Norman Rockwell*1934 |
che saliva dal carcere una sera
mi riportò, ricordo, alle lontane
sorprese del vedermi tra chi m'era
vicino, di quel tempo, di quel luogo,
e chi, lontano, avevo appreso al rogo
del suo segreto nella morte un giorno.
Un evento accaduto nei millenni
al mio primo conoscerlo accadeva,
oltre il libro segnato, ai primi accenni
dei fuochi di dicembre, nella neve
del mio Natale inebriato. Quasi
a volere per l'ospite l'arrivo
d'ogni pensiero alla mia stessa casa,
dal carcere guardavo a quel che udivo
venir dal tempo con la sua memoria
e farsi vita di noi tutti al fuoco.
Di stanza in stanza i passi della storia
tornavano lontani come a un fioco
riverbero di neve sulla porta.
E temuti e sperati erano i segni
dell'età breve in quella luce sporta
agli infissi di pietra, ai vecchi legni.
Dal primo non sapere a quel che poi
venne a conferma della nostra sorte:
la certezza che vissero per noi
i conviti dipinti della morte.
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DESINENZE
3 commenti:
Sì, c'è proprio un allontanarsi dei ricordi e un avvicinarsi di sensazioni a questi connesse.
Belle le copertine natalizie di Rockwell... molto imitate, tra l'altro!
Buon riciccio. Si riparte. Allons.
Ma cara le copertine natalizie (lo sai che sono maniaca), portano ognuna la data del giorno...)
Verissimo! Sei un fenomeno... non l'avevo notato, e invece è un dettaglio fondamentale! :)
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