Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

sabato 19 aprile 2014

In Paradiso di Fausto Maria Martini

Ettore Tito*1911
per la memoria di Sergio Corazzini

In Paradiso è sabato, di sera:
un gran da fare, come quando al mondo
lo scampanio d'un sabato giocondo
annuncia Pasqua con la primavera.

Tutti in faccende, e il santo e il cherubino:
qualcuno intreccia l'ultimo lavoro,
un vecchio intesse una corona d'oro,
un giovinetto accorda il violino...

Il vecchio parla e si veste di sorriso
la sua parola, dolce alle novelle
anime, giunte ai prati delle stelle,
che non sanno la vita in Paradiso.

E dice il vecchio: " Ognuno che si muoia
rivive qui la sua vita terrena,
ma non un'alba che non sia serena,
ma nessun'ora senza la sua gioia!

E chi durante la sua vita seppe
tornire il legno o tessere la lana,
riprende la sua bella arte lontana
presso sant'Anna o presso san Giuseppe...

Il gregge guida con un suo vincastro
uno che sopra i monti era pastore...
chi molto amava e non trovò l'amore,
ha, suoi fratelli, il filo d'erba e l'astro."

Ora, si tace il vecchio, e ascolta e attende:
soave giunge un canto dalla via
lattea: fra stelle tremule, Maria,
tutta vestita d'umiltà, discende.

E dice il vecchio a ogni anima novella:
"Ecco, s'affretta ognuno perchè vuole
l'opera sia compiuta avanti il sole
e all'alba spargerà la sua mortella:

mortella e spiga innanzi alla sua porta...
pur ora trasvolavano ai giardini
per far raccolta, sette cherubini:
ciascuno tornerà, colma la sporta.

Ci desteranno le campane a stormo
sull'alba, come quando da le chiese
ognuna grida al suo bianco paese:
"Destati, è l'alba! vedi ch'io non dormo!"

Ma voi mi domandate: "E chi aspetta?"
Oh! chi s'aspetta è di là dalla morte
e sogna e canta e ignora la sua sorte:
per questo ognuno il suo lavoro affretta.

E' un'anima solinga, puerile,
anima dolce che si maraviglia
del cielo, e serba, come la conchiglia,
un inno anche d'ottobre, anche d'aprile.

La sua casa è costretta in una rete
di rosaspina, con gli embrici rossi
com'hanno le lor gole i pettirossi...
Guardate giù tra il Carro e la vedrete.

Egli s'è chiuso nella stanza prima
che sorgesse la luna, e non s'avvede
che primavera è su la soglia e chiede
d'entrare...gli sorride, oggi, la Rima.

E il poeta non vuole che si spezzi
l'incanto: il verso puro gli fluisce,
s'offrono a mille, ed egli li blandisce,
e con lo sguardo pare li carezzi:

ma se manchi una rima alla quartina,
il povero poeta s'impaura,
come una pecorella che, sicura
bruca le rose e si punge alla spina...

Egli è come l'artefice di minio,
che dipinse nel giorno una Madonna,
e molto azzurro accolse su la gonna,
diede alle labbra un tocco di carminio,

e a sera addormentandosi soave,
vide nella sua cella di lavoro,
comne in un tempio fulgido e canoro,
Maria che sorrideva dolce e grave...

Canta il poeta la serenità
nè si ricorda più quanto ebbe pianto...
Domani all'alba, e forse a mezzo il canto,
per non destarsui più s'addormirà..."
********
POESIE PROVINCIALI

2 commenti:

Francesca Vicedomini ha detto...

Insopportabilmente mielosa...
ma Buona Pasqua a tutti...

Rose ha detto...

Poverino, il povero poeta! Fa tenerezza, comunque, in certi punti.

Sì, Buona Pasqua a tutti.