Tedi lo spirto, e anelo
Del vital aere al fremito
Ed a l’effuso cielo,
Sorge: dal cuor rimormora
L’aura de’ canti, inclita donna, a te;
Vittorio Matteo Corcos-Mezzogiorno al mare |
A cui ne’ tócchi rapidi
D’animator pennello
E ne’ frenati numeri
La memore del bello
Idea sorride e tenero
Senso e del bene l’operosa fe’.
O desta a i forti palpiti
Che viltà preme in noi,
Nata a i concilii splendidi
De i vati e de gli eroi,
Salve, Eloisa, armonica
D’altre genti figliuola e d’altre età!
Perché tra i vecchi popoli
Venisti e a gli anni tardi,
Quando gli eroi si assoldano,
Spengonsi i vati e i bardi,
E si scelera l’ultimo
De l’oscurato ciel raggio, beltà?
Altr’aer ed altro secolo
L’attèa Corinna accolse;
E, quando ella da’ rosei
Labbri il canto devolse,
Tutto pendeva un popolo
Da l’ardente fanciulla affisa al ciel.
Fremea sotto la cetera
L’onda alterna del petto:
Da le forme virginee
Ineffabil diletto
Spirava; ma le lacrime
Splendido a’ folgoranti occhi eran vel.
Stupían mirando i príncipi
E i figli de gli Achei
Poggiati a’ colli madidi
De’ corridori elei:
Cantava l’alta vergine
La sua patria, i suoi dèi, la libertà.
Ed oblioso Pindaro
De la ceduta palma
Parea per gli occhi effondere
Il sorriso de l’alma,
Rimembrando Eleuteria
Che tra i popoli salvi inneggia e va.
Ma ben, come da súbita
Procella esercitate,
Le selve atre germaniche
Suonâr, se a l’adunate
Plebi i cruenti oracoli
Apria Velleda e de le pugne il dí.
Tra l’erme ombre de’ larici,
Da la luna e dal vento
Rotte, la vergin pallida
In nero vestimento
Alta levossi, a gli omeri
Lenta il crin biondo onde null’uom gioí.
E cantò guerre, orribili
Guerre; e a la cena ìmmonda
Convitò i lupi e l’aquile;
E tepefatta l’onda
De’ freddi fiumi scendere
Vide tarda fra i corpi al negro mar.
Lungo andò allor per l’aere
Rombo da i tócchi scudi:
Precipitâr da’ plaustri
Le madri, e con gl’ignudi
Petti la pugna accesero
O ululando le marse aste affrontâr.
Ahi, dov’è pompa inutile
Al vivere civile
La donna, ivi non ornasi
Il costume virile
Di forza e verecondia,
E turpe incombe a’gravi spirti amor.
Ma tu, Eloisa, l’agile
Estro di Suli a i monti
Invía, dove piú gelide
Mormoran l’aure e i fonti,
E molce i petti liberi
Canto d’augelli e balsamo di fior;
E dinne la bellissima
Sposa d’eroi Zavella,
Che pur con l’una stringesi
Il nato a la mammella,
Con l’altra mano fulmina
L’oste premente e gli orridi bassà.
De le polone femmine
Ridinne i canti amari,
Che di lor vene tingono
I supplicati altari
0 chieggono a la Vistola
Tra cotanta di spade impunità
Gli spenti figli. O candido
Stuolo, lamenta e muori,
In fin che basta il ferreo
Tempo de gli oppressori,
E pur cadendo mormora
102- No, che la patria mia morta non è. -
Già la rivolta affrettasi
Fósca di villa in villa,
Turbina il vento ed agita
L’animatrice squilla,
E il nuovo carme a’ liberi
Popoli suona su i caduti re.
***D’animator pennello
E ne’ frenati numeri
La memore del bello
Idea sorride e tenero
Senso e del bene l’operosa fe’.
O desta a i forti palpiti
Che viltà preme in noi,
Nata a i concilii splendidi
De i vati e de gli eroi,
Salve, Eloisa, armonica
D’altre genti figliuola e d’altre età!
Perché tra i vecchi popoli
Venisti e a gli anni tardi,
Quando gli eroi si assoldano,
Spengonsi i vati e i bardi,
E si scelera l’ultimo
De l’oscurato ciel raggio, beltà?
Altr’aer ed altro secolo
L’attèa Corinna accolse;
E, quando ella da’ rosei
Labbri il canto devolse,
Tutto pendeva un popolo
Da l’ardente fanciulla affisa al ciel.
Fremea sotto la cetera
L’onda alterna del petto:
Da le forme virginee
Ineffabil diletto
Spirava; ma le lacrime
Splendido a’ folgoranti occhi eran vel.
Stupían mirando i príncipi
E i figli de gli Achei
Poggiati a’ colli madidi
De’ corridori elei:
Cantava l’alta vergine
La sua patria, i suoi dèi, la libertà.
Ed oblioso Pindaro
De la ceduta palma
Parea per gli occhi effondere
Il sorriso de l’alma,
Rimembrando Eleuteria
Che tra i popoli salvi inneggia e va.
Ma ben, come da súbita
Procella esercitate,
Le selve atre germaniche
Suonâr, se a l’adunate
Plebi i cruenti oracoli
Apria Velleda e de le pugne il dí.
Tra l’erme ombre de’ larici,
Da la luna e dal vento
Rotte, la vergin pallida
In nero vestimento
Alta levossi, a gli omeri
Lenta il crin biondo onde null’uom gioí.
E cantò guerre, orribili
Guerre; e a la cena ìmmonda
Convitò i lupi e l’aquile;
E tepefatta l’onda
De’ freddi fiumi scendere
Vide tarda fra i corpi al negro mar.
Lungo andò allor per l’aere
Rombo da i tócchi scudi:
Precipitâr da’ plaustri
Le madri, e con gl’ignudi
Petti la pugna accesero
O ululando le marse aste affrontâr.
Ahi, dov’è pompa inutile
Al vivere civile
La donna, ivi non ornasi
Il costume virile
Di forza e verecondia,
E turpe incombe a’gravi spirti amor.
Ma tu, Eloisa, l’agile
Estro di Suli a i monti
Invía, dove piú gelide
Mormoran l’aure e i fonti,
E molce i petti liberi
Canto d’augelli e balsamo di fior;
E dinne la bellissima
Sposa d’eroi Zavella,
Che pur con l’una stringesi
Il nato a la mammella,
Con l’altra mano fulmina
L’oste premente e gli orridi bassà.
De le polone femmine
Ridinne i canti amari,
Che di lor vene tingono
I supplicati altari
0 chieggono a la Vistola
Tra cotanta di spade impunità
Gli spenti figli. O candido
Stuolo, lamenta e muori,
In fin che basta il ferreo
Tempo de gli oppressori,
E pur cadendo mormora
102- No, che la patria mia morta non è. -
Già la rivolta affrettasi
Fósca di villa in villa,
Turbina il vento ed agita
L’animatrice squilla,
E il nuovo carme a’ liberi
Popoli suona su i caduti re.
LEVIA GRAVIA 1861
Louisa Grace Bartolini era nata il 14 febbraio 1818
2 commenti:
Dopo una dedica così, se non fosse stata già morta, avrebbe esalato l'ultimo respiro.
Ma grazie a Francesca anche dei Levia Gravia.
Ebbene sì, meno male che Giosuè non ci ha prese di mira con le sue poesiole...
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