orda ferina
sulle tue membra flagellate e grame
oggi rinnova la tortura infame
del Golgota, la tua Pasqua è vicina.

domenica 24 marzo 2013

Il racconto di Alfonso Gatto

Annibale Carracci
Kappler-faccia tagliata venne per testimone
a raccontarci il massacro.
Si disse fanatico e sacro
nella sua grande fatica
d'abbattere ostaggi, un portone
di buio aperto dai fari
la cava di Roma antica.

Su quel trofeo di vendetta
- sempre più deboli i forti
ciechi nel giallo alone
del tufo in polvere - in vetta
lui solo a sparare per tutti
i carnefici arresi all'orrore,
lui solo totale furore
di mazza sugli innocenti.
E tacquero i venti,
il silenzio non era del mondo
ma di quel sangue assetato.

Kappler-faccia tagliata parlava in tedesco,
il pubblico zitto
l'interprete muto.
Nessuno guardava più in giro,
tutti fissi in un punto, quel punto:
Kesselring, il viso compunto
nell'ordine, il fatto compiuto.
E nulla andò perduto
di quelle parole, io non le riesco
a staccare da me - e non da me, ma dal fitto
del petto con cui le respiro.
Blut diceva il sangue e tu-fo il tufo come noi,
mostrando fra le sue dita
la gialla arenaria che frana
su quella morte impaurita,
sulla giustizia vana
che lascia parole.

All'Appia antica se il sole
rallegra la via
e s'odono i passi perduti
dei morti cristiani,
ricorda gli eterni minuti
di questo supplizio. Domani
i giusti saranno con noi
nel tempo che i morti non hanno.
Or la pietà dell'inganno
vi chiude le tombe già aperte
perchè la morte vi opprima
col peso di tutte le offerte,
col senno di poi.
Per altri innocenti, per altro furore
s'accenda la prima
la stessa parola d'amore
che ci fu tolta: domani.

(La storia delle vittime*1962-1965)
******************
ECCIDIO DELLE FOSSE ARDEATINE*24 MARZO 1944
                       nel perenne ricordo

sabato 23 marzo 2013

Se questa sera di Alessandro Parronchi

Sophie Gengembre Anderson*Sheperd piper*1881
Se questa sera non fosse vera
se l'erbe non tremassero e i monti non morissero
col giorno,
se questo viso non fosse il tuo
e la ruggine del bosco
non avesse vento e parole e fumi lontani,
se l'ombra volasse ugualmente sui prati
ma non fosse la stessa ombra
se non fosse davvero primavera
l'albero sarebbe fiorito invano,
e i sassi bianchi qua e là
tra il nero della mortella e le grida
rauche dei cavalieri e i cavalli stanchi
non sarebbero stati veri
al lume di luna pei verdi sentieri.
1949

venerdì 22 marzo 2013

Primavera di Aleksandr Puškin

Karl Briullov
Primavera, primavera, tempo dell'amore,
Come mi è greve la tua comparsa,
Quale languida agitazione
Nella mia anima, nel mio sangue...
Come il piacere è estraneo al cuore...
Tutto ciò che esulta e scintilla
Porta noia e tormento.
Datemi la bufera e le tempeste
E la lunga tenebra delle notti d'inverno.

giovedì 21 marzo 2013

Primavera di Giuseppe Villaroel

Virgilio Tojetti
Il sole batte, con le dita d’oro
alle finestre. Uno squittìo sottile
è sui tetti. Nell’orto la fontana
ricomincia a cantare. E’ primavera.
Le chiese, in alto, con le croci accese,
i monti immensi con le cime rosa,
le strade bianche con gli sfondi blu.
E’ primavera. E’ primavera. Il cielo 
spiega gli arazzi delle nubi al vento.
L’albero gemma. Vérzica la terra.
Nel cortile la pergola è fiorita.
Ai balconi: le donne in vesti chiare.
E’ primavera. E’ primavera. E il mare 
ha un riso azzurro e un brivido di seta.
(Il cuore e l'assurdo)

mercoledì 20 marzo 2013

Torneranno le sere di Alfonso Gatto

Gerald Leslie Brockhurst
Torneranno le sere a intiepidire
nell'azzurro le piazze, ai bianchi muri
la luna in alto s'alzerà dal mare
e nella piena dei giardini il vento
fitto di case, d'alberi, di stelle
passerà per la grande aria serena.
Torneranno nel sogno anche le voci
delle famiglie illuminate a cena,
la rapida ebrietà del loro riso.
O finestrelle, pozzi, logge, vetri
attaccati alla vita, allo spiraglio
delle fresche delizie e dei rimpianti,
o luna nuova sulla mia memoria,
tornate ad albeggiare con quel canto
di parole perdute, con quei suoni
struggenti, con quei baci morsi al buio.
Siate la polpa rossa dell'anguria
spaccata in mezzo alla tovaglia bianca.
(Nuove poesie)

martedì 19 marzo 2013

Ritratti di mio padre di Homero Aridjis

Violet Oakley*Henry Howard Houston Woodward
In questa stanza aperta ai quattro
venti,
padre, gioco con i tuoi ritratti.
Vent'anni dopo che te ne sei andato,
non so qual'è il volto più tuo,
se quello dove sei un soldato sopravvissuto
al massacro dei greci a Smirne,
o quello con cui guardi mia madre con occhi innamorati,
cinquant'anni dopo averla conosciuta,
o in quell'istantanea della tua morte
nel tuo negozio pieno di stoffe e cappelli,
con una tazza di tè nero in mano,
e faccia da forestiero, come quando giungesti in paese.
Padre, voglio vederti di nuovo,
ma invece dell'uomo tocco il cartoncino.

lunedì 18 marzo 2013

Compleanno di Christina Rossetti

Mary Thomas Alayne
E' un uccello canoro il mio cuore
che ha fatto il nido su una fresca cima -
un melo ricco di rami è il mio cuore
ricco di frutti come mai fu prima.
E' come una conchiglia iridescente
su un mare luminoso e trasparente.
Più felice di sempre oggi è il mio cuore,
perchè è giunto l'amore.

Fatemi un trono di piume e di seta,
di morbide pellicce e drappi rossi,
colombe e melagrane sian scolpite
intrecciate a cento occhi di pavone,
grappoli d'oro e grappoli d'argento
in viluppi di bianchi fiordalisi.
E' il compleanno della vita mia,
l'amore è giunto e non andrà più via.
**********
A BIRTHDAY
My heart is like a singing bird
Whose nest is in a watered shoot;
My heart is like an apple-tree
Whose boughs are bent with thick-set fruit;
My heart is like a rainbow shell
That paddles in a halcyon sea;
My heart is gladder than all these
Because my love is come to me.

Raise me a dais of silk and down;
Hang it with vair and purple dyes;
Carve it in doves and pomegranates,
And peacocks with a hundred eyes;
Work it in gold and silver grapes,
In leaves and silver fleur-de-lys;
Because the birthday of my life
Is come, my love is come to me.

(Il mercato dei folletti)

domenica 17 marzo 2013

Ancora un mattino di Alda Merini

Augustus John*Chloe Boughton-Leigh
Ancora un mattino senza colore
un mattino inesausto pieno
come una mela cotogna,
come il melograno di Dio,
un mattino che odori di felci
e di galoppate nei boschi,
ma non ci saranno né felci
né cavalli prorompenti in luce,
questo dolce mattino
porterà in fronte il sigillo
delle mie decadenze..
.
Ho acceso un falò
nelle mie notti di luna
per richiamare gli ospiti
come fanno le prostitute
ai bordi di certe strade,
ma nessuno si è fermato a guardare
e il mio falò si è spento.

sabato 16 marzo 2013

Alla madre di Attilio Bertolucci

George W. Lambert*Group with mother*1907
Se tu torni fra noi
è un caldo e grigio
giorno di marzo, è l’ora del riposo
per noi rimasti nella casa, in pace.

Così lungamente
abbiamo aspettato nel silenzio
delle stanze assopite, ora i bambini
sono andati per viole.

Oh, poterli cercare con te
fra le gaggìe nude nel sole.
**********
(Lettere da casa)

venerdì 15 marzo 2013

Clemenze di Luigi Fallacara

Frederick Leighton*Golden hours
Giovino ai bianchi fiori,
ai primi, lungo un ramo senza verde
negli orti neri di terra bagnata,
le tue clemenze disattente, o marzo.

Si stanca il vento gelido,
si dirada la nuvola,
impensati fiati teneri
si volgono intorno.
E il dolce sole della nostra vita
è sopra il muro umido e annerito.

Guarda l'inclinazione
dell'anima, il mansueto
vuoto del nostro tempo.
Lume dorato e caro
disteso dentro l'aria, sui capelli
e sicure, tra specchi
d'acqua, al quieto raggio.

Mi persuado a vivere
nelle improvvide collocazioni
di sì vaga bellezza, stabilita
sui paesi pei loro riposi.

Così mi vien donata la tristezza,
leggera come la piuma dell'ombra
che il ramo appena sente
sotto di sè sospesa.

Prima che a terra convinta s'adagi,
ecco, il vento risorge, il raggio s'alza,
dora appena una nuvola, si chiude
lassù; senza memoria
di noi, trascorre su nuova tempesta.

giovedì 14 marzo 2013

Una sera di marzo di Alfonso Gatto

Serge Ivanoff
Fu in quel tempo di marzo che nel cielo
guardando alla città di sera, al volo
delle sue prime rondini, più solo
mi vidi, ma con tutti. Come a un gelo

dischiuso dal tepore, gli occhi fissi
all’accadere di quel mutamento,
ricordavo nel vivere che vissi.
E distratto così nel farmi intento

al mio segreto sorgere dal nulla,
trovavo nella voce le parole
da raggiungere, padre, madre, culla,
la terra che s’illumina nel sole.

Nel cielo di Milano d'agro e d'oro
nella sera di marzo, per l'oriente
affacciata a guardare era la gente
della mia voce e del mio volto, coro

di povertà che invoca dalle cose
il suo nome perpetuo. Non rispose
l'azzurro che vedevo farsi oscuro
presentimento, non rispose il muro.

(La storia delle vittime*1962-1965)

mercoledì 13 marzo 2013

L'arboscello di Umberto Saba

Aristide Maillol
Oggi il tempo è di pioggia.
Sembra il giorno una sera,
sembra la primavera
un autunno, ed un gran vento devasta
l'arboscello,  che sta, e non pare, saldo;
par tra le piante un giovanetto, alto
troppo per la sua troppo verde età.
Tu lo guardi: hai pietà
forse di tutti quei candidi fiori
che la bora gli toglie, e sono frutta,
sono dolci conserve
per l'inverno quei fiori, che tra l'erbe
cadono; e se ne duole la tua vasta
maternità.
(Il Canzoniere*1951)
*******
Umberto Saba, 9 marzo 1883

martedì 12 marzo 2013

Giovinezza di Gabriele D'Annunzio

Edouard Manet*Georges Moore*1879
O Giovinezza, ahi me, la tua corona
su la mia fronte già quasi è sfiorita.
Premere sento il peso della vita,
che fu si lieve, su la fronte prona.
Ma l'anima nel cor si fa più buona,
come il frutto maturo. Umile e ardita,
sa piegarsi e resistere; ferita,
non geme; assai comprende, assai perdona.
Dileguan le tue ultime aurore,
O Giovinezza; tacciono le rive
poi che il torrente vortice dispare.
Odo altro suono, vedo altro bagliore.
Vedo in occhi fraterni ardere vive
lacrime, odo fraterni petti ansare.
(Poema paradisiaco*Epilogo*1893)
*************
Gabriele D'Annunzio-12 marzo 1863

lunedì 11 marzo 2013

Èspero di Pietro Mastri

Alfons Mucha*Luna, stelle, stella polare*1902
Nella sera, d'un verde viola
così tenero come a marzo
le mammolette, una scheggia di quarzo
è comparsa, lucente; ed è sola.

Èspero! Oh stella deserta
la più bella di tutte, che adduci
le prime ombre come le prime luci
su per la medesima erta;

più bella or che, sul tuo sentiero
d'ombra, ti segue il presagio divino
d'infinite altre stelle in cammino...
e par che il tuo nome sia: !

Come ardi!... A chi vai messaggera?...
Si gonfia il mio cuor, come il mare
tenebroso al primo albeggiare
del novilunio di primavera.

Come ardi!... Dov'è la riviera
di luce, onde muovi pe 'l terso
cristallo dell'universo,
goccia che anela alla fonte primiera?

Come ardi, tremante e leggera!...
Tutto il Creato è dunque speranza?
Ti guardo. Non v'è più distanza
fra 'l cuor dell'uomo e l'immensa tua sfera.
Gli dici: " E tu spera!"

(La via delle stelle)

domenica 10 marzo 2013

Notte di Marzo di Giuseppe Ungaretti

George Spencer Watson*Nude*1927
                                                          1927
Luna impudica, al tuo improvviso lume
Torna, quell'ombra dove Apollo dorme,
A trasparenze incerte.

Il sogno riapre i suoi occhi incantevoli,
Splende a un'alta finestra.

Gli voli un desiderio,
Quando toccato avrà la terra,
Incarnerà la sofferenza.

(SENTIMENTO DEL TEMPO*La fine di Crono)

sabato 9 marzo 2013

Mimosa di Robert Walser

Carl Larsson
Il rosso mi bacia, il bianco è un
urlìo, nel marrone ho fiducia,
il verde mi trasforma in un bambino
sonnacchioso e stanco.
Amo e rifiuto
le molte impressioni.
Sono troppo delicato per essere delicato.
Per tenerezza mi sono abbandonato alla durezza.
Il bosco lo trovo un posto bello,
tra gli alberi e nel brulichio
della gente, sotto la protezione della
spensieratezza.
Illuminato dal sole,
ancorato con animo fatuo
a qualche viso,
mi vergogno
del pianto e della gaiezza,
e sono morto, se non ho paura.
Perchè tu non mi appari,
o possente? Lo sai che Mimosa vuole soffrire.
Nella fierezza, nel dominio di sè
è dissolta. In alto levata,
ricaduta, ma schiacciata, ferita,
dalla grazia baciata.
Fino a quando non riesco a disperarmi
devo lamentarmi.
Solo per beffa mi porto addosso,
nascosto sotto l'abito del trastullo,
il pugnale bene affilato,
con il cuore trafitto,
eppure senza ferita,
non toccato e [non] pregiudicato,
vacillo io e il mio essere,
che anela di uccidere,
e respinge la più sommessa attenzione.
Quasi non so quello che io dico,
le parole mi balzano fuori come leoni
dalla gabbia della bocca,
guardando attoniti,
si accucciano ai piedi della domatrice,
in preda al tremore,
e temono la timidezza, e un giorno si arriva al punto
che la goffaggine e la problematicità
sarà onorata,
i più forti
si recheranno alle case dei più deboli,
e i sopraffattori si struggeranno
per un gesto amichevole
dei vinti, invidiando
quelli a cui hanno inflitto una dura sorte.
Senza felicità non c'è stato mai nessuno.

venerdì 8 marzo 2013

So quel che voglio di Edna St.Vincent Millay

So quel che voglio e ho fatto la mia scelta;
il mio destino non sei tu a deciderlo:
che tu mi ami o no, non ha importanza,
alla fine, di me rispondo io.
La tua presenza, i tuoi favori, tutto
ciò che m’hai dato, adesso puoi riprenderti:
c’è tra la tua bellezza ed il mio cuore
qualcosa che non riuscirai a confondere,
nè a tradire. Vorrei che tu capissi
che nel mio più segreto desiderio
sogno sempre il tuo bacio; ma non chiesero
di bere ancora quelli che languivano
nei deserti del Sud; puoi benedirmi,
ma non piegarmi dopo avermi amata.
(L'amore non è cieco)

giovedì 7 marzo 2013

Sorelle di speranza di Paul Éluard

Francois Emile Barraud*1933
Sorelle di speranza o donne coraggiose
Contro la morte avete stretto un patto
Quello di unir le virtù dell'amore

Sopravvissute sorelle
Vi giocate la vita
Perché la vita vinca

Vicino è il giorno o mie sorelle di grandezza
Che delle parole guerra e miseria noi rideremo
Di quanto fu amarezza nulla resisterà

Ogni viso avrà diritto alle carezze.
*****************
Sœurs d'espérance

Sœurs d'espérance ô femmes courageuses
Contre la mort vous avez fait un pacte
Celui d'unir les vertus de l'amour

O mes sœurs survivantes
Vous jouez votre vie
Pour que la vie triomphe

Le jour est proche ô mes sœurs de grandeur
Où nous rirons des mots guerre et misère
Rien ne tiendra de ce qui fut douleur

Chaque visage aura droit aux caresses.

(POÉMES POLITIQUES*1948)

mercoledì 6 marzo 2013

L'Astichello di Giacomo Zanella

Gari Melchers*1888

VI
Di vispe villanelle allegro coro
Sotto la luna, alla campagna aperta,
Uscìan cantando, mano a man conserta,
Dalle sonanti sale, ove il lavoro
Salute e giovinezza immola all'oro
E dè coloni il focolar deserta,
Che contro i guai della stagione incerta
Dell'obolo figlial fanno tesoro.
Cantando se ne gìan sotto la luna
A' lontani abituri; e le compagne
Tutte per via lasciando ad una ad una,
Con la pia squilla, che i defunti piagne
L'ultima voce nella vasta e bruna
Quïete si perdea delle campagne.
VII
Quel dì le rote ttacquero e le spole;
Nè risonò nell'ampia sala il canto.
Era di marzo; e non aveva il sole
Rinnovellato alle campagne il manto;
Ancor le siepi non avean vïole,
E fioriva soletto il calicanto.
Non mancâr mestissime parole
E d'accorate giovinette il pianto,
Che in bianco abito chiuse e della cera,
Che nelle destre ardea, più bianche in viso,
Portavan altre, ed altre in lunga schiera
Seguìan la bara dell'estinta amica,
Commiserando il caro fior reciso,
L'orbato amante e l'egra madre antica.

martedì 5 marzo 2013

Sgorbi di Tito Marrone

Edgar Degas*Place de la Concorde*1875
Poi che brilla uno sprazzo
del buon sole di marzo
nella stanza d'inverno,
ricerco il mio quaderno
delle bizze infantili.
Sopra un foglio disfatto
lunghi segni discerno
con inchiostro ora giallo;
saranno campanili?
Un elefante, un gatto,
un orco, un pappagallo,
un fanale perduto.
Tra le bestie, dispersi
anche i miei primi versi...
"Pulcinella è caduto
e s'è fatto un gran male:
si porti all'ospedale".
La barba con le lenti?
Ah, mio vecchio maestro!
Si affaccia dal canestro
una piccola palma
guardata da serpenti.
La barchetta si è messa
sopra una riga nera;
sotto si legge: "Calma".
Ma dopo, quella stessa
barchetta, in mezzo a tremule
ondine: "La bufera".
Poi: "Domani vacanza.
Babbo, se non mi sgridi,
domenica si pranza
dalla zia Giuseppina".
E una macchia di fango...
Sole della mattina
di marzo, perchè ridi?
Vattene, sole: io piango.
(Esilio della mia vita)

lunedì 4 marzo 2013

In questa sera timida di odori di Alfonso Gatto

Vincenzo Cabianca*Le monachine*1861
In questa sera timida di odori,
col marzo appena giunto dal suo mare
randagio, dalle stele degli allori
che imbiancano sul Pincio, la lunare

notte che tarda non ha luce, solo
il blu profondo, un'alba da mattino.
Ogni sera si ferma su quel molo
d'attesa col suo piccolo lumino

l'uomo d'amore che non ha ritorno
dal suo passato ed alla sera chiede
lo strazio eterno e limpido del giorno,
che ne resti un indizio per la fede

in quel volto perduto, in quel contorno.
Un passo, un altro passo, era in quel piede
attonito il levarsi della luna
e già di spalle a non vederlo, amore

d'altri e non suo, nel fermarsi ad una
stretta del bacio, lui sentiva in cuore
la sua dolcezza struggerlo nel vuoto
dal mancamento, in un sorriso ignoto.

***

L'attese per la morte il primo giorno
del nascere, ora un secolo conclude
la gioventù perduta e la vecchiezza
che non ebbe mai sua. Queste nude
lavagne delle date le cancella
la mia fatica a vincere il ricordo.
Ora è tempo di nascere per lui
in un altro dolore, nel ricordo
che di me stesso va facendo oblio.

***

Dietro i muri eterni
questa via lasciata dal tempo
per le stagioni,
per gli alberi spogli
che la primavera va gemmando tardiva.
Porta alla chiesa di San Bonaventura
a un convento chiuso.
Una via che vuol perdere la vista,
le colonne, i teatri
e far sua la gracile ragna viola
dei rami, la terra pensosa e pensata
sul passo che vince per l'erta.

Qui la memoria conosce che Dio
è solo oblio
e non lascia mai traccia.
Sarà la sorpresa
che il ramo più dell'albero sia
travaglio d'effimero segno,
bontà remissiva che amore
mai giunge a far sua.
Gli innamorati non sanno
sparire, affermano un bacio
che solo perduto
avrebbe l'effimero segno.

Così bacia l'aria e l'oblio,
così vive Dio
del nulla che secca la bocca.
Stasera per questa via di campagna
che risica l'ombra e il silenzio
annebbia l'odore bruciato
del giungere soli a un paese
che ascolta e riprende a versare
la sete di chiare parole
al gesto che le raccoglie.
L'eternità virtuale
del gesto riprende l'avvìo
da questa timida pena
dell'uomo che sale.
La meraviglia che vale
la vita è questa sua lena
d'essere breve e mortale.
(DESINENZE. II Ultime poesie)

domenica 3 marzo 2013

Sera di vento di Amalia Guglielminetti

Andor Novàk*Femme fatale
Dolce salire nella chiara sera
sola col vento che m'abbraccia, folle 
più d'ogni amor, la strada erta del colle 
fra un presagio lontan di primavera. 
Dolce, s'io pur di un'ironia leggera 
mi punga, come chi desto da un molle 
sogno, se quasi già dolersi volle, 
ride di sua stoltezza passeggiera. 
O breve inganno, io ben di te mi spoglio. 
Fatta serena, del destino il gioco 
senza umiltà io seguo e senza orgoglio. 
Ma mi figuro d'avanzar guardinga 
e curiosa per gioir fra poco 
d'altra menzogna bella di lusinga.
(Le Vergini folli)

sabato 2 marzo 2013

Di marzo di Cenne da la Chitarra

Marianne Stokes
Di marzo vi riposo en tal manera
en Puglia piana tra molti lagoni
e 'n esse gran mignatte e ranaglioni;
poi da mangiar abbiate sorbe e pera;
oleo de noce veglio mane e sera,
per far caldegli arance e gran cidroni;
barchette assai con remi e con timoni,
ma non possiate uscir de tal rivera;
Case de paglia con diversi razzi,
da bere vin gergon che sia ben nero,
letta di schianze e di gionchi piumazzi;
tra voi signor sia un priete fero
che da nessun peccato vi dislazzi;
per ciascun loco v'abbia un monistero.

venerdì 1 marzo 2013

Marzo di Giovanni Papini

Khnopff*Memories
Sole di marzo e polverio di strade
sulle cascie e sul bòssolo patito,
ne' vecchi prati margherite rade;
un melo bianco, primaticcio invito
al riprincipiamento intempestivo
d'ogni passione. E par che le sue palme
già protenda alla Pasqua il buon ulivo
che i rami torce sulle piogge calme.
Nel gran cielo di stagno liquefatto
di nuvoli leggeri una famiglia
taglia candidamente il campo intatto
come una primitiva meraviglia.
Un color di stanchezza solitaria,
d'umiltà consolata, di piacere
promesso e di rammarico è nell'aria,
quasi cenere d'altre primavere.
Nell'anime al calore disavvezze
tornano in compagnia memorie e voglie
e tutte le scordate tenerezze
come su' rami giovani le foglie.