Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

martedì 31 gennaio 2012

Non guardare il volto di Victor Hugo

Gary Melchers
Non guardare il volto
fanciulla, guarda il cuore.
Il cuore di un bel giovane è spesso deforme.
Ci sono cuori in cui l'amore non si conserva.
Fanciulla, l'abete non è bello,
non è bello come il pioppo,
ma d'inverno mantiene le foglie.
Ahimè! A che serve dir questo?
Chi non è bello ha il torto di esistere;
la bellezza ama solo la bellezza.
Aprile volge le spalle a Gennaio.
La bellezza è perfetta.
La bellezza può tutto.
La bellezza è la sola cosa che non esiste a metà.
Il corvo vola solo di giorno.
Il gufo vola solo di notte.
Il cigno vola notte e giorno.
•••••••••
Ne regarde pas la figure.
Jeune fille, regarde le cœur.
Le cœur d’un beau jeune homme est souvent difforme.
Il y a des cœurs où l’amour ne se conserve pas.
Jeune fille, le sapin n’est pas beau.
N’est pas beau comme le peuplier.
Mais il garde son feuillage l’hiver.
Hélas ! à quoi bon dire cela ?
Ce qui n’est pas beau a tort d’être ;
La beauté n’aime que la beauté.
Avril tourne le dos à janvier.
La beauté est parfaite,
La beauté peut tout.
La beauté est la seule chose qui n’existe pas à demi.
Le corbeau ne vole que le jour,
Le hibou ne vole que la nuit,
Le cygne vole la nuit et le jour.

lunedì 30 gennaio 2012

Quel che dice l'uomo di pena è sempre fuori luogo di Paul Éluard

Rita Angus*Self-portrait*1937
Un inverno tutto rami duro come un cadavere
Un uomo su una panca in una via che fugge la folla
E che la solitudine colma
Largo all'insulso apparecchio della disperazione
Ai suoi specchi di piombo
Ai suoi bagni di sassi
Alle sue statue stagnanti
Largo all'oblio del bene
Ai laceri ricordi della verità
Luce nera vecchio incendio
Ai capelli perduti in un labirinto
Un uomo che si è sbagliato di piano di porta di chiave
Per saper meglio per amare meglio
Il paesaggio dove comincia
A che ora
Dove dunque finisce la donna
La sera si posa sopra la città
La sera raggiunge iil viandante nel suo letto
Il viandante nudo
Meno ghiotto di un vergine seno
Che dell'informe stella nutriente la notte
Ci sono demolizioni più tristi di un soldo
Indescrivibili eppure il sole ne evade cantando
Mentre il cielo danza e fa il suo miele
Ci sono muti deserti dove l'idillio fiorisce
Dove lo stucco che si disfa
Culla ombre congiunte
Fuoco ribelle fuoco di vene
Sotto l'onda unita dalle labbra
Su le mani ecco gli occhi
Assalite la vista.
Dietro i palazzi dietro le macerie
Dietro camini e cisterne
Di fronte all'uomo
Sulla spianata che svolge un mantello di polvere
Strascico di febbre
É l'invasione delle belle giornate
Una piantagione di spade turchine
Sotto palpebre schiuse nella folla di foglie
É la raccolta grave del piacere
Il fior di lino spezza le maschere
I volti son lavati
Dal colore che sa la distesa
I dì chiari del passato
Leoni in verghe aquile d'acqua pura
Tuono d'orgoglio che gonfia le ore
Del sangue dell'albe in catene
Proprio traverso il cielo
Col loro diadema contratto sulla massa di un unico specchio
Di un unico cuore
Ma più grave ora profondamente fra le vie abolite
Questo canto che la notte occupa
Questo canto che fa il sordo il cieco
Che dà il braccio a fantasmi
Questo amore negatore
Che si dibatte tra gli affanni
Con ben temprate lacrime
Questo sogno lacerato disarmato distorto ridicolo
Questa armonia incolta
Quest'orda che mendìca
Perchè oro soltanto ha volutro
Per tutta la sua vita intatta
E la perfezione dell'amore.
♣♣♣♣♣♣♣
CE QUE DIT L'HOMME DE PEINE EST TOUJOURS HORS DE PROPOS
Un hiver tout en branches et dur comme un cadavre
Un homme sur un banc dans une rue qui fuit la foule
Et que la solitude comble
Place à l'appareil banal du désespoir
A ses miroirs de plomb
A ses bains de cailloux
A ses statues croupissantes
Place à l'oubli du bien
Aux souvenirs en loques de la vérité
Lumière noire vieil incendie
Aux cheveux perdus dans un labyrinthe
Un homme qui s'est trompé d'étage de porte de clé
Pour mieux connaître pour mieux aimer
Où commence le paysage
A quelle heure
Où donc se termine la femme
Le soir se pose sur la ville
Le soir rejoint le promeneur dans son lit
Le promeneur nu
Moins gourmand d'un sein vierge
Que de l'étoile informe qui nourrit la nuit
Il y a des démolitions plus tristes qu'un sou
Indescriptibles et pourtant le soleil s'en évade en chantant
Pendant que le ciel danse et fait son miel 
Il y a des murs déserts où l'idylle fleurit
Où le plâtre qui se découd
Berce des ombres confondues
Un feu rebelle un feu de veines
Sous la vague unique des lèvres
Prenez les mains voyez les yeux
Prenez d'assaut la vue
Derrière les palais derrière les décombres
Derrière les cheminées et les citernes
Devant l'homme
Sur l'esplanade qui déroule un manteau de poussière
Traîne de fièvre
C'est l'invasion des beaux jours
Une plantation d'épées bleues
Sous des paupières écloses dans la foule des feuilles
C'est la récolte grave du plaisir
La fleur de lin brise les masques
Les visages sont lavés
Par la couleur qui connaît l'étendue
Les jours clairs du passé
Leurs lions en barre et leurs aigles d'eau pure
Leur tonnerre d'orgueil gonflant les heures
Du sang des aubes enchaînées
Tout au travers du ciel
Leur diadème crispé sur la masse d'un seul miroir
D'un seul cœur
Mais plus bas maintenant profondément parmi les routes
abolies
Ce chant qui tient la nuit
Ce chant qui fait le sourd l'aveugle
Qui donne le bras à des fantômes
Cet amour négateur
Qui se débat dans les soucis
Avec des larmes bien trempées
Ce rêve déchiré désemparé tordu ridicule
Cette harmonie en friche
Cette peuplade qui mendie
Parce qu'elle n'a voulu que de l'or
Toute sa vie intacte
Et la perfection de l'amour
(La rose publique)
1934

domenica 29 gennaio 2012

Questa felicità di Mario Luzi

Reginald Grenville
Questa felicità promessa o data
m’è dolore, dolore senza causa
o la causa se esiste è questo brivido
che sommuove il molteplice nell’unico
come il liquido scosso nella sfera
di vetro che interpreta il fachiro.
Eppure dico: salva anche per oggi.
Torno torno le fanno guerra cose
e immagini su cui cala o si leva
o la notte o la neve
uniforme del ricordo.

sabato 28 gennaio 2012

Auschwitz di Salvatore Quasimodo

Artista sconosciuto
Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell’aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.
Tu non vuoi elegie, idilli: solo
ragioni della nostra sorte, qui,
tu, tenera ai contrasti della mente,
incerta a una presenza
chiara della vita. E la vita è qui,
in ogni no che pare una certezza:
qui udremo piangere l’angelo il mostro
le nostre ore future
battere l’al di là, che è qui, in eterno
e in movimento, non in un’immagine
di sogni, di possibile pietà.
E qui le metamorfosi, qui i miti.
Senza nome di simboli o d’un dio,
sono cronaca, luoghi della terra,
sono Auschwitz, amore. Come subito
si mutò in fumo d’ombra
il caro corpo d’Alfeo e d’Aretusa!
Da quell’inferno aperto da una scritta
bianca: " Il lavoro vi renderà liberi "
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all’alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all’acqua con la bocca
di scheletro sotto le docce a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d’animali,
o sei tu pure cenere d’Auschwitz,
medaglia di silenzio?
Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie
d’un tempo di saggezza, di sapienza
dell’uomo che si fa misura d’armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.
Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pietà, sotto la pioggia,
laggiù, batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.
(Quando caddero gli alberi e le mura)

venerdì 27 gennaio 2012

C'è un paio di scarpette rosse di Joyce Lussu

Carl Larsson•Murre
C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c'è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c'è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald
erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l'eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono
c'è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole...

giovedì 26 gennaio 2012

Blues del profugo di Wystan Hugh Auden

Otto Dix*My parents*1924
Diciamo che questa città ha dieci milioni d'anime,
alcune abitano in ville, altre in tuguri:
eppure non c'è posto per noi, mia cara, non c'è posto
per noi.
Una volta avevamo una terra, la credevamo bella,
cerca nell'atlante e la troverai:
non possiamo andarci adesso, mia cara, non possiamo
andarci adesso.
Nel cimitero del paese cresce un vecchio tasso,
ogni primavera fiorisce tutto:
fiorire non sanno i vecchi passaporti, mia cara, fiorire
non sanno i vecchi passaporti.
Il console ha battuto il pugno sul tavolo e ha detto:
" Se non avete un passaporto siete ufficialmente morti ":
ma noi siamo ancora vivi, mia cara, siamo ancora vivi.
Mi sono rivolto a un patronato; mi hanno fatto sedere;
mi hanno gentilmente chiesto di tornare l'anno prossimo:
ma oggi dove andremo, mia cara, oggi dove andremo?
Sono andato a una riunione; l'oratore s'è alzato e ha
detto:
" Se li facciamo entrare, ci fregano il pane quotidiano";
parlava di te e me, mia cara, parlava di te e me.
Mi è parso di sentire il rombo del tuono nel cielo;
era Hitler sull'Europa che diceva:  "Devono morire";
oh, pensava a noi, mia cara, oh sì, pensava a noi.
Ho visto un cagnolino in una giacca chiusa da uno spillo,
ho visto una porta aperta e un gatto entrare:
ma non erano ebrei tedeschi, mia cara, non erano ebrei
tedeschi.
Ho passeggiato per il porto e mi sono fermato sul molo,
ho visto i pesci nuotare come se fossero liberi:
a soli tre metri da me, mia cara, a soli tre metri.
Ho attraversato un bosco, ho visto gli uccelli sugli alberi;
non conoscevano politicanti e cantavano a piacere:
non erano gli uomini, mia cara, non erano gli uomini.
Ho sognato un palazzo di mille piani,
con mille finestre e mille porte;
non una era nostra, mia cara, non una era nostra.
Stavo su una grande pianura sotto la neve;
diecimila soldati marciavano avanti e indietro:
cercavano te e me, mia cara, cercavano te e me."
♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥
REFUGEE BLUES
Says this city has ten million souls
Some are living in mansions, some are living in holes:
Yet there's no place for us, my dear, yet there's no place
for us.
Once we had a country and we thought it fair,
Look in the atlas and you'll find it there:
We cannot go there now, my dear, we cannot go there
now.
In the village churchyard there grows an old yew,
Every spring it blossom anew:
Old passport can't do that, my dear, old passports can't
do that.
The consul banged the table and said:
"If you've got no passport you're officially dead";
But we are still alive, my dear, but we are still alive.
Went to a commitee; they offered me a chair;
Asked me politely to return next year:
But where shall we go to-day, my dear, but where shall
we go to-day?
Came to a public meeting; the speaker got up and said:
"If we let them in, they will steal our daily bread";
He was talking of you and me, my dear, he was talking
of you and me.
Thought I heard the thunder rumbling in the sky;
It was Hitler over Europe, saying:"They must die";
O we were in his mind, my dear, O we were in his mind.
Saw a poodle in a jacket fastened with a pin,
Saw a door opened and a cat in:
But they weren't German Jews, my dear, but they weren't
German Jews.
Went down the harbour and stood upon the quay,
Saw the fish swimming as if they were free:
Only ten feet away,my dear, only ten feet away.
Walked through a wood, saw the birds in the trees;
They had no politicians and sang at their ease:
They weren't the human race, my dear, they weren't
the human race.
Dreamed I saw a building with a thousand floors,
A thousand windows and a thousand doors;
Not one of them was ours, my dear, not one of them
was ours.
Stood on a great plain in the falling snow;
Ten thousand soldiers marched to and fro:
Looking for you and me, my dear, looking for you and
me.
(Lighter Poems*Ballate, canzoni, blues e altri versi)

mercoledì 25 gennaio 2012

Lode, fai piano! di Marina Cvetaeva

Aleksandra Belcova*Self-portrait*1923
26 Gennaio 1926
Lode, fai piano!
Non sbattere le porte -
gloria!
Angolo
del tavolo - e gomito.
Scompiglio - basta!
Cuore - tranquillo!
Gomito e fronte.
Gomito e - testa.
Giovani - amare.
Vecchi - scaldarsi.
E non c'è tempo - d'essere,
né dove cacciarsi.
Anche una tana, ma -
da sola! Gocce
dai rubinetti,
strepito di sedie,
bocche che parlano
con la minestra
in bocca: "Grazie
per i bei versi".
Dei miei vicini
remoti, nessuno
indovina - che pena
per la mia testa!
Orchestra di vandali!
Fortezza o steppa -
il paradiso è dove
non parlano!
Il bottegaio - soldi.
Il dongiovanni - prede.
A Dio io chiedo
una stanza - qualunque -
un buco - da sola! -
un posto - per me! -
quattro pareti per
il silenzio.

martedì 24 gennaio 2012

Il gatto inverno di Gianni Rodari

Arthur Rackham*White Afternoon
Ai vetri della scuola stamattina
l'inverno strofina
la sua schiena nuvolosa
come un vecchio gatto grigio:
con la nebbia fa i giochi di prestigio,
le case fa sparire
e ricomparire;
con le zampe di neve imbianca il suolo
e per coda ha un ghiacciuolo...
Sì, signora maestra,
mi sono un po' distratto:
ma per forza, con quel gatto,
con l'inverno alla finestra
che mi ruba i pensieri
e se li porta in slitta
per allegri sentieri.
Invano io li richiamo:
si saranno impigliati in qualche ramo
spoglio;
o per dolce imbroglio, chiotti, chiotti,
fingon d'esser merli e passerotti.
(Filastrocche in cielo e in terra)

lunedì 23 gennaio 2012

Albero spoglio di Wang Ya P'ing

Elizabeth Sonrel
Un albero secco
fuori dalla mia finestra
solitario
leva nel cielo freddo
i suoi rami bruni.
Il vento sabbioso, la neve e il gelo
non possono ferirlo.
Ogni giorno quell'albero
mi dà pensieri di gioia:
da quei rami secchi
indovino il verde a venire.

domenica 22 gennaio 2012

Un fanale di Vincenzo Cardarelli

Hans Baluschek*Großstatdt*1929
In una sera d'inverno
vidi un fanale a Monte Savello,
lucente nella nebbia.
Era un impensato autobus.
Era, quel lume, una grande promessa
per una città di sbandati,
urlante i suoi affanni,
martirizzata dall'nfame guerra.
Era il futuro che rifioriva
in milioni di esseri
attorno a me disperato, concluso.
Ed io solingo andavo,
dicendo a me stesso:
Il giorno corre alla sera
come la vita alla morte.
Ora è vicino il tramonto.
E tu potrai rifugiarti
in quella notte in cui non segue l'alba.
(Poesie aggiunte)

sabato 21 gennaio 2012

Canto di Simeone di Thomas Stearns Eliot

Guy Carleton Wiggins
Signore, i giacinti romani fioriscono nei vasi
E il sole dell’inverno s’insinua sui colli di neve;
La stagione ostinata si sofferma.
La mia vita è leggera, in attesa del vento di morte,
Come una piuma sul dorso della mano.
La polvere nel sole e la memoria negli angoli
Attendono il vento che gela verso la terra morta.
Concedi a noi la tua pace.
Per molti anni camminai in questa città,
Mantenni fede e digiuno, provvedetti ai poveri,
Ho dato e avuto onori ed agiatezza.
Chi giunse alla mia porta non fu mai respinto.
Chi si ricorderà della mia casa, dove vivranno i figli
dei miei figli,
Quando verrà il tempo del dolore?
Prenderanno il sentiero della capra, la tana della volpe,
Fuggendo i volti stranieri e le spade straniere.
Prima che venga il tempo delle corde, delle sferze e
dei lamenti
Concedi a noi la tua pace.
Prima delle stazioni della montagna di desolazione,
Prima dell’ora certa del dolore materno,
Ora in questa stagione di nascita e morte,
Possa il Figliolo, il Verbo non pronunciante e
impronunciato ancora,
Accordare la consolazione d’Israele
A un uomo di ottant’anni e che non ha domani.
Secondo la tua parola.
Ti loderanno e soffriranno a ogni generazione
con gloria e derisione,
Luce su luce, salendo la scala dei santi.
Non per me il martirio, l’estasi del pensiero e della
preghiera,
Non per me la visione estrema.
Concedi a me la tua pace.
(E una spada trafiggerà il tuo cuore,
Anche il tuo.)
Sono stanco della mia vita e della vita di quelli che
verranno,
Muoio della mia morte e della morte di quelli che
verranno.
Che il tuo servo si parta
Dopo aver visto la tua salvezza
******************
A SONG OF SIMEON
Lord, the Roman hyacinths are blooming in bowls and
The winter sun creeps by the snow hills;
The stubborn season had made stand.
My life is light, waiting for the death wind,
Like a feather on the back of my hand.
Dust in sunlight and memory in corners
Wait for the wind that chills towards the dead land.
Grant us thy peace.
I have walked many years in this city,
Kept faith and fast, provided for the poor,
Have given and taken honour and ease.
There went never any rejected from my door.
Who shall remember my house, where shall live my
children’s children
When the time of sorrow is come?
They will take to the goat’s path, and the fox’s home,
Fleeing from the foreign faces and the foreign swords.
Before the time of cords and scourges and lamentation
Grant us thy peace.
Before the stations of the mountain of desolation,
Before the certain hour of maternal sorrow,
Now at this birth season of decease,
Let the Infant, the still unspeaking and unspoken Word,
Grant Israel’s consolation
To one who has eighty years and no to-morrow.
According to thy word.
They shall praise Thee and suffer in every generation
With glory and derision,
Light upon light, mounting the saints’ stair.
Not for me the martyrdom, the ecstasy of thought
and prayer,
Not for me the ultimate vision.
Grant me thy peace.
(And a sword shall pierce thy heart,
Thine also).
I am tired with my own life and the lives of those
after me,
I am dying in my own death and the deaths of those
after me.
Let thy servant depart,
Having seen thy salvation.
(Ariel poems)

venerdì 20 gennaio 2012

Preghiera in gennaio di Fabrizio De Andrè

Arthur Hacker*Cristo e la Maddalena
Lascia che sia fiorito
Signore, il suo sentiero
quando a te la sua anima
e al mondo la sua pelle
dovrà riconsegnare
quando verrà al tuo cielo
là dove in pieno giorno
risplendono le stelle.
Quando attraverserà
l'ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà
baciandoli alla fronte
venite in Paradiso
là dove vado anch'io
perché non c'è l'inferno
nel mondo del buon Dio.
Fate che giunga a Voi
con le sue ossa stanche
seguito da migliaia
di quelle facce bianche
fate che a voi ritorni
fra i morti per oltraggio
che al cielo ed alla terra
mostrarono il coraggio.
Signori benpensanti
spero non vi dispiaccia
se in cielo, in mezzo ai Santi
Dio, fra le sue braccia
soffocherà il singhiozzo
di quelle labbra smorte
che all'odio e all'ignoranza
preferirono la morte.
Dio di misericordia
il tuo bel Paradiso
lo hai fatto soprattutto
per chi non ha sorriso
per quelli che han vissuto
con la coscienza pura
l'inferno esiste solo
per chi ne ha paura.
Meglio di lui nessuno
mai ti potrà indicare
gli errori di noi tutti
che puoi e vuoi salvare.
Ascolta la sua voce
che ormai canta nel vento
Dio di misericordia
vedrai, sarai contento.
Dio di misericordia
vedrai, sarai contento.

giovedì 19 gennaio 2012

19 Gennaio 1944 di Salvatore Quasimodo

Christian Schad*1927
Ti leggo dolci versi d'un antico,
e le parole nate fra le vigne,
le tende, in riva ai fiumi delle terre
dell'est, come ora ricadono lugubri
e desolate in questa profondissima
notte di guerra, in cui nessuno corre
il cielo degli angeli di morte,
e s'ode il vento con rombo di crollo
se scuote le lamiere che qui in alto
dividono le logge, e la malinconia
sale dei cani che urlano dagli orti
ai colpi di moschetto delle ronde
per la vie deserte. Qualcuno vive.
Forse qualcuno vive. Ma noi, qui,
chiusi in ascolto dell'antica voce,
cerchiamo un segno che superi la vita,
l'oscuro sortilegio della terra,
dove anche fra le tombe di macerie
l'erba maligna solleva il suo fiore.
(Giorno dopo giorno*1947)

mercoledì 18 gennaio 2012

Città e Se son vuoti gli alberi di Sandro Penna

J.C. Leyendecker
Città
Livida alba, io sono senza dio
Visi assonnati vanno per le vie
sepolti sotto fasci d'erbe diacce.
Gridano al freddo vuoto i venditori.
Albe più dense di colori vidi
su mari su campagne inutilmente.
Mi abbandono all'amore di quei visi.
**********************
Se son vuoti gli alberi
Se son vuoti gli alberi e il gennaio
comincia appena, a un puro sole brilla
sulla ghiaia del parco ora deserto
lo sputo del fanciullo ch'à passato
forse correndo mosso dall'aprile
lontano ...

martedì 17 gennaio 2012

La tomba di Stéphane Mallarmé

Anna Ancher*Self-portrait*1877-78

Anniversario - Gennaio 1897
La nera corrucciata roccia se la tempesta
La ruoti, non starà neppur sotto pie mani
Tastanti se il suo volto somigli ai mali umani
Come per benedirne qualche impronta funesta.
Qui sempre se il tubare del colombo rampolla
Quel duolo immateriale di fittissime oscura
Nubili pieghe l'astro colmo dei dì futuri
Di cui un lampeggiare argenterà la folla.
Chi cerca, il solitario balzo ripercorrendo
Poco innanzi esteriore del nostro vagabondo -
Verlaine? Egli è celato, Verlaine, tra l'erba verde
A sorprendere solo ed ingenuo d'accordo
Le labbra senza bervi né la lena esaurendo
Un piccolo ruscello calunniato la morte.
***********************
TOMBEAU
Anniversaire - Janvier 1897.
Le noir roc courroucé que la bise le roule
Ne s'arrêtera ni sous de pieuses mains
Tâtant sa ressemblance avec les maux humains
Comme pour en bénir quelque funeste moule.
Ici presque toujours si le ramier roucoule
Cet immatériel deuil opprime de maints
Nubiles plis l'astre mûri des lendemains
Dont un scintillement argentera la foule.
Qui cherche, parcourant le solitaire bond
Tantôt extérieur de notre vagabond -
Verlaine? Il est caché parmi l'herbe, Verlaine
À ne surprendre que naïvement d'accord
La lèvre sans y boire ou tarir son haleine
Un peu profond ruisseau calomnié la mort.

lunedì 16 gennaio 2012

Di Gennaio di Folgore da San Gimignano

Crispin Van Den Broeck*Two young men
I' doto voi, nel mese di gennaio,
corte con fuochi di salette accese,
camere e letta d'ogni bello arnese,
lenzuoi de seta e copertoi di vaio,
treggea, confetti e mescere a razzaio,
vestiti di doagio e di rascese;
e'n questo modo stare a le difese,
muova scirocco, garbino e rovaio;
uscir di fuor alcuna volta il giorno,
gittando della neve bella e bianca
a le donzelle che saran d'attorno;
e, quando fosse la compagna stanca,
a questa corte facciasi ritorno,
e si riposi la brigata franca.
(Sonetti dei mesi)

domenica 15 gennaio 2012

Sull'amicizia di Kalhil Gibran

Paul Gauguin*1897
E un adolescente disse: Parlaci dell'Amicizia.
E lui rispose dicendo:
Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
E' il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
E' la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.
Quando l'amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo.
E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore:
Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia.
Quando vi separate dall'amico non rattristatevi:
La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate, come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento dello spirito.
Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero non è amore, ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.
E il meglio di voi sia per l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.
(Buon compleanno Veronica!)

Lavandare di Giovanni Pascoli

Walter Langley*Never morning wore to evening*1894
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.
E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:
Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l'aratro in mezzo alla maggese.
(L'ultima passeggiata*Myricae)

sabato 14 gennaio 2012

La Musa venale di Charles Baudelaire

Lèon Goupil*Sarah Bernhardt
O musa del mio cuore, amante dei palazzi, avrai tu,
quando Gennaio libererà i suoi venti, nella nera noia
delle sere nevose, un tizzone che scaldi i tuoi piedi
violacei?
Rianimerai dunque le tue spalle marmoree ai raggi
notturni che filtrano attraverso le imposte?
Al sentire borsa e palazzo a secco, raccoglierai l'oro
delle volte azzurrine?
Bisogna che tu, per guadagnarti il pane d'ogni sera,
dondoli, come il chierichetto, l'incensiere, cantando
 un Te Deum cui non credi?
Oppure, come un saltimbanco a digiuno, mostrerai
le tue grazie e il tuo riso molle d'un pianto che non
si vede per far sì che il volgo si sganasci dalle
risate?
******************
La Muse vénale
Ô muse de mon coeur, amante des palais,
Auras-tu, quand Janvier lâchera ses Borées,
Durant les noirs ennuis des neigeuses soirées,
Un tison pour chauffer tes deux pieds violets?
Ranimeras-tu donc tes épaules marbrées
Aux nocturnes rayons qui percent les volets?
Sentant ta bourse à sec autant que ton palais
Récolteras-tu l'or des voûtes azurées?
II te faut, pour gagner ton pain de chaque soir,
Comme un enfant de choeur, jouer de l'encensoir,
Chanter des Te Deum auxquels tu ne crois guère,
Ou, saltimbanque à jeun, étaler tes appas
Et ton rire trempé de pleurs qu'on ne voit pas,
Pour faire épanouir la rate du vulgaire.
(Spleen e ideale)

venerdì 13 gennaio 2012

Anime salve di Fabrizio De Andrè

Lucian Freud*1967
Mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che bello il mio tempo che bella compagnia
sono giorni di finestre adornate
canti di stagione
anime salve in terra e in mare
sono state giornate furibonde
senza atti d'amore
senza calma di vento
solo passaggi e passaggi
passaggi di tempo
ore infinite come costellazioni e onde
spietate come gli occhi della memoria
altra memoria e non basta ancora
cose svanite facce e poi il futuro
i futuri incontri di belle amanti scellerate
saranno scontri
saranno cacce coi cani e coi cinghiali
saranno rincorse morsi e affanni per mille anni
mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che grande il mio tempo che bella compagnia
mi sono spiato illudermi e fallire
abortire i figli come i sogni
mi sono guardato piangere in uno specchio di neve
mi sono visto che ridevo
mi sono visto di spalle che partivo
ti saluto dai paesi di domani
che sono visioni di anime contadine
in volo per il mondo
mille anni al mondo mille ancora
che bell'inganno sei anima mia
e che grande questo tempo che solitudine
che bella compagnia
(grazie Faber per essere stato con noi)

giovedì 12 gennaio 2012

Gennaio di Renzo Pezzani

Edgar Maxence
Bigio il ciel, la terra brulla:
questo mese poverello
nella sporta non ha nulla,
ma tien vivo un focherello.
Senza gregge e campanello
solo va, pastor del vento.
Con la neve nel cappello
fischia all’uscio il suo lamento.
Breve il dì, lunga la notte,
cerca il sole con affanno.
Ha le tasche vuote e rotte,
ma nasconde il pan d’un anno.
* * * * * *
Cerchi il fuoco e porti in dosso
umor nero, vento e gelo;
col tuo sguardo incanti il fosso,
col tuo fiato appanni il cielo
Per il freddo che tu porti
prati e boschi sembran morti,
ma di sotto la tua neve
vita nuova il grano beve.

mercoledì 11 gennaio 2012

In memoria di W.B. Yeats di Wystan Hugh Auden

Jozef Mehoffer*Portait with Pegaso*1913
1
Disparve nel pieno dell’inverno:
i ruscelli erano gelati, gli aeroporti quasi deserti,
e la neve sfigurava le statue pubbliche;
il mercurio sprofondava nella bocca del giorno morente.
Sì, tutti gli strumenti concordano:
il giorno della sua morte era un giorno scuro e freddo.
Lontano dal suo male
i lupi correvano per le foreste sempreverdi,
il fiume di campagna fu insensibile alla moda dei moli;
lingue afflitte
nascosero la morte del poeta ai suoi versi.
Ma per lui fu l’ultimo pomeriggio che fu lui,
un pomeriggio d’infermiere e di sussurri;
le province del suo corpo si ribellarono,
le piazze della sua mente rimasero vuote,
il silenzio invase i sobborghi,
il flusso del sentire cessò in lui: egli divenne i suoi
ammiratori.
Ora è sparso per cento città
e dato per intero a estranei affetti;
perchè trovi la sua felicità in un’altra specie di bosco
e sia punito secondo un codice di coscienza straniero.
Le parole di un morto
mutano nelle viscere dei vivi.
Ma nell’importanza e nel chiasso di un domani,
quando gli agenti di cambio vanno ruggendo come
belve per la Borsa,
e i poveri hanno le sofferenze cui sono alquanto avvezzi,
e ognuno nel carcere di sè è quasi convinto della sua
libertà,
alcune migliaia penseranno a questo giorno
come a un giorno in cui si è fatto qualcosa di un po’
inconsueto.
Sì, tutti gli strumenti concordano:
il giorno della sua morte era un giorno scuro e freddo.
2
Eri come noi sciocco; il tuo dono sopravvisse a tutto:
alla parrocchia delle ricche dame, al declino del corpo,
a te stesso: la folle Irlanda ti ferì facendoti poeta.
L’Irlanda conserva la sua follia e il suo clima,
chè la poesia non fa accadere niente: sopravvive
nella valle del suo dire dove i suoi funzionari
mai vorrebbero mettere mano; scorre a sud
dalle tenute della solitudine e delle assidue pene,
spoglie città in cui crediamo e moriamo; sopravvive ,
un modo di accadere, una bocca.
3
Prendi un ospite onorato,
terra: William Yeats è stato.
Che il vasel d’Irlanda sia
vuoto in te di sua poesia.
Il Tempo che è insofferente
con l’ardito e l’innocente,
e insensibile in un giorno
ad un corpo tutto adorno,
il linguaggio onora, e approva
chi gli dona vita nuova;
vanità e viltà perdona,
finalmente le incorona.
Se con questa strana scusa
Kipling perdonò e la musa
di Claudel perdonerà,
di un tal genio ha già pietà.
Nell’ora dell’incubo atra
ogni can d’Europa latra,
ogni viva gente aspetta
nel suo odio tutta stretta;
l’onta intellettuale osserva
da ogni viso uman proterva,
e negli occhi addolorati
mari covano ghiacciati.
E, poeta, tu, sprofonda
nella tenebra più fonda,
la tua voce sempre voglia
liberarci d’ogni doglia;
messi i versi tuoi a coltura,
rendi vigna la sventura,
la miseria umana in canto
volgi estatico nel pianto;
nei deserti d’ogni cuore
apri il fonte guaritore,
chi, dei giorni schiavo, gode
libertà muovi alla lode.
gennaio 1939
******************
In Memory of W. B. Yeats
I
He disappeared in the dead of winter:
The brooks were frozen, the air-ports almost deserted,
And snow disfigured the public statues;
The mercury sank in the mouth of the dying day.
O all the instruments agree
The day of his death was a dark cold day.
Far from his illness
The wolves ran on through the evergreen forests,
The peasant river was untempted by the fashionable
quays;
By mourning tongues
The death of the poet was kept from his poems.
But for him it was his last afternoon as himself,
An afternoon of nurses and rumours;
The provinces of his body revolted,
The squares of his mind were empty,
Silence invaded the suburbs,
The current of his feeling failed; he became his
admirers.
Now he is scattered among a hundred cities
And wholly given over to unfamiliar affections,
To find his happiness in another kind of wood
And be punished under a foreign code of conscience.
The words of a dead man
Are modified in the guts of the living.
But in the importance and noise of to-morrow
When the brokers are roaring like beasts on the floor
of the Bourse,
And the poor have the sufferings to which they are
fairly accustomed,
And each in the cell of himself is almost convinced of
his freedom,
A few thousand will think of this day
As one thinks of a day when one did something slightly
unusual.
O all instruments agree
The day of his death was a dark cold day.
II
You were silly like us; your gift survived it all:
The parish of rich women, physical decay,
Yourself; mad Ireland hurt you into poetry.
Now Ireland has her madness and her weather still,
For poetry makes nothing happen: it survives
In the valley of its saying where executives
Would never want to tamper, flows south
From ranches of isolation and the busy griefs,
Raw towns that we believe and die in; it survives,
A way of happening, a mouth.
III
Earth, receive an honoured guest:
William Yeats is laid to rest.
Let the Irish vessel lie
Emptied of its poetry.
Time that is intolerant
Of the brave and innocent,
And indifferent in a week
To a beautiful physique,
Worship language and forgives
Everyone by whom it lives;
Pardons cowardice, conceit,
Lay its honours at their feet.
Time that with this strange excuse
Pardoned Kipling and his views,
And will pardon Paul Claudel,
Parsons him for writing well.
In the nightmare of the dark
All the dogs of Europe bark,
And the living nations wait,
Each sequestered in its hate;
Intellectual disgrace
Stares from every human face,
And the seas of pity lie
Locked and frozen in each eye.
Follow, poet, follow right
To the bottom of the night,
With your unconstraining voice
Still persuade us to rejoice;
With the farming of a verse
Make a vineyard of the curse,
Sing of human unsuccess
In a rapture of distress;
In the deserts of the heart
Let the healing fountain start,
In the prison of his days
Teach the free man how to praise.
d. Jan.1939
(Un altro tempo)

martedì 10 gennaio 2012

Sì, ancora la neve di Andrea Zanzotto

Abbott Anderson Thayer*1912
"Ti piace essere venuto a questo mondo?"
Bamb.: Sì, perché c'è la STANDA".

Che sarà della neve
che sarà di noi?
Una curva sul ghiaccio
e poi e poi... ma i pini, i pini
tutti uscenti alla neve, e fin l'ultima età
circondata da pini. Sic et simpliciter?
E perché si è - il mondo pinoso il mondo nevoso -
perché si è fatto bambucci-ucci, odore di cristianucci,
perché si è fatto noi, roba per noi?
E questo valere in persona ed ex-persona
un solo possibile ed ex-possibile?
Hölderlin: "siamo un segno senza significato":
ma dove le due serie entrano in contatto?
Ma è vero? E che sarà di noi?
E tu perché, perché tu?
E perché e che fanno i grandi oggetti
e tutte le cose-cause
e il radiante e il radioso?
Il nucleo stellare
là in fondo alla curva di ghiaccio,
versi inventive calligrammi ricchezze, sì,
ma che sarà della neve dei pini
di quello che non sta e sta là, in fondo?
Non c'è noi eppure la neve si affisa a noi
e quello che scotta
e l'immancabilmente evaso o morto
evasa o morta.
Buona neve, buone ombre, glissate glissate.
Ma c'è chi non si stanca di riavviticchiarsi
graffignare sgranocchiare solleticare,
di scoiattolizzare le scene che abbiamo pronte,
non si stanca di riassestarsi
- l'ho, sempre, molto, saputo -
al luogo al bello al bel modulo
a cieli arcaici aciduli come slambròt cimbrici
al seminato d'immagini
all'ingorgo di tenebrelle e stelle edelweiss
al tutto ch'è tutto bianco tutto nobile:
e la volpazza di gran coda e l'autobus
quello rosso sul campo nevato.
Biancaneve biancosole biancume del mio vecchio io.
Ma presto i bambucci-ucci
vanno al grande magazzino
- ai piedi della grande selva -
dove c'è pappa bonissima e a maraviglia
per voi bimbi bambi con diritto
e programma di pappa, per tutti
ferocemente tutti, voi (sniff sniff
gran gnam yum yum slurp slurp:
perché sempre si continui l'"umbra fuimus fumo e fumetto"):
ma qui
ahi colorini più o meno truffaldini
plasmon nipiol auxol lustrine e figurine
più o meno truffaldine:
meglio là, sottomano nevata sottofelce nevata...
O luna, ormai,
e perfino magnolia e perfino
cometa di neve in afflusso, la neve.
Ma che sarà di noi?
Che sarà della neve, del giardino,
che sarà del libero arbitrio e del destino
e di chi ha perso nella neve il cammino
(e la neve saliva saliva - e lei moriva)?
E che si dice là nella vita?
E che messaggi ha la fonte di messaggi?
Ed esiste la fonte, o non sono
che io-tu-questi-quaggiù
questi cloffete clocchete ch ch
più che incomunicante scomunicato tutti scomunicati?
Eppure negli alti livelli
sopra il coma e il semicoma e il limine
si brusisce e si ronza e si cicala-ciàcola
- ancora - per una minima e semiminima
biscroma semibiscroma nanobiscroma
cose e cosine
scienze lingue e profezie
cronaca bianca nera azzurra
di stimoli anime e dèi,
libido e cupìdo e la loro
prestidigitazione finissima;
è così, scoiattoli afrori e fiordineve in frescura
e "acqua che devia
si dispera si scioglie s'allontana"
oltre il grande magazzino ai piedi della selva
dove i bambucci piluccano zizzole...
E le falci e le mezzelune e i martelli
e le croci e i designs-disegni
e la nube filata di zucchero che alla psiche ne vie?
E la tradizione tramanda tramanda fa passamano?
E l'avanguardia ha trovato, ha trovato?
E dove il fru-fruire dei fruitori
nel truogolo nel buio bugliolo nel disincanto,
dove, invece, l'entusiasmo l'empireirsi l'incanto?
Che si dice lassù nella vita,
là da quelle parti là in parte;
che si cova si sbuccia si spampana
in quel poco in quel fioco
dentro la nocciolina dentro la mandorletta?
E i mille dentini che la minano?
E il pino. E i pini-ini-ini per profili
e profili mai scissi mai cuciti
ini-ini a fianco davanti
dietro l'eterno l'esterno l'interno (il paesaggio)
dietro davanti da tutti i lati,
i pini come stanno, stanno bene?
Detto alla neve: "Non mi abbandonerai mai, vero?"
E una pinzetta, ora, una graffetta.
(La Beltà*1968)