Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

martedì 30 aprile 2013

Vivere di Paul Éluard

Gerald Leslie Brockhurst
Noi due le mani nostre abbiamo da donare
Dammi la tua ti condurrò lontano.

Ho vissuto più volte il viso m'è mutato
A ogni soglia a ogni mano che ho varcato.
L'aprile familiare rinasceva.

Serbando a sè a me la sua labile neve
la morte e la sposa futura
Che le tue cinque dita stringe e allenta.
Sempre mi concedeva l'età ragioni nuove
di viver per altrui grazia e d'avere
Nel sangue mio sangue di un'altro cuore.

Ah il ragazzo che io fui e che sono
Al bianco delle gracili adolescenti cieche
Più belle della luna bionda sottile lisa
Dal riflesso di strade della vita
Strade di muschio e d'alberi
Di nebbia e di rugiada
E del giovane corpo che al suo luogo
Terrestre da solo non viene
Chè lo cullano vento freddo pioggia
Ne fa un uomo l'estate

Presenza mia virtù che in ogni mano appari
L'unica morte è solitudine
Di delizia in impeto di impeto in chiarezza
Mi costruisco intero per entro tutti gli esseri
Per entro tutti i tempi del suolo e delle nubi
Stagioni che passate io sono giovane
Forte a forza di essere vissuto
Sono giovane alto è il sangue sopra le mie rovine

Noi dobbiamo confondere le mani
Non ci sarà lusinga mai più lunga
Del vincolo fra te e me foresta
Ch'offre la terra al cielo ed il cielo alla notte

Alla notte che trama un giorno interminabile.

*****

Vivre

Nous avons tous deux nos mains à donner
Prenez ma main je vous conduirai loin

J'ai vécu plusieurs fois mon visage a changé
A chaque seuil à chaque main que j'ai franchis
Le printemps familial renaissait

Gardant pour lui pour moi sa neige périssable
La mort et la promise
La future aux cinq doigts serrés et relâchés
Mon âge m'accordait toujours
De nouvelles raisons de vivre par autrui
Et d'avoir en mon cœur le sang d'un autre cœur

Ah le garçon lucide que je fus et que je suis
Devant la blancheur des faibles filles aveugles
Plus belles que la lune blonde fine usée
Par le reflet des chemins de la vie
Chemin des mousses et des arbres
Du brouillard et de la rosée
Du jeune corps qui ne monte pas seul
A sa place sur terre
Le vent le froid la pluie le bercent
L'été en fait un homme
Présence ma vertu dans chaque mai visible
La seule mort c'est solitude
De délice en furie de furie en clarté
Je me construis entier à travers tous les êtres
A travers tous les temps au sol et dans les nues
Saisons passantes je suis jeune
Et fort à force d'avoir vécu
Je suis jeune et mon sang s'élève sur mes ruines

Nous avons nos mains à mêler
Rien jamais ne peut mieux séduire
Que notre attachement l'un à l'autre forêt
Rentrant la terre au ciel et le ciel à la nuit

A la nuit qui prépare un jour interminable

(da LE LIVRE OUVERT*1940)

lunedì 29 aprile 2013

Brame e Voci di Costantino Kavafis

Anna Phoebe Traquair*Love testament*1898
BRAME

Corpi belli di morti, che vecchiezza non colse:
li chiusero, con lacrime, in mausolei preziosi,
con gelsomini ai piedi e al capo rose.
Tali sono le brame che trascorsero
inadempiute, senza voluttuose
notti, senza mattini luminosi.

*****************

VOCI

Voci ideali e care
di quelli che morirono, di quelli
che per noi sono persi come i morti.

Talora esse ci parlano nei sogni,
e le sente talora tra i pensieri la mente.

Col loro suono, un attimo ritornano
suoni su dalla prima poesia della vita -
come musica, a notte, che lontanando muore.

*Costantino Kavafis, 29 aprile 1863-29 aprile 1933*

domenica 28 aprile 2013

Guarda che bianca luna di Jacopo Vittorelli

Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson*Spring
Guarda che bianca luna!
guarda che notte azzurra!
Un'aura non sussurra,
non tremola uno stel.

L'usignoletto solo
va dalla siepe all'orno,
e sospirando intorno
chiama la sua fedel.

Ella, che il sente appena,
già vien di fronda in fronda,
e par che gli risponda:
 - Non piangere, son qui. -

Che dolci affetti, o Irene,
che gemiti son questi!
Ah! mai tu non sapesti
rispondermi così.

***********

(Dalle ANACREONTICHE  A IRENE)

sabato 27 aprile 2013

A riposo e Fase d'Oriente di Giuseppe Ungaretti

Georges Croegaert*Flirtation
A RIPOSO

Versa il 27 aprile 1916

Chi mi accompagnerà pei campi

Il sole si semina in diamanti
di gocciole d'acqua
sull'erba flessuosa

Resto docile
all'inclinazione
dell'universo sereno

Si dilatano le montagne
in sorsi d'ombra lilla
e vogano col cielo

Su alla volta lieve
l'incanto s'è troncato

E piombo in me

E m'oscuro in un mio nido

*******

FASE D'ORIENTE

Versa il 27 aprile 1916

Nel molle giro di un sorriso
ci sentiamo legare da un turbine
di germogli di desiderio

Ci vendemmia il sole

Chiudiamo gli occhi
per vedere nuotare in un lago
infinite promesse

Ci rinveniamo a marcare la terra
con questo corpo
che ora troppo ci pesa

venerdì 26 aprile 2013

I miei occhi e Le cinque dita del poeta di Maksim Borodin

Lev Russov
          Apr. 26th, 2010 at 12:36 PM

I miei occhi fanno male per te
il mio mondo
la mia primavera
le mie speranze
anche se gli specialisti ritengono
che tutto questo
dipenda dal computer

**********

         Apr. 26th, 2010 at 6:36 PM

Le cinque dita del poeta
indicano il cielo
lì sono uccelli, nubi e luppolo volante
le piogge hanno cancellato tutto il superfluo
comincio a pensare di poter far tutto.

giovedì 25 aprile 2013

25 Aprile di Alfonso Gatto

Arthur Wardle
La chiusa angoscia delle notti, il pianto
delle mamme annerite sulla neve
accanto ai figli uccisi, l’ululato
nel vento, nelle tenebre, dei lupi
assediati con la propria strage,
la speranza che dentro ci svegliava
oltre l’orrore le parole udite
dalla bocca fermissima dei morti
“liberate l’Italia, Curiel vuole
essere avvolto nella sua bandiera”:
tutto quel giorno ruppe nella vita
con la piena del sangue, nell’azzurro
il rosso palpitò come una gola. 
E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.
                 ♥♥♥
 (Il capo sulla neve*1943-1947)

mercoledì 24 aprile 2013

La libertà di Paul Éluard

Hannah Gluckstein*Medaillon*1937
Libertà o vertigine e tranquilli piè nudi
Libertà più leggera più semplice
Dell'aprile sublime di limpidi pudori.
************

La libertè

Liberté ô vertige et tranquilles pieds nus
Liberté plus légère plus simple
Que le printemps sublime aux limpides pudeurs.

da "Les mains libres*1937)

martedì 23 aprile 2013

Brughiera di Antonia Pozzi

Charles Courtney Curran*1922
I
Accoccolato tra le pervinche
sfuggi
la furia ansante dei cavalli
e l'urlo
dei cani al sole.

Tu sei come il ramarro verde e azzurro
che del proprio rumore si spaura
e hai cari
questi ciliegi appena in fiore, quasi
senz'ombra.

Tenui
profili di colline alle tue ciglia:
e all'orecchio
così curvo sull'erica riarsa
a quando a quando il rombo
dei puledri lanciati per la piana.

II
Con le farfalle raso terra
esitavi
al fiorire della ginestra:
e ad un tratto
enormi ali ti dà
quest'ombra trasvolante in rombo.

Ora ridi,
acciaio splendido,
all'ombroso
imbizzarrirsi dei cavalli, al pavido
balzare delle lepri fra i narcisi.

III
Indugiano
carezze non date
fra le dita dei peschi
e gli sguardi
d'amore che mai non avemmo
s'appendono alle glicini sui ponti –

Ma il fiume
è densa furia d'acque senza creste, nel grembo
porta profondi visi di montagne:
e all'immenso
svolto dei boschi trova lieve il vento,
tocca le fresche nuvole
d'aprile.
***
28 aprile 1937
***
(PAROLE*1939)

lunedì 22 aprile 2013

Per me stesso a Trinità dei Monti di Alfonso Gatto

Eliseu Visconti*1916
Come per davanzale nel ricordo
delle cose che vedi - mai notizia
da strepito può rompere l'accordo
del tuo silenzio, forse la mestizia

del capellone a soffio delle gote
può distrarti, ma è solo un altro sogno -
come per davanzale strade note
e nuove pur che un brivido le sfiori...

...a Trinità dei Monti con gli odori
d'aprile spunta l'erba delle capre...

Potresti, con la mano che non s'apre
dal suo pugno geloso, farti buono
e dòcile, incontrarmi dove sono
ad aspettarti. La memoria vede,
tu sei speranza e chiudI gli occhi: al piede
della tua morte - e per ricordo - i fiori.
****
(RIME DI VIAGGIO PER LA TERRA DIPINTA)

domenica 21 aprile 2013

O mia piccola casa di Arturo Onofri

Albert Welti*1895
O mia piccola casa di provincia,
ove memorie semplici ma care
si ravvivano intorno al focolare
per colui che ritorna e ricomincia

un interrotto sogno di dolcezza;
o mia tepida casa, io ti ritrovo
come una volta in questo aprile novo,
e sempre verde il rosmarino olezza.


Son nidi ancora sotto le tue gronde,
e, nell’orto, i bei ciuffi appena in fiore
della menta e del timo hanno un odore
che all’effluvio dell’anima risponde.


Caro è il murello con le vecchie crepe,
di dove, un giorno, uscivo di soppiatto
a fischiare ai ramarri, o stavo quatto
a spiar le tagliole sulla siepe!


Che stupori, che gioie di scoperte
balenavano in te, mia casa, ogni alba!
Ancora sconosciuta era la scialba
nebbia che grava il mondo fatto inerte.


Ma tu sei sempre quella; è in me ch’è morto
il dolce tempo; come son diverso!
Nella tua siepe c’era l’universo,
ed ora non c’è più che un muro e un orto.
***
(Liriche)

sabato 20 aprile 2013

Mottetto d'aprile di Elpidio Jenco

Virgilio Tojetti*Spring
Che tu sii giunto, aprile, oh, non me l'ha detto stamani
il lungo approdare di trilli e d'ali da mari lontani:

non la luce che cola a rivi nei solchi rigerminanti,
non di tanti flauti azzurri sui boschi brigate sonore.

Ma me l'ha detto nel sonno quest'urgermi, dentro, di canti:
risucchio di ritmi improvvisi, quest'impeto d'inni nel cuore.
***
(Cenere azzurra)

venerdì 19 aprile 2013

19 aprile 1931 di Miklós Radnóti

Simeon Solomon
Ieri hanno sequestrato il mio nuovo libro,
ora sto seduto solo, con le dita
intrecciate attorno alle caviglie, oggi
con superstizione ho scavato sotto la soglia
una farfalla rossa, e lentamente m'addormento.

Mi ricordo! una volta una madre diciassettenne
priva di latte, la donna del mio amico,
si era assopita così stanca sopra la sua bimba di venti
   giorni
sognando camicine infantili
e scarpe nuove per il marito! e
si svegliò allegra come all'alba
nelle battaglie favolose i guerrieri al suono della tromba!

Mi sveglierò anch'io! sulla treccia
d'oro della mia amata urlerà la luce del sole
oscillando, la mia ombra crescerà fino al cielo
e con i miei ventidue anni sfrontati stanotte
per cena mangerò tre stelle!
*****
(Mi capirebbero le scimmie-Poesie (1928-1944)

giovedì 18 aprile 2013

La vecchia anima sogna... di Vittoria Aganoor

German Gedovius*La dama de las violetas*1908
La vecchia anima sogna... Oh, vieni! andremo
come allor, di silenzio e d’ombre in traccia,
stretti per man, nella tranquilla sera
d’aprile, senza proferir parola.
La mia pallida faccia
chiuderò intorno come una spagnola
nella mantiglia nera,
nè tu vedrai le rughe del mio volto
già sfiorito, nè i miei grigi capelli.

E torneran giovanilmente belli
questi occhi, nelle miti ombre dell’ora;
l’anima mia per essi (oh mie velate,
stanche pupille che piansero tanto!)
manderà lampi ancòra,
e ancòra evocheremo, nell’incanto
d’aprile, le passate
estasi e dolce invaderà lo spirito
un bisogno di fede e di preghiera.

Oh nella notte andar di primavera
tra le fragranze delle prime rose
e la solfa pacifica dei grilli!
Andar muti così, stretti per mano,
nel sonno delle cose
e il vivo fiotto dell’amor lontano,
come onda che zampilli
fresca improvvisa fuor da un’arsa rupe,
erompere dal nostro arido cuore!

Non credi tu che il seppellito amore
risorgerebbe? Oh ch’io riprovi un’ora
sola d’ebbrezza, un attimo d’oblìo
per le angosce dall’anima patite!
Oh ch’io risenta ancora
l’impeto nel mio cor di mille vite
benedicenti Iddio,
Dio che agli uomini diè la giovinezza
e alla patria degli uomini l’aprile.

Viene il vento recandomi un sottile
odor di selva; annotta, e sui tranquilli
campi l’ombre si stendono. Una nota
limpida sale, si ripete, erompe
in improvvisi trilli,
in una frenesia di gioia, ignota
a noi, fatti di fango e di menzogna.
La notte ascolta e beve da quel canto
l’estasi. La mia vecchia anima sogna.
****
(Dal diario di un'ignota)

mercoledì 17 aprile 2013

Il cielo di aprile di Aldo Nove

Carl Spitzweg*1880
Ecco è
è bambini
piccoli, è
i cieli
è completamente
adesso
si spoglia,
vedrai che si spoglia,
respira,
si gira, è
lo specchio,
è
me stesso verso,
di nuovo,
adesso

fermo, acceso
che non si vede, che
è soltanto
****
(Addio mio Novecento)

martedì 16 aprile 2013

Su me di Aldo Borlenghi

George Inness*1882
Su me, termine, in fuga il cielo.
E' vita, e infinito. I primi baci
materni, il più libero sogno
d'un vivente infinito; poi, nel cielo,
segno di un dubbio, una costellazione.
Ebbi a fronte per anni un monte, e a noi,
nulla, o pensiero, è specchio questa notte
non di eterne rugiade sulle zolle
che a stento mi copre, affacciato a un giorno
su opposti punti d'un morto orizzonte.
Salti consueti della vita: al suo zenith -
perchè in una mortale distanza
umano - non risalgo,
erbe che butta la vita, con preghiere.
Più, è aprile; in un breve fondo
di passioni subisco un confronto,
lo respiro, serrato silenzio.

lunedì 15 aprile 2013

S'ode ancora il mare di Salvatore Quasimodo

Tomás Muñoz Lucena
Già da più notti s'ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d'una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d'uccelli delle torri, che l'aprile
sospinge verso la pianura. Già
m'eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora, di me un'eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.
***********
Acque e terre

domenica 14 aprile 2013

Aprile a San Vittore di Sergio Solmi

Salvador Dalì*Ascension
Grazie sien rese ai ciechi
idii ridenti, che il poeta trassero
di morte e dalla nera muda al gaio
giorno del camerone dove cantano
 i giovinetti partigiani.
                                     Aprile
dolce dormire, s'anche aspra s'ingorga
nelle bocche di lupo la sirena,
passa la conta, o sparano i tedeschi
sulle mura. Reclino
sul gomito piegato il mallo vergine
della capigliatura, dentro il sonno
fiducioso calati come in grembo
della madre al lontano
tempo dell'altra vita, oggi vi guardo
miei quasi figli, fatti miei fratelli
da antica giovinezza che m'ha gonfio
il cuore all'improvviso, poi che il raggio
di miele della primavera cola
tra le sbarre, sull'impiantito stampa
riquadri luminosi, ed alle nostre
gracili vite a oscuro esito offerte
misura a lento passo eguale giorno.

sabato 13 aprile 2013

Così rispettata, così nera di Osip Emil'evič Mandel'štam

Fanny Churberg*Spring
Così rispettata, così nera, tutta circondata di cure,
tutta piccoli garresi, tutta aria e attenzioni,
tutta che si sbriciola, tutta che fa coro -
umide zolle della mia terra e libertà...

Nei giorni della prima aratura è nera fino all'azzurro,
e disarmato ci si fonda il lavoro -
mille colli di voci che corrono arate:
c'è qualcosa di sconfinato, si vede, in questi confini.

E tuttavia la terra è svista e testa della scure.
Non la ottieni supplicandola, non buttarti ai suoi piedi:
come un flauto che marcisce fa spalancare le orecchie,
come un clarinetto mattutino raggela l'udito...

Come fa piacere lo strato di grasso che arriva sul vomere,
com'è stesa la steppa nel rivangare di aprile!
Dunque salve, terra nera: sìì forte, tutt'occhi...
neroeloquente silenzio del lavoro.

Aprile 1935

venerdì 12 aprile 2013

San Zen che ride di Berto Barbarani

«Bala che vegna!» Minico Bardassa
rebate el colpo che vien zò dal çiel,
e tuto quanto in giro par la piassa
cioca e se spande el son del tamburel...

San Zen l'è chieto! Una carossa ferma
l'à pena infastidì coi forestieri;
una tromba vissina de caserma
mete un gusto de amaro a i so pensieri...

Eco un s-ciapo de ròndene che passa
dessemenando dei negreti in çiel...!
«Bala che vegna!» Minico Bardassa
sbalia batuda e tase el tamburel!

La ciesa dorme...E su la gran fassada
se destende una patina de oro
vecio, svampido, tuta lavorada
par onor de San Zen, vescovo moro,

savio, prudente par virtù fornide
da quel'aria de furba santità,
che i l'à ciamado el me San Zen che ride
su le batoste de la so çità!

Dal roson de la ruda, da i niari
de le colonete sfogade a crosòl,
drento in ciesa, sul marmo de i altari,
capita drento a farse santo el sol.

Nei Capitei tuti ingropadi, i bissi
che se desnoda dal massel de piera,
par che i g'abia de i stremiti, de i sguissi
come i fusse in amor de primavera,

e i santi giali confinadi al muro,
e le madone sante col bambin,
fra tanto ciaro che li lassa al scuro,
par che i speta la grassia de un lumin.

Ma la bigota, che a pensar se incanta
i pecati contadi al confessor,
slonga in pressia la man ne l'aqua santa,
scandolesada da sto gran slusor,

e el sagrestan che no conosse storie,
indifarente al magico bacan,
manda in leto la ciesa e le so glorie
ninando el gropo de le ciave in man!

De fora, in parte, sora un prà de poco
pascolo d'erba, tegnudo a giardin,
dove Da Vico dispensava el gnoco,
dove dorme par sempre el re Pipin;

dove ai bei tempi che Berta filava,
libare e svelte, al son de le campane
le Sanzenate cantava e tirava
zò da le corde le asse de lane,

alto, insolente a desfidar la tore,
forte, massisso e pur tanto zentil,
sempre più vivo soto el sol che more,
in facia ai monti sluse el campanil!

El campanil, che de so posta bate
l'ora del giorno, da i matini a nona,
l'è drito come çerte Sanzenate
che le par fate par portar Verona,

svelte e tremende, tute fianchi e tute
more come el so vescovo dotor,
che pescava ne l'Adese le trute,
col pastoral de argento incantador....

La ciesa, intanto, continua a cambiarse
da color oro in bel color turchin,
come un fero rovente drio a fredarse,
come un fumeto bianco de camin!

E le casete atorno al monumento
che finalmente le se pol sveiar,
buta fora una vita, in movimento,
un boresso, un passegio, un ciacolar...

Torna da i borghi, torna da i mestieri
i marangoni, i fabri, el murador
le sartorele che no g'à pensieri
schersa co l'ucia e le se ponse el cor.

Salta fora da i ussi le careghe
e veci e vecie se ghe senta a pian;
va le donete drento a le boteghe
a far la spesa de polenta e pan.

Cioca in banco l'oton de le bilanse,
Una mama la ciama el so putin...
Gh'è lumini che gira par le stanse,
gh'è fogheti che brusa sul camin...

Ma i putei che g'à Minico Bardassa
par general, con sassi e con bastoni,
dopo aver svalisà mesa la piassa,
trà l'assalto a la ciesa e ai so leoni;

i la raspa, i la rompe, i la rovina
sensa criterio e sensa carità,
ma più che i la maltrata e i la sassina,
più stramba e fina, più bela i la fa...

E la ciesa parlando al so moroso
campanil, che s'imbestia in fondo al prà,
par che la diga: «No èssar geloso!
Lassa che i zuga... Dopo i morirà!

Ho visto i pari de so pari, i noni
de so noni zugar sempre così.
Sta pora gente m'à magnà a boconi,
ma el toco grando el t'è restado a ti.

E' passado paroni con paroni,
s'à cambià çento volte la çità!
Vecio, no brontolar! Dormi i to soni...
Pensa! Mile ani...E semo ancora quà!»
**********
Piccolo omaggio a Verona e al suo patrono S.Zeno
che si festeggia oggi.
(La statua di San Zeno ha il volto sorridente....)

giovedì 11 aprile 2013

La Certosa di Alfonso Gatto

Pascal Dagnan Bouveret
Laggiù, nel verde tenero d'aprile,
dove ogni casa s'apre all'amorosa
lontananza che affresca il campanile
di cotto giallo e di vermiglio rosa,

Laggiù - dissi - la povera certosa
disabitata è l'ultimo fienile
che raccoglie lo strame d'ogni cosa.
Tra vita e morte corre il suo pontile

di legno infradiciato sulla roggia
di limaccia che sfanga l'acqua nera.
Ma basta il sole a trarla dalla pioggia

dei lunghi inverni in questa grande sera
di luce: desta ai muri, ai vetri, sfoggia
lo spazio e il verde della primavera.
                      ***
(Rime di viaggio per la terra dipinta)

mercoledì 10 aprile 2013

APRILE e PRATO di Giuseppe Ungaretti

Charles Sprague Pearce
PRATO
Villa di Garda aprile 1918

La terra
s'è velata
di tenera
leggerezza

Come una sposa
novella
offre
allibita
alla sua creatura
il pudore
sorridente
di madre

*** L'Allegria-Girovago***

♥♥♥♥♥

APRILE
1925

E' oggi la prima volta
Che le può aprire gli occhi,
L'adolescente.

Esiti, sole?

Con brama schiva la bendi d'affanni.

***Sentimento del Tempo***

martedì 9 aprile 2013

Scioltasi la neve di Antonio Machado

Odilon Redon*Primavera
Scioltasi la neve s’allontanano
i monti della sierra.
si son fatti lontani.
È verde la pianura
al sole dell’aprile,
ha quella verde fiamma,
la vita che non pesa;
e l’anima pensa ad una farfalla
del mondo atlante e sogna.
Con il susino in fiore e i campi verdi,
con il glauco vapore della riva
intorno a quelle fronde,
con i primi rovi che biancheggiano,
con questo dolce soffio
che trionfa sulla morte
e sulla pietra,
scorre questa amarezza
che mi affoga
in quell’attesa di Lei...
***
(Campi di Castiglia*1912)
♥♥ ♥♥
Al borrarse la nieve, se alejaron
Al borrarse la nieve, se alejaron los montes de la sierra. 
La vega ha verdecido 
al sol de abril, la vega 
tiene la verde llama, 
la vida, que no pesa; 
y piensa el alma en una mariposa,
atlas del mundo, y sueña. 
Con el ciruelo en flor y el campo verde, 
con el glauco vapor de la ribera,
en torno de las ramas, 
con las primeras zarzas que blanquean, 
con este dulce soplo 
que triunfa de la muerte y de la piedra, 
esta amargura que me ahoga fluye 
en esperanza de Ella...
***
(Campos de Castilla)

lunedì 8 aprile 2013

DI PERSONA MORTA DIVENUTAMI CARA SENTENDONE PARLARE di Giuseppe Ungaretti

John William Waterhouse*Gone but not forgotten*1873
Si dilegui la morte
Dal muto nostro sguardo
E la violenza della nostra pena
S'acqueti per un attimo,
Nella stanza calma riapparso
Il tuo felice incedere.

Oh bellezza flessuosa, è Aprile
E lo splendore giovane degli anni
Tu riconduci,
Con la tua mitezza,
Dove più è acre l'attesa malinconica.

Di nuovo
Dall'assorta fronte,
I tuoi pensieri che ritrovi
Fra i famigliari oggetti,
Incantano,
Ma, carezzevole, la tua parola
Rivivere già fa,
Più a fondo,
Il brevemente dolore assopito
Di chi t'amò e perdutamente
A solo amarti nel ricordo
E' ora punito.
***
(La terra promessa)

In ricordo di Regina Bianchi, addio Signora!

domenica 7 aprile 2013

Voglia mi sprona di Francesco Petrarca

Sir William Bklake Richmond*Venus e Anchise
Voglia mi sprona, Amor mi guida et scorge,
Piacer mi tira, Usanza mi trasporta,
Speranza mi lusinga et riconforta
et la man destra al cor già stanco porge;
e 'l misero la prende, et non s'accorge
di nostra cieca et disleale scorta:
regnano i sensi, et la ragion è morta;
de l'un vago desio l'altro risorge.
Vertute, Honor, Bellezza, atto gentile,
dolci parole ai be' rami m'àn giunto
ove soavemente il cor s'invesca.
Mille trecento ventisette, a punto
su l'ora prima, il dì sesto d'aprile,
nel laberinto intrai, nè veggio ond'esca.
******
(Rerum vulgarium fragmenta)

sabato 6 aprile 2013

Tre volte tre di Francesco Giusti

Henri Jules Jean Geoffroy
Trema, la terra trema senza riguardo
persone cose attimi senza pudore
era a letto prima, coperte e sonno, la strada
poi, tant'altra gente, non un rumore,
un grido, qualcosa cade, qualcuno cade,
cade qualcuno abbracciato a qualcosa.

Trema, la terra trema senza rispetto
per le memorie, e produce memoria
indelebile, sul foglio bianco, sul foglio sporco
di fango, di calce e di sangue, di vetri infranti,
era movimento prima ovunque, fermo
poi, senza la voce, immobile la città davvero ora.

Trema, la terra trema senza fermarsi,
immobile non è, sembra non esserlo mai stata,
cos'altro resta, se la città si muove senza pace,
se la città non è più le fondamenta che cercava?

Trema, la terra trema senza sostegno,
resta un sasso grande come quel che c'era prima
e resta immobile nei corpi che continuano
a scuotersi e a fermarsi ogni momento,
conosciuta la paura, fosse anche nell'attesa.

E poi ancora, e ancora, e ancora...

Si fermano troppe volte al giorno troppe vite,
troppo tempo, poco spazio, si piega la tenda
sotto il vento, la pioggia batte un tempo irregolare
e fermo. Trema la terra senz'attenzione a chi
la cammina, a chi la dorme a maggior contatto
adesso, ancora più vicino, alcuni dentro.

I nervi vibrano ogni scossa, vibrano anche quando
a scuoterli è l'attesa, e poi sotto la pelle, dentro le mani
già si svela il meglio e il peggio d'ogni vita umana.
Dentro le tende blu si consuma il tempo, ordine
al caos che si riversa contro.

Quando la terra diventa il mare
Ulisse non sa dove ritornare...

L'Aquila, 7 aprile 2009
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(Premio "Città di Penne" 2009, sez. poesia inedita "Alessio Di Simone")
Poesia n. 281
- Francesco Giusti è nato a L'Aquila nel 1984 -

venerdì 5 aprile 2013

Canto d'Aprile di Vittoria Aganoor

Alcide Théophile Robaudi
Canta una voce: - O genti dolorose
io vengo, io vengo! Aprite alle speranze
il core, aprite le rinchiuse stanze
alla giungente carica di rose.

Io vengo, io vengo! Ogni deserto ed ogni
rupe fiorisce; levate la testa
e sorridete; io vengo per la festa
meravigliosa, carica di sogni.

D’un più costante e luminoso Maggio
la promessa vi reco. O contristati
cuori, o negletti, o vinti, o disamati,
o vacillante umanità, coraggio! -
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(Leggenda eterne*Intermezzo*1900)

giovedì 4 aprile 2013

Di aprile di Cenne da la Chitarra

Hans Makart*Fauno e ninfa ovvero Pan e Flora
Di aprile vi do vita senza lagna:
tafani a schiera con asini a tresca,
ragghiando forte, perché non v’incresca,
quanti ne sono in Perosa o Bevagna;

con birri romaneschi di Campagna
e ciaschedun di pugna sì vi mesca:
e, quando questo a gioco non rïesca,
restori i marri de’ pian de Romagna.

Per danzatori vi do vegli armini,
una campana, la qual peggio sona,
stormento sia a voi, e non refini.

E quel che ’n millantar sì largo dona,
en ira vegna de li soi vicini,
perché di cotal gente sì ragiona.
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(Risposta per contrarî ai sonetti de' mesi di Folgore da San Geminiano)

mercoledì 3 aprile 2013

Aprile di Gabriele D'Annunzio

Antonio Mancini*Pensativa
Socchiusa è la finestra, sul giardino.
Un’ora passa lenta, sonnolenta.
Ed ella, ch’era attenta, s’addormenta
a quella voce che già si lamenta,
- che si lamenta in fondo a quel giardino.

Non è che voce d’acque su la pietra:
e quante volte, quante volte udita!
Quell’amore e quell’ora in quella vita
s’affondan come ne l’onda infinita
stretti insieme il cadavere e la pietra.

Ella stende l’angoscia sua nel sonno.
L’angoscia è forte, e il sonno è così lieve!
(Par la luce d’april quasi una neve
che sia tiepida.) Ed ella certo deve
soffrire, vagamente, anche nel sonno.

Tutto nel sonno si rivela il male
che la corrompe. Il volto impallidisce
lentamente: la bocca s’appassisce
nel suo respiro; su le guance lisce
s’incava un’ombra... O rose, è il vostro male:

rose del sole nuovo, pur di ieri,
ch’ella recise ad una ad una (e intanto
ella era affaticata un poco, e intanto
l’acque avean su la stessa pietra il pianto
d’oggi), oggi quasi sfatte, e pur di ieri!

Ella non è più giovine. I suoi tardi
fiori effuse nel primo ultimo amore.
Fu di voluttà ebra e di dolore.
Un grido era nel suo segreto cuore,
assiduo: - Troppo tardi! Troppo tardi! -

Ella non è più giovine. Son quasi
bianchi i capelli su la tempia; sono
su la fronte un po’ radi. L’abbandono
(ella è supina e immota), l’abbandono
fa sembrar morte le sue mani, quasi.

Né pure il gesto fa scendere mai
sangue all’estrenútà de le sue dita!
La tragga il sogno lungi da la vita.
Veda nel sogno almen ringiovanita
l’Amato ch’ella non vedrà piu mai.

Socchiusa è la finestra, sul giardino.
Un’ora passa lenta, sonnolenta.
Non altro s’ode, ne la luce spenta,
che quella voce che giù si lamenta,
- che si lamenta in fondo a quel giardino.
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(Poema paradisiaco*1893)

martedì 2 aprile 2013

Ironia di Giuseppe Ungaretti

George Clausen*The gypsy flower teller*1883
Odo la primavera nei rami neri indolenziti. Si può segui-
re solo a quest'ora, passando tra le case soli con i propri 
pensieri.
E l'ora delle finestre chiuse, ma
questa tristezza di ritorni m'ha tolto il sonno.
Un velo di verde intenerirà domattina da questi alberi, 
poco fa quando è sopraggiunta la notte, ancora secchi.
Iddio non si dà pace.
Solo a quest'ora è dato, a qualche raro sognatore, il 
martirio di seguirne l'opera.
Stanotte, benchè sia d'aprile, nevica sulla città.
Nessuna violenza supera quella che ha aspetti silen-
ziosi e freddi.
(L'ALLEGRIA* Prime)

lunedì 1 aprile 2013

Nel Chiostro di Santa Maria Novella di Alfonso Gatto

Qui nell'antico chiostro degli avelli
impaginati con le scritte bianche
e d'altra età bambini e spose i morti,
passa il giorno dell'Angelo, il silenzio
della sua pioggia. Vivide le macchie
dei marmi come fiori, la fanciulla
da un secolo riguarda il davanzale
della sua tomba, pagina di lieve
fermezza che nel palpito s'incide.

Uno straniero parla a una ragazza
vestita già di smanie e di rossore.
Aderendosi tutta nel fuggire
da sè nell'orda della carovana
che sparecchia l'incanto, fugge e ride
la ragazza per vivere. Furtiva
le sembra la sua vita con la morte
che sveglia nella ruggine quei fiori
di pioggia, quel silenzio d'altre voci.
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(La Madre e la Morte* I)