Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

domenica 31 gennaio 2016

La lunga strada di Lawrence Ferlinghetti

Jules Guerin, A Bit of Broadway, Scribner’s 1905

Strada…
Lunga strada
strada del mondo
piena fino in fondo
delle voci del mondo
e a rifletterci, in fondo
anche le voci
di tempi andati: felici
infelici, di vergini di amanti
ingegneri, commercianti
lattai, banchieri, possidenti
massaie pimpanti
pubblicitari e studenti
che parlano parlano e avanti
parlando vanno avanti
sempre avanzanti, e fra i tanti
c’è chi davanti a una finestra si blocca
e scocca sguardi sul mondo
cerca di vedere a fondo
che cosa mai, così in tondo
anzi in un gran girotondo
succede, se succede qualcosa a questo mondo.
Ecco la lunga strada
ch’è la più lunga del mondo
ma non così lunga, in fondo
come pensi… dove pensi che vada?
Va per tutti i paesi e le città
i viali e i boulevards; va
con luce verde o rossa
passa per continenti e villaggi
piogge scroscianti e tramonti
Hong Kong, langhe affamate, paesaggi
di Oakland e dei suoi ponti
Roma fatata, Berlino dei miraggi,
Dublino che non c’è mai stata:
ecco la lunga strada andare
girare intorno al mondo
un treno enorme
informe, gonfio, di fatti
passeggeri bambini
cestini per il pic nic, gatti
e cani e tutti pensano (sic)
chi guida nella prima vettura
che cosa sta succedendo
che c’è nella vettura del comando
e c’è chi addirittura
si affaccia spenzolando
cercando di vedere
ad una curva, il guidatore, che faccia potrà avere
che occhi: ma tant’è…
Nessuno, nessun viaggiatore lo può vedere
anche se si ha netta l’illusione
di una rapida visione
in qualche curva più stretta.
Ecco che la strada si inerpica, rampica
Il treno coi vetri tutti alzati,
serrati, ora, i vetri gli atri
le porte degli abitati
i viali morti del mondo
finestre, palestre, strade
ecco, strade, questa sera del mondo
lampade in tutte le contrade, fanali
luci smorzate
su folle radunate in carnevali,
guizzi, flashes dai finestrini
circhi, soglie disabitate
cantine fontane casini
sfocati lumini per figurine
allacciate danzanti
e ancora mondi, trenini
che stantuffano e sbuffano avanti.
Poi, sì, eccoci, entriamo
nel vicolo fondo, in cui, sappiamo,
svaria la strada, la parte solitaria
della strada e del mondo.
Qui non è permesso
cambiare treno, non possiamo
passare sull’Orient-Express
No, dobbiamo
andare semplicemente fino in fondo
perché questa è la parte di strada di mondo
che non consente
niente, solo che si vada.
ma bada…..da nessuna parte.
Ecco si parte
e non c’è più nessuno
in treno con te, sei uno
non hai nemmeno un vecchio specchio che
faccia due te, non la minima presenza
senza un’anima, o meglio, solo la tua
ma cos’è…….è già la stazione
sei già a destinazione
sei già in porto, spenti
i motori li senti
su andiamo, fuori
sei esanime
muori, quindi coraggio fuori.
Che hai, che ti prende
Sì, sei morto
Non te ne sei accorto?

Alt! Signori si scende.
***

THE LONG STREET

The long street
which is the street of the world
passes around the world
filled with all the people of the world
not to mention all the voices
of all the people
that ever existed
Lovers and weepers
virgins and sleepers
spaghetti salesmen and sandwichmen
milkmen and orators
boneless bankers
brittle housewives
sheathed in nylon snobberies
deserts of advertising men
herds of high school fillies
crowds of collegians
all talking and talking
and walking around
or hanging out windows
to see what’s doing
out in the world
where everything happens
sooner or later
if it happens at all
And the long street
which is the longest street
in all the world
but which isn’t as long
as it seems
passes on
thru all the cities and all the scenes
down every alley
up every boulevard
thru every crossroads
thru red lights and green lights
cities in sunlight
continents in rain
hungry Hong Kongs
untillable Tuscaloosas
Oaklands of the soul
Dublands of the imagination
And the long street
rolls on around
like an enormous choochoo train
chugging around the world
with its bawling passengers
and babies and picnic baskets
and cats and dogs
and all of them wondering
just who is up
in the cab ahead
driving the train
if anybody
the train which runs around the world
like a world going round
all of them wondering
just what is up
if anything
and some of them leaning out
and peering ahead
and trying to catch
a look at the driver
in his one-eye cab
trying to see him
to glimpse his fave
to catch his eye
as they whirl around a bend
but they never do
although once in a while
it looks as if
they’re going to
And the street goes bowling on
with its windows reaching up
its windows the windows
of all the buildings
in all the streets of the world
bowling along
thru the light of the world
thru the night of the world
with lanterns at crossings
lost lights flashing
crowds at carnivals
nightwood circuses
whorehouses and parliaments
forgotten fountains
cellar doors and unfound doors
figures in lamplight
pale idols dancing
as the world rocks on
But now we come
to the lonely part of the street
that goes around
the lonely part of the world
And this is not the place
that you change trains
for the Brighton Beach Express
This is not the place
that you do anything
This is the part of the world
where nothing’s doing
where no one’s doing
anything
where nobody’s anywhere
nobody nowhere
except yourself
not even a mirror
to make you two
not a soul
except your own
maybe
and even that
not there
maybe
or not yours
maybe
because you’re what’s called
dead
you’ve reached your station.

Descend
***
A CONEY ISLAND OF THE MIND (Oral Messages)
Trad. di Vittorio Gassman

sabato 30 gennaio 2016

Gli uomini vuoti di Thomas Stearns Eliot

The Wanderer above the Mists by Caspar David Friedrich (1817
Un penny per il vecchio Guy

I
Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l’un l’altro
La testa piena di paglia. Ahimè!
Le nostre voci secche, quando noi
Insieme mormoriamo
Sono quiete e senza senso
Come vento nell’erba rinsecchita
O come zampe di topo sopra vetri infranti
Nella nostra arida cantina

Figura senza forma, ombra senza colore,
Forza paralizzata, gesto privo di moto;

Coloro che han traghettato
Con occhi diritti, all’altro regno della morte
Ci ricordano – se pure lo fanno – non come anime
Perdute e violente, ma solo
Come gli uomini vuoti
Gli uomini impagliati..

II
Occhi che in sogno non oso incontrare
Nel regno di sogno della morte
Questi occhi non appaiono:
Laggiù gli occhi sono
Luce di sole su una colonna infranta
Laggiù un albero ondeggia 

E voci vi sono
Nel cantare del vento
Più distanti e più solenni
Di una stella che si spegne.

Non lasciate che sia più vicino
Nel regno di sogno della morte
Lasciate anche che porti
Travestimenti così deliberati
Pelliccia di topo, pelliccia di cornacchia, doghe incrociate
In un campo
Comportandomi come si comporta il vento
Non più vicino –

Non quel finale incontro
Nel regno del crepuscolo

III
Questa è la terra morta
Questa è la terra dei cactus
Qui le immagini di pietra
Sorgono, e qui ricevono
La supplica della mano di un morto
Sotto lo scintillio di una stella che si va spegnendo. 

E’ proprio così
Nell’altro regno della morte
Svegliandoci soli
Nell’ora in cui tremiamo
Di tenerezza
Le labbra che vorrebbero baciare
Innalzano preghiere a quella pietra infranta.

IV
Gli occhi non sono qui
Qui non vi sono occhi
In questa valle di stelle morenti
In questa valle vuota
Questa mascella spezzata dei nostri regni perduti 

In quest’ultimo dei luoghi d’incontro
Noi brancoliamo insieme
Evitiamo di parlare
Ammassati su questa riva del tumido fiume 

Privati della vista, a meno che
Gli occhi non ricompaiano
Come la stella perpetua
Rosa di molte foglie
Del regno di tramonto della morte
La speranza soltanto
Degli uomini vuoti.

V
Qui noi giriamo attorno al fico d’India
Fico d’India fico d’India
Qui noi giriamo attorno al fico d’India
Alle cinque del mattino.


Fra l’idea
E la realtà
Fra il movimento
E l’atto
Cade l’Ombra

                    Perché Tuo è il Regno 

Fra la concezione
E la creazione
Fra l’emozione
E la responsione 
Cade l’Ombra

                    La vita è molto lunga 

Fra il desiderio
E lo spasmo
Fra la potenza
E l’esistenza
Fra l’essenza
E la discendenza
Cade l’Ombra

                   Perché Tuo è il Regno

Perché Tuo è
La vita è
Perché Tuo è il

E’ questo il modo in cui finisce il mondo
E’ questo il modo in cui finisce il mondo
E’ questo il modo in cui finisce il mondo

Non già con uno schianto ma con un piagnisteo.
***

THE HOLLOW MEN

          A penny for the Old Guy

I
We are the hollow men
We are the stuffed men
Leaning together
Headpiece filled with straw. Alas!
Our dried voices, when
We whisper together
Are quiet and meaningless
As wind in dry grass
Or rats' feet over broken glass
In our dry cellar

Shape without form, shade without colour,
Paralysed force, gesture without motion;

Those who have crossed
With direct eyes, to death's other Kingdom
Remember us—if at all—not as lost
Violent souls, but only
As the hollow men
The stuffed men.

II
Eyes I dare not meet in dreams
In death's dream kingdom
These do not appear:
There, the eyes are
Sunlight on a broken column
There, is a tree swinging
And voices are
In the wind's singing
More distant and more solemn
Than a fading star.

Let me be no nearer
In death's dream kingdom
Let me also wear
Such deliberate disguises
Rat's coat, crowskin, crossed staves
In a field
Behaving as the wind behaves
No nearer—

Not that final meeting
In the twilight kingdom

III
This is the dead land
This is cactus land
Here the stone images
Are raised, here they receive
The supplication of a dead man's hand
Under the twinkle of a fading star.

Is it like this
In death's other kingdom
Waking alone
At the hour when we are
Trembling with tenderness
Lips that would kiss
Form prayers to broken stone.

IV
The eyes are not here
There are no eyes here
In this valley of dying stars
In this hollow valley
This broken jaw of our lost kingdoms

In this last of meeting places
We grope together
And avoid speech
Gathered on this beach of the tumid river

Sightless, unless
The eyes reappear
As the perpetual star
Multifoliate rose
Of death's twilight kingdom
The hope only
Of empty men.

V
Here we go round the prickly pear
Prickly pear prickly pear
Here we go round the prickly pear
At five o'clock in the morning.

Between the idea
And the reality
Between the motion
And the act
Falls the Shadow
For Thine is the Kingdom

Between the conception
And the creation
Between the emotion
And the response
Falls the Shadow
Life is very long

Between the desire
And the spasm
Between the potency
And the existence
Between the essence
And the descent
Falls the Shadow
For Thine is the Kingdom

For Thine is
Life is
For Thine is the

This is the way the world ends
This is the way the world ends
This is the way the world ends
Not with a bang but a whimper.

venerdì 29 gennaio 2016

Non smetto mai per così dire di parlare di te eppure l'essenziale è presto detto di Paul Éluard

Bruno Beccaro
Quando l’alba leva gli artigli
E al primo versante di selva
Tra riflessi di brividi
L’abisso delle vette s’apre

Quando a picco ti s’apre la veste
E dà alla luce il corpo tenero
E offre il seno lustrato docile
Seno che mai ha lottato
Ranuncoli tigrati di piombo
Eclissi fatali a chi è forte
Gradi di ermellino immolato
O quando in volto ti turbi

Quel che mi piace del tuo volto è l’apparire
D’un lume ardente in pieno giorno.
***
JE NE CESSE POUR AINSI DIRE PAS DE PARLER DE TOI ET POURTANT J'EN AI TOUJOURS VITE FINI AVEC L'ESSENTIEL

Quand l'aube a montré ses griffes
Et qu'au premier versant boisé
Qui ne reflète que frissons
S'ouvre l'abîme des hauteurs

Quand ta robe s'ouvre à pic
Donnant le jour à ton corps tendre
Offrant tes seins lustrés soumis
Tes seins qui n'ont jamais lutté
Renoncules tigrées de plomb
Eclipses fatales au forts
Degrés d'hermine sacrifiée
Ou quand ton visage se trouble

Ce que j'aime dans ton visage c'est l'arrivée
D'une lampe ardente en plein jour.
*
Traduzione di Franco Fortini

giovedì 28 gennaio 2016

La tomba nel Busento di Giosuè Carducci

William Etty (1787-1849), Hero, Having Thrown herself from the Tower at the Sight of Leander Drowned, Dies on his Body - 1829
Dalle Ballate di 
A.v. Platen
Cupi a notte canti suonano
Da Cosenza su ’l Busento,
Cupo il fiume gli rimormora
Dal suo gorgo sonnolento.
Su e giú pe ’l fiume passano
E ripassano ombre lente:
Alarico i Goti piangono,
Il gran morto di lor gente.

Ahi sí presto e da la patria
Cosí lungi avrà il riposo,
Mentre ancor bionda per gli omeri
Va la chioma al poderoso!

Del Busento ecco si schierano
Su le sponde i Goti a pruova,
E dal corso usato il piegano
Dischiudendo una via nuova.

Dove l’onde pria muggivano,
Cavan, cavano la terra;
E profondo il corpo calano,
A cavallo, armato in guerra.

Lui di terra anche ricoprono
E gli arnesi d’òr lucenti;
De l’eroe crescan su l’umida
Fossa l’erbe de i torrenti!

Poi, ridotto a i noti tramiti,
Il Busento lasciò l’onde
Per l’antico letto valide
Spumeggiar tra le due sponde.

Cantò allora un coro d’uomini:
— Dormi, o re, ne la tua gloria!
Man romana mai non vìoli
La tua tomba e la memoria! —

Cantò, e lungo il canto udivasi
Per le schiere gote errare:
Recal tu, Busento rapido,
Recal tu da mare a mare.
***
RIME NUOVE
5-6 luglio 1872

mercoledì 27 gennaio 2016

Comunicazione di servizio

stasera ferie....
Winterlandschaft - Raden Saleh, 1830

martedì 26 gennaio 2016

Canto CXVI di Caio Valerio Catullo

The Quartet. 1868. Albert Joseph Moore
Spesso con l'animo del cacciatore
in agguato, pensai di farti avere,
in qualche modo, i carmi di Callìmaco,
per renderti benevolo con me
e sfuggire i tuoi dardi fastidiosi.
Vedo ora che lo sforzo è stato vano,
Gellio, e delusa così ogni preghiera.
Ma i tuoi dardi li svio col mio mantello,
i miei, t'inchioderanno alle tue colpe.
***
Sæpe tibi studioso animo venante requirens 
carmina uti possem mittere Battiadæ,
qui te lenirem nobis, neu conarere 
tela infesta (meum)mittere in usque caput,
hunc video mihi nunc frustra sumptum esse laborem, 
Gelli, nec nostras hic valuisse preces.
contra nos tela ista tua evitamus amictu 
at fixus nostris tu dabi' supplicium.

lunedì 25 gennaio 2016

Homo sum di Vincenzo cardarelli

Romaine Brooks, Peter (A Young English Girl) (c. 1923-1924)
Io pago tutto.
Non c'è peccato
ch'io non abbia finora
debitamente scontato.
Ho un organismo vitale
che vuole, contrariamente
al Diavolo di Goethe,
vuole il Bene e fa il Male.
Pensate quale puntualità
e che liste di conti da saldare.
Ai messi del Signore
l'uscio della mia casa è sempre aperto.
E spesso delle loro intimazioni,
prevenendole,
io stesso senz'attenderli
mi faccio esecutore.
Sì che quand'essi giungono
ritto sull'uscio li fermo
e li rimando dicendo:
Amici, sono anch'io
cursore e complice di Dio.
Che dunque venite a fare
se il debito è già pagato ?
Forse è perciò che una donna cattiva
suole dire celiando
ch'io sono un santo e innanzi di morire
farò miracoli.
Talvolta infatti io mi vedo come uno
di quei poveri santi
che sulle tele delle sacrestie
stanno in adorazione della Vergine,
inutilmente aspettando
un suo sguardo.
Ma vi dico, in verità,
che volentieri darei, se pur l'avessi,
una tanto gloriosa vocazione
per un poco d'allegra umanità.

domenica 24 gennaio 2016

Ben lungi di qui di Charles Baudelaire

Enrico Lionne, Sogni - 1913
É la sacra capanna: qui la bella 
fanciulla ricoperta d'ornamenti, 
tranquilla, sempre pronta, con la mano 
ventilandosi il seno, e sui cuscini,
il gomito posando, ascolta il pianto 
delle fontane.

Di Dorotea è la camera: la brezza
e l'acqua le riportano da lungi
una canzone rotta da sighiozzi
che culla questa bimba viziata.

Dall'alto al basso, con estrema cura, 
la delicata pelle è strofinata 
con benzuino e olii profumati.

In un canto svaniscono dei fiori.
***

Bien loin d'ici

C'est ici la case sacrée
Où cette fille très-parée,
Tranquille et toujours préparée,

D'une main éventant ses seins,
Et son coude dans les coussins,
Écoute pleurer les bassins:

C'est la chambre de Dorothée.
— La brise et l'eau chantent au loin
Leur chanson de sanglots heurtée
Pour bercer cette enfant gâtée.

Du haut en bas, avec grand soin.
Sa peau délicate est frottée
D'huile odorante et de benjoin.
— Des fleurs se pâment dans un coin.*
I FIORI DEL MALE
Supplemento

sabato 23 gennaio 2016

Blues della mattina d'inverno di Stefano Benni

The Umbrellas, Pierre-Auguste Renoir, c. 1883
Vai in questa
nebbia grigia schiuma di lavasecco
tra Topsy bar Billy bar Ringo bar
equivoci bar di periferia
con l'uomo scuro che fuma sulla porta
e puttane infiocchettate come
le vetrine di profumiere a Natale
un bus sadico che scappa e si fa
rincorrere da vecchie zoppe
bambini col muso di scimmia li vedo
entrare imprecando in una galera
di cubi gialli la chiamano scuola
con nanetti e daini dipinti sui muri
e scritte BR e Rinaldi è un busone
scritto a spray enorme blu come
le scritte della stazione che è
(chi lo ricorda?) saltata su in agosto

Ma adesso è inverno, e io vado
ad aspettare sentenze ai gabinetti d'analisi
in un angolo, pieno di freddo e medicine
nell'attesa con questa giacca a vento
rossa con lo stemma che mi hai regalato tu
e ascolto Africa di Nina Hagen
a una radio di una macchina
ferma a un semaforo, gelato, e poi
gettono sempre i Rolling Stones
e ballo attraverso i vetri sporchi
di un posto dove si mangiano panini
con polpette di animale morto
in circostanze poco chiare
delitti nello squallido mondo
degli insaccati. Ieri poi è partita una
che non ti fa entrare nel dancing
luminoso dei suoi denti. Non vuole
baci, per Dio, solo scopare insomma
e sul più bello alla finestra è spuntato
il suo fidanzato incazzato vestito
da Babbo Natale. Bestiale.
Natale è un bancario che ha
la casa piena di dischi. Ha i baffi
ed è triste perchè è morto Lennon. Dice
che è finita la musica utopica. Orca!
Maurizio è tornato da New York
dice che là è freddo cold come qua
tira la coca tira le palle di neve
il comune libera le strade
dai drogati e dai blocchi gelati
e pigliamo la broncopolmonite
per vedere una brunetta che
alle due di notte si spoglia
a un sesto piano.Tutto ciò
è molto, ma molto americano
Col fumo che dalla bocca va su
uguale a Bologna Frisco e Milano
coi tassisti isterici e i fanali rossi
e una goccia di gelo sulla punta delle scarpe
e bocche voluttuose che succhiano le sciarpe
e immaginare Mongo città d'un pianeta
sempre nella nebbia, e Gino il marinaio
che con la mano gonfia mi fa
secondo me Stampax dovresti anche tu
farti qualche pera. Ciano è in galera
aveva una bella faccia da indiano
e i capelli rasati. Domani forse
sparo a qualcuno. Oppure mi compro
guanti di lana rossa per poter salutare
nella nebbia, anche da lontano.
***
da PRIMA O POI L'AMORE ARRIVA

venerdì 22 gennaio 2016

In verità questo grande amore è il mio vanto

Constant Mayer, - Love’s Melancholy, 1866
In verità questo grande amore è il mio vanto,
che, quando sale dal petto alla fronte,
mi incorona di porpora tanto
da attirare gli occhi degli uomini e mostrare la sofferenza interiore, –
anche se questo amore, per me è il massimo
non dovrei tuttavia amare, finché tu
non mi abbia dato una prova, e raccontato di
quando per la prima volta i tuoi occhi sinceri si sono incrociati con i miei,
e l’amore chiamò l’amore. E perciò, non posso nemmeno
parlare d’amore, come qualcosa di bello che mi è proprio
la tua anima ha reso la mia, completamente debole e incerta,
e l’ha posta accanto a te su un trono d’oro, –
E quello che amo (O anima, dobbiamo essere pazienti!)
è solo in te, il solo che amo.***
Indeed this very love which is my boast,
And which, when rising up from breast to brow,
Doth crown me with a ruby large enow
To draw men's eyes and prove the inner cost,---
This love even, all my worth, to the uttermost,
I should not love withal, unless that thou
Hadst set me an example, shown me how,
When first thine earnest eyes with mine were crossed,
And love called love. And thus, I cannot speak
Of love even, as a good thing of my own:
Thy soul hath snatched up mine all faint and weak,
And placed it by thee on a golden throne,---
And that I love (O soul, we must be meek!)
Is by thee only, whom I love alone.*
SONETTI DEL PORTOGHESE XII

giovedì 21 gennaio 2016

Er giorno der giudizzio di Giuseppe G. Belli

The Light of the World by William Holman Hunt, 1851-1852
Cuattro angioloni co le tromme in bocca
se metteranno uno pe cantone
a ssonà: poi co ttanto de voscione
cominceranno a ddì: ffora a cchi ttocca.

Allora vierà ssu una filastrocca
de schertri da la terra a ppecorone,
pe rripijjà ffigura de perzone,
come purcini attorno de la bbiocca.

E sta biocca sarà ddio bbenedetto,
che ne farà du' parte, bbianca, e nnera:
una pe annà in cantina, una sur tetto.

All'urtimo usscirà 'na sonajjera
d'Angioli, e, ccome si ss'annassi a lletto,
smorzeranno li lumi, e bbona sera. *
Sonetti

mercoledì 20 gennaio 2016

Dolce musica di Charles Bukowski

L’écuyère 1920 Kees van Dongen
è meglio dell'amore perchè non 
ti ferisce: al mattino
lei accende la radio, Brahms o Ives
o Stravinskij o Mozart. fa bollire le
uova contando a voce alta i secondi: 56,
57, 58… le pela,
me le porta a letto, dopo colazione sulla
stessa sedia ascolta musica
classica, è al primo
scotch e alla terza sigaretta. le dico
che devo andare alle corse. è qui
da circa 2 notti e 2 giorni. «quando
ti rivedo?» chiedo. insinua che
dipenda da me. Annuisco
e alla radio c’è Mozart.
***
Sweet Music

it beats love because there aren't any
wounds: in the morning
she turns on the radio, Brahms or Ives
or Stravinsky or Mozart. she boils the
eggs counting the seconds out loud: 56,
57, 58... she peels the eggs, brings
them to me in bed. after breakfast it's
the same chair and listen to the class-
ical music. she's on her first glass of
scotch and her third cigarette. I tell
her I must go to the racetrack. she's
been here about 2 nights and 2 days. "when
will I see you again?" I ask. she
suggested that might be up to me. I
nod and Mozart plays.
***
da L'amore è un cane che viene dall'inferno

martedì 19 gennaio 2016

l'intellettuale di Charles Bukowski

Wladyslaw Slewinski (1856-1918), Portret Kobiety z rudymi Wlosami - 1897 1900
lei scrive
continuamente
come un lungo diffusore
che spruzza
aria,
e lei discute
continuamente;
non c'è nulla che
io possa dire
che in realtà non sia
qualcos'altro,
così
smetto di parlare;
e alla fine
lei litiga da sola
mentre esce dalla porta
dicendo
qualcosa come -
non sto cercando di
far colpo
su di te.

ma so
che
tornerà, tornano
sempre.

e
alle 5 del pomeriggio
era lì che bussava alla porta.

l'ho lasciata entrare.

non mi fermo molto, ha detto,
se non mi vuoi.

fai pure. ho detto,
devo fare il
bagno.

è andata in cucina e
ha cominciato con i
piatti.

è come essere sposati:
accetti
tutto
come se
non fosse successo.
***

lunedì 18 gennaio 2016

Le dolorose pene di Noffo Bonaguide

Backround Of Pale Gold, Eleanor Fortescue Brickdale
Le dolorose pene, che 'l meo core 
porto mi fanno sì forte languire, 
e nascon del penser ch' ho del partire, 
celar nol posso, sì- mmi strugge amore. 

S'alquanto non m' aiuta lo valore 
e la speranza del tosto reddire, 
viver non posso portando 'l martire 
nascoso sì ch'orma' mor' di dolore. 

Però gli mostro, gentil donna mia, 
per dogliosi sospiri o per parlare 
e sgraverò la mente ch' è affannata. 

E gli occhi con amaro lagrimare 
si sfogheranno il cor, ma consumata 
ed angosciosa la mia vita fia.
*
da Poesie dello Stilnovo

domenica 17 gennaio 2016

Oh avere la voce di un falconiere (Giulietta e Romeo) di William Shakespeare

Edward Reginald Frampton
GIULIETTA: Pss! Romeo, pss! Oh avere la voce di un falconiere per richiamare a me quel mio falchetto reale. 
Roca è la voce della clausura e non può farsi sentire, se no, saprei ben io forzar l'antro
dove Eco riposa e far la sua voce aerea più fioca della mia a forza di ripetere il nome del mio Romeo.

ROMEO: L' anima mia è quella che ora invoca il mio nome. Oh come la notte dà un dolce tintinnio d'argento alla voce degli amanti: musica soavissima all'orecchio che, avido ascolta.
***
Hist! Romeo, hist! O for a falc’ner’s voice
To lure this tassel gentle back again!
Bondage is hoarse and may not speak aloud,
Else would I tear the cave where Echo lies
And make her airy tongue more hoarse than
With repetition of “My Romeo!”
ROMEO:
How silver-sweet sound lovers’ tongues by night,
Like softest music to attending ears!

sabato 16 gennaio 2016

Frank Drummer di Edgar Lee Masters

Charles-Hawthorne
Out of a cell into this darkened space -
The end at twenty-five!
My tongue could not speak what stirred within me,
And the village thought me a fool.
Yet at the start there was a clear vision, 5
A high and urgent purpose in my soul
Which drove me on trying to memorize
The Encyclopedia Britannica! 
***
Da una cella a questo luogo oscuro -
la morte a venticinque anni!
La mia lingua non poteva esprimere ciò che mi si agitava dentro,
e il villaggio mi prese per scemo.
Eppure all'inizio c'era una visione chiara,
un proposito alto e pressante, nella mia anima,
che mi spinse a cercar d'imparare a memoria
l'Enciclopedia Britannica!

da ANTOLOGIA DI SPOON RIVER

trad. di Fernanda Pivano

venerdì 15 gennaio 2016

GARE DU MIDI di Wystan Hugh Auden

Władysław Podkowiński (1866-1895) Chopin's Funeral March 1894

Un espresso qualunque dal Sud, folla
verso l’uscita, una faccia che il sindaco
non accoglie con nastri e con fanfare:
qualcosa intorno alla bocca distrae
l’occhio vagante con allarme e pena.
Cade la neve. In pugno una cartella,
esce svelto a infettare una città
il cui disastro forse è già arrivato.
***
A nondescript express in from the South,
Crowds round the ticket barrier, a face
To welcome which the mayor has not contrived
Bugles or braid: something about the mouth
Distracts the stray look with alarm and pity.
Snow is falling. Clutching a little case,
He walks out briskly to infect a city
Whose terrible future may have just arrived.
*
da ANOTHER TIME 1940

giovedì 14 gennaio 2016

Una voce di Amalia Guglieminetti

Adagio (c.1929). Georges Antoine van Zevenberghen
Una voce nell'ombra ha qualche volta 
la morbidezza calda d'una cosa 
tangibile. Non s'ode, non s'ascolta, 

ma sul cuor che l'accoglie quasi posa 
le sue parole ad una ad una, come, 
quando langue, le sue foglie una rosa. 

Se invoca piano, in ansia, un caro nome 
par che vi tremi il mal represso ardore 
d'un bacio non osato fra le chiome. 

E di soverchia intensità essa muore 
soffocata ed il pianto che l'assale 
sembra il principio dolce dell'amore, 

ed è l'inizio acerbo del suo male.
*
da Le Seduzioni-Le Vergini Folli

mercoledì 13 gennaio 2016

Ancora Arianna di Rosemary Catacalos

Marcus Stone (1840-1921), The Soldier’s Return - 1900
Il filo, tu dici, che ho liberato inutilmente,
svolgendolo, avvolgendolo, per imbarazzarti.
per confonderti.
No, ti prego credimi.
Questo filo non è un gioco.
Ha lo stesso ritmo del mio respiro.
Con esso filo giorno e notte
finchè stordita la ruota m’abbandona.
Fatico e divento quasi cieca
ad ogni garbuglio e nodo.
Sanguinano le dita sul telaio
per tutti questi sforzi. Per costruire
quest’amore offro
un tessuto adatto al mondo
qualcosa da indossare con orgoglio.
***
AGAIN ARIADNE
The thread you say I've loosened idly,
reeling out, reeling in, to tease you,
confuse you.
No, please believe me.
This thread is not a game.
It has the same rhythm as my breathing.
I spin with it day and night
until the wheel leaves me dizzy.
I suffer and nearly go blind
With every knot and tangle.
My fingers bleed all over the loom
from so much trying. To make
this love I give
a fit cloth for the world,
something to wear proudly.
*
da SOTTO IL QUINTO SOLE
Antologia di poeti chicani

martedì 12 gennaio 2016

Fanciullezza lontana di Giovanni Prati

A Basket of Oranges by Edward Robert Hughes, 1878
Fanciul, nel verno dalle usate stalle
tornando a notte alla materna sede,
divoravo la via come chi a spalle
la maga, il morto o l'assassin si vede.

Or vo notturno per qualunque calle,
né il cor mi trema o mi vacilla il piede:
ché ai sogni uditi nella patria valle
la vecchia fantasia più non dà fede.

Ma là m'intesi favellar pur anco
d'un gran mondo di glorie e di dottrina
e per vederlo uscii dalle mie rive.

Or l'ho veduto: e pellegrin già stanco
ne narro l'odissea, ma a testa china,
ché il fanciul d'una volta, ahi! più non vive.
***
Psiche
*
da UN SECOLO DI POESIA

lunedì 11 gennaio 2016

La neve è alla montagna, l'inverno s'avvicina di Paolo Rolli

Pietro Rotari
La neve è alla montagna,
l'inverno s'avvicina;
bellissima Nerina,
che mai sarà di me?

I giorni brevi e rigidi,
le notti aspre e lunghissime,
come potrò mai vivere,
cara, lontan da te?

O la noiosa pioggia,
o l'aer freddo ingrato,
di gire al colle e al prato,
mio ben, t'impedirà:
e il mio desir che pàscesi
sol di tua vista amabile,
dove mirar solevati,
in van mi guiderà.

Quel faggio che tant'aria
co' verdi rami ingombra
e tanto suol con l'ombra,
le frondi perde già:
l'ore soavi e rapide
ch'ei ne coprí dal fervido
altissimo meriggio,
sol ne rammenterà.

La selva, oh ciel! la selva
che sí spesso ne accolse
quando per noi si svolse
bel tempo di piacer,
o dalle nevi carica
vedremo curva gemere,
o d'aquilone l'impeto
appena sostener.

Oh se la mia capanna
in qualche dì festoso
potesse dar riposo
al tuo leggiadro piè!
D'alghe tessuta e vimini
sia pur campestre e rustica;
non vi sarìa delizia
altra maggior per me.

Perché dal freddo acuto
non fossero toccate
tue membra dilicate
tutte spiranti amor,
potrei sul caldo cenere
aride legna ad ardere
con rami di giunipero
e piante d'altro odor.

M'accorsi ove sta un lepre
nel cespo d'una balza,
all'alito che s'alza
qual nebbia sul mattin:
so come vivo prenderlo
e ch'ami di serbartelo;
sì potess'io far cambio
del mio col suo destin.

Un candido capretto
che sugge latte ancora,
farò svenar allora
e cuocer tutto intier:
entro a schidon di frassino
sovra la brace a volgerlo
ci penserà Massilïo,
di capre condottier.

Angusta botte ho piena
di vino generoso,
amabile, odoroso,
e vo' forarla allor;
e di radice d'acero
ho due ben fatte ciotole,
che a nuova sete invitano
labbra già sazie ancor.

Ninfa o pastore ad esse
non appressò la bocca:
s'una la tua ne tocca,
la prima ella sarà:
dell'altra il dono accettane:
quell'una io vo' serbarmela,
né ad altri che a me proprio
i labbri bagnerà.

Soave condimento
daran la tua bellezza,
la grazie e la dolcezza,
a quanto io possa dar:
e i Numi allor, che gustano
in ciel l'ambrosia e il nettare,
il desco e il mio tugurio
potranno invidiar.
*
da LE RIME DEGLI ARCADI

domenica 10 gennaio 2016

Cantando ferma il sol la bella maga di Ludovico Ariosto

Edgard Maxence 
....Che di ricchezza, di beltà, d’onore
sopra ogni altra città d’Etruria sali,
che fa questo, Fiorenza, al mio dolore?

Li tuoi Medici, ancor che siano tali,
che t’abbian salda ogni tua antica piaga,
non han però rimedio alli miei mali.

Oltr' a que' monti, a ripa l’onda vaga
del re de’ fiumi, in bianca e pura stola,
cantando ferma il sol la bella maga

che con sua vista può sanarmi sola.
*
ELEGIA XIV
da Antologia della Letteratura italiana

sabato 9 gennaio 2016

Sesta poesia di Giovanni Papini

Jean Dupas Les Perruches 1925
Inno d'inverno sciolto come neve guazzosa 
sul lavorato, stimolo d'alte salite  
per questa carne poggiata e dogliosa 
in tante nevrastenie non guarite. 

Son sazio delle campagne. Ricominciamo 
a esser noi solamente, lettori 
deboli sulle sedie che amiamo 
più de' ronchi silvestri e de' fiori. 

Soffia luce ogni bottega sul centro 
della strada sporcata di mota e di gente.
I bruni signori stan dentro 
a' rossi bars, alti, senza dir niente. 

Le signore son vestite, tutte, da festa 
e da corsa, per quanto sia lunedì, 
e quasi tutte scotono in cima alla testa 
sei o sette fili di candido asprì. 

La prima, guardata, si volta, 
con occhi d'invito e stupore. 
(Mia povera faccia stravolta 
creduta specchio d'improvviso amore!)
 
Alla fine soltanto le vesti 
mi piacciono — lana e velluto. 
Vorrei toccarle con fini onesti, 
accarezzarle non veduto. 

Le scarpe ferme da' calzolai, 
lustre e pulite in troni di cristallo, 
tremano al passo scosso del tranvai, 
come alla prima nota d'un ballo.

Fresche bluse nel bianco dal fondo,
vuote sottane scendenti da' ganci,
fioriscon di sera il mio mondo
di verdi, d'argenti e di aranci.

Più forti del sole son gli ori
massicci, posati su petti di seta,
con pietre stellari di freddi colori
stillate dal fuoco d'un altro pianeta.
*
da LIRICA DEL NOVECENTO
*
Giovanni nacque il 9 gennaio del 1881

venerdì 8 gennaio 2016

Oscillazioni di Luciano Folgore

Eugène Carrière*Moonlight
Notte - orologio;
bianchissime sfere di lampade
sul quadrante del sonno.

Molle sottili di vento
e rotelline di soffi
e bilancere di scatti di fresco.
Gli alberi: pendoli neri,
oscillazione infinita.

Girare del tempo monotono
attorno
alla mia finestra d'insonnia,
e battere
di un' ora di febbre,
che piomba
sopra una lastra d'angoscia.
Mai l' alba. *
da POESIA ITALIANA DEL NOVECENTO

giovedì 7 gennaio 2016

Notte di Georg Heym

Angel (from the Polyptych of the Resurrection), Titian, 1522
Fuori 
le gronde 
sgocciano.
E la bufera 
celata nelle nubi
alle prime luci 
di squallidi mattini
s’infila gemendo 
nei vicoli.

E tu come una pietra
gettata nel deserto
vorresti soltanto 
gridare.

Dormi.
Sei solo 
nella notte.
Nessuno veglia.
Dormi.
*
da POESIE DEL NOVECENTO IN ITALIA E IN EUROPA

mercoledì 6 gennaio 2016

In casa del sopravissuto di Guido Gozzano

Portrait of Gysis, 1865, Ludwig Thiersch
Dalle profondità dei cieli tetri
scende la bella neve sonnolenta,
tutte le cose ammanta come spetri;
scende, risale, impetuosa, lenta,
di su, di giù, di qua, di là, s’avventa
alle finestre, tamburella i vetri....

Turbina densa in fiocchi di bambagia,
imbianca i tetti ed i selciati lordi,
piomba dai rami curvi, in blocchi sordi....
Nel caminetto crepita la bragia
e l’anima del reduce s’adagia
nella bianca tristezza dei ricordi.

Reduce dall’Amore e dalla Morte
gli hanno mentito le due cose belle!
Gli hanno mentito le due cose belle:
Amore non lo volle in sua coorte,
Morte l’illuse fino alle sue porte,
ma ne respinse l’anima ribelle.

In braccio ha la compagna: Makakita;
e Makakita trema freddolosa,
stringe il poeta e guarda quella cosa
di là dai vetri, guarda sbigottita
quella cosa monotona infinita
che tutto avvolge di bianchezza ondosa.

Forse essa pensa i boschi dove nacque,
i tamarindi, i cocchi ed i banani,
il fiume e le sorelle quadrumani,
e il gioco favorito che le piacque,
quando in catena pendula sull’acque
stuzzicava le nari dei caimani.

II


Con la Mamma vicina e il cuore in pace,
s’aggira, canticchiando un melodramma;
sospira un po’.... Ravviva dalla brace
il guizzo allegro della buona fiamma....
Canticchia. E tace con la cara Mamma;
la cara Mamma sa quel che si tace.

Egli s’aggira. Toglie di sul piano-
forte un ritratto: «Quest’effigie!... Mia?...»
E fissa a lungo la fotografia
di quel sè stesso già così lontano:
«Sì, mi ricordo.... Frivolo.... mondano....
vent’anni appena.... Che malinconia!...

Mah! Come l’io trascorso è buffo e pazzo!
Mah!...» - «Che sospiri amari! Che rammenti?»
«Penso, mammina, che avrò tosto venti
cinqu’anni! Invecchio! E ancora mi sollazzo
coi versi! E tempo d’essere il ragazzo
più serio, che vagheggiano i parenti.

Dilegua il sogno d’arte che m’accese;
risano a poco a poco, anche di questo!
Lungi dai letterati che detesto,
tra saggie cure e temperate spese,
sia la mia vita piccola e borghese:
c’è in me la stoffa del borghese onesto....

Sogghigna un po’! Ricolloca sul piano-
forte il ritratto «....Quest’effigie! Mia?...
E fissa a lungo la fotografia
di quel sè stesso già così lontano.
«Un po’ malato.... frivolo.... mondano....
Si, mi ricordo.... Che malinconia!...»

* I Colloqui 1911*
da POESIA ITALIANA DEL NOVECENTO

martedì 5 gennaio 2016

Una mamma al suo bambino di Dorothy Wordsworth

George Coates Maternidad, 1912.
Sono freddi i giorni e lunghe le notti,
E suona il vento note dolenti;
Su vieni e rifugiati contor il mio cuore;
Le cose liete ora dormono tutte,
Eccetto te, mio piccolo amore!

Dorme il gatto vicino al camino,
Da tempo i grilli non fanno cri cri,
E tutto tace in casa, bambino,
Tranne un topino affamato che rosica,
Ma tu non dormi, perché?

Non badare a quella luce di fuori
È solo la luna che splende,
Dietro il vetro grondante di pioggia:
O su, piccolino: continua a dormire,
Finché il giorno ritorna.***
THE COTTAGER TO HER INFANT

The days are cold, the nights are long, 
The north-wind sings a doleful song; 
Then hush again upon my breast; 
All merry things are now at rest, 
   Save thee, my pretty Love! 

The kitten sleeps upon the hearth, 
The crickets long have ceased their mirth; 
There's nothing stirring in the house 
Save one wee, hungry, nibbling mouse, 
   Then why so busy thou? 

Nay! start not at that startling light; 
'Tis but the moon that shines so bright 
On the window pane bedropped with rain: 
Then, little Darling! sleep again, 
And wake when it is day.
***
da POETI ROMANTICI INGLESI

lunedì 4 gennaio 2016

Prima neve di Antonin Artaud

Anonyme. “Femme au chapeau noir et à l’écharpe”. Huile sur bois. Paris, musée Carnavalet
Guarda dolcissima, pallida, bellissima mia
Questo giorno sopra i bianchi misteri morente
Sembra umano questo giorno in agonia
Che gli anelli nella stanza sfoglia tristemente.

Ci sentiamo felici di sapere che ogni cosa
Come noi si beve questo sprazzo di luce
E sfugge assieme a noi verso le nuvole rosa...
L'ora suona il suo rintocco sulle vetrate mute.

Nella dolcezza della sera si lamentano i rami
A volte agonizza un uccello nelle strade
Ed ecco assume un color d'acqua il cielo...
Sorella è il nostro amore che nevica sui rami.
-Scritto di mio pugno il 18 gennaio 1921-
***
Première neige

Vous toute douce, toute belle, toute pâle
Ce jour qui vient mourir sur le mystères blancs
Il nous paraît humain ce jour agonisant
Tristement effeuillant ses bagues dans la salle.

Nous nous sentons hereux de savoir que le choses
Boivent ainsi que nous ce lambeau de clarté
Et s'enfuient avec nous vers le nuages roses...
L'heure sonne son glas sur le vitraux muets.

Dans la douceur du soir se lamentent les branches
Parfois dans les chemins agonise un oiseau
Et voici que le ciel prend une couleur d'eau...
Ma sœur c'est notre amour qui neige dans les
branches.
- Ecrit de ma vraie écriture le 18 janvier 1921-
*
da POESIA FRANCESE DEL NOVECENTO

domenica 3 gennaio 2016

Tempo coperto di Pierre Reverdy

Claude Monet - The Magpie (1869)
Sono al centro di una nube
di neve
o di fumo
Lo splendore del giorno fa scalpore
la finestra sbattendo
apre il muro dell'angolo
la pupilla assopita
e l'occhio già abbassato
Più lontano
sulla curva dove avrebbe dovuto cadere
il grande vento che passava
spianando l'atmosfera
la neve e il fumo
Qualche pizzico di sole
e il peso della terra
appena sollevata.
***
Temps couvert

Je suis au milieu d’un nuage
de neige
ou de fumée
L’éclat du jour fait son tapage
la fenêtre en battant
ouvre le mur du coin
la paupière assoupie
et l’œil déjà baissé
Plus loin
sur le détour où aurait dû tomber
le grand vent qui passait
en roulant l’atmosphère
la neige et la fumée
Quelques grains de soleil
et le poids de la terre
à peine soulevée
*
(Cravates de chanvre, 1922)
Da POESIA FRANCESE DEL NOVECENTO

sabato 2 gennaio 2016

Una sera, la neve di Salvatore Quasimodo

A Carcass - Gustav Adolf-Mossa
Di te lontana dietro una porta
chiusa, odo ancora il pianto d'animale:
così negli alti paesi al vento della neve
ulula l'aria fra i chiusi dei pastori.

Breve gioco avverso alla memoria:
la neve è qui discesa e rode
i tetti, gonfia gli archi del vecchio Lazzaretto,
e l'Orsa precipita rossa fra le nebbie.

Dove l'anca colore dei miei fiumi,
la fronte della luna dentro l'estate
densa di vespe assassinate? Resta il lutto
della tua voce umiliata nel buio delle spalle
che lamenta la mia assenza.
***
da POESIE D'AMORE DEL NOVECENTO

venerdì 1 gennaio 2016

Risvegliarsi quando albeggia di Anna A. Achmatova

The four seasons by Hugh Ramsay, c. 1902
Risvegliarsi quando albeggia
ché ti soffoca la gioia,
e dal tondo finestrino
contemplare l'onda verde,
o in pelliccia sopra il ponte
ascoltare nel maltempo
come battono i motori,
ed a nulla non pensare,
ma l'incontro presentendo
con colui ch'è la mia stella,
per il vento e per gli spruzzi
sempre più ringiovanire.
*
da IL FIORE DEL VERSO RUSSO
*
Buon Anno e Buona Poesia