Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

lunedì 14 giugno 2010

Le rane di Giovanni Pascoli

Munier/1891 Ho visto inondata di rosso
la terra dal fior di trifoglio;
ho visto nel soffice fosso
le siepi di pruno in rigoglio;
e i pioppi a mezz'aria man mano
distendere un penero verde
lunghesso la via che si perde
lontano.
Qual è questa via senza fine
che all'alba è sì tremula d'ali?
chi chiamano le canapine
coi lunghi lor gemiti uguali?
Tra i rami giallicci del moro
chi squilla il suo tinnulo invito?
chi svolge dal cielo i gomitoli
d'oro?
Io sento gracchiare le rane
dai borri dell'acque piovane
nell'umida serenità.
E fanno nel lume sereno
lo strepere nero d'un treno
che va...
Un sufolo suona, un gorgoglio
soave, solingo, senz'eco.
Tra campi di rosso trifoglio,
tra campi di giallo fiengreco,
mi trovo; mi trovo in un piano
che albeggia, tra il verde, di chiese;
mi trovo nel dolce paese
lontano.
Per l'aria, mi giungono voci
con una sonorità stanca.
Da siepi, lunghe ombre di croci
si stendono su la via bianca.
Notando nel cielo di rosa
mi arriva un ronzìo di campane,
che dice: Ritorna! Rimane!
Riposa!
E sento nel lume sereno
lo strepere nero del treno
che non s'allontana, e che va
cercando, cercando mai sempre
ciò che non è mai, ciò che sempre
sarà...
(Canti di Castelvecchio/Il ritorno a San Mauro)

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