Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

lunedì 30 giugno 2014

Clizia nel '34 di Eugenio Montale

Andrey Aranyshev
Sempre allungata
sulla chaise longue
della veranda
che dava sul giardino,
un libro in mano forse già da allora
vite di santi semisconosciuti
e poeti barocchi di scarsa reputazione
non era amore quello
era come oggi e sempre
venerazione.***
ALTRI VERSI

domenica 29 giugno 2014

Scritto a Ostenda di William Lisle Bowles

Ferdinand Georg Waldmuller
Come è dolce il rintocco delle campane!
Quando allo schiudersi del mattino il vento
Sospira sul senso tremante di un male vago,
Come ora io sento la loro forza trafiggermi.
Ascolta: rintoccano con cadenza calante;
Diffondono la loro musica lontano
Per la marea candida e uniforme.
Mi richiamano molti ricordi e dolci
Di giornate estive, e di quegli anni lieti,
Quando da un'antica torre, nella primavera della vita,
La triste magia delle note che si intrecciano
Per la prima volta destò la mia infanzia attonita alle lacrime.
Le stesse note che ora, con tutti quei giorni trascorsi,
Sembrano suoni di gioia, ascoltati una volta e non più uditi.
***
WRITTEN AT OSTEND

How sweet the tuneful bells responsive peal!
As when at opening morn, the fragrant breeze
Breathes on the trembling sense of wan disease,
So piercing to my heart their force I feel!
And hark! with lessening cadence now they fall!
And now along the white and level tide,
They fling their melancholy music wide;
Bidding me many a tender thought recall
Of summer-days, and those delightful years
When from an ancient tower in life's fair prime,
The mournful magic of their mingling chime
First waked my wondering childhood into tears!
But seeming now, when all those days are o'er,
The sounds of joy once heard, and heard no more.

sabato 28 giugno 2014

Attraccano i terrazzi di Maria Luisa Spaziani

Géza Faragò*1913
Di brughiera in brughiera
di frontiera in frontiera
risalendo all'idea dei tuoi occhi
oggi ti chiamo, amato,
amato che morrai come le selve
morranno, e il tempo, e il mare...

Di parola in parola t'ho cercato,
di cielo in cielo, là dove ogni nome
si fonde alla sua luce, e le future
albe sono il passato.

Ai miei gelidi vetri di prigione
attraccano i terrazzi di un'estate
piena dei fischi della ferrovia.

Bastano, a un cuore vivo, una canzone,
uno stridore, un grillo, un gatto sperso:

ed ecco la più lunga sinfonia

un universo
***
UTILITA' DELLA MEMORIA

venerdì 27 giugno 2014

Haiku di Matsuo Basho

Wang Meifang II
In mezzo al campo
il canto libero
dell'allodola

piogge di prima estate:
si accorciano le zampe
delle gru

ruscello:
scala la mia gamba
un piccolo granchio

un guscio di cicala, svuotatasi
nel canto

silenzio:
graffia la pietra
la voce delle cicale

della frescura
faccio la mia casa,
e qui riposo

giovedì 26 giugno 2014

Descrizione della mia morte di Giovanni Giudici

Felice Casorati*Mannequins*1922
Poiché era ormai una questione di ore
Ed era nuova legge che la morte non desse ingombro,
Era arrivato l’avviso di presentarmi
Al luogo direttamente dove mi avrebbero interrato.
L’avvenimento era importante ma non grave.
Così che fu mia moglie a dirmi lei stessa: prepàrati.

Ero il bambino che si accompagna dal dentista
E che si esorta: sii uomo, non è niente.
Perciò conforme al modello mi apparecchiai virilmente,
Con un vestito decente, lo sguardo atteggiato a sereno,
Appena un po’ deglutendo nel domandare: c’è altro?
Ero io come sono ma un po’ più grigio un po’ più alto.

Andammo a piedi sul posto che non era
Quello che normalmente penso che dovrà essere,
Ma nel paese vicino al mio paese
Su due terrazze di costa guardanti a ponente.
C’era un bel sole non caldo, poca gente,
L’ufficio di una signora che sembrava già aspettarmi.

Ci fece accomodare, sorrise un po’ burocratica,
Disse: prego di là – dove la cassa era pronta,
Deposta a terra su un fianco, di sontuosissimo legno,
E nel suo vano in penombra io misurai la mia altezza.
Pensai per un legno così chi mai l’avrebbe pagato,
Forse in segno di stima la mia Città o lo Stato.

Di quel legno rossiccio era anche l’apparecchio
Da incorporarsi alla cassa che avrebbe dovuto finirmi.
Sarà meno d’un attimo – mi assicurò la signora.
Mia moglie stava attenta come chi fa un acquisto.
Era una specie di garrota o altro patibolo.
Mi avrebbe rotto il collo sul crac della chiusura.

Sapevo che ero obbligato a non avere paura.
E allora dopo il prezzo trovai la scusa dei capelli
Domandando se mi avrebbero rasato
Come uno che vidi operato inutilmente.
La donna scosse la testa: non sarà niente,
Non è un problema, non faccia il bambino.

Forse perché piangevo. Ma a quel punto dissi: basta,
Paghi chi deve, io chiedo scusa del disturbo.
Uscii dal luogo e ridiscesi nella strada,
Che importa anche se era questione solo di ore.
C’era un bel sole, volevo vivere la mia morte.
Morire la mia vita non era naturale.
***
O Beatrice 1972
***
Giovanni Giudici nacque il 26 giugno
del 1924. Oggi fanno 90 anni.

mercoledì 25 giugno 2014

Guidommi Amor di Giovanni Boccaccio

Liston Shaw-Maidens
Guidommi Amor, ardendo ancora il sole,
sopra l'acque di Giulio, in un mirteto,
e era il mar tranquillo e il ciel quieto,
quantunque alquanto zefir, come suole,
movesse agli arbuscei le cime sole:
quando mi parve udire un canto lieto
tanto, che simil non fu consueto
d'udir già mai nelle mortali scuole.
   Per ch'io: "Angela forse, o ninfa, o dea
canta con seco in questo loco eletto",
meco diceva, "degli antichi amori".
Quinci madonna in assai bel ricetto
del bosco ombroso, in su l'erbe e in su' fiori,
vidi cantando, e con altre sedea.
***
RIME

martedì 24 giugno 2014

Il dormente di Carlo Betocchi

Io mi destai con un profondo
ricordo del mio sonno.
Dalla mia veglia guardavo
il mio corpo dormente;
era giorno, era un chiaro
giorno silente.

Carolus Duran*L'Homme endormi*1861
Quando le sere d'estate
esalan profumate
tenebre sul fiume, un uomo
giace sopra la riva
addormentato dal suono
dell'onda viva.

Passano sopra il suo viso
l'ombre del paradiso
lunare, tra i flessuosi
salici e il lieve vento;
celano gridi amorosi
l'erbe d'argento.

Vento e prati fluttuando
muoiono con un blando
fiotto e là, presso il suo corpo,
come a un'isola viva
da un mare languido e smorto
il flutto arriva.

Presso il suo corpo si rompe
quell'ineffabil fonte;
e il suo respiro leggero
di creatura che dorme
scioglie nell'etereo cielo
azzurre forme.

lunedì 23 giugno 2014

ELSA WERTMAN di Edgar Lee Masters

Kenne Gregoire
Ero una campagnola tedesca
dagli occhi azzurri, rosea, robusta e felice.
E il primo posto dove lavorai fu da Thomas Greene.
Un giorno d'estate che lei era fuori,
Thomas s'infilò in cucina e mi prese
stretto tra le braccia e mi baciò sulla gola,
distogliendo io la faccia. Nessuno di noi due
ebbe l'aria di accorgersi di quello che avvenne.
E io piangevo per il mio avvenire,
e piansi quando il mio segreto si vide.
Un giorno lei mi disse che aveva capito,
e non avrebbe fatto chiasso
e, poichè era senza figli, adotterebbe il mio.
(Thomas le aveva dato una cascina perchè se ne stesse tranquilla).
Così lei si nascose in casa e mandò in giro voci
come se ciò che accadeva accadesse a lei.
E tutto andò bene, e il bimbo nacque. Furono così gentili con me!
Più tardi sposai Gus Wertman, e passarono gli anni.
Ma - alle adunanze politiche quando il pubblico credeva che io 
piangessi
all'eloquenza di Hamilton Greene -
non era questo.
No! Avrei voluto gridare:
"Quello è mio figlio! mio figlio!"
***
I WAS a peasant girl from Germany,
Blue-eyed, rosy, happy and strong.
And the first place I worked was at Thomas Greene’s.
On a summer’s day when she was away
He stole into the kitchen and took me 5
Right in his arms and kissed me on my throat,
I turning my head. Then neither of us
Seemed to know what happened.
And I cried for what would become of me.
And cried and cried as my secret began to show. 10
One day Mrs. Greene said she understood,
And would make no trouble for me,
And, being childless, would adopt it.
(He had given her a farm to be still.)
So she hid in the house and sent out rumors, 15
As if it were going to happen to her.
And all went well and the child was born—They were so kind to me.
Later I married Gus Wertman, and years passed.
But—at political rallies when sitters-by thought I was crying
At the eloquence of Hamilton Greene— 20
That was not it.
No! I wanted to say:
That’s my son! That’s my son! 
***
ANTOLOGIA DI SPOON RIVER  

domenica 22 giugno 2014

Il bacio che non ti ho dato di Pedro Salinas

Kees Van Dongen*Gisele*1908
Ti ho baciato sulle labbra. 
Ti ho baciato sulle labbra. Intense, rosse. 
Un bacio così corto durato più di un lampo, 
di un miracolo, più ancora. 
Il tempo dopo averti baciato non valeva più a nulla ormai, 
a nulla era valso prima. Nel bacio il suo inizio e la sua fine. 
Oggi sto baciando un bacio; sono solo con le mie labbra. 
Le poso non sulla bocca, no, non più - dov'è fuggita? 
Le poso sul bacio che ieri ti ho dato, sulle bocche unite dal bacio che hanno baciato. 
E dura, questo bacio più del silenzio, della luce. 
Perchè io non bacio ora né una carne né una bocca, che scappa, che mi sfugge. No. 
Ti sto baciando più lontano.

sabato 21 giugno 2014

Sul Ticino di Alfonso Gatto

Guy Penè Du Bois
Mi basterebbe chiedere alla sera
di prima estate ove la calma trova
la sua sorgente, pullula la spera
dell'acqua nel suo cerchio che rinnova

l'orbita vuota, basta che un girino
la sfiori, ma d'un brivido silente.
E' la sera lombarda, più vicino
il sole nei vapori del ponente

indugia a lungo, strugge la pianura
ad abbrunare l'indaco, il viola
rosato della terra. Così pura,
approfondendo a poco a poco, e sola,

mai fu la sera al tremolio dei pioppi.
Nel perdersi degli occhi amore è il lume
fervente delle tegole, dei coppi
ove tacciono i nidi: poi, sul fiume,

in quel primo parlare sottovento
ch'è della notte a cena, nel velario
della luna che gramola d'argento
le pallide alberete, sarà l'aria

nella tua bocca nuova, alla sorgente
del primo bacio, un brivido silente.
Dell'universo giovane odoroso
s'invoglia nell'erbario del riposo

in un sonno profondo il primo amore.
***
POESIE D'AMORE

venerdì 20 giugno 2014

Messaggio

Ho avuto qualche piccolo problema, e ora che sembra risolto sono rimasta senza ADSL, quindi pazientate ancora un pochino.....grazie e buona serata!
Francesca.

lunedì 9 giugno 2014

Risveglio di Carlo Michelstaedter

George W. Lambert*The sonnet*1907
Giaccio fra l’erbe
sulla schiena del monte, e beve il sole
il mio corpo che il vento m’accarezza,
e sfiorano il mio capo i fiori e l’erbe
ch’agita il vento
e lo sciame rombante degl’insetti.

Delle rondini il volo affaccendato
segna di curve rotte il cielo azzurro,
e trae nell’alto vasti cerchi il largo
volo de’ falchi...

Vita?! Vita?! Qui l’erbe, qui la terra,
qui il vento, qui gli uccelli, qui gl’insetti,
e pur fra questi sente vede gode,
sta sotto il vento a farsi vellicare,
sta sotto il sole a suggere il calore,
sta sotto il cielo sulla buona terra
questo ch’io chiamo io, ma ch’io non sono.

No, non son questo corpo, queste membra
prostrate qui fra l’erbe sulla terra,
piu ch’io non sia gl’insetti o l’erbe o i fiori,
o i falchi su nell’aria o il vento o il sole.
Io son solo, lontano, io son diverso.

Altro sole, altro vento, e più superbo
volo per altri cieli, è la mia vita....
Ma ora qui che aspetto? e la mia vita
perchè non vive, perchè non avviene?

Che è questa luce, che è questo calore,
questo ronzar confuso, questa terra,
questo cielo che incombe? M’è straniero
l’aspetto d’ogni cosa, m’è nemica
questa natura! Basta! voglio uscire
da questa trama d’incubi! la vita!
la mia vita! il mio sole!

Ma pel cielo
montan le nubi su dall’orizzonte,
già lambiscono il sole, già alla terra
invidiano la luce ed il calore.
Un brivido percorre la natura,
e rigido mi corre per le membra
al soffiare del vento... Ma che faccio
schiacciato sulla terra qui fra l’erbe?

Ora mi levo, chè ora ho un fine certo,
ora ho freddo, ora ho fame, ora m’affretto,
ora so la mia vita
- chè la stessa ignoranza m’è sapere.
La natura inimica ora m’è cara
che mi darà riparo e nutrimento
- ora vado a ronzar come gl’insetti.

Sul San Valentin, Giugno 1910.

domenica 8 giugno 2014

La Pentecoste di Alessandro Manzoni

Hebert*Cristo
Madre de’ Santi, immagine
Della città superna,
Del sangue incorruttibile
Conservatrice eterna;
Tu che, da tanti secoli,
Soffri, combatti e preghi,
Che le tue tende spieghi
Dall’uno all’altro mar;

Campo di quei che sperano;
Chiesa del Dio vivente,
Dov’eri mai? Qual angolo
Ti raccogliea nascente,
Quando il tuo Re, dai perfidi
Tratto a morir sul colle,
Imporporò le zolle
Del suo sublime altar?

E allor che dalle tenebre
La diva spoglia uscita,
Mise il potente anelito
Della seconda vita;
E quando, in man recandosi
Il prezzo del perdono,
Da questa polve al trono
Del Genitor salì;

Compagna del suo gemito,
Conscia de’ suoi misteri,
Tu, della sua vittoria
Figlia immortal, dov’eri?
In tuo terror sol vigile,
Sol nell’obblio secura,
Stavi in riposte mura,
Fino a quel sacro dì,

Quando su te lo Spirito
Rinnovator discese,
E l’inconsunta fiaccola
Nella tua destra accese;
Quando, segnal de’ popoli,
Ti collocò sul monte,
E ne’ tuoi labbri il fonte
Della parola aprì.

Come la luce rapida
Piove di cosa in cosa,
E i color vari suscita
Dovunque si riposa;
Tal risonò moltiplice
La voce dello Spiro:
L’Arabo, il Parto, il Siro
In suo sermon l’udì.

Adorator degl’idoli,
Sparso per ogni lido,
Volgi lo sguardo a Solima,
Odi quel santo grido:
Stanca del vile ossequio,
La terra a LUI ritorni:
E voi che aprite i giorni
Di più felice età,

Spose, che desta il subito
Balzar del pondo ascoso;
Voi già vicine a sciogliere
Il grembo doloroso;
Alla bugiarda pronuba
Non sollevate il canto:
Cresce serbato al Santo
Quel che nel sen vi sta.

Perché, baciando i pargoli,
La schiava ancor sospira?
E il sen che nutre i liberi
Invidïando mira?
Non sa che al regno i miseri
Seco il Signor solleva?
Che a tutti i figli d’Eva
Nel suo dolor pensò?

Nova franchigia annunziano
I cieli, e genti nove;
Nove conquiste, e gloria
Vinta in più belle prove;
Nova, ai terrori immobile
E alle lusinghe infide,
Pace, che il mondo irride,
Ma che rapir non può.

O Spirto! supplichevoli
A’ tuoi solenni altari;
Soli per selve inospite;
Vaghi in deserti mari;
Dall’Ande algenti al Libano,
D’Erina all’irta Haiti,
Sparsi per tutti i liti,
Uni per Te di cor,

Noi T’imploriam! Placabile
Spirto, discendi ancora,
A’ tuoi cultor propizio,
Propizio a chi T’ignora;
Scendi e ricrea; rianima
I cor nel dubbio estinti;
E sia divina ai vinti
Mercede il vincitor.

Discendi Amor; negli animi
L’ire superbe attuta:
Dona i pensier che il memore
Ultimo dì non muta;
I doni tuoi benefica
Nutra la tua virtude;
Siccome il sol che schiude
Dal pigro germe il fior;

Che lento poi sull’umili
Erbe morrà non colto,
Né sorgerà coi fulgidi
Color del lembo sciolto,
Se fuso a lui nell’etere
Non tornerà quel mite
Lume, dator di vite,
E infaticato altor.

Noi T’imploriam! Ne’ languidi
Pensier dell’infelice
Scendi piacevol alito,
Aura consolatrice:
Scendi bufera ai tumidi
Pensier del violento:
Vi spira uno sgomento
Che insegni la pietà.

Per Te sollevi il povero
Al ciel, ch’è suo, le ciglia,
Volga i lamenti in giubilo,
Pensando a Cui somiglia:
Cui fu donato in copia,
Doni con volto amico,
Con quel tacer pudico,
Che accetto il don ti fa.

Spira de’ nostri bamboli
Nell’ineffabil riso;
Spargi la casta porpora
Alle donzelle in viso;
Manda alle ascose vergini
Le pure gioie ascose;
Consacra delle spose
Il verecondo amor.

Tempra de’ baldi giovani
Il confidente ingegno;
Reggi il viril proposito
Ad infallibil segno;
Adorna le canizie
Di liete voglie sante;
Brilla nel guardo errante
Di chi sperando muor.
***
INNI SACRI

sabato 7 giugno 2014

Mi culla la corolla del papavero di Maria Luisa Spaziani

Robert Vonnoh
Mi culla la corolla del papavero,
il mio sonno è lunghissimo. La strada
si agita laggiù da quattro ore.
Solo un tuo squillo potrebbe svegliarmi.

Non mi somiglia quest’inerzia, sono
da quando amo, tutt’altra persona.
Mi culli a lungo, mi culli il papavero,
se sarà lungo il mio sogno di te.

venerdì 6 giugno 2014

WHEN THE TIGERS BROKE FREE di Roger Waters

Era poco prima dell’alba
un miserabile mattino nell’oscuro ‘44.
quando al comandante di linea
fu detto di tener duro
quando chiese che i suoi uomini fossero ritirati
ed i Generali ringraziarono
mentre le altre truppe trattenevano
i carri nemici per un po'.
e la testa del ponte di Anzio
fu mantenuta al prezzo
di poche centinaia di comuni vite.

E il buon vecchio Re Giorgio
mandò un biglietto alla mamma
quando seppe che papà era morto
Era, ricordo,
a forma di pergamena
con la pagina dorata e tutto
ed io la trovai un giorno
in un cassetto di vecchie fotografie, nascosta
ed i miei occhi ancora si inumidiscono nel ricordare
che Sua Maestà firmò
con il proprio timbro di gomma.

Era buio tutto intorno
c’era ghiaccio per terra
quando le tigri scapparono
e nessuno sopravvisse
dei Fucilieri Reali della Compagnia “C”
furono tutti lasciati indietro
la maggior parte di loro morti
il resto morenti
ed è così che l’Alto Comando
portò via mio padre da me.
***
It was just before dawn
One miserable morning in black 'forty four.
When the forward commander
Was told to sit tight
When he asked that his men be withdrawn.
And the Generals gave thanks
As the other ranks held back
The enemy tanks for a while.
And the Anzio bridgehead
Was held for the price
Of a few hundred ordinary lives.

And old King George
Sent Mother a note
When he heard that father was gone.
It was, I recall,
In the form of a scroll,
With gold leaf and all.
And I found it one day
In a drawer of old photographs, hidden away.
And my eyes still grow damp to remember
His Majesty signed
With his own rubber stamp.

It was dark all around.
There was frost in the ground
When the tigers broke free.
And no one survived
From the Royal Fusiliers Company C.
They were all left behind,
Most of them dead,
The rest of them dying.
And that's how the High Command
Took my daddy from me.
***
THE FINAL CUT
**
Nel 70° Anniversario dello Sbarco in Normandia

giovedì 5 giugno 2014

La mia casa e il mio cuore (sogno di libertà) di Marcos Ana

Julio Romero De Torres
Ma se io dovessi rinascere
e ricominciare da capo,
io amerei all'infinito sempre
e comunque.

Se un giorno tornerò alla vita,
la mia casa non avrà chiavi,
sempre aperta,
come il mare, il sole, l'aria.

Che entrino la notte e il giorno,
la pioggia azzurra, la sera,
il pane rosso dell'aurora, la luna:
mia dolce amante.

Che l'amicizia non trattenga
il passo sulla soglia,
né le rondini in volo,
né l'amore le labbra.

Nessuno.

La mia casa,
il mio cuore, mai chiusi.
che passino gli uccelli,
gli amici, l'amore e l'aria.
*
Al re franchista Juan Carlos che se ne va....

mercoledì 4 giugno 2014

Sole di giugno di Renzo Pezzani

Charles Sprague Pearce
Giugno! Un bel sole rotondo
promessa del pane d'oro
splende sul nostro lavoro,
la festa alla gente del mondo.

Colma la casa di tutti,
carità buona e fiorita,
porta sapore ai frutti,
l'ombra di là dalla vita.

Porta letizia ai bambini,
provvidenza alle bicocche,
I calabroni ai biancospini,
canti alle cune e alle rocce.

Porta miele agli alveari
incendia l'aureola dei santi,
beve nei fiumi e nei mari
con avide lingue fiammanti.

E muore ogni sera tra i monti,
felice del bene compiuto.
La terra gli scaglia un saluto
dall'arco degli orizzonti.

martedì 3 giugno 2014

Canzone di giugno di Marino Moretti

Charles Sprague Pearce
Stormiscono le fronde
nell’aria greve e il sole
ride alle prataiole
ed alle biche bionde,
e rende tutto l’oro
il campo donde arriva
la canzone giuliva
dell’agreste lavoro.
Ecco, è piena la spiga
e la falce è nel pugno;
il buon sole di giugno
rallegra la fatica.
E la canzone sale
dal campo del lavoro
e s’accompagna a un coro
stridulo di cicale;
e sale il canto anelo
da bocche più lontane
lodando in terra il pane
ed il buon padre in cielo.

lunedì 2 giugno 2014

Nel mese di giugno di Mario Luzi

Louis Ritman
Nel mese di giugno
la città quando sospesa
e alta sopra il nostro sperdimento
si desta alla frecciata delle luci

all'ora incerta tra vigilia e sonno
che il corpo inciampa nel suo peso
ma si rialza sulla sua fatica

nella pausa del tempo tra la rondine e l'assiolo
tra la vita e la sua sopravvivenza,

Tu che spezzi la servitù e l'orgoglio
- dicono - della sofferenza, vieni
se già non sei dovunque
in veste di randagio,

d'infermo, di bambino tribolato.
Segui il timido, accosta il solitario,
ripeti: la virtù quando non giunge
fino all'amore è cosa vana.

È quell'ora della metà dell'anno
che il senza tetto strascica i suoi cenci
sull'erba pesticciata, cerca asilo,
la lucciola lampeggia, il cane abbaia.

domenica 1 giugno 2014

Giugno di Carlo Michelstaedter

Léon Frédéric*1894*The four season 
Tutta la forza dal tuo seno, o terra,
il sole ha tratto che salendo avvampa,
e l’estate trionfa.
Due volte l’erba ti recise avaro
il prudente bifolco, e già le fronde
onde tutta t’ammanti,
per il continuo ardor si fan perdute;
ed alla notte gli astri all’orizzonte
per i vapor rosseggiano più grandi,
quasi la vita per più forza gravi
come un’aura di morte.
Ma se i fiori onde prossima l’aurora
del giorno estremo
anelava l’adolescente Aprile,
vento estivo ha dispersi,
sotto le fronde si matura il frutto,
e il bifolco gioisce.
Ahi, la promessa della primavera in
questo picciol frutto si rinserra,
ed il tempo procede per il giro
d’altri inverni e di nuove primavere.

Ma alla notte sui vertici ricolmi
passa il nembo e pel cielo s’accavalla
la nera massa delle nubi, e lungi
livida luce rompe la tenebra
e pei piani rivela in nuovo aspetto
messi ondeggianti e alberi ricurvi,

e pei monti corruschi nuove forme,
ed in cielo più mondi e nuova vita
ogni volta diversa, mentre lungi
nuova voce rimbomba e intorno e in alto
si spande e ancor dai monti riecheggia.
E a destra e a manca e presso e da lontano
riappar la nuova luce, e come il cielo
nel diverso bagliore si trasmuta,
così la terra la livida faccia
in nuova congiunzion sembra mutare,
mentre presso e lontano, oscuro o chiaro,
romba il nuovo fragore senza posa.

Qual nuova speme, anima solitaria,
qual si ridesta
al diffuso baglior speme sopita?
Dal diffuso baglior verra la Luce
mai veduta? e dal rombo vorticoso
la Voce squillerà che non udisti?
Ecco la terra ancora si congiunge
coi nuovi mondi in alto,
e la striscia di fuoco ecco dirompe
la tenebra, ed io stesso abbacinato
nel vortice di fuoco sono avvolto.
Sospesa a quella luce è la mia vita
un attimo o un tempo senza fine
- chè fra il lampo ed il tuono non si vive.
... Ora scoppia la vita, e s’apre il frutto
del mio tanto aspettar, ora la gioia
intera e il possesso dell’universo,
ora la libertà che non conosco,
ora il Dio si rivela, ora è la fine!
Ma scroscia il tuono che m’assorda.... Io vivo
e famelico aspetto ancor la vita.
Altri lampi altri tuoni.... Ed il mistero
in benefica pioggia si dissolve.