Ignacio Zuloaga Y Zabaleta |
Giorno di neve
Giorno di neve bianca.
Le tendine abbassate.
(Verdi, rosse, le frange.)
Attizziamo il braciere.
Un vaso con violette.
Tu, di fronte.
(Un bicchiere
di cognac, vuotato.)
Tu, di fronte.
La ceneriera
d'argento. Angeli musici.
Quanto lieto, Frate Angelico!
Quanto rude, Zabaleta
e il suo chiaro acquerello,
una porta dischiusa
sui campi, in lontananza
colline soleggiate,
nient'altro.
Il ritratto
di tua sorella morta.
(Sprofonda la cornice
isabellina.)
Rammento
la strada, con pioggia,
del cimitero. Passa
la rotabile buia.
(È più nobile premere
la terra che l'asfalto.)
Il fiore del carrubo,
cilestrino. Ricordi
il lustro dell'avena?
Il paese è una pozzanghera
con lampadine tristi,
nella notte.
È giunto
l'autobus. I viaggiatori
scendono: panni umidi
e scarpe infangate.
II •
Giorno di neve bianca.
Le tendine abbassate.
(Verdi, rosse, le frange.)
Attizziamo il braciere.
Un vaso con violette.
Tu, di fronte.
(Un bicchiere
di cognac, vuotato.)
Tu, di fronte.
La ceneriera
d'argento. Angeli musici.
Quanto lieto, Frate Angelico!
Quanto rude, Zabaleta
e il suo chiaro acquerello,
una porta dischiusa
sui campi, in lontananza
colline soleggiate,
nient'altro.
Il ritratto
di tua sorella morta.
(Sprofonda la cornice
isabellina.)
Rammento
la strada, con pioggia,
del cimitero. Passa
la rotabile buia.
(È più nobile premere
la terra che l'asfalto.)
Il fiore del carrubo,
cilestrino. Ricordi
il lustro dell'avena?
Il paese è una pozzanghera
con lampadine tristi,
nella notte.
È giunto
l'autobus. I viaggiatori
scendono: panni umidi
e scarpe infangate.
II •
Un vaso
Un vaso con violette
sul mantile trapunto
da te promessa sposa.
Il canto gregoriano.
I musici (le pieghe
romaniche), che suonano
strumenti antichi;
il liuto, la viola
ad arco, i piattini,
l'organo a mano.
Ecco uccelli con arpe
e tamburelli, e un albero
stilizzato.
(Nevica,
son passati due anni.)
Ricordo quel progetto
di dogana del porto
di Vigo. (Tra la pioggia
i picchi delle Cíes,
dove d'estate annidano
i gabbiani.) Tutto
molto ridotto a sbarre,
benissimo risolto (ma,
m'innamorai della Galizia,
quel suo tremore ignaro,
tra patii e tetti).
III •
Un vaso con violette
sul mantile trapunto
da te promessa sposa.
Il canto gregoriano.
I musici (le pieghe
romaniche), che suonano
strumenti antichi;
il liuto, la viola
ad arco, i piattini,
l'organo a mano.
Ecco uccelli con arpe
e tamburelli, e un albero
stilizzato.
(Nevica,
son passati due anni.)
Ricordo quel progetto
di dogana del porto
di Vigo. (Tra la pioggia
i picchi delle Cíes,
dove d'estate annidano
i gabbiani.) Tutto
molto ridotto a sbarre,
benissimo risolto (ma,
m'innamorai della Galizia,
quel suo tremore ignaro,
tra patii e tetti).
III •
Le cose
Le cose.
E la casa
serrata. (Inchiodare chiodi
per appendere i quadri.)
Aver casa. Avere
per sempre una sposa.
E amarla.
Guardarla
con occhi che riacquistano
il non sapere, amandola
senza parlare, a lei vicino,
con lei coincidendo
nello stesso sorriso.
Esser sempre vicino,
e sentirla lontana!
- esser cattivo, ad arte -,
ed esser buono.
E amarla.
Nei giorni e nelle ore
innanzi al puro, sensibile.
sfumato orizzonte
della piana mancega.
Vita nostra. Sì nostra
eppur mia! (Guardarla
muto, comprendendola.)
Signore, non è più necessaria
la morte! (Mi mancava
prima, sì, la sua inedita
metà.)
La neve, fuori,
si liquefa, soffice.
I cammini, invernali
i pioppi...
Ma la bimba
cresce e la nostra casa.
IV •
Le cose.
E la casa
serrata. (Inchiodare chiodi
per appendere i quadri.)
Aver casa. Avere
per sempre una sposa.
E amarla.
Guardarla
con occhi che riacquistano
il non sapere, amandola
senza parlare, a lei vicino,
con lei coincidendo
nello stesso sorriso.
Esser sempre vicino,
e sentirla lontana!
- esser cattivo, ad arte -,
ed esser buono.
E amarla.
Nei giorni e nelle ore
innanzi al puro, sensibile.
sfumato orizzonte
della piana mancega.
Vita nostra. Sì nostra
eppur mia! (Guardarla
muto, comprendendola.)
Signore, non è più necessaria
la morte! (Mi mancava
prima, sì, la sua inedita
metà.)
La neve, fuori,
si liquefa, soffice.
I cammini, invernali
i pioppi...
Ma la bimba
cresce e la nostra casa.
IV •
Epica dei giorni
Epica dei giorni
solenni, e lirica
dei giorni usuali.
(Come in quei trasparenti
eremi di campani,
appena intravvisti
negli ultimi canti
guerrieri dell'Eneide.)
I lavori segreti
nei giorni. Le opere
sgorganti, giornalmente,
dal buon volere. (I fatti
che sono indipendenti
da noi.)
La bimba,
- la sua manina - urta
nel tramezzo. E continua
a sfilare l'inverno.
Passa e non passa.
Cresce,
e non cresce, la bimba.
E invecchio. Invecchia
il nostro amore: umide
labbra, velati sguardi
d'amor che si fa vecchio
(più usato, più nostro,
dal tempo).
Oh, lunghi
anni! Sii benedetto,
Signore nostro, nel tempo
e per il tempo!
(Fuori,
la neve di questo inverno.)
****************
El invierno
1. Día de nieve blanda.
Las cortinas echadas.
(Verdes, rojas, sus franjas.)
Una firma al brasero.
Un vaso con violetas.
Y tú, enfrente.
(Una copa
de coñac, ya vacía.)
Tú, enfrente.
El cenicero
de plata. Ángeles músicos.
¡Qué alegre Frá Angélico!
¡Qué agreste Zabaleta
y su clara acuarela
que es una puerta abierta
al campo, con lejanas
colinas soleadas,
nada más!
El retrato
de tu hermana que ha muerto.
(Su marco isabelino
que se ahonda. )
Recuerdo
el camino, con lluvia,
del cementerio. Cruza
la negra carretera.
Y es más noble pisar
la tierra que el asfalto.)
La flor de la algarroba,
azulina. ¿Recuerdas
los brillos de la avena?
Está el pueblo encharcado
con bombillitas tristes,
ya en la noche.
Ha llegado
el auto. Los viajeros
que bajan; ropas húmedas
zapatos con barro.
2.
Epica dei giorni
solenni, e lirica
dei giorni usuali.
(Come in quei trasparenti
eremi di campani,
appena intravvisti
negli ultimi canti
guerrieri dell'Eneide.)
I lavori segreti
nei giorni. Le opere
sgorganti, giornalmente,
dal buon volere. (I fatti
che sono indipendenti
da noi.)
La bimba,
- la sua manina - urta
nel tramezzo. E continua
a sfilare l'inverno.
Passa e non passa.
Cresce,
e non cresce, la bimba.
E invecchio. Invecchia
il nostro amore: umide
labbra, velati sguardi
d'amor che si fa vecchio
(più usato, più nostro,
dal tempo).
Oh, lunghi
anni! Sii benedetto,
Signore nostro, nel tempo
e per il tempo!
(Fuori,
la neve di questo inverno.)
****************
El invierno
1. Día de nieve blanda.
Las cortinas echadas.
(Verdes, rojas, sus franjas.)
Una firma al brasero.
Un vaso con violetas.
Y tú, enfrente.
(Una copa
de coñac, ya vacía.)
Tú, enfrente.
El cenicero
de plata. Ángeles músicos.
¡Qué alegre Frá Angélico!
¡Qué agreste Zabaleta
y su clara acuarela
que es una puerta abierta
al campo, con lejanas
colinas soleadas,
nada más!
El retrato
de tu hermana que ha muerto.
(Su marco isabelino
que se ahonda. )
Recuerdo
el camino, con lluvia,
del cementerio. Cruza
la negra carretera.
Y es más noble pisar
la tierra que el asfalto.)
La flor de la algarroba,
azulina. ¿Recuerdas
los brillos de la avena?
Está el pueblo encharcado
con bombillitas tristes,
ya en la noche.
Ha llegado
el auto. Los viajeros
que bajan; ropas húmedas
zapatos con barro.
2.
Un vaso con violetas
sobre el mantel bordado
por ti cuando eras novia.
su canto gregoriano.
Sus músicos (sus pliegues
románicos ), tañendo
vetustos instrumentos:
El laúd, la vihuela
de arco, los albogues
el órgano de mano.
Hay pájaros con arpas
y panderos, y un árbol
estilizado.
(Nieva,
y han pasado dos años.)
Recuerdo aquel proyecto
de Aduana para el puerto
de Vigo. (Entre la lluvia
los picos de las Cíes,
donde en verano incuban
las gaviotas.) Todo
muy reducido a ejes,
muy bien resuelto (pero,
puse amor a Galicia,
temblor suyo ignorante,
en patios y tejados).
sobre el mantel bordado
por ti cuando eras novia.
su canto gregoriano.
Sus músicos (sus pliegues
románicos ), tañendo
vetustos instrumentos:
El laúd, la vihuela
de arco, los albogues
el órgano de mano.
Hay pájaros con arpas
y panderos, y un árbol
estilizado.
(Nieva,
y han pasado dos años.)
Recuerdo aquel proyecto
de Aduana para el puerto
de Vigo. (Entre la lluvia
los picos de las Cíes,
donde en verano incuban
las gaviotas.) Todo
muy reducido a ejes,
muy bien resuelto (pero,
puse amor a Galicia,
temblor suyo ignorante,
en patios y tejados).
3.
Las cosas
Y la casa
cerrada. ( Clavar clavos
para colgar los cuadros.)
Tener casa. Tener
para siempre una esposa.
Y quererla.
Mirarla
con ojos que recobran
la ignorancia, queriéndola
sin hablar, acercándome,
coincidiendo con ella
en la misma sonrisa.
Estar siempre tan cerca,
y sentir que se aleja!
y ser malo, a sabiendas-,
y ser bueno.
Y quererla.
Los días y las horas
frente al limpio, sensible,
matizado horizonte
y llanura manchega.
Vida nuestra. ¡Tan nuestra
y tan mía! (Mirarla
sin hablar, comprendiéndola.)
¡Señor, ya no hace falta
la muerte! (Antes, me hacía
mucha falta su inédita
mitad.)
La nieve, fuera,
derritiéndose, blanda.
Los caminos, los chopos
de inverno...
Pero crecen
la niña y nuestra casa.
4.
Y la casa
cerrada. ( Clavar clavos
para colgar los cuadros.)
Tener casa. Tener
para siempre una esposa.
Y quererla.
Mirarla
con ojos que recobran
la ignorancia, queriéndola
sin hablar, acercándome,
coincidiendo con ella
en la misma sonrisa.
Estar siempre tan cerca,
y sentir que se aleja!
y ser malo, a sabiendas-,
y ser bueno.
Y quererla.
Los días y las horas
frente al limpio, sensible,
matizado horizonte
y llanura manchega.
Vida nuestra. ¡Tan nuestra
y tan mía! (Mirarla
sin hablar, comprendiéndola.)
¡Señor, ya no hace falta
la muerte! (Antes, me hacía
mucha falta su inédita
mitad.)
La nieve, fuera,
derritiéndose, blanda.
Los caminos, los chopos
de inverno...
Pero crecen
la niña y nuestra casa.
4.
Los libros.
Y la niña
que se impacienta, y quiere
cogerlos.
(Son autores
ingleses, italianos.)
La niña, en su cercado
de barrotes azules,
malhumorada.
-Pronto,
ven, pajarito, y llévate
a esta niña!
La niña
se tira al suelo, esconde
la cabeza.
Y el pájaro
es el de nuestra lámpara
de artesanía.
(Libros
franceses, alemanes.)
Junto a La Galatea,
un Racine, un Verlaine,
un Antonio Machado.
Y Francis Jammes, desde
Le poete et sa femme
o Le poète rustique
su Almanaque, con
las flores, las legumbres,
los paisajes del año.
Y Mireya (o Mireio,
en provenzal), ¡qué diáfano
en sus quietas estrofas
todo lo no romántico!
5.
Y la niña
que se impacienta, y quiere
cogerlos.
(Son autores
ingleses, italianos.)
La niña, en su cercado
de barrotes azules,
malhumorada.
-Pronto,
ven, pajarito, y llévate
a esta niña!
La niña
se tira al suelo, esconde
la cabeza.
Y el pájaro
es el de nuestra lámpara
de artesanía.
(Libros
franceses, alemanes.)
Junto a La Galatea,
un Racine, un Verlaine,
un Antonio Machado.
Y Francis Jammes, desde
Le poete et sa femme
o Le poète rustique
su Almanaque, con
las flores, las legumbres,
los paisajes del año.
Y Mireya (o Mireio,
en provenzal), ¡qué diáfano
en sus quietas estrofas
todo lo no romántico!
5.
Recuerdos de esto mismo.
Ensueños verdaderos
de esto mismo.
Es el faro.
Pasan, blancas, sus ráfagas,
sobre las olas altas
del mar de Corrubedo.
Las oímos. Queremos
salir a verlas. Llueve
sobre el mar y la costa
de naufragios: los campos
de maíz y las dunas
solitarias (kilómetros
de arena golpeada
por el mar).
A la espalda
se han quedado los pueblos,
los prados, los cruceros
de piedra gris, los setos
de laureles, los muelles
del pescado.
El farero,
posa, grueso, su dedo
sobre el renglón cargado
tal vez de cervantinas
donosuras.
Y el faro
sigue, inmóvil, girando,
escrutando los lejos
brumosos del mar negro,
donde brota este viento
y estas gotas de lluvia
menudita en la cara
dejan de ser saladas.
6.
Ensueños verdaderos
de esto mismo.
Es el faro.
Pasan, blancas, sus ráfagas,
sobre las olas altas
del mar de Corrubedo.
Las oímos. Queremos
salir a verlas. Llueve
sobre el mar y la costa
de naufragios: los campos
de maíz y las dunas
solitarias (kilómetros
de arena golpeada
por el mar).
A la espalda
se han quedado los pueblos,
los prados, los cruceros
de piedra gris, los setos
de laureles, los muelles
del pescado.
El farero,
posa, grueso, su dedo
sobre el renglón cargado
tal vez de cervantinas
donosuras.
Y el faro
sigue, inmóvil, girando,
escrutando los lejos
brumosos del mar negro,
donde brota este viento
y estas gotas de lluvia
menudita en la cara
dejan de ser saladas.
6.
Monte bajo. Carrascas.
las urracas. Las jaras.
Las colmenas. La curva
del camino -su débil
blancura- con el pino
grande. El guarda y su perro,
tan tiñoso, tan tierno!
Crepúsculo en el pino,
ya empieza a moverse
la luna entre las zarzas
de los escarpes, entre
los leños del vivero
junto al río.
Hace húmedo
pero sube el espacio
de la noche.
La casa
como una lucecita
celeste en la distancia.
(Luz de velas. Las sombras
tiemblan en las paredes,
se agrandan, se deforman...)
Los pájaros nocturnos
que silban lejos, cerca.
Los sapos, más sutiles
cantores que los pájaros.
Y Bach, desde el piano,
aislando aún más la casa
en el monte y la noche.
(Piso el verde relente
de la trocha, acercándome...)
7.
las urracas. Las jaras.
Las colmenas. La curva
del camino -su débil
blancura- con el pino
grande. El guarda y su perro,
tan tiñoso, tan tierno!
Crepúsculo en el pino,
ya empieza a moverse
la luna entre las zarzas
de los escarpes, entre
los leños del vivero
junto al río.
Hace húmedo
pero sube el espacio
de la noche.
La casa
como una lucecita
celeste en la distancia.
(Luz de velas. Las sombras
tiemblan en las paredes,
se agrandan, se deforman...)
Los pájaros nocturnos
que silban lejos, cerca.
Los sapos, más sutiles
cantores que los pájaros.
Y Bach, desde el piano,
aislando aún más la casa
en el monte y la noche.
(Piso el verde relente
de la trocha, acercándome...)
7.
Las horas.
Sus pisadas
huecas. ¿En qué desierta
plazuela, o callejuela
sin ruidos, nuestra casa?
¿En qué fecha de un tiempo
no vivido?
(¿Y la niña
que empezaba a tener
dialecto propio, intrépidas,
venideras palabras?)
Nuestra casa -y la niña-
perdida.
Y yo buscándola
sobre el mapa.
Buscando
por el mar y sus playas,
por las faldas quebradas
de los montes, los pueblos
y las viejas ciudades,
(tan ceñidas de huertas,
de murallas, de árboles,
tan pausadas y anónimas
como los pueblos, aunque
un poquito más grandes).
Buscando, no alejados,
quiméricos oasis,
sino estas mismas aguas
regadoras y alegres
que tengo aquí: su pelo,
sus mejillas, su frente...
8.
huecas. ¿En qué desierta
plazuela, o callejuela
sin ruidos, nuestra casa?
¿En qué fecha de un tiempo
no vivido?
(¿Y la niña
que empezaba a tener
dialecto propio, intrépidas,
venideras palabras?)
Nuestra casa -y la niña-
perdida.
Y yo buscándola
sobre el mapa.
Buscando
por el mar y sus playas,
por las faldas quebradas
de los montes, los pueblos
y las viejas ciudades,
(tan ceñidas de huertas,
de murallas, de árboles,
tan pausadas y anónimas
como los pueblos, aunque
un poquito más grandes).
Buscando, no alejados,
quiméricos oasis,
sino estas mismas aguas
regadoras y alegres
que tengo aquí: su pelo,
sus mejillas, su frente...
8.
Un pueblo y su espigado
campanario entre pardos
camellones que empiezan
a verdear.
¡Sus cuestas
hacia el río!: agua turbia,
terrosa, turbulenta.
Y un repecho florido
tan indefenso en esta
quietud).
Sol de las cinco
de la tarde. Collejas
con sus flores colgantes,
y espiguillas curvándose.
Sobre el color violento
de los cerros cercanos,
la suavidad violenta
de la sierra.
Cruzado
ya el puente, entre los cerros
y la sierra, que ahueca
sus faldas, y se hace
de bulto, ¿en qué apartada
cañada, nuestra casa?
¿En qué hocina furtiva,
creciendo, entre las coles
azules y los lirios
morados, nuestra niña?
O, todavía un poco
más lejos, ¿en qué valle
serrano sube un humo
tranquilo entre los troncos
rojizos de los pinos ?
9.
campanario entre pardos
camellones que empiezan
a verdear.
¡Sus cuestas
hacia el río!: agua turbia,
terrosa, turbulenta.
Y un repecho florido
tan indefenso en esta
quietud).
Sol de las cinco
de la tarde. Collejas
con sus flores colgantes,
y espiguillas curvándose.
Sobre el color violento
de los cerros cercanos,
la suavidad violenta
de la sierra.
Cruzado
ya el puente, entre los cerros
y la sierra, que ahueca
sus faldas, y se hace
de bulto, ¿en qué apartada
cañada, nuestra casa?
¿En qué hocina furtiva,
creciendo, entre las coles
azules y los lirios
morados, nuestra niña?
O, todavía un poco
más lejos, ¿en qué valle
serrano sube un humo
tranquilo entre los troncos
rojizos de los pinos ?
9.
No hay prisa.
Y hace rato
que no hablamos.
(Sabemos
que está bien. Sonreímos.)
Verdes, rojas las franjas
de la cortina. Invierno.
Ya no hay ninguna prisa.
Ya cantarán los pájaros.
Ya se abrirán las lilas
y las rosas. La niña
romperá a hablar.
Despacio,
va pasando el invierno.
Estoy solo. (El cuadrado
corralillo, vacío.)
«Radio», floja, lejana:
A través de tabiques,
la voz de un hombre hablando,
dando noticias. (Siempre
noticias.)
La butaca
sin ella.
Me han dejado
(Están los juguetes
todos por el suelo,
el libro abierto, sobre
la camilla. )
Hay violetas.
Y el locutor que sigue,
terco, dando noticias
que no escucho.
Despacio,
con su nieve, el invierno,
con el sol de los viejos.
Y ser viejo: haber vivido
más acá de los hechos. )
10.
Y hace rato
que no hablamos.
(Sabemos
que está bien. Sonreímos.)
Verdes, rojas las franjas
de la cortina. Invierno.
Ya no hay ninguna prisa.
Ya cantarán los pájaros.
Ya se abrirán las lilas
y las rosas. La niña
romperá a hablar.
Despacio,
va pasando el invierno.
Estoy solo. (El cuadrado
corralillo, vacío.)
«Radio», floja, lejana:
A través de tabiques,
la voz de un hombre hablando,
dando noticias. (Siempre
noticias.)
La butaca
sin ella.
Me han dejado
(Están los juguetes
todos por el suelo,
el libro abierto, sobre
la camilla. )
Hay violetas.
Y el locutor que sigue,
terco, dando noticias
que no escucho.
Despacio,
con su nieve, el invierno,
con el sol de los viejos.
Y ser viejo: haber vivido
más acá de los hechos. )
10.
Épica de los días
señalados, y lírica
de los días diarios.
Como en esos rincones
transparentes de esquilas,
apenas vislumbrados
y los últimos cantos
guerreros de la Eneida.)
Los trabajos secretos
en los días. Las obras
que brotan, diariamente,
de la actitud. (Los hechos
que son independientes
de nosotros.)
La niña
-su manecita- pega
en el tabique. Y sigue
desfilando el invierno.
Pasa y no pasa.
Crece,
y no crece, la niña.
Y envejezco. Envejece
nuestro amor: labios húmedos,
empañadas miradas
de amor que se hace viejo
(más usado, más nuestro
por el tiempo).
¡Qué largos
años! ¡Bendito seas,
Señor nuestro, en el tiempo
y por el tiempo!
(Fuera,
la nieve de este invierno.)
11.
señalados, y lírica
de los días diarios.
Como en esos rincones
transparentes de esquilas,
apenas vislumbrados
y los últimos cantos
guerreros de la Eneida.)
Los trabajos secretos
en los días. Las obras
que brotan, diariamente,
de la actitud. (Los hechos
que son independientes
de nosotros.)
La niña
-su manecita- pega
en el tabique. Y sigue
desfilando el invierno.
Pasa y no pasa.
Crece,
y no crece, la niña.
Y envejezco. Envejece
nuestro amor: labios húmedos,
empañadas miradas
de amor que se hace viejo
(más usado, más nuestro
por el tiempo).
¡Qué largos
años! ¡Bendito seas,
Señor nuestro, en el tiempo
y por el tiempo!
(Fuera,
la nieve de este invierno.)
11.
Quererla así.
(Viviendo
lo que tengo.)
Y soñarla.
Soñar, así, su frente
clara, su pelo suelto,
sus pies que van descalzos
por los caminos...
(Blancos,
apretados senderos
de un sueño, que nos llevan
¿adónde? ¿En qué recodo
brota un dolor más hondo
que la muerte?)
Tres, cuatro,
diez, once, quince años
tendrá la niña.
Esbelta
de cuerpo, irá creciendo
por la casa.
Las monjas
la Madre Superiora! -
nos robarán sus horas
adictas de curiosa
colegiala.
¡Ojos míos
viejos, corazón mí0
viejo, cargado de años,
de mis años, mis obras,
de mis trabajos secretos
frente a este mismo plato
de plátano mezclado
con jugo de naranja
frente a este mismo ensueño
partido en el mapa)!
Nosotros dos (y ella
chiquitina). Nosotros
tres. (Su risa dormida.)
12.
(Viviendo
lo que tengo.)
Y soñarla.
Soñar, así, su frente
clara, su pelo suelto,
sus pies que van descalzos
por los caminos...
(Blancos,
apretados senderos
de un sueño, que nos llevan
¿adónde? ¿En qué recodo
brota un dolor más hondo
que la muerte?)
Tres, cuatro,
diez, once, quince años
tendrá la niña.
Esbelta
de cuerpo, irá creciendo
por la casa.
Las monjas
la Madre Superiora! -
nos robarán sus horas
adictas de curiosa
colegiala.
¡Ojos míos
viejos, corazón mí0
viejo, cargado de años,
de mis años, mis obras,
de mis trabajos secretos
frente a este mismo plato
de plátano mezclado
con jugo de naranja
frente a este mismo ensueño
partido en el mapa)!
Nosotros dos (y ella
chiquitina). Nosotros
tres. (Su risa dormida.)
12.
Duerme.
(Y nosotros dos
nos hemos ido al estreno.)
Duerme.
(Y hemos estado
pisando juntos.)
Duerme.
Nubes rápidas. Viento
que viene de los Gredos.
Cielo grande nocturno
y un gran lucero verde.
(Las fiestas, y su traje
de noche -y su belleza-,
mientras la niña duerme...)
De sobremesa, hablamos
tal vez. Poco. Y volvemos
a callar. Nos miramos
a los ojos.
Decimos
lo mismo.
Y nos queremos
hacia la primavera
y el verano, hacia el campo
y su olor despejado,
hacia el mar y sus barcos.
(Mientras la niña duerme.)
13.
(Y nosotros dos
nos hemos ido al estreno.)
Duerme.
(Y hemos estado
pisando juntos.)
Duerme.
Nubes rápidas. Viento
que viene de los Gredos.
Cielo grande nocturno
y un gran lucero verde.
(Las fiestas, y su traje
de noche -y su belleza-,
mientras la niña duerme...)
De sobremesa, hablamos
tal vez. Poco. Y volvemos
a callar. Nos miramos
a los ojos.
Decimos
lo mismo.
Y nos queremos
hacia la primavera
y el verano, hacia el campo
y su olor despejado,
hacia el mar y sus barcos.
(Mientras la niña duerme.)
13.
Duerme
Dentro de poco
dormiremos nosotros,
también.
¿Se habrá quedado
Dios en vela? ¿Sus ojos
seguirán recordando
-con el viento en los árboles
veraniegos- la estela
fugaz de nuestro barco?
En esta noche oscura
de cosas que se agrupan
sencillamente tuyas
en torno a nuestro abrazo,
no hace falta que veles,
Señor. (Y, sin embargo,
siempre será mejor
que te quedes despierto,
como un lucero grande
sobre el viento.)
Se hunde
fatigada en el sueño
la casa.
Nos acechan
peligros separados,
pero si estás Tú en vela
dormiremos más juntos
los tres, casi los cuatro.
De (Continuación de la vida) 1949
Dentro de poco
dormiremos nosotros,
también.
¿Se habrá quedado
Dios en vela? ¿Sus ojos
seguirán recordando
-con el viento en los árboles
veraniegos- la estela
fugaz de nuestro barco?
En esta noche oscura
de cosas que se agrupan
sencillamente tuyas
en torno a nuestro abrazo,
no hace falta que veles,
Señor. (Y, sin embargo,
siempre será mejor
que te quedes despierto,
como un lucero grande
sobre el viento.)
Se hunde
fatigada en el sueño
la casa.
Nos acechan
peligros separados,
pero si estás Tú en vela
dormiremos más juntos
los tres, casi los cuatro.
De (Continuación de la vida) 1949
2 commenti:
Un susseguirsi di immagini, sentimenti, momenti nel tempo e del tempo. Bella lettura.
Di nuovo, sabato. Qui niente neve: è tutta dalle tue parti, Francesca. Però piove.
Buona domenica Rose, e come si dice: Che Dio ce la mandi buona!!!
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