Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

giovedì 31 dicembre 2009

Colloquio di Giovanni Pascoli

Anna Lea Merritt I
Brulli i pioppi nell'aria di vïola
sorgono sopra i lecci, sfavillando
come oro: sopra il tetto della scuola
si sfrangia un orlo a fiocchi rosei;
quando,
lieve come un sospiro, entra; poi sola,
bianca, le mani al cuore, ristà,
ansando;
gira gli occhi - dov'è la famigliuola? -
e ha sui labbri il suo sorriso blando;
ma piange. Oh: sì: son quello: il tuo
Giovanni...
un po' mutato. O madre seppellita,
che gli altri lasci, oggi, per me;
parliamo.
Io devo dirti cosa da molti anni
chiusa dentro. E non piangere. La vita
che tu mi desti - o madre, tu ! - non
l'amo.
II
Non piangere. È uno sforzo così mesto
viverla senza te questa tua vita!
ad ogni gioia è tanto dolor questo
subito ricordar te, seppellita!
Dai sogni, oh! brevi, della gioia desto
io mi ritrovo a piangere infinita-
mente con te: morire! così presto!
partire, o madre, come sei partita!
Tu non dovevi. Con quelli occhi in
pianto!
con quella bimba che parlava appena!
Dovevi, o madre pia, dirlo a Dio padre,
che non potevi; e ti lasciasse; e in
tanto
te la guarisse Dio quella tua vena
che ci si ruppe nel tuo cuore, o madre!
III
Non piangere. . . Sarebbe così bello
questo mondo odorato di mistero!
sarebbe la tua via come un sentiero
con l'erba intatta, all'ombra dell'ornello.
E nuova tu saresti anche all'amello,
anche al frullo d'un passero ciarliero!
Ma rasentando il muto cimitero,
ti fermeresti pallida al cancello . . .
E io direi del sonno delle larve
che sognano ali, e delle siepi tetre
ch'hanno nel sonno grappoli di fiori.
Pianger ti lascierei di ciò che sparve;
indi sorrideremmo anche alle pietre
bianche, là, tra cipressi e sicomori.
IV
Ma . . . ma tu piangi come non ti vidi
piangere mai, nel dolce viso attento.
Ma se lo so, con che dolce lamento
chiedevi al cielo e con che fiochi gridi
che ti lasciasse! Quali madri i nidi
lasciano soli pigolare al vento ?
S'era per mamma, t'avrei qui; lo sento:
viva; lo so: perdonami; sorridi.
Ma se lo so: fioccava senza fine;
e tu, tra i ceri, con la morte accanto,
sentendo gli urli della tramontana,
parlavi, ancora, delle due bambine
cui non potevi, non potevi, in tanto,
cucire i piccoli abiti di lana.
V
Ma sì: la vita mia (non piangere!) ora
non è poi tanto sola e tanto nera:
cantò la cingallegra in su l'aurora,
cantava a mezzodì la capinera.
I canarini cantano la sera
per la mia cena piccola e canora:
poi nell'orto vedessi a primavera
come il ciclame e l'ulivella odora!
I gerani vedrai, messi al coperto
dal gelo: qualche foglia ha la cedrina,
ricordi ? l'erba che piaceva a te . . .
Sorridi? a questo sbatter d'usci ? È
certo
Ida tua che sfaccenda, oggi, in cucina.
E Maria? Maria prega, oggi, per me.
Myricae
31 dicembre 1892-93

mercoledì 30 dicembre 2009

Tedio invernale di Giosuè Carducci

Monet*1868
Ma ci fu dunque un giorno
Su questa terra il sole?
Ci fur rose e viole,
Luce, sorriso, ardor?
Ma ci fu dunque un giorno
La dolce giovinezza,
La gloria e la bellezza,
Fede, virtude, amor?
Ciò forse avvenne a i tempi
D'Omero e di Valmichi:
Ma quei son tempi antichi,
Il sole or non è più.
E questa ov'io m'avvolgo
Nebbia di verno immondo
È il cenere d'un mondo
Che forse un giorno fu.

martedì 29 dicembre 2009

Preludi I di Thomas Stearns Eliot

Leighton
La sera d'inverno si posa
Con odore di bistecche nelle strade.
Le sei.
Lucignoli consunti di giorni fumosi.
E ora un tempestoso scroscio avvolge
Gli avanzi sudici
Delle foglie appassite attorno ai vostri piedi
E giornali da lotti da vendere;
gli scrosci battono
sulle persiane rotte e sui fumignoli,
e all'angolo della strada
un solitario cavallo da vettura fuma e scalpita.
E poi l'accensione dei fanali.

lunedì 28 dicembre 2009

Inverno di Fabrizio De Andrè

Segantini/Castigo delle lussuriose
Sale la nebbia sui prati bianchi
come un cipresso nei camposanti
un campanile che non sembra vero
segna il confine fra la terra e il cielo.
Ma tu che vai, ma tu rimani
vedrai la neve se ne andrà domani
rifioriranno le gioie passate
col vento caldo di un'altra estate.
Anche la luce sembra morire
nell'ombra incerta di un divenire
dove anche l'alba diventa sera
e i volti sembrano teschi di cera.
Ma tu che vai, ma tu rimani
anche la neve morirà domani
l'amore ancora ci passerà vicino
nella stagione del biancospino.
La terra stanca sotto la neve
dorme il silenzio di un sonno greve
l'inverno raccoglie la sua fatica
di mille secoli, da un'alba antica.
Ma tu che stai, perché rimani?
Un altro inverno tornerà domani
cadrà altra neve a consolare i campi
cadrà altra neve sui camposanti.

domenica 27 dicembre 2009

Invernale di Guido Gozzano

Laura Spinola Nunez del Castillo/Singer Sargent
«... cri... i... i... i... i... icch...» l'incrinatura
il ghiaccio rabescò, stridula e viva.
«A riva!» Ognuno guadagnò la riva
disertando la crosta malsicura.
«A riva! A riva!...» Un soffio di paura
disperse la brigata fuggitiva.
«Resta!» Ella chiuse il mio braccio conserto,
le sue dita intrecciò, vivi legami,
alle mie dita. «Resta, se tu m'ami!»
E sullo specchio subdolo e deserto
soli restammo, in largo volo aperto,
ebbri d'immensità, sordi ai richiami.
Fatto lieve cosí come uno spettro,
senza passato piú, senza ricordo,
m'abbandonai con lei, nel folle accordo,
di larghe rote disegnando il vetro.
Dall'orlo il ghiaccio fece cricch, piú tetro...
Dall'orlo il ghiaccio fece cricch, piú sordo...
Rabbrividii cosí, come chi ascolti
lo stridulo sogghigno della Morte,
e mi chinai, con le pupille assorte,
e trasparire vidi i nostri volti
già risupini lividi sepolti...
Dall'orlo il ghiaccio fece cricch, piú forte.
Oh! Come, come, a quelle dita avvinto,
rimpiansi il mondo e la mia dolce vita!
O voce imperïosa dell'istinto!
O voluttà di vivere infinita!
Le dita liberai da quelle dita,
e guadagnai la ripa, ansante, vinto...
Ella sola restò, sorda al suo nome,
rotando a lungo nel suo regno solo.
Le piacque, alfine, ritoccare il suolo;
e ridendo approdò, sfatta le chiome,
e bella ardita palpitante come
la procellaria che raccoglie il volo.
Non curante l'affanno e le riprese
dello stuolo gaietto femminile,
mi cercò, mi raggiunse tra le file
degli amici con ridere cortese:
«Signor mio caro, grazie!» E mi protese
la mano breve, sibilando: − Vile! −

sabato 26 dicembre 2009

Lontano a Oriente...di Novalis

Santo Stefano/MillaisLontano a Oriente si fa chiaro,
tempi grigi si fanno giovani;
quale profondo e lungo abbeverarsi
alla luminosa fonte dei colori!
Santo esaudirsi di antica nostalgia,
dolce amore in divina apoteosi!

Finalmente il beato fanciullo
di tutti i cieli scende sulla terra,
e col suo canto soffia di nuovo
sul mondo un creatore vento di vita,
per nuove fiamme lucenti in eterno
aduna scintille da tempo disperse.

Scaturisce dovunque dai sepolcri
nuova vita e nuovo sangue;
per edificarci una pace eterna
s'immerge nell'onda della vita;
sta nel mezzo con le mani colme,
pieno d'amore attende ogni preghiera.

Lascia che il suo mite sguardo
ti penetri in fondo all'anima,
e vedrai come ti illumina
la sua eterna beatitudine.
Tutti i cuori, gli spiriti e i sensi
daranno inizio a una nuova danza.

Senza timore afferra le sue mani
e il suo volto imprimi in te,
devi sempre rivolgerti a lui
come un fiore al raggio del sole;
ed egli sarà tuo, come una sposa
fedele, se gli mostri tutto il cuore.

Ora infine la divinità che spesso
ci ha spaventati, è divenuta nostra,
nel Sud e nel Nord ha risvegliato
come in un lampo germogli di cielo.
Nel ricco giardino di Dio, noi fedeli
curiamo che sbocci ogni gemma, ogni fiore.

venerdì 25 dicembre 2009

Natale di Fernando Pessoa

Masolino da Panicale Nasce un Dio. Altri muiono. Non ci è giunta
né ci ha lasciato la verità: muta l’Errore.
Abbiamo ora un’altra Eternità,
e ciò che è passato in fondo era migliore.
Cieca, la Scienza ara gleba vana.
Folle, la Fede vive il sogno del suo culto.
Un nuovo Dio è solo una parola.
Non credere o cercare: tutto è occulto.

giovedì 24 dicembre 2009

I buoi di Thomas Hardy

Marianne Stokes
Vigilia di Natale, e mezzanotte:
« Ora essi sono tutti inginocchiati »,
Disse un anziano a noi seduti in gruppo
Ben crogiolati presso il focolare.
Ci fingemmo le miti creature
Entro il loro ricovero di paglia,
Né ad alcuno di noi venne il pensiero
Che non fossero appunto genuflessi.
Tanto leggiadra fantasia, chi mai
Tesserebbe in questi anni? Pure io sento
Che se in quell'ora un tale mi dicesse :
« Vieni a vedere i buoi inginocchiati
Nella solinga fattoria a valle,
Che nell'infanzia avemmo familiare »,
Lo seguirei tra l'ombre della notte,
Sperando in cuore fosse proprio vero

mercoledì 23 dicembre 2009

C'era! di Juan Ramon Jimenez

Mariotto Albertinelli
L'agnello belava dolcemente.
L'asino, tenero, si rallegrava
in un caldo richiamo.
Il cane latrava,
quasi parlando alle stelle…
Mi destai. Uscii. Vidi come
celesti nel suolo fiorito
come un cielo capovolto.
Un alito tiepido e dolce
velava il bosco;
la luna andava declinando
in un tramonto d'oro e di seta,
che sembrava un ambito divino…
Il mio petto palpitava,
come se il cuore avesse avuto vino…
Aprii la stalla per vedere se era lì.
C'era!

martedì 22 dicembre 2009

Neve nei sobborghi di Thomas Hardy

Alberto Vargas*Ann Sheridan*1939
Ogni ramo n'è carico,
Ogni rametto incurvato;
Ogni forcella è un candido piede palmato;
Ogni strada e ogni selce è fatta muta;
Alcuni fiocchi si sono smarriti, brancolano indietro verso il cielo:
Incontrando quelli che cadano in lente volute, si volgono e ridiscendono.
Gli steccati sono saldati insieme come un muro,
E non c'è fiato di vento nella pioggia di vello lanoso.
Un passero entra nell'albero,
Ed ecco improvviso
Un grumo di neve tre volte il suo piccolo corpo
S'abbatte sopra di lui, gl'inonda la testa e gli occhi.
Lo rovescia,
Quasi lo inurna,
Si posa su un rametto più basso, e l'urto lieve
Sventaglia via una scarica frusciante d'altri grumi adagiati.
Gli scalini sono un pendio imbiancato:
Lo risale con debole speranza
Un gatto nero, grandi occhi e sparuto;
E noi lo si fa entrare.

lunedì 21 dicembre 2009

Ode alla notte di Fernando Pessoa

Emile Friant/Ombre/1891 Vieni, Notte antichissima e identica,
Notte Regina nata detronizzata,
Notte internamente uguale al silenzio, Notte
con le stelle, lustrini rapidi
sul tuo vestito frangiato di Infinito.
Vieni vagamente,
vieni lievemente,
vieni sola, solenne, con le mani cadute
lungo i fianchi, vieni
e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,
cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
tutte le strade che la salgono,
tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,
tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
e lascia solo una luce, un'altra luce e un'altra ancora,
nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
nella distanza subitamente impossibile da percorrere.
Nostra Signora
delle cose impossibili che cerchiamo invano,
dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
dei propositi che ci accarezzano
sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.
Vieni e cullaci,
vieni e consolaci,
baciaci silenziosamente sulla fronte,
cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d'essere baciati
se non per una differenza nell'anima
e un vago singulto che parte misericordiosamente
dall'antichissimo di noi
laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
essere nella vita.
Vieni solennissima,
solennissima e colma
di una nascosta voglia di singhiozzare,
forse perché grande è l'anima e piccola è la vita,
e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.
Vieni, dolorosa, Mater Dolorosa
delle Angosce dei Timidi,
Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
fresca mano sulla fronte-febbricitante degli Umili,
sapore d'acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.
Vieni, dal fondo
dell'orizzonte livido,
vieni e strappami
dal suolo dell'angustia in cui io vegeto,
dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
dal quale naturalmente sono spuntato.
Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
e fra erbe alte margherita ombreggiata,
petalo per petalo leggi in me non so quale destino
e sfogliami per il tuo piacere,
per il tuo piacere silenzioso e fresco.
Un petalo di me lancialo verso il Nord,
dove sorgono le città di 0ggi il cui rumore ho amato come un corpo.
Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
dove sono i mari e le avventure che si sognano.
Un altro petalo verso Occidente,
dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.
E l'altro, gli altri, tutti gli altri petali -
oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! -
affidali all'Oriente,
l'Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
l'Oriente pomposo e fanatico e caldo,
l'Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
l'Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
l'Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
tutto quanto noi non siamo,
l'Oriente dove - chissà - forse ancor oggi vive Cristo,
dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto..
Vieni sopra i mari,
sopra i mari maggiori,
sopra il mare dagli orizzonti incerti,
vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
e calmalo misteriosamente,
o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!
Vieni, premurosa,
vieni, materna,
in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
e che vedesti nascere Geova e Giove,
e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio,
e il grande Spazio Misterioso al di la di essi.. Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
avvolgi nel tuo mantello leggero
il mio cuore... Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
con le stelle che brillano (o Travestita dell'Oltre!),
polvere di oro sui tuoi capelli neri,
e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.
Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
Quando tu entri ogni voce si abbassa
Nessuno ti vede entrare
Nessuno si accorge di quando sei entrata,
se non all'improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
che tutto perde i contorni e i colori,
e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all'orizzonte,
già falce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno.

domenica 20 dicembre 2009

Penso che all'abete di Emily Dickinson

Penso che all'Abete piaccia stare
Su un Margine di Neve -
Si addice alla sua Austerità -
E soddisfa lo sgomento
Che gli uomini, debbono dissetare nella Selva -
E nel Deserto - saziare -
Un istinto per il Grigio, lo Spoglio -
Di Lapponia - necessità -
La natura dell'Abete prospera - nel freddo -
Lo Stridere dei venti del Nord
È il più dolce nutrimento - per lui -
Il suo migliore Vino di Norvegia -
Per le Razze di raso - egli è un nulla -
Ma i Bambini sul Don,
Sotto i suoi Tabernacoli, giocano,
E i Lottatori del Dnieper, gareggiano.

sabato 19 dicembre 2009

I cieli sono uguali...di Pedro Salinas

Teresita Anselmo/Miguel NietoI cieli sono uguali.
Azzurri, grigi, neri,
si ripetono sopra
l’arancio o la pietra:
guardarli ci avvicina.
Annullano le stelle,
tanto sono lontane,
le distanze del mondo.
Se noi vogliamo unirci,
non guardare mai avanti:
tutto pieno di abissi,
di date e di leghe.
Abbandonati e galleggia
sopra il mare o sull’erba,
immobile, il viso al cielo.
Ti sentirai calare
lenta, verso l’alto,
nella vita dell’aria.
E ci incontreremo
oltre le differenze
invincibili, sabbie,
rocce, anni, ormai soli,
nuotatori celesti,
naufraghi dei cieli.

venerdì 18 dicembre 2009

Sonetto 29 di William Shakespeare

Leighton Blair Talora, venuto in odio alla Fortuna e agli uomini,
io piango solitario sul mio triste abbandono,
e turbo il cielo sordo con le mie grida inani,
e contemplo me stesso, e maledico la sorte,
agognandomi simile a tale più ricco di speranze,
di più belle fattezze, di numerosi amici,
invidiando l'ingegno di questi, il potere di un altro,
di quel che meglio è mio maggiormente scontento;
ma ecco che in tali pensieri quasi spregiando me stesso,
la tua immagine appare, e allora muto stato,
e quale lodola, al romper del giorno, si innalza
dalla terra cupa, lancio inni alle soglie del cielo:
poiché il ricordo del dolce tuo amore porta seco
tali ricchezze, che non vorrei scambiarle con un regno.

giovedì 17 dicembre 2009

A Leonor di Amado Nervo

Stanislaw Wynspianski/1898 La tua chioma è nera come l'ala
del mistero; tanto nera come un lugubre
mai, come un addio, come un "chi sa!"
Ma c'è ancora qualcosa di più nero: i tuoi occhi!
I tuoi occhi sono due maghi pensosi,
due sfingi che dormono nell'ombra,
due enigmi molto belli.... Ma c'è qualcosa,
ma c'è ancora qualcosa di più bello: la tua bocca.
La tua bocca, oh sì!. La tua bocca, fatta divinamente
per l'amore, per la calda
comunione dell'amore, la tua bocca giovane;
ma c'è ancora qualcosa di migliore: la tua anima!
La tua anima raccolta, silenziosa,
di pietà tanto profonda come il pelago,
di tenerezze tanto profonde...
Ma c'è qualcosa, ma c'è ancora qualcosa
di più profondo: il tuo sogno!

mercoledì 16 dicembre 2009

Non ho chiuso le tendine di Anna A. Achmatova

Emilie Floge/Klimt
Non ho chiuso le tendine,
guarda dritto nella stanza.
Perché non puoi fuggire
oggi sono così allegra.
Dimmi pure svergognata,
scagliami i tuoi sarcasmi:
sono stata la tua insonnia,
la tua angoscia sono stata.
1916

martedì 15 dicembre 2009

Bellezza di Antonia Pozzi

CorinthTi do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle - bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.
Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.
Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramontia
i piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi -
E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido - della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo -
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette -
4 dicembre 1934

lunedì 14 dicembre 2009

Arie XXXIX-XL di Pietro Metastasio

Marthe/LawrenceXXXIX
Chi a ritrovare aspira
prudenza in core amante,
domandi a chi delira
quel senno che perdé.
Chi riscaldar si sente
a' rai d'un bel sembiante,
o più non è prudente,
o amante ancor non è.
XL
Sceglier fra mille un core,
in lui formarsi il nido,
e poi trovarlo infido,
è troppo gran dolor.
Voi, che provate amore,
che infedeltà soffrite,
dite se è pena, e dite
se se ne dà maggior.

domenica 13 dicembre 2009

Certamente pregai di Emily Dickinson

Burton*The wounded cavalier
Certamente - pregai -
E Dio se ne Curò?
Se n'è curato come se nell'Aria
Un Uccello - avesse puntato i piedi -
E gridato "Dammelo" -
Ragione - di Vita -
Non ho avuto - se non per Te -
Sarebbe stato più Caritatevole
Lasciarmi nella Tomba dell'Atomo -
Allegra, e annullata, e felice, e insensibile -
Che questa lancinante Sofferenza.

sabato 12 dicembre 2009

Non ho bisogno di tempo di Pedro Salinas

Dorothy GishNon ho bisogno di tempo
per sapere come sei:
conoscersi è luce improvvisa.
Chi ti potrà conoscere
là dove taci, o nelle
parole con cui taci?
Chi ti cerchi nella vita
che stai vivendo, non sa
di te che allusioni,
pretesti in cui ti nascondi.
E seguirti all'indietro
in ciò che hai fatto, prima,
sommare azione a sorriso,
anni a nomi, sarà
come perderti. Io no.
Ti ho conosciuto nella tempesta.
Ti ho conosciuto, improvvisa,
in quello squarcio brutale
di tenebra e luce,
dove si rivela il fondo
che sfugge al giorno e alla notte.
Ti ho visto, mi hai visto, ed ora,
nuda ormai dell'equivoco,
della storia, del passato,
tu, amazzone sulla folgore,
palpitante di recente
ed inatteso arrivo,
sei così anticamente mia,
da tanto tempo ti conosco,
che nel tuo amore chiudo gli occhi,
e procedo senza errare,
alla cieca, senza chiedere nulla
a quella luce lenta e sicura
con cui si riconoscono lettere
e forme e si fanni conti
e si crede di vedere
chi tu sia, o mia invisibile

venerdì 11 dicembre 2009

Sonetto 27 di William Shakespeare

Waterhouse Consunto da fatica, corro presto a letto
caro ristoro al corpo distrutto dal cammino;
ma allor nella mia testa s'apre un'altra via
a stancar la mente or che il mio corpo ha tregua.
Svelti i miei pensieri da lontano ove dimoro
volgono in fervido pellegrinaggio a te
e tengono spalancate le mie palpebre pesanti
scrutanti quelle tenebre che il cieco sol conosce:
ma ecco che la vista immaginaria del mio cuore
presenta la tua ombra al mio sguardo senza luce,
che, simile a diamante sospeso nel buio più nero,
fa la cupa notte bella e il suo vecchio volto nuovo.
Così di giorno il corpo, di notte la mia mente
per colpa tua e mia non trovano mai pace.

giovedì 10 dicembre 2009

Strinsi le mani sotto il velo oscuro di Anna Achmatova

Emilio Longoni*Sola*1900

«Perché oggi sei pallida?»
Perché d'agra tristezza
l'ho abbeverato fino ad ubriacarlo.
Come dimenticare? Uscì vacillando,
sulla bocca una smorfia di dolore...
Corsi senza sfiorare la ringhiera,
corsi dietro di lui fino al portone.
Soffocando, gridai: «È stato tutto
uno scherzo. Muoio se te ne vai».
Lui sorrise calmo, crudele
e mi disse: «Non startene al vento».
1911

mercoledì 9 dicembre 2009

Abbandonati in braccio al buio di Antonia Pozzi

George InnessAbbandonati in braccio al buio
monti
m'insegnate l'attesa:
all'alba - chiese
diverranno i miei boschi.
Arderò – cero sui fiori d'autunno
tramortita nel sole.

martedì 8 dicembre 2009

Haiku di Taniguchi Buson-Kobayashi Yataro-Hino Sõjõ

Henri Fantin Latour
luna di bambù
mentre accarezza il suolo
della prima neve
Taniguchi Buson
****
basso sopra i binari
il volo dell'anatra selvatica
notte di luna
Kobayashi Yataro
****
chiudendo gli occhi
in un antico amore
mi riscaldo
Hino Sõjõ

lunedì 7 dicembre 2009

Arie XXXV-XXXVII di Pietro Metastasio

Gustave JacquetXXXV
Risolver non osa
confusa la mente,
che oppressa si sente
da tanto stupor.
Delira dubbiosa,
incerta vaneggia
ogni alma, che ondeggia
fra' moti del cor.
XXXVII
Non so: con dolce moto
il cor mi trema in petto;
sento un affetto ignoto,
che intenerir mi fa.
Come si chiama, oh Dio,
questo soave affetto?
(Ah, se non fosse mio,
lo crederei pietà).

domenica 6 dicembre 2009

La differenza di Emily Dickinson

Fanny Cornforth/Dante Gabriel Rossetti
La differenza tra Disperazione
E Paura - è come Quella
Fra il momento di un Naufragio
E quando il Naufragio è avvenuto -
La Mente è liscia - nessun Movimento -
Tranquilla come l'Occhio
Sulla Fronte di un Busto marmoreo -
Che sa - di non poter vedere -

sabato 5 dicembre 2009

Brani di Saffo

Anonimo/LouvreCome la mela...
Come la mela dolce rosseggia sull'alto del ramo,
alta sul ramo più alto: la scordarono i coglitori.
No, certo non la scordarono: non poterono raggiungerla......
Come il giacinto, sui monti, i pastori
calpestano con i piedi, e a terra il fiore purpureo.
***
Quando morta giacerai...
Quando morta giacerai, mai più
si ricorderanno di te, per sempre:
più non vedrai le rose della Pieria,
ma oscura ti aggirerai nelle case di Ade
aleggiando tra i morti neri...
***
Ad Hermes
Ermes, io lungamente ti ho invocato.
In me è solitudine: tu aiutami,
despota, ché morte da sé non viene;
nulla m'alletta tanto che consoli.
Io voglio morire:
voglio vedere la riva d'Acheronte
fiorita di loto fresca di rugiada.

venerdì 4 dicembre 2009

Sonetto 3 di William Shakespeare

Van Orley/Charles VGuarda allo specchio, e di' a quella faccia
che di formarne un'altra ormai è tempo;
se ora non ne rinnovi il fresco aspetto,
inganni il mondo, defraudi una madre.
Dov'è la bella il cui grembo inarato
sdegni il dissodamento del tuo vomere?
Chi tomba al suo amor di sè vuol essere,
fermando, fatuo, la posterità?
Di tua madre sei specchio, e lei il leggiadro
aprile evoca in te del suo rigoglio;
pur con le rughe, tu questo aureo tempo
vedrai dalle finestre dell'età.
Ma se vivi per non lasciar ricordo,
muori, e con te la tua Immagine, solo.

giovedì 3 dicembre 2009

Eleanor di Hermann Hesse

Mrs. Munn/1929/De Laszlo
Le sere d'autunno mi ricordano te -
I boschi giacciono bui, il giorno si scolora
ai bordi dei colli in rosse aureole.
In un casolare vicino piange un bimbo.
Il vento se ne va a passi tardi
attraverso i tronchi a raccogliere le ultime foglie.
Poi sale, abituata ormai da lungo ai torbidi sguardi,
l'estranea solitaria falce di luna
con la sua mezza luce da terre sconosciute.
Se ne va fredda, indifferente, per il suo sentiero.
La sua luce avvolge il bosco, il canneto, lo stagno e il sentiero
con pallido alone melanconico.
Anche d'inverno in notti senza luce
quando alle finestre vorticano danze di fiocchi
e il vento tempestoso, ho spesso l'impressione di guardarti.
Il piano intona con forza ingannevole
e la tua profonda e cupa voce di contralto
mi parla al cuore. Tu la più crudele delle belle donne.
La mia mano afferra alle volte la lampada
e la sua luce tenue posa sulla larga parete.
Dalla antica cornice la tua immagine oscura guarda
mi conosce bene e mi sorride, stranamente.
Ma io ti bacio mani e capelli
e sussurro il tuo nome.

mercoledì 2 dicembre 2009

Bontà inesausta di Antonia Pozzi

Florencio AguileraChi ti dice
bontà
della mia montagna? -
così bianca
sui boschi già biondi
d'autunno -
e qui nebbie leggere alitano
in cui sospesa
è la luce dei ragnateli -
della rugiada
sulle foglie morte -
mentre il terriccio accoglie
petali stanchi di ciclamini
e crochi, velati
di uno stesso pallore
roseo -
tu sana, venata di sole,
porti sul grembo
il cielo tutto azzurro -
chiami voli d'uccelli
alle tue mani
colme di vento -
Bontà
a cui beve il suo canto
il cuore
e di cantare non può più finire -
perché sei la sorgente che rifà
il sorso bevuto
ed il suo fondo
non si tocca mai.
Pasturo, 1° ottobre 1933