Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

venerdì 30 aprile 2010

Sonetto 104 di William Shakespeare

John Roddam Spencer Stanhope/Robin of modern times Per me, mio caro, non sarai mai vecchio:
come quando il tuo viso io mirai prima,
bello mi sembri. Hanno tre freddi inverni
scosso dai boschi a tre estati il vanto,
tre belle primavere in gialli autunni
mutarsi ho visto nel volger dell'anno,
tre profumi d'aprile arsi in tre giugni,
da quando vidi te verde come ora.
Ah, come un indice di meridiana,
trascorre impercettibile beltà:
sempre immota a me sembra la tua forma,
ma è mobile, e può l'occhio ingannare.
Future età, prima che foste nate,
era già morta di beltà l'estate.

giovedì 29 aprile 2010

Primavere romantiche di Guido Gozzano

Millais
Non turbate il silenzio. Tutto tace
verso la donna rivestita a lutto:
la campagna, lo stagno, il cielo, tutto
illude la dolente... O pace! pace!
O pace, pace! Poiché nulla spera
ormai la donna declinante. Invano
fiorisce di viole il colle e il piano:
non ritorna per lei la primavera.
Oh antiche primavere! Oh i suoi vent'anni
oimè per sempre dileguati. Quanto,
oh quanto ella ha sofferto e come ha pianto!
Atroci sono stati i suoi affanni.
Nulla più spera ormai: però la bella
timida primavera che sorride
dilegua la mestizia che la uccide,
e un sogno antico in lei si rinnovella.
Non pure ieri il piede ella volgea
allo stagno che l'isola circonda?
Ella recava un libro ove la bionda
reina per il paggio si struggea:
(avea il volume incisioni rare
dove il bel paggio con la mano manca
alla donna offeria la rosa bianca
e s'inchinava in atto d'adorare).
O sogni d'altri tempi, o tanto buoni
sogni d'ingenuità e di candore,
non sapevate il vuoto e il vostro errore
o innocenti d'allor decameroni!
Ella col libro qui venia leggendo
e a quando a quando in terra s'inchinava
la mammola, l'anemone, e la flava
primula prestamente raccogliendo.
Oh tutto Ella ricorda: le turchine
rose trapunte della bianca veste,
la veste bianca in seta, e la celeste
fascia che le gonfiava il crinoline.
Poi apriva il cancello, e il ponte stesso
dove or riposa la persona stanca
allora trascorreva agile e franca
né s'indugiava come indugia adesso.
Poi entrava nell'isola, e furtiva
in fra il tronco del tremulo e del faggio
guatava se al boschivo romitaggio
l'amico del suo sogno conveniva.
Oh tutto Ella ricorda! Ecco apparire
l'Amato: giunge al margine del vallo
dell'acque, e raffrenato il suo cavallo
il cancello la supplica d'aprire.
"Non dunque accetta è l'umile dimanda
del vostro paggio, o bella castellana?
Combattuto ha per voi; fatto gualdana
egli ha per voi, magnifica Jolanda."
Egli disse per gioco. D'un soave
sorriso ella rispose: assai le piacque
il madrigale, ed al di là dell'acque,
sorridendo d'amor, getta la chiave.
Oh tutto Ella rammemora. Non fu
ieri? No, non fu ieri. Il lungo affanno
ella dunque già scorda? O atroce inganno
quel dolce aprile non verrà mai più...
Non turbate il silenzio. Tutto tace
verso la donna rivestita a lutto,
la campagna, lo stagno, il cielo, tutto
illude la dolente... O pace, pace!

(Tu parlavi, Mamma: la melodia
della voce suscitava alla mia mente
la visione del tuo sogno perduto. Or
ecco: ho imprigionato il sogno con
una sottile malia di sillabe e di versi
e te lo rendo perché tu riviva le
gioie della giovinezza.)

mercoledì 28 aprile 2010

Mottetto della sera d'aprile di Alfonso Gatto

Fernando Botero
Come la pioggia il cuore
scende in sé solo eterno
come in un lungo inverno
la neve dell'amore.
Tutta dolcezza e pianto
vorresti le parole
che chiudono da sole
la verità del canto.
Parole in cui la sera
si spenga a poco a poco
sola in quel fiume fioco
di cielo a primavera.
In questa calda serra
un palpito che sveli
le cose è già parola.
Cade la pioggia, sola.
Sei come i grandi cieli
che fuggono la terra.
(da "Poesie d'amore 1941-1949")

martedì 27 aprile 2010

Invito all'Erano di Saffo

Burton Venite al tempio sacro delle vergini
dove più grato è il bosco e sulle are
fuma l'incenso.
Qui fresca l'acqua mormora tra i rami
dei meli: il luogo è all'ombra di roseti,
dallo stormire delle foglie nasce
profonda quiete.
Qui il prato ove meriggiano i cavalli
è tutto fiori della primavera
e gli aneti vi odorano soavi.
E qui con impeto, dominatrice,
versa Afrodite nelle tazze d'oro
chiaro vino celeste con la gioia.

lunedì 26 aprile 2010

Non respingere i sogni perché sono sogni di Pedro Salinas

Cornoyer/Central Park/Early spring Non respingere i sogni perché sono sogni.
Tutti i sogni possono
essere realtà, se il sogno non finisce.
La realtà è un sogno.Se sogniamo
che la pietra è pietra, questo è la pietra.
Ciò che scorre nei fiumi non è acqua,
è un sognare, l'acqua, cristallina.
La realtà traveste
il sogno, e dice:
"Io sono il sole, i cieli, l'amore".
Ma mai si dilegua, mai passa,
se fingiamo di credere che è più che un sogno.
E viviamo sognandola.Sognare
è il mezzo che l'anima ha
perché non le fugga mai
ciò che fuggirebbe se smettessimo
di sognare che è realtà ciò che non esiste.
Muore solo
un amore che ha smesso di essere sognato
fatto materia e che si cerca sulla terra.

domenica 25 aprile 2010

Bella ciao

Fernando Botero
Una mattina mi son svegliato,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.
O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.
E seppellire lassù in montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior.
E tutte le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E tutte le genti che passeranno
Mi diranno «Che bel fior!»
«È questo il fiore del partigiano»,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
«È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!»

sabato 24 aprile 2010

Monumento di Piero Calamandrei

Pedro Saenz/Tomba del poeta
 Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

venerdì 23 aprile 2010

Hanno sparato a mezzanotte di Alfonso Gatto

Pietà/Bocklin
Hanno sparato a mezzanotte, ho udito
il ragazzo cadere sulla neve
e la neve coprirlo senza un nome.
Guardare i morti alla città rimane
e illividire sotto il cielo. All'alba
con la neve cadente dai frontoni
dai fili neri sempre più rovina
accasciata di schianto sulla madre
che carponi s'abbevera a quegli occhi
ghiacci del figlio, a quei capelli sciolti
nei fiumi azzurri della primavera.

giovedì 22 aprile 2010

Il fiume di Giovanni Pascoli

Thomas Millie Dow/A vision of spring Fiume che là specchiasti un casolare
co' suoi rossi garofani, qua mura
d'erme castella, e tremula verzura;
eccoti giunto al fragoroso mare:
ed ecco i flutti verso te balzare
su dall'interminabile pianura,
in larghe file; e nella riva oscura
questa si frange, e in quella in alto appare;
tituba e croscia. E là, donde tu lieto,
di sasso in sasso, al piè d'una betulla,
sgorghi sonoro tra le brevi sponde;
a un po' d'auretta scricchiola il canneto,
fruscia il castagno, e forse una fanciulla
sogna a quell'ombre, al mormorìo dell'onde.
(Primavera/Myricae)

mercoledì 21 aprile 2010

Il sogno di Pietro Metastasio

Pierre Gobert/Noiva come Flora Pur nel sonno almen talora
vien colei, che m'innamora,
le mie pene a consolar.
Rendi Amor, se giusto sei,
più veraci i sogni miei,
o non farmi risvegliar.
Di solitaria fonte
sul margo assiso al primo albore, o Fille,
sognai d'esser con te. Sognai, ma in guisa
che sognar non credei. Garrir gli augelli,
frangersi l'acque e susurrar le foglie
pareami udir. De' tuoi begli occhi al lume,
come suol per costume,
fra' suoi palpiti usati era il cor mio.
Sol nel vederti, oh Dio!
pietosa a me, qual non ti vidi mai,
di sognar qualche volta io dubitai.
Quai voci udii! Che dolci nomi ottenni,
cara, da' labbri tuoi! Quali in quei molli
tremuli rai teneri sensi io lessi!
Ah se mirar potessi
quanto splendan più belle
fra i lampi di pietà le tue pupille,
mai più crudel non mi saresti, o Fille.
Qual io divenni allora,
quel che allora io pensai, ciò che allor dissi,
ridir non so. So che sul vivo latte
della tua mano io mille baci impressi;
tu d'un vago rossor tingesti il volto.
Quando improvviso ascolto
d'un cespuglio vicin scuoter le fronde:
mi volgo, e mezzo ascoso
scopro il rival Fileno,
che d'invido veleno
livido in faccia i furti miei rimira.
Fra la sorpresa e l'ira
avvampai, mi riscossi in un momento,
e fu breve anche in sogno il mio contento.
Partì con l'ombra, è ver,
l'inganno ed il piacer;
ma la mia fiamma, oh Dio!
idolo del cor mio,
con l'ombra non partì.
Se mai per un momento
sognando io son felice,
poi cresce il mio tormento,
quando ritorna il dì.

martedì 20 aprile 2010

Chiare fresche dolci acque di Francesco Petrarca

John Twachtman/Springtime

Chiare fresche e dolci acque
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo, ove piacque,
(con sospir mi rimembra)
a lei di fare al bel fianco colonna;
erba e fior che la gonna
leggiadra ricoverse con l'angelico seno;
aere sacro sereno
ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:
date udienza insieme
a le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino,
e 'l cielo in ciò s'adopra,
ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,
qualche grazia il meschino
corpo fra voi ricopra,
e torni l'alma al proprio albergo ignuda;
la morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo,
ché lo spirito lasso
non poria mai più riposato porto
né in più tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forse
ch'a l'usato soggiorno
torni la fera bella e mansueta,
e là 'v'ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disiosa e lieta,
cercandomi; ed o pietà!
già terra infra le pietre
vedendo, Amor l'inspiri
in guisa che sospiri
sì dolcemente che mercé m'impetre,
e faccia forza al cielo
asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea,
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior sovra 'l suo grembo;
ed ella si sedea
umile in tanta gloria,
coverta già de l'amoroso nembo;
qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch'oro forbito e perle
eran quel dì a vederle;
qual si posava in terra e qual su l'onde,
qual con un vago errore
girando perea dir: "Qui regna Amore".
Quante volte diss'io
allor pien di spavento:
"Costei per fermo nacque in paradiso!".
Così carco d'oblio
il divin portamento
e 'l volto e le parole e'l dolce riso
m'aveano, e sì diviso
da l'imagine vera,
ch'i' dicea sospirando:
"Qui come venn'io o quando?"
credendo esser in ciel, non là dov'era.
Da indi in qua mi piace
quest'erba sì ch'altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ai voglia,
poresti arditamente
uscir del bosco e gir infra la gente.

lunedì 19 aprile 2010

Canzone d'amore di David Herbert Lawrence

Lady Alastair Graham/De Laszlo/1925
Non respingermi se ti dico
che scordo il suono della tua voce,
che i tuoi occhi felici dimentico, mentre indagano
attraverso il tempo per scorgere il nostro matrimonio.
Ma quando sbocciano i fiori del melo
sotto la luna dalle dita pallide,
sul mio petto vedo il tuo chiaro volto
e i miei obblighi cancello, fingendomi malato.
Allora alla mia camera chiudo
le imposte per nascondere il giardino, dove lieta
è la luna per i fiori aperti, che la seducono
con la loro bellezza, chiedendo d'esser ricambiati.
E a te levo le braccia dolenti
e il mio petto avido angosciato sollevo
e lacrimo davvero tormentandomi per te,
e alle porte del sonno mi slancio, per riposare.
Tutta l'ansiosa notte m'agito per te,
sognando che sottomessa la tua bocca si porga alla mia,
sento trasportarmi dal tuo petto vigoroso
in un sonno che nessun dubbio o sogno può insidiare.

domenica 18 aprile 2010

Sonetto 100 di William Shakespeare

Moritz Von Schwind Dove sei, Musa, che ti sei scordata
di ciò che ti dà tutto il tuo potere?
In canti indegni spendi il tuo furore,
dài luce a inezie, e la tua forza oscuri?
Torna, immemore Musa, ed in gentili
ritmi redimi il tempo speso invano;
canta all'orecchio che ai tuoi lai dà pregio,
e arte alla tua penna ed argomento,
Su, pigra Musa, osserva il dolce volto,
se qualche ruga il Tempo v'abbia incisa;
se sì, tu il declino satireggia,
svergogna ovunque i saccheggi del Tempo.
Prima che il Tempo uccida, dagli fama:
la falce preverrai, la curva lama.

sabato 17 aprile 2010

Tentativo di gelosia di Marina Cvetaeva

Emile Claus/Madame Claus
Ditemi: come va con l'altra?
Meglio? Meno grane? - Mano ai remi! -
Vana linea costiera s'assottiglia,
scompare la memoria estrema
di me, isola fluttuante
(per cielo, non per mare...)
Anime, anime: sorelle! Anime:
amiche - mai più amanti!
Come vi va con la creatura
semplice? Senza divinità? E poi?
Voi, sceso dal trono, voi
che avete deposto la regina,
come vivete? Non c'è male? Non più
beghe? E bevete - quanto, adesso? E la cucina?
Il dazio della mediocrità immortale
come lo pagate, poveretto?
"Basta con le scenate, con gli eccessi -
cambio casa, vado via!"
Con la qualunque - come state
di che vivete, voi - mio eletto?
Mangiate - e dopo pranzo un sonnellino?
- Non lamentarti quando sarai sazio!...-
Con il simulacro come state
voi che avete dissacrato
il Sinai? Come vivete con la donna
terrestre? Per la costola vi piace?
Non vi frusta la fronte la vergogna?
La briglia di Giove vi dà pace?
E la salute? E i nervi? Senza
problemi? A letto tutto bene?
L'immortale piaga della coscienza
come la curate, poveretto?
Come vivete con la merce da mercato?
Troppo cara la vita? Vi assilla
l'alto prezzo? Dopo i marmi di Carrara
che ve ne fate del tritume
di gesso? (E' in pezzi
il dio scolpito nell'argilla...)
Come ci state con la milleunesima
voi - che avete conosciuto Lilith?
Già v'annoia l'ultima trovata
della moda? Sottratto all'incantesimo,
dite, come ve la passate
con l'umana senza il sesto
senso?
In coscienza - sei felice?
No? In quel disastro senza dei
come stai, amore? E' dura? Sì?
Come per me con l'altro?

venerdì 16 aprile 2010

Cipride di Saffo

Aurora/Francesco De Mura Qui da noi: un tempio venerando,
un pomario di meli deliziosi,
altari dove bruciano profumi d'incenso,
un'acqua freddissima che suona
in mezzo ai rami dei meli,
e le ombre dei rosai in tutto il posto,
e dalle foglie scosse trabocca sonno,
poi un florido prato, coi cavalli,
i fiori della primavera,
aliti dolcissimi che spirano…
dove Cipride coglie le corone
e delicatamente mesce un nettare
che si mescola nelle grandi feste,
in coppe d'oro…

giovedì 15 aprile 2010

Com'è gentil di Giovanni Ruffini

Bocklin/NinfaCom'è gentil la notte a mezzo april!
È azzurro il ciel, la luna è senza vel:
tutto è languor, pace, mistero, amor,
ben mio, perché ancor non vieni a me?
Formano l'aure d'amore accenti,
del rio nel murmure sospiri senti;
il tuo fedel si strugge di desir;
Nina crudel, mi vuoi veder morir!
Poi quando sarò morto, piangerai,
ma ritornarmi in vita non potrai.
CORO
(di dentro)
Poi quando sarà morto, piangerai,
ma ritornarlo in vita non potrai.
(Don Pasquale di Gaetano Donizetti
Atto III/Scena VI/Serenata e notturno)

mercoledì 14 aprile 2010

Un pensiero mi è venuto in mente oggi di Emily Dickinson

Anna Ancher/1891
Un Pensiero mi è venuto in mente oggi -
Che avevo già avuto -
Ma non si era concluso - tempo fa -
Non potrei precisare l'Anno -
Né dove sia andato - né perché sia venuto
Per la seconda volta da me -
Né con certezza, cosa fosse -
Avrei l'Arte di dire -
Ma da qualche parte - nell'Anima - so -
Che ho già incontrato questa Cosa -
Me l'ha fatta ricordare - ecco tutto -
E non è più venuto dalle mie parti -

martedì 13 aprile 2010

Sì, dietro alla gente...di Pedro Salinas

Henri de Toulouse-Lautrec/1889 Ti cerco.
Non nel tuo nome, se lo dicono,
non nella tua immagine, se la dipingono.
Dietro, dietro, oltre.
Dietro a te ti cerco.
Non nel tuo specchio, non nelle tue parole,
né nella tua anima.
Dietro, oltre.
Dietro ancora, più indietro
di me ti cerco. Non sei
quello che io sento di te.
Non sei
ciò che palpita
con sangue mio nelle vene,
senza che sia io.
Dietro, oltre ti cerco.
Per incontrarti, smettere
di vivere in te, e in me,
e negli altri.
Vivere ormai dietro a ogni cosa,
dall'altra parte di ogni cosa
-per averti incontrato-
come se fosse morire.

lunedì 12 aprile 2010

Primavera per tutto l'anno di Johann Wolfgang Goethe

Prinzessin Sophie Dorothea con Friedrich Wilhelm/Pesne/1734
L'aiuola già si gonfia
verso l'alto, più lieve,
le campanule oscillano
bianche come la neve.
Lo zafferano,
dispiega possenti fiamme,
germina di smeraldi
e germina come sangue.
Le primule, sfacciatelle,
di sé sono vaghe,
le viole maliziose
si celano ad arte.
Dovunque la vita
si muove e sussulta
ecco, è la primavera
che vive e pulsa.
Ma la fioritura
più ricca del giardino,
è il senso amorevole
dell'amore mio.
Avvampano sguardi
per me senza posa,
provocante canzone,
allietante parola.
Un cuore fiorito
e sempre aperto,
severo e amabile
e casto nello scherzo.
Se rose e gigli
l'estate porta,
con l'amore mio
vana è la lotta.

domenica 11 aprile 2010

Il nome di Pietro Metastasio

Pesne/FloraScrivo in te l'amato nome
di colei, per cui mi moro,
caro al Sol, felice alloro,
come Amor l'impresse in me.
Qual tu serbi ogni tua fronda
serbi Clori a me costanza:
ma non sia la mia speranza
infeconda al par di te.
Or, pianta avventurosa,
or sì potrai fastosa
l'aria ingombrar con le novelle chiome;
or crescerà col tronco il dolce nome.
Te delle chiare linfe
le abitatrici ninfe;
te dell'erte pendici
le ninfe abitatrici e gli altri tutti
agresti numi al rinnovar dell'anno
con lieta danza ad onorar verranno.
Del popolo frondoso
a te sommessi or cederan l'impero
non sol gli elci, gli abeti,
le roveri nodose, i pini audaci,
ma le palme idumee, le querce alpine.
Io d'altra fronda il crine
non cingerò; non canterò che assiso
all'ombra tua: dell'amor mio gli arcani
solo a te fiderò; tu sola i doni,
tu l'ire del mio bene,
tu saprai le mie gioie e le mie pene.
Per te d'amico aprile
sempre s'adorni il ciel;
né all'ombra tua gentile
posi ninfa crudel,
pastore infido.
Fra le tue verdi foglie
augel di nere spoglie
mai non raccolga il vol;
e Filomena sol
vi faccia il nido.

sabato 10 aprile 2010

In primavera di Ibico

James Paterson/Spring
In primavera, i meli cidoni
irrorati dalle correnti dei fiumi,
- là dov'è il giardino incontaminato
delle Vergini - e i fiori della vite,
che crescono sotto i tralci ombrosi,
ricchi di gemme, germogliano. Per me Eros
in nessuna stagione si posa:
ma come il tracio Borea,
avvampante di folgore,
balza dal fianco di Cipride con brucianti
follie e tenebroso, intrepido,
custodisce con forza, saldamente,
il mio cuore.

venerdì 9 aprile 2010

Canzone d'aprile di Giovanni Pascoli

Gabriel Van Dievoet/Vers/1895Fantasma tu giungi,
tu parti mistero.
Venisti, o di lungi?
ché lega già il pero,
fiorisce il cotogno
laggiù.
Di cincie e fringuelli
risuona la ripa.
Sei tu tra gli ornelli,
sei tu tra la stipa?
Ombra! anima! sogno!
sei tu . . . ?
Ogni anno a te grido
con palpito nuovo.
Tu giungi: sorrido;
tu parti: mi trovo
due lagrime amare
di più.
Quest'anno . . . oh! quest'anno,
la gioia vien teco:
già l'odo, o m'inganno,
quell'eco dell'eco;
già t'odo cantare
Cu . . . cu.
(Myricae/In campagna)

giovedì 8 aprile 2010

E queste parole sconnesse di Antonio Machado

Edna Smith*1915*Robert Henri
Oh sola grazia dell'amara terra,
rosai d'aroma, fonte della strada!
Aure...Amore. Felice primavera!
Felice Aprile in fiore,
e il solo amato sciame dei miei sogni,
che stilla miele al cuore tenebroso!...

mercoledì 7 aprile 2010

Pioggia d'aprile di Luigi Pirandello

Cahill Attoniti, dai nidi
nuovi, sui vecchi tetti
guardano gli uccelletti.
mettendo acuti gridi,
cadere l'invocata
pioggia di mezzo aprile.
Tu dietro la vetrata,
dalla finestra bassa
come lor guardi e ridi.
E' nuvola che passa.

martedì 6 aprile 2010

Sonetto 98 di William Shakespeare

Juliet/Waterhouse T'ero lontano; altero, variopinto,
tutto vestito a festa, in ogni cosa
giovane spirito Aprile infondeva:
con lui Saturno rideva e saltava.
Ma né canti d'uccelli, né odore
dolce di fiori diversi ad estiva
canzone m'inducevano, o a raccogliere
dal loro grembo rigoglioso i bocci;
non apprezzavo dei gigli il candore
né il profondo vermiglio della Rosa:
dolci figure deliziose, ma
su te esemplate, te modello a tutte.
Sempre inverno sembrava, e te lontano,
con quelle ombre di te quasi giocavo.

lunedì 5 aprile 2010

I canti dell'angelo custode di Rainer Maria Rilke

Henry M.SiddonsDa che l'Angelo mio più non mi veglia,
può libere spiegar, volando, l'ali;
e fendere il silenzio delle stelle.
Ché le trepide mani egli levare
non deve più su le mie notti sole,
da che l'Angelo mio più non mi veglia.
Da che l'Angelo mio più non mi veglia,
da che lo espulse, dopo l'alba, il giorno,
il nostalgico volto ci spesso inclina
verso la terra; e più non ama il cielo.
Da questa grama realtà vorrebbe
le mie pallide preci ancora addurre
per lo svettante murmure dei boschi
al paese, lassù, dei Cherubini.
Il mio pianto di bimbo, vi recava,
le mie piccole pene e le preghiere.
Crebbero quivi in esili boschetti,
che sovra lui sussurrano.
Se nel meriggio della vita, un giorno,
tra 'l chiasso delle fiere e dei mercati,
avvenga ch'io dimentichi, repente,
il fiorito pallor del mio mattino
(l'Angelo mio custode, pensieroso:
la sua bontà, la tunica di neve,
le sue mani congiunte alla preghiera,
il cenno della destra a benedirmi)
nel più arcano de' sogni io serberò
l'immagine dell'ali ripiegate,
che a tergo gli svettavano siccome
un gran cipresso bianco.
Le mani sue, rimangono; siccome
rondini cieche, che, dal sole illuse,
(mentre gli stormi trassero pei mari
dove pur sempre aulisce Primavera)
sui rami secchi d'un albero ignudo
lottano contro i soffi dei rovaio.
Un pudico rossore le sue guance
invermigliava come di fanciulla,
che sul buio dell'anima allo sposo
grevi coltri di porpora distenda.
E avea negli occhi una fulgida vampa,
quasi d'aurora. - Ma su tutto, immense,
svettavan l'ali a navigargli il cielo.

domenica 4 aprile 2010

Pasqua di Resurrezione di Ada Negri

Mucha/Easter/1896 E con un ramo di mandorlo in fiore,
a le finestre batto e dico: «Aprite!
Cristo è risorto e germinan le vite
nuove e ritorna con l'april l'amore
Amatevi tra voi pei dolci e belli
sogni ch'oggi fioriscon sulla terra,
uomini della penna e della guerra,
uomini della vanga e dei martelli.
Aprite i cuori. In essi irrompa intera
di questo dì l'eterna giovinezza ».
Io passo e canto che la vita è bellezza.
Passa e canta con me la primavera.
Felice Pasqua

sabato 3 aprile 2010

Resurrezione di Alessandro Manzoni

Bartolomeo Schedoni/Deposizione
È risorto: or come a morte
La sua preda fu ritolta?
Come ha vinto l’atre porte,
Come è salvo un’altra volta
Quei che giacque in forza altrui?
Io lo giuro per Colui
Che da’ morti il suscitò,
È risorto: il capo santo
Più non posa nel sudario;
È risorto: dall’un canto
Dell’avello solitario
Sta il coperchio rovesciato:
Come un forte inebbriato
Il Signor si risvegliò.
Come a mezzo del cammino,
Riposato alla foresta,
Si risente il pellegrino,
E si scote dalla testa
Una foglia inaridita,
Che, dal ramo dipartita,
Lenta lenta vi ristè:
Tale il marmo inoperoso,
Che premea l’arca scavata
Gittò via quel Vigoroso,
Quando l’anima tornata
Dalla squallida vallea,
Al Divino che tacea;
Sorgi, disse, io son con Te.
Che parola si diffuse
Tra i sopiti d’Israele!
Il Signor le porte ha schiuse!
Il Signor, l’Emmanuele!
O sopiti in aspettando,
È finito il vostro bando:
Egli è desso, il Redentor.
Pria di Lui nel regno eterno
Che mortal sarebbe asceso?
A rapirvi al muto inferno,
Vecchi padri, Egli è disceso:
Il sospir del tempo antico,
Il terror dell’inimico,
Il promesso Vincitor.
Ai mirabili Veggenti,
Che narrarono il futuro,
Come il padre ai figli intenti
Narra i casi che già furo,
Si mostrò quel sommo Sole,
Che, parlando in lor parole,
Alla terra Iddio giurò;
Quando Aggeo, quando Isaia
Mallevaro al mondo intero
Che il Bramato un dì verria;
Quando assorto in suo pensiero,
Lesse i giorni numerati,
E degli anni ancor non nati
Daniel si ricordò.
Era l’alba; e, molli il viso,
Maddalena e l’altre donne
Fean lamento sull’Ucciso;
Ecco tutta di Sionne
Si commosse la pendice,
E la scolta insultatrice
Di spavento tramortì.
Un estranio giovinetto
Si posò sul monumento:
Era folgore l’aspetto,
Era neve il vestimento:
Alla mesta che ’l richiese
Diè risposta quel cortese:
È risorto; non è qui.
Via co’ palii disadorni
Lo squallor della viola:
L’oro usato a splender torni:
Sacerdote, in bianca stola,
Esci ai grandi ministeri,
Tra la luce de’ doppieri,
Il Risorto ad annunziar.
Dall’altar si mosse un grido:
Godi, o Donna alma del cielo;
Godi; il Dio, cui fosti nido
A vestirsi il nostro velo,
È risorto, come il disse:
Per noi prega: Egli prescrisse
Che sia legge il tuo pregar.
O fratelli, il santo rito
Sol di gaudio oggi ragiona;
Oggi è giorno di convito;
Oggi esulta ogni persona:
Non è madre che sia schiva
Della spoglia più festiva
I suoi bamboli vestir.
Sia frugal del ricco il pasto;
Ogni mensa abbia i suoi doni;
E il tesor, negato al fasto
Di superbe imbandigioni,
Scorra amico all’umil tetto,
Faccia il desco poveretto
Più ridente oggi apparir.
Lunge il grido e la tempesta
De’ tripudi inverecondi:
L’allegrezza non è questa
Di che i giusti son giocondi;
Ma pacata in suo contegno,
Ma celeste, come segno
Della gioia che verrà.
Oh beati! a lor più bello
Spunta il sol de’ giorni santi;
Ma che fia di chi rubello
Torse, ahi stolto! i passi erranti
Nel sentier che a morte guida?
Nel Signor chi si confida
Col Signor risorgerà.
(INNI SACRI*1812)

venerdì 2 aprile 2010

Il pianto della Madonna di Angiolo Silvio Novaro

Hans Von Tubingen Con le lacrime, con che duolo
contempli il tuo Figliuolo
che mano feroce
costrinse alla croce!
Con che cuore, ohimè, lo vedi,
trafitto nei polsi e nei piedi
e ferito di punta e di lancia,
livido il petto, livida la guancia!
E ti stringi col seno e i ginocchi
al sacrosanto legno,
e piangi, piangi senza ritegno
e sul tuo disfatto viso
cola il sangue dell'ucciso!
Afentre la terra trema
e il sole viene meno
accoglilo sul seno,
bacialo piano piano
sul costato e sulla mano
e sulle palpebre chiuse
il Diletto che il sangue effuse:
e poi lascia che i pietosi
l'ungano con , oli odorosi
e riceva a notte oscura
furtiva sepoltura!

giovedì 1 aprile 2010

Alba festiva di Giovanni Pascoli

Ernest Bieler Che hanno le campane,
che squillano vicine,
che ronzano lontane?
E' un inno senza fine,
or d'oro, ora d'argento,
nell'ombre mattutine.
Con un dondolio lento
implori, o voce d'oro,
nel cielo sonnolento.
Tra il cantico sonoro
il tuo tintinno squilla
voce argentina - Adoro,
adoro - Dilla, dilla,
la nota d'oro - L'onda
pende dal ciel, tranquilla.
Ma voce più profonda
sotto l'amor rimbomba,
par che al desìo risponda:
la voce della tomba.
(Myricae)