Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

sabato 29 novembre 2008

Io tornerò di Pablo Neruda

Thayer Un giorno, uomo o donna, viandante,
dopo,quando non vivrò,
cercate qui, cercatemi
tra pietra e oceano,
alla luce burrascosa
della schiuma.
Qui cercate,cercatemi,
perchè qui tornerò senza dire nulla,
senza voce, senza bocca, puro,
qui tornerò a essere il movimento
dell'acqua, del
suo cuore selvaggio,
starò qui, perso e ritrovato:
qui sarò forse pietra e silenzio.

venerdì 28 novembre 2008

Presto o tardi di Eugenio Montale

DanielsonHo creduto da bimbo che non l'uomo
si muove ma il fondale, il paesaggio.
Fu quando io, fermo, vidi srotolarsi
il lago di Lugano nel vaudeville
di un Dall'Argine che probabilmente
in omaggio a se stesso, nomen omen,
non lasció mai la proda. Poi mi accorsi
del mio puerile inganno e ora so
che volante o pedestre, stasi o moto
in nulla differiscono. C’è chi ama
bere la vita a gocce o a garganella;
ma la bottiglia è quella, non si può
riempirla quando è vuota.

giovedì 27 novembre 2008

L'annegato di Jacques Prevert

Rodriguez Correidoira/Vedove del mareDurante un tempo dato
ritrovato
dimenticato
Parlava della sua morte
e ne parlava come se niente fosse
E poi dopo la dimenticava
E poi davanti nello stesso tempo
essa ritornava
Egli non la trovava cattiva
un gusto d'altri tempi
un gusto d'un dato tempo
Nondimeno
era la morte a venire
andava e veniva
partendo e ritornando
contemporaneamente alla vita
Chi era quella persona
già insediata là come a casa sua
in lui
e forse leggiadra
Forse molto semplicemente era
la vita truccata per un tempo dato
dato chissà dove da chissà che per chissà chi
Era forse anche la notte bella come il giorno
era forse certamente il giorno bello come la notte
era già forse l'avvenire già finito
era ancora forse tutto il mondo travestito per i rari giorni di festa di questo mondo che si
dimentica
Per l'annegato la morte è il mare
E per il mare l'annegato è forse un po' della sua vita
Ma
se domandate all'annegato cosa pensa del mare
Se gli domandate il suo parere
sulla vita della morte e l'amore della vita
sulla morte della vita
sulla vita dell'amore
la più leggera schiuma delle onde di questo mare
del più lontano dei suoi nuovi e così vecchi fiumi
sorride senza rispondervi
senza rispondere per lui
senza rispondere di lui.

mercoledì 26 novembre 2008

Mai e poi mai di Pablo Neruda

Gerda/Kirchner A notte fonda, all'alba
Mai e poi mai, sempre e poi sempre
ti amerò. Ecco cosa le cantava.
Il cuore freddo di lei gli si mostrava
Vorrei che amassi me soltanto.
Lui le diceva che era pazzo di lei
e che lei era un po' troppo ragionevole per lui
Mai e poi mai, sempre e poi sempre
a giorno fatto e notte fonda.
Certo, se dico che t'amo
T'amo da morire
e un po' anche per viverne.
E non voglio dire che non amo che te
Che non mi piace andarmene
andarmene per tornare
che non mi piace ridere
e che alle tue tenere lacrime
non preferisco il tuo sorriso.
Ama me soltanto, dice lei
o sennò non conta niente.
Cerca di capire
Capire non m'importa
Hai ragione, non si tratta di capire
Si tratta di sapere.
Non voglio sapere niente
Hai ragione, non si tratta di sapere
Si tratta di vivere, di essere, di esistere
Guarda che non esiste
io voglio che tu mi ami
e che ami soltanto me
Ma voglio che altre ti amino
e che tu ti neghi loro
a causa mia.
Terribilmente avida
è colpa mia se son fatta così.
Va beh, dice lui, e se ne va.
Mai e poi mai all'alba
In piena notte sempre e poi sempre
Non vale la pena di tornare....
Lei gli ha buttato le valigie dalla finestra
e lui è in strada
solo con le valigie.
Eccomi qui solo come un cane sotto la pioggia
Poi si accorge che non piove.
Peccato, è meno bello.
In fin dei conti non si può avere tutte
le sere una tempesta di neve
e lo scenario non sempre è
drammatico come si vorrebbe.
L'uomo lascia cadere le valigie
le camicie, il rasoio elettrico
le boccette e le mani nelle tasche
il bavero del soprabito sollevato...
S'infila nella nebbia
ma non c'è nebbia
ma l'uomo pensa
Lascio i bagagli e m'infilo nella nebbia.
Allora c'è nebbia
e pensa al suo grande amore
e fa vibrare i violini del ricordo
e affretta il passo perchè fa freddo
e passa un ponte e torna sui suoi passi
e passa un altro ponte
e non sa perchè.
Uomini e donne escono da un cinema
dove dietro un cartellone c'è un sacerdote
E la folla se ne va e la luce si spegne
Il prete resta.
Che starà combinando quel prete dietro
il cartellone?
Appena l'uomo lo guarda il prete sparisce
ma di quando in quando fa capolino
come il frate della cassetta
dei più rudimentali barometri
Una testa piatta e livida
come una luna malata
come un vecchissimo bianco d'uovo
su un piatto bisunto.
E poi in fin dei conti cosa può importarmi
quel cinema potrebbe essere
il locale notturno di quel prete
Ma il prete lancia un urlo
come una donnicciola che venga sgozzata
come un barboncino che ha le cuoia
nelle nebbie di Londra
in piena Parigi di notte
l'uomo scappa
Mai e poi mai, sempre e poi sempre
Inseguito dal suo grande amore......

martedì 25 novembre 2008

Zia Helen di Thomas Stearns Eliot

Madame Gonse/Ingres
Miss Helen Slingsby, mia zia rimasta zitella,
Abitava una piccola casa presso una piazza elegante
Servita da domestici in numero di quattro.
Ora quando morì vi fu silenzio in cielo
E silenzio alla fine della strada.
Vennero chiuse le imposte, l'imprenditore funebre
Si pulì i piedi - sapeva bene che cose di quel genere
Erano già accadute prima.
Ai cani fu ampiamente provveduto,
Ma poco dopo morì anche il pappagallo.
La pendola di Dresda
Continuò a ticchettare sulla sporgenza del caminetto,
E il valletto in livrea si sedette sul tavolo da pranzo -
Con la seconda domestica sulle ginocchia - quella che quando
La padrona era in vita aveva sempre tenuto un contegno irreprensibile

lunedì 24 novembre 2008

Assenza di Piero Bigongiari

Camarasa
Non ha il cielo un segreto che ti culmini,
le tue risa s'iridano al vetro
della sera dolcissima di fulmini.
Al cielo sale nel tuo gesto effìmero
la riga d'un diamante, lo smeriglio
ricalcola all'assenza una giunchiglia
morta nel sonno e al tenero fermaglio
del tuo dolore che non si può chiudere
geleranno dagli astri luci blu,
luci sorte alla piega delle labbra
che rimormorano arse cielo al cielo.
Dove un rapido greto si distrugge,
dove odorano (al tuo braccio?)
gaggie, segreto faccio
mia la tua pena che non ti raggiunge.

domenica 23 novembre 2008

Come presso i morti di Emily Dickinson

Evelyn De Morgan*The angel of death
Come presso i morti amiamo sedere -
Divenuti così incredibilmente cari -
Come ai perduti ci aggrappiamo
Nonostante tutti gli altri siano qui -
In spezzata matematica

Valutiamo il nostro tesoro
Vasto - nella misura in cui svanisce
Ai nostri occhi impoveriti.