Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.
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mercoledì 15 maggio 2013

Due Vanesse delle ortiche di Ted Hughes

John LaFarge
Metà maggio - dopo le gelate di maggio che hanno ucciso
le Camelie,
dopo la neve di maggio. Dopo l'inverno
peggiore che si ricordi, un gelo
che ha ucciso il Lauro di cent'anni
e il Lauro di dieci anni - all'improvviso
una calda mollezza. Un cielo azzurro appena velato
dai sudori del suolo
e dalle sudate dell'inverno
febbricitante sotto la coltre
del prato maggiovestito.
Ora due
Vanesse delle ortiche, ritrovandosi vive,
lei ebbra del sudore del suolo, e lui
ebbro di lei, volano in vortici
sopra la trapunta delle Pratoline. Lei preferisce i Denti di
leone,
e si prepara a calare la lunga molla della lingua
nelle pieghe riposte, nella gola ripiegata
del fiore, le ali diritte.
Lui si sistema dietro di lei, tra i semplici luccichii
dell'erba nuova, strisciando a scatti
per arrivare a toccarla - le ali svelte e convulse
spalancate e poi serrate poi riaperte
freme per tenerla così vicina, quasi arriva
ad accarezzarle l'addome con le antenne -
ma ecco che lei vola via, e lui sorprendentemente
simile a una rondine, la supera, le è addosso, le impedisce
la fuga. Lei volge la cosa
a suo vantaggio, e vira in basso
su un altro Dente di leone, e alla cresta di quello
fissa le sue aeree vele.
Dondolando rinsalda la presa, perchè più profonda, più
dolce
sia la penetrazione, le ali ben strette in alto,
un libro sigillato, assorbito in se stesso.
Non si cura di lui,
che scivola a destra e a sinistra, allarga
le ali, le vellica il pelo
con le sue fragranze, esibisce le sue figure,
quei richiami tropicali, fagianeschi, d'arte popolare,
osa avanzare sull'erba, di filo in filo,
tremante d'inibizione, quasi la tocca -
ma lei se ne va un'altra volta, incerta e nera. Lui piomba
su un elastico e si sistema di nuovo
sotto la coda di lei, che ora si attacca
a una Pratolina. E' stata scelta,
il corteggiamento la richiede. E lui è stato chiamato
a ciò che si pretende
dal germoglio schiuso, dall'abile pettirosso
che manda acuti
dal frassino ancora spoglio,
e tutta l'aria è come lui, respira
sul suolo ancora in sè rivolto, mentre arrivano
le prime carezze nuziali, la terra
apre i suoi petali, tutto il cielo
apre un fiore
pollinoso di insondabili trame.

martedì 22 gennaio 2013

Vento di Ted Hughes

Andrew Newell Wyeth
Questa casa è stata in mare aperto tutta notte,
i boschi si schiantavano nel buio, i colli rimbombavano,
i venti fugavano i campi come bestiame sotto la finestra
neri cavalieri ondeggianti nell'accecante pioggia
finchè spuntò il giorno; allora sotto un cielo arancio
i colli avevano trovato una nuova posizione, e il vento
brandiva un lampo di lama, luminoso di smeraldo,
che si fletteva come il cristallino di un occhio folle.
A mezzogiorno salii lungo il lato della casa fino
alla porta della carbonaia. Una volta osai alzare lo sguardo -
nell'assalto del vento che mi incideva le pupille
la tenda dei colli tambureggiava e tendeva lo strallo,
e i campi tremavano, la linea del cielo era una smorfia,
per sbattere da un secondo all'altro e svanire con un 
rumore d'ala:
il vento trascinò lontano una gazza e un gabbiano dal dorso
nero si piegò come una sbarra di ferro, piano. La casa
risuonava come una verde coppa di fine cristallo alla nota
che potrebbe frantumarla da un secondo all'altro. Adesso 
sprofondati nelle poltrone, davanti al grande fuoco, ci 
stringiamo
forte il cuore e non sappiamo stare con un libro, o un 
pensiero,
o vicini. Guardiamo la vampa del fuoco
e pare che le radici della casa si muovano, ma restiamo seduti
a guardare la finestra che freme di entrare,
a sentire le pietre che gridano sotto gli orizzonti.
(Il falco nella pioggia*1957*Trad. Nicola Gardini)
****************
WIND
This house has been far out at sea all night, 
The woods crashing through darkness, the booming hills, 
Winds stampeding the fields under the window 
 Floundering black astride and blinding wet 
 Till day rose; then under an orange sky 
 The hills had new places, and wind wielded 
 Blade-light, luminous black and emerald, 
 Flexing like the lens of a mad eye. 
 At noon I scaled along the house-side as far as 
The coal-house door. I dared once to look up - 
Through the brunt wind that dented the balls of my 
eyes 
The tent of the hills drummed and strained its guyrope, 
The fields quivering, the skyline a grimace, 
At any second to bang and vanish with a flap: 
The wind flung a magpie away and a black- 
Back gull bent like an iron bar slowly. The house 
Rang like some fine green goblet in the note 
That any second would shatter it. Now deep 
In chairs, in front of the great fire, we grip 
Our hearts and cannot entertain book, thought, 
Or each other. We watch the fire blazing, 
And feel the roots of the house move, but sit on, 
Seeing the window tremble to come in, 
Hearing the stones cry out under the horizons.
(The Hawk in the Rain*1957)