Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

sabato 30 giugno 2012

30 giugno di Maria Luisa Spaziani

Charles Hodler*Jeanne Cerani
Bruciano e si consumano le stelle,
regna la Grande Estate.
Passano dentro l'ombra dei balconi
figure esauste dagli occhi lucenti.
Grava sopra gli asfalti la polvere di Milano,
al chiosco dei giornali i fogli gialli
pendono come bandiere disertate.
Morder l'erba vorrei. Morire un poco
(con te, senza di te) contro la terra
che aspra inonda di profumo anche
la luna piena

come quando (è certo)
lunghe notti di grilli inebriate
splenderanno di fuochi e di comete
sopra la cieca pietra che fu un giorno
Maria Luisa.

(Le acque del sabato)

venerdì 29 giugno 2012

Jaufré Rudel di Giosuè Carducci

Edward Burne Jones
♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥
Dal Libano trema e rosseggia
Su'l mare la fresca mattina:
Da Cipro avanzando veleggia
La nave crociata latina.
A poppa di febbre anelante
Sta il prence di Blaia, Rudello,
E cerca co'l guado natante
Di Tripoli in alto il castello.
In vista a la spiaggia asïana
Risuona la nota canzone:

“Amore di terra lontana,
Per voi tutto il cuore mi duol".

Il volo d'un grigio alcïone
Prosegue la dolce querela,
E sovra la candida vela
S’affligge di nuvoli il sol.
La nave ammaina, posando
Nel placido porto. Discende
Soletto e pensoso Bertrando,
La via per il colle egli prende.
Velato di funebre benda,
Lo scudo di Blaia ha con sé:
Affretta al castel: - Melisenda
Contessa di Tripoli ov'è?
Io vengo messaggio d'amore,
Io vengo messaggio di morte:
Messaggio vengo io del signore
Di Blaia, Giaufredo Rudel.
Notizie di voi gli fûr porte,

V’amò vi cantò non veduta:
Ei viene e si muor. Vi saluta.
Signora il poeta fedel. —
La dama guardò lo scudiero
A lungo pensosa in sembianti:
Poi surse, adombrò d'un vel nero
La faccia con gli occhi stellanti:
 - Scudier, - disse rapida - andiamo.
Ov'è che Giaufredo si muore?
Il primo al fedele rechiamo
E l’ultimo motto d’amore. —
Giacea sotto un bel padiglione
Giaufredo al conspetto del mare:
In nota gentil di canzone
Levava il supremo desir.
— Signor che volesti creare
Per me questo amore lontano,
Deh fa che a la dolce sua mano
Commetta l'estremo respir! —
Intanto co'l fido Bertrando
Veniva la donna invocata;
E l'ultima nota ascoltando
Pietosa risté sull'entrata:
Ma presto, con mano tremante
Il velo gittando, scoprí
La faccia; ed al misero amante
- Giaufredo, - ella disse, - son qui. -
Voltossi, levossi co'l petto
Su i folti tappeti il signore
E fiso al bellissimo aspetto
Con lungo respiro guardò.
 - Son questi i begli occhi che amore
Pensando promisemi un giorno?
È questa la fronte ove intorno
Il vago mio sogno volò? —
Sí come a la notte di maggio
La luna da i nuvoli fuora
Diffonde il suo candido raggio
Su'l mondo che vegeta e odora,
Tal quella serena bellezza
Apparve al rapito amatore,
Un'alta divina dolcezza
Stillando al morente nel cuore.
— Contessa, che è mai la vita?
È l'ombra d'un sogno fuggente.
La favola breve è finita,
Il vero immortale è l'amor.
Aprite le braccia al dolente.
V'aspetto al novissimo bando.
Ed or, Melisenda, accomando
A un bacio lo spirto che muor. —
La donna su'l pallido amante
Chinossi recandolo al seno,
Tre volte la bocca tremante
Co'l bacio d'amore baciò,
E il sole da'l cielo sereno
Calando ridente ne l'onda
L'effusa di lei chioma bionda
S'l morto poeta irraggiò.

(Rime e Ritmi*1898)

giovedì 28 giugno 2012

Baciami, baciami, baciami ancora di Giuseppe Aurelio Costanzo

Mariano De Cossio*La famiglia
Baciami, baciami, baciami ancora ...
meglio che un secolo, vale quest'ora,
che in lungo e tenero sospir d'amore
due cuori battono come un sol cuore.
Ah, tutta un bacio la vita sia,
sia tutta baci l'anima mia!
Quanto la sorte pur mi prepara
meglio ignorarlo, fanciulla cara.
Le plebi covino, scoppii la guerra
fra cenci e porpore, fra cielo e terra;
solo un tuo roseo bacio ... e non curo
le cifre delfiche del mio futuro.
Altri la poca vita consumi
fra storte e formule, scheltri e volumi;
altri, agl'istinti superbi e avari,
sfidi la morte per terre e mari;
unica gloria, secreto vanto
per me un tuo fervido bacio soltanto.
No, questa scienza vecchia tiranna,
che reti a tessere sempre si affanna,
ne' suoi tentacoli non l'ha ghermita
la sempre indomita natura e vita ...
oh, no, mia cara, la scienza è prosa,
dammi un tuo bacio, bocca di rosa.
Di sangue e polvere lordi, gli eroi
marcino innanzi ... Vedremo poi,
se, a uno starnuto de la natura,
non cascheranno da la paura ...
oh, meglio un bacio lungo e profondo,
che le superbe glorie del mondo!
Questi Prometei, questi Titani
son così miopi, son così nani,
son tanto effimere le lor vittorie,
tanto ridicole le loro storie,
che non son certo poi così matto,
se per un bacio me le baratto.
Se tutto passa, tutto ruina,
cogli l'alata ora divina!
Credi, vittoria non v'ha o grandezza
che valga un'ora d'intima ebrezza,
l'ora che in lungo bacio d'amore
due cuori battono come un sol cuore …
cara fanciulla, tranne che il frutto
dell'ora alata, menzogna è tutto!
Ah, no, la sacra zolla del vero
no, non è certo l'uman pensiero:
chi sa quel fiore d'eterna foglia,
chi sa quel fiore dove germoglia!
Menzogna è tutto, tranne che questa
ora di rosei baci a tempesta,
in cui per l'anima tremoli soli
brillano, e cantano tanti usignoli;
tranne quest'ora, che s'ama e sogna
fra canti e baci, tutto è menzogna:
se pur que' soli, que' mondi arcani
cenere fredda saran domani;
credi, menzogna non saran mai
i dolci baci ch'or tu mi dai;
nè mai menzogna sarà il mio verso
del tuo soave alito asperso.
E, s'anco i baci, se i versi ancora
dilegueranno, come quest'ora,
figli de l'anima, echi fugaci,
arcana musica di versi e baci,
voi per l’istante che guizza e muore
siete l’eterna vita del cuore.
Ma per quest'ora che m'hai fiorita
di tanti baci, di tanta vita,
che posso, offrirti, bella eroina
di quest'alata ora divina?
Che posso offrirti, qual gemma o fiore
che sia pur degno del tuo gran cuore?
So che ti avrebbe sciolto un banchiere
perle e diamanti dentro un, bicchiere;
so che darebbe per questo istante
mezzo il tesoro qualche mercante;
so che potrebbe sulla tua fronte
l’avito serto deporre un conte...
ma io.... banchiere, conte io non sono,
e stemmi ed oro, no, non ti dono;
Non può donarti l'anima mia
che appena un fiore di poesia;
foglie di alloro, aure di canto,
questi i miei doni, questi soltanto.
Un verso, un lauro... altro mai nulla
non posso offrirti; ma tu, fanciulla,
sai ben che un verso, talora, vale
qualunque dono, sia pur regale;
sai che una sola foglia di alloro
val più che un serto di gemme e d'oro.
Io so che in basso tu, mai non scendi,
che i tuo' nettarei baci non vendi;
so che que'ricchi regali ambiti
li lasci ai vecchi bolsi, attrappiti,
che fra le, strette di lerce amanti,
presso agli sgoccioli, sudan brillanti
da l'inaccessa, libera altezza,
a me cui ride la giovinezza,
a me cui gl'inni fremono in cuore,
spontanee prodiga grazie ed amore...
musa d'ebbrezze profonde e audaci,
me solo inebbria d'ambrosii baci.
E credi pure, che, mentre scocca
l'eterno bacio dalla tua bocca,
sono poeta, poeta almeno
l'ora che, tacito, ti languo in seno,
l'ora che all'anima mi parla il verso
intimo ch'alita per l’universo.
Nuvole d'oro, astri romiti
visioni aeree per gli infiniti
cieli dell’anima, se tu lo vuoi,
a un lieve tocco de' labbri tuoi
in danza armonica, nova, sublime,
s’intrecceranno ne le mie rime.
Ed a' tuoi baci premio soltanto,
dolce fanciulla, sarà il mio canto;
poi che col canto, questa moneta
celeste, i baci paga il poeta;
né mai varranno doni e regali
quanto una strofa che t'immortali.
1886

mercoledì 27 giugno 2012

Conchiglie di Katherine Mansfield

Paul Fischer
Eternamente giace e splende piano
sotto l’enormi tempestose ondate
e sotto le minute onde beate
che il Greco antico un tempo ha nominato
crespe di risa.
Ascolta: la conchiglia iridescente
canta nel mare, al più profondo.
Eternamente giace, e canta silenziosa.

martedì 26 giugno 2012

Notturno di Vittoria Aganoor

Louis Welden Hawkins*Un velo*1890
Ecco la cerula notte, la placida
notte d'estate!
Miti bisbigli, lucenti palpiti
di stelle, tepide fragranze, entrate!
Tutte ad accogliervi mi protendo avida
sul davanzale;
dolce sommergersi dentro la libera
marea degli esseri che scende e sale!
Pensose ascoltano l’ombre del memore
parco; le stanze
di sotto echeggiano aperte; cantano
sul vecchio cembalo vecchie romanze.
Ed ecco, svegliano le note un popolo
d’ombre; la mente
le vede in rapida fuga rincorrersi;
il cor la mistica voce ne sente.
Parole tornano che un dì si accolsero
con disattento
orecchio, e parvero scure; ora l'intimo
foco sprigionasi dal freddo accento.
Tornano supplici sorrisi e pallidi
volti scordati.
Un'onda tremula nel plenilunio
bianco, tra il placido sonno dei prati.
Spettrali, d'edera avvolte, sorgono
Certose, e strane
ombre di monaci, sfilanti tacite
ad un monotono suon di campane.
Torna d’un ultimo sguardo, d'un avido
sguardo d'addio,
tutta la perfida dolcezza (o palpiti,
o angoscie, o lagrime date all'oblìo!)
Nell’aria salgono le note a perdersi
nell'ombra folta,
narrando storie dolci e terribili.
Muta ed immobile la Notte ascolta.
(Leggenda eterna-Intermezzo)

lunedì 25 giugno 2012

Trebbiatura di Enrico Panzacchi

Edward Gay
Meriggio. La macchina trebbia
ansando con rombo profondo.
Il grano, rigagnolo biondo,
giu' scorre. Nell'aria e' una nebbia
sottile. Sogguarda per l'aria
il nonno, con faccia rubizza
Nell'aria una rondine guizza,
radendo la bassa grondaia.
E intanto, che ressa sul ponte,
tra i mucchi di spighe e di paglie,
col sole che gli occhi abbarbaglia,
col sole che affuoca ogni fronte!
Le donne di rosse pezzuole
Avvolgon le trecce sudanti.
Non s'odon ne' risa, ne' canti.
Ma il nonno: - Su, allegre, figliole.

domenica 24 giugno 2012

San Giovanni di Giovanni Pascoli

Gustave Breton*Festa di San Giovanni*1875
Col manipello delle spighe in capo
torna la schiava. Tra i capelli neri
ha paglie e reste e foglie di rosette
che paion ali rosse di farfalle.
"Va', Flor d'uliva, va' con le mie figlie,
monta sul pero, monta sul ciriegio.
Domani viene San Zuanne e vuole
le prime pere e l'ultime ciriegie.
Le porterete in piazza di Bologna
coperte con le pampane di vite".
Va', Flor d'uliva, va' con le mie nuore,
cava nell'orto l'aglio e le cipolle.
Per San Zuanne chi non compra l'aglio,
per tutto l'anno non arà guadagno.
Prendi la maggiorana e petroselli,
la camomilla e spighe di lavanda".
"Va', Flor d'uliva, va' con la cognata
per medesine e benedizioni:
foglie di nose e flori di pilatro,
vesiche d'olmo e fiori di sambuco.
Nell'acquastrino prendi le ramelle
del salcio d'acqua detto l'agnocasto".
Va Flor d'uliva, torna va ritorna,
ma lieta in cuore, che vedrà domani,
vedrà Bologna e le sue grandi torri;
e canta... E per le spalle a mo' de l'onde
scorrèn le longhe ciocche blonde...
Domani è il Santo delle innamorate.
Siedono su le panche le pulzelle.
Son li amadori a' loro piè col mento
sopra le mani, e i gomiti sull'aia.
Gli occhi guardano, palpitano i cuori:
palpitano le lucciole nel buio.
Parlano e dànno in lievi risa acute;
fanno le rane prova di cantare.
Ma Flor d'uliva siede in terra e intreccia
le lunghe reste; ch'ella non ha drudo.
Le code intreccia, e mette, ad ogni volta
data alle code, un capo d'aglio nuovo;
ma gode in cuore, ché vedrà le torri,
che in una torre c'è una caiba, e, dentro,
re Falconello, le catene d'oro,
i ceppi d'oro, anche i cavelli d'oro.
I lunghi pioppi scotono le vette:
son li aierini che vi fan la danza.
I barbagianni soffiano dai buchi:
son le versiere che ansimano andando.
La guazza cade: è ora di partire.
Partono i drudi, per non far incontri.
Cade la guazza, che fa bene e male.
Rincasan ora le pulzelle; ancora
la schiava è là, sola con li aierini
che si dondolano... Oi bel lusignolo!
canticchia: torna nel meo broilo!...
Non vanno a giro omai che le versiere;
vanno alle case dove è un lor fantino;
il lor fantino nato da sette anni
in questa notte, ch'era San Giovanni.
Chiamano all'uscio. Stesi sulle siepi
son fascie e teli, a prendere la guazza;
e li aierini passano soffiando
sui bianchi teli, sulle bianche fascie,
tremanti al soffio. Qua e là nell'aie
muoiono i fuochi crepitando appena.
È mezzanotte, l'ora che al sereno
prende virtù l'erba, la foglia, il fiore,
e l'olio chiuso nelle borse d'olmo,
e il ramo puro, il ramo d'agnocasto.
Ora il tesoro ch'è sotterra, sboccia,
fiorisce un tratto, e subito si spegne.
Ora si trova l'erba che riluce,
che fa vedere ciò che fu sepolto.
Ora si vede al lume di tre lumi
chi è lo sposo a cui dormire accanto.
Ora nei trebbi, incerte del cammino,
sostano un poco insieme le versiere.
A li aierini chiedono la strada,
e li aierini ridono. Ma ecco,
di qua di là, lente tra il sonno e piane,
ton, ton, suonano le campane.
(Le canzoni di Re Enzio-II)

sabato 23 giugno 2012

Estate di Pietro Metastasio

Joshua Reynolds*Jane Countess of Harrington
Benchè adusta abbia la fronte,
Con le curve opposte spalle
Un'ombrosa opaca valle
Cela il monte - al caldo sol:
Là dall'alto in giù cadendo
Serpe un rio limpido e vago,
Che raccolto in picciol lago
Va nutrendo - il verde suol.
Là del sol dubbia è la luce,
Come suol notturna luna;
Né pastor greggia importuna
Vi conduce - a pascolar.
E, se v'entra il sol furtivo,
Vedi l' ombra delle piante
Al variar d'aura incostante
Dentro il rivo - tremolar.
Là, mia vita, uniti andiamo;
Là cantando il dì s'inganni:
Per timor di nuovi affanni
Non lasciamo - di gioir;
Che raddoppia i suoi tormenti
Chi con occhio mal sicuro
Fra la nebbia del futuro
Va gli eventi - a prevenir.
Me non sdegni il biondo Dio;
Me con Filli unisca Amore;
E poi sfoghi il suo rigore
Fato rio, - nemico Ciel:
Che il desio non mi tormenta
O di fasto o di ricchezza ;
Nè d'incomoda vecchiezza
Mi spaventa - il pigro gel .
Curvo il tergo, e bianco il mento
Toccherò le corde usate,
E alle corde mal temprate
Roco accento - accoppierò
E a que'rai non più vivaci
Rivolgendomi talora,
Su la man, che m'innamora,
Freddi baci - imprimerò .
Giusti Dei, che riposate
Placidissimi su l'etra,
La mia Filli e la mia cetra
Deh serbate - per pietà.
Fili poi la Parca avara
i miei dì mill'anni e mille ,
La mia cetra e la mia Filli
Sempre cara - a me sarà.

venerdì 22 giugno 2012

I segni dell'estate di Renzo Pezzani

Elizabeth Sonrel
Se le cicale cantano
sugli alberi del viale
se il frumento
è diventato giallo
e ha i grani duri,
se i fiumi hanno
appena una vena d'acqua,
se le rondini
volano alte
fino a scomparire
nel cielo,
se nel giardino
sono fioriti i girasoli,
se la fontana
mette voglia di bere,
se, per la pioggia,
il cielo tuona e lampeggia,
vuol dire che è giunta
l'Estate.

giovedì 21 giugno 2012

Estate chiara e ardente di Nikolaj Aseev

Hans Thoma*Giugno
Delle quattro stagioni dell'anno
l'estate è la più chiara e la più
ardente, fa maturare i frutti
e sparge risa e luce.
Com'è bello, discendendo al fiume,
fermarsi sopra l'acqua,
per ascoltare in lontananza il cuculo
per vedere la giovane luna.

mercoledì 20 giugno 2012

Sacra Giunone di Isabella Morra


Sir Lawrence Alma Tadema
Sacra Giunone, se i volgari amori
son de l'alto tuo cor tanto nemici,
i giorni e gli anni miei chiari felici
fa' con tuoi santi e ben concessi ardori.
A voi consacro i miei verginei fiori,
a te, o dea, e ai tuoi pensieri amici,
o de le cose sola alme beatrici,
che colmi il ciel de' tuoi soavi odori.
Cingimi al collo un bello aurato laccio
de' tuo' più cari ed umili soggetti,
che di servir a te sola procaccio.
Guida Imeneo con sì cortesi affetti
e fa' sì caro il nodo ond’io mi allaccio,
ch'una sola alma regga i nostri petti.
♥♥♥

martedì 19 giugno 2012

L'ultima notte del Soratte di Maria Luisa Spaziani

Sigismund Ivanowski*1905
I
Il roseto respira leggero
accanto alla finestra degli addii.
Ignora, da innocente, il tradimento.
È in vendita la casa.
Non si trasportano altrove radici.
Nemmeno, forse, l'anima.
Nove boccioli nuovi si preparano
rossi, per il nuovo padrone.
II
Nell'ultima notte della casa
il tronco dell'abete è puro argento.
Eppure non c'è luna, non c'è luna.
Di forza interna le scaglie scintillano.
Anche il Soratte sembra puro argento.
Fra gli ultimi gigli e le fiorenti ortiche,
io sola opaca, fiore mancato,
fantasma con valigie.
III
Mi avveniva di accendere il camino
pensando a lei nel freddo della tomba.
Anche le stelle mi sembra di accendere
perchè ovunque si trovi la rischiarino.
E ogni giorno lei mi contraccambia
piccolissimi doni
Il pettirosso giunto questa notte
porta messaggi in codice
IV
Anomali vascelli queste nuvole
Senz'ancora nè ciurma.
Esagera il poeta le metafore.
Sa che portano altrove.
La rosa ha cento palpebre, sappiamo.
Dopo Rilke è difficile dirlo.
Ma non sapevo che per tante palpebre
centuplicato risultasse il pianto.
V
Caronte pesa l'anima dei morti
e anch'io ne so il peso:
quello che curva questa notte i tralci
dell'ibisco piantato da lei.
Io le avevo promesso, come Enea,
di rifondare la casa perduta.
Meglio affidare i penati e le ceneri
alla pietà del vento.
(La stella del libero arbitrio)

lunedì 18 giugno 2012

Pianura di Antonia Pozzi

Gwen John
Vorrei capire dal cenno dei pioppi
Certe sere vorrei salire

sui campanili della pianura,
veder le grandi nuvole rosa
lente sull'orizzonte
come montagne intessute
di raggi.

dove passa il fiume
e quale aria trascina;
saper dire dove nascerà il sole
domani
e quale via percorrerà, segnata
sul riso già imbiondito,
sui grani.
Vorrei toccare con le mia dita
l'orlo delle campane, quando cade il giorno
e si leva la brezza:
sentir passare nel bronzo il battito
di grandi voli lontani.

domenica 17 giugno 2012

Orme sulla sabbia di Margaret Fishback Powers

Ernesto Arrisueno*Infinity
Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che
ho camminato sulla sabbia
accompagnato dal Signore
e sullo schermo della notte
erano proiettati
tutti i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro
e ho visto
che ad ogni giorno
della mia vita,
apparivano due
orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.
Così sono andato avanti,
finché tutti i miei giorni
si esaurirono.
Allora mi fermai
guardando indietro,
notando che in certi punti
c’era solo un’orma…
Questi posti coincidevano
con i giorni più difficili
della mia vita:
i giorni di maggior angustia,
di maggiore paura
e di maggior dolore.
Ho domandato, allora:
“Signore, Tu avevi detto
che saresti stato con me
in tutti i giorni della mia vita,
ed io ho accettato
di vivere con te,
perché mi hai lasciato
solo proprio
nei momenti più difficili?”.
Ed il Signore rispose:
“Figlio mio, Io ti amo
e ti dissi
che sarei stato con te
e che non ti avrei lasciato solo
neppure per un attimo:
i giorni in cui tu
hai visto solo un’orma
sulla sabbia,
sono stati i giorni
in cui ti ho portato in braccio”.

sabato 16 giugno 2012

Tu non hai affatto capito di Evgenij A. Evtusenko

Ruth Gikow*Girl in cafè*1975
Tu non hai affatto capito,
mia coscienza esigente, che è solo per debolezza
se adesso ho bisticciato con te.
E non hai affatto capito,
quando con disprezzo ti sei vendicata,
che causa di debolezza
non impudenza fu - stanchezza.
E non mi hai capito,
e forse io non ho capito te,
quando ti ho porto la mano
e tu non mi hai porto la tua.
Ma molto bene hai capito
che è la disperazione a portarci
alla perdita del confine, fatale,
tra le forze del bene e del male...
1975

venerdì 15 giugno 2012

O gemma leziosa di Ciacco dell'Anguillara

Domenico Ghirlandaio*Giovanna Tornabuoni
Amante. O gemma lezïosa,
     Adorna villanella,
     Che se’ più virtudiosa
     Che non se ne favella,
     Per la virtude ch’hai
     Per grazia del Signore,
     Aiutami, che sai
     Che son tuo servo, amore.
♥♥♥
Madonna.Assai son gemme in terra,
     Ed in fiume ed in mare,
     Ch’hanno virtude in guerra
     E fanno altrui allegrare.
     Amico, io non son dessa
     Di quelle tre nessuna:
     Altrove va per essa,
     E cerca altra persona.
♥♥♥
Amante.Madonna, tropp’è grave
     La vostra risponsione:
     Chè io non aggio nave,
     Nè non son marangone
     Ch’io sappia andar cercando
     Colà ove mi dite.
     Per voi perisco amando
     Se non mi soccorrite.
♥♥♥
Madonna.Se perir tu dovessi
     Per questo cercamento,
     Non crederia che avessi
     In te innamoramento.
     Ma s’tu credi morire
     Innanzi ch’esca l’anno
     Per te fo messe dire,
     Come altre donne fanno.
♥♥♥
Amante.O villanella adorna,
     Fa sì ch’io non perisca:
     Che l’uom morto non torna
     Per far poi cantar messa.
     Se vuoimi dar conforto,
     Madonna, non tardare:
     Quand’odi ch’io sia morto
     Non far messa cantare.
♥♥♥
Madonna.Se morir non ti credi,
     Molto hai folle credenza,
     Se quanto in terra vedi
     Trapassa per sentenza.
     Ma s’tu sei dio terreni
     Non ti posso scampare:
     Guarda che leggi tieni,
     Se non credi all’altare.
♥♥♥
Amante.Per l’altar mi richiamo,
     Che adoran li cristiani:
     Pern merce vi chiamo,
     Poi sono in vostre niani.
     Pregovi in cortesia
     Che m’aitate, per Dio,
     Perche la vita mia
     Da voi conosca in fio.
♥♥♥
Madonna.Si sai chieder mercede
     Con umiltà piacente;
     Giovar de’ ti la fede,
     Si ami coralmente.
     Tanto m’hai predicata,
     E sì saputo dire,
     Ch’io mi sono accordata:
     Dimmi, che t’e in piacire?
♥♥♥
Amante.Madonna, a me non piace
     Castella nè monete:
     Fatemi far la pace
     Con quel che voi sapete.
     Ouesto adimando a vui,
     E facciovi finita:
     Donna siete di lui
     Ed egli è la mia vita.          

giovedì 14 giugno 2012

In pena di Paul Eluard

Charles Courtney Curran*June*1931
In pena per un cielo infranto
Per la pioggia che ci bagnerà
Vado pensando alla gioia grande
Che se vorremo ci prenderà.
Tra dovere ed inquietudine
Esita questa vita rude.
(È una molto grande pena
Confessarlo, ora).
Qui ogni cosa d'erba odora.
Su tutto il cielo, in cielo, il volo delle rondini
Ci distrae, ci fa pensare...
Io penso una speranza quieta.
******************
Me souciant
Me souciant d'un ciel dévasté,
De la pluie qui va nous mouiller
Je vais pensant au grand bonheur
Qui nous saisirait si nous voulions.
Le devoir et l'inquiétude
Partagent ma vie rude
(C'est une grande peine
De vous l'avouer).
Ça sent la verdure à plein nez.
Sur plein ciel, en plein ciel, le vol des hirondelles
Nous amuse et nous fait rêver...
Je rêve d'un espoir tranquille.

mercoledì 13 giugno 2012

Metamorfosi nell'urna del Santo di Salvatore Quasimodo

Guercino*Sant'Antonio da Padova*1656
***
I morti maturano,
il mio cuore con essi.
Pietà di sé
nell'ultimo umore ha la terra.
Muove nei vetri dell'urna
una luce d'alberi lacustri:
Mi devasta oscura mutazione,
santo ignoto: gemono al seme sparso
larve verdi:
il mio volto è loro primavera.
Nasce una memoria di buio
in fondo a pozzi murati,
un'eco di timpani sepolti:
sono la tua reliquia
patita.
"Òboe sommerso"

martedì 12 giugno 2012

Di giugno di Cenne da la Chitarra

Luc-Olivier Merson*1901
Di giugno siate in tale campagnetta,
che ve sieno corbi ed argironcelli;
le chiane intorno senza caravelli:
entro nel mezzo v’abbia una isoletta,
de la qual esca sì forte venetta,
che mille parte faccia e ramicelli
d’aqua di solfo, e cotai gorgoncelli,
sì ch’ella adacqui ben tal contradetta.
Sorbi e pruni acerbi siano lìe,
nespole crude e cornie savorose;
le rughe sian fangose e strette vie;
le genti vi sian nere e gavinose,
e faccianvisi tante villanie,
che a Dio ed al mondo sïano noiose.
Risposta per contrarî ai sonetti de’ mesi
di Folgore da San Geminiano
XIII Secolo

lunedì 11 giugno 2012

I gigli di Giovanni Pascoli

Alphonse Mucha*1901
Nel mio villaggio, dietro la Madonna
dell'acqua, presso a molti pii bisbigli,
sorgono sopra l'esile colonna
verde i miei gigli:

miei, ché a deporne i tuberi in quel canto
del suo giardino fu mia madre mesta.
D'altri è il giardino: di mia madre (è tanto!...)
nulla piú resta.

Sono tanti anni!... Ma quei gigli ogni anno
escono ancora a biancheggiar tra folti
cesti d'ortica; ed ora... ora saranno
forse già còlti.

Forse già sono su l'altar, lì presso,
a chieder acqua, or ch'è mietuto il grano,
per il granturco: e nel pregar sommesso
meridïano,

guardando i gigli, alcuna ebbe un fugace
ricordo; e chiede che Maria mi porti
nella mia casa, per morirvi in pace
presso i miei morti.

(Myricae/Alberi e fiori/XII)

domenica 10 giugno 2012

Piccola elegia di Andrea Zanzotto

George Inness*Giugno
Giovane ed infelice
qui torna l'anima mia,
più valido e fosco l'amore.
Ti ridiremo, nome sepolto
tra questi clivi dove nuziale
s'apre la rosa ai pergolati
e giugno appannato d'acque e funghi
stillicidi insensibili protrae
per la festa delle api e delle zinnie.
Ma perpetuo il torrente nel fondo si divora.
Io sto solo e non parlo dell'amore.
Io membra incerte
occhi sfibrati
dall'aspro moto delle cose, avvinti
come residue vive contraddizioni
al moto stesso della sera.
Ah giovane ancora ed infelice io sono
e nulla posso
e nulla posso dare.
E scopro nel mio cuore
scritta l'elegia,
e non ho pudore del mio pianto
nè dell'eco invocata. Senza meta
e senza inizio, in quale
contraddizione, in quale
valle che stride e scivola e si spezza
nei millenni, che tuona
di querce in agonia...
(Vocativo)
(I. Come una bucolica)

sabato 9 giugno 2012

Sovra i mirti e fra le rose di Anacreonte

Ettore De Maria Bergler*Floralia
Sovra i mirti e fra le rose,
Sovra molli erbe odorose
Adagiato io voglio ber.
Deh, t'annoda al collo il manto,
Bell'Amore! e mentr'io canto,
Corri a farmi da coppier.
Ahi! l'umana vita fugge
Come ruota che si strugge
Più che gira, e sempre va.
Sonno eterno in poca fossa
Sulla polvere e fra l'ossa
Il mio corpo dormirà.
A che i balsami e i conforti
Sulle tombe? A che su' morti
Tanto vino e tanti fior?
A me il nappo e la corona
Or ch'io spiro, or che risuona
La mia lira e m'arde il cor.
Vieni e meco ti trastulla;
Qui m'invita la fanciulla
Che sa ridere e trescar.
Ah, Cupido! è meglio, innanzi
Che fra' morti ignudo io danzi,
Dar gli affanni ai venti e al mar.
(Traduzione di Ugo Foscolo)

venerdì 8 giugno 2012

Lucente stella di John Keats

Gabriel Cornelius Ritter Von Max*Per Aspera
Lucente stella, esser potessi come te costante -
non però, in solitario splendore, nella notte sospesa,
mentre, con il tuo sguardo eterno, osservi distante
tu, della natura paziente e insonne eremita,
le mutevoli acque al sacro compito intente
di pure abluzioni attorno alle spiagge umane,
o mentre scruti la maschera, discesa lievemente,
di fresca neve sui monti, e sopra le brughiere -
No - sempre costante, senza un cambiamento,
adagiarmi vorrei sul seno generoso del mio amore,
sentendolo abbassarsi e sollevarsi lento,
in dolce inquietudine e senza mai dormire,
Così sempre, e per sempre, il suo lieve respiro sentire
e vivere in eterno - o, in estasi, morire.
*******************
BRIGHT STAR
Bright star, would I were stedfast as thou art–
Not in lone splendour hung aloft the night
And watching, with eternal lids apart,
Like nature’s patient, sleepless Eremite,
The moving waters at their priestlike task
Of pure ablution round earth’s human shores,
Or gazing on the new soft-fallen mask
Of snow upon the mountains and the moors–
No–yet still stedfast, still unchangeable,
Pillow’d upon my fair love’s ripening breast,
To feel for ever its soft fall and swell,
Awake for ever in a sweet unrest,
Still, still to hear her tender-taken breath,
And so live ever–or else swoon to death.

giovedì 7 giugno 2012

Rosa fresca aulentissima di Cielo D'Alcamo

John Everett Millais♥Lorenzo e Isabella♥1849
   «Rosa fresca aulentissima,
     C’appari in ver la state,
     Le donne ti disiano,
     Pulzelle e maritate:
     Traemi d’este focora,
     Se t’este a bolontate;
     Perchè non aio abentu notte e dia
     Pensando pur di voi, Madonna mia.»
«Se di meve trabágliti,
     Follia lo ti fa fare.
     Lo mar potresti arrompere
     Avanti e asemenare,
     L’abere d’esto secolo
     Tutto quanto assembrare:
     Avere me non potería esto monno:
     Avanti li cavelli m’aritonno.»
     «Se li cavelli artonniti
     Avanti foss’ io morto;
     Ca i’ sì mi perderia
     Lo solazzo e diporto.
      Quando ci passo e veioti,
     Rosa fresca de l’orto,
     Bono conforto donimi tutt’ore;
     Poniamo che s’aiunga il nostro amore.»
     «Ch’el nostro amore aiungasi
     Non boglio m’attalenti.
     Se ci ti trova patremo
     Cogli altri miei parenti,
     Guarda non t’aricolgano
     Questi forti corenti.
     Como ti seppe bona la venuta,
     Consiglio che ti guardi a la partuta.»
     «Se i tuoi parenti trovanmi,
     E che mi pozon fari?
     Una difesa mettoci
     Di dumilia agostari;
     Non mi tocarà patreto
     Per quanto avere ha’ in Bari.
     Viva lo ’mperadore, graz’a Deo
     Intendi, bella, questo ti dico eo.»
     «Tu me non lasci vivere
     Nè sera nè matino:
     Donna mi son di perperi,
     D’auro massa amotino.
     Se tanto aver donassimi
     Quanto a lo Saladino,
     E per aiunta quant’a lo Soldano,
     Tocare me non poteria la mano.»
    « Molte sono le femine
     Ch’anno dura la testa,
     E l’uomo con parabole
     Le dimina e ammodesta;
     Tanto intorno percacciale
     Finchè l’a in sua podesta.
     Femina d’omo non si può tenere:
     Guardati, bella, pur di ripentere.»
     «Ch’eo me ne pentesse?
     Davanti foss’io ancisa,
     Ch’a nulla bona femina
     Per me fosse riprisa.
     Er sera ci passasti,
     Correnno alla distisa:
     A questi ti riposa, canzoneri:
     Le tue parole a me non piaccion gueri. 
     «Quante sono le sciantora
     Che m’ai mise allo core!
     E solo pur pensandoci
     La dia quanno vo fore!
     Femina d’esto secolo
      Non amai tanto ancore
     Quant’amo te, rosa invidiata;
     Ben credo che mi fosti distinata.»
     «Se distinata fosseti,
     Caderia dell’altezze;
     Chè male messe forano
     In te le mie bellezze.
     Se tutto adivenissemi,
     Tagliaràmi le trezze,
     E con suore m’arrenno a una magione
     Avanti che m’artocchin le persone.»
 
     «Se tu con suore arrenditi,
     Donna col vise aero,
     Allo mostero vennoci
     E rennomi con freri.
     Per tanta prova vencerti
     Faràlo volontieri:
     Con teco stao la sera e lo maitino:
     Besogne ch’io ti tenga al meo dimino.»
   «Oimè, tapina misera,
     Com’ao reo destinato!
     Geso Cristo l’altissimo
     Del toto m’è airato,
     Concepistimi a abattere
     Un omo blestiemato.
     Cierca la terra, ch’este granne assai,
     Chiù bella donna di me troverai.»
     «Ciercat’aio Calabria,
     Toscana e Lombardia,
     Puglia, Constantinopoli,
       Gienoa, Pisa, Sorìa,
     La Magna e Babilonia,
     E tutta Barberìa:
     Donna non trovai tanto cortese,
     Per dea sovrana di mene te presi.»
     «Poi tanto trabagliastiti
     Fàcioti meo pregheri:
     Che tu vadi, adomandimi
     A mia mare e a mon peri,
     Se dare mi ti degnano
     Menami allo mosteri,
     E sposami davanti dala iente,
     E poi faro lo tuo comannamente.»

mercoledì 6 giugno 2012

La canzone delle fate che rubano in giardino di Leigh Hunt

Ruth Sanderson*Goldenwood
Siam le Fate buone e fanciullesche,
Di dimensioni non gigantesche,
E quando andiamo in giardino,
Spesso la luna fa capolino.
Ci paion più dolci i dolci rubati,
I baci rubati son quelli più amati,
Che belle le donne in chiesa adocchiate,
Rubate sian le mele che mangiate.
Quando la gente al letto si appresta,
Ecco il momento di andare in giardino,
Eppure i frutti non son da mangiare,
Quel conta è rubare, rubare.
♥♥♥♥♥♥♥♥
SONG OF FAIRIES ROBBING AN ORCHARD
We, the Fairies, blithe and antic,
Of dimensions not gigantic,
Though the moonshine mostly keep us,
Oft in orchards frisk and peep us.
Stolen sweets are always sweeter,
Stolen kisses much completer,
Stolen looks are nice in chapels,
Stolen, stolen, be your apples.
When to bed the world are bobbing,
Then's the time for orchard-robbing;
Yet the fruit were scarce worth peeling,
Were it not for stealing, stealing.

martedì 5 giugno 2012

La bella dama senza pietà di John Keats

Frank Dicksee♥La Belle Dame sans Merci♥1890

«Che cosa t'affligge, cavaliere d'armi,
che solo vaghi e pallido?
La carice del lago è sfiorita
E nessun uccello canta.
Che cosa t'affligge, cavaliere d'armi,
così addolorato e sofferente?
Pieno è il granaio dello scoiattolo
e la messe è stata raccolta.
Vedo un giglio sulla tua fronte
Madida d'angoscia e di sudore,
E sulla tua guancia una rosa
Sfiorita anch'essa troppo in fretta.»
«Ho incontrato una dama nei prati
Bellissima, figlia di fata;
Lunghi aveva i capelli, il passo leggero
E selvaggio lo sguardo.
Feci un serto per la sua fronte
e braccialetti e profumato un cinto:
Mi guardò come se amasse
E dolce emise un gemito.
Sul mio destriero al passo la posi
E altro non vidi quel giorno
Perchè si sporgeva e cantava
Una canzone fatata.
Per me trovò radici dolci e miele,
La manna come rugiada scese,
E certamente mi disse ti amo
In un linguaggio strano.
Mi portò alla sua grotta fatata
e là pianse e triste sospirò,
Ed io le chiusi gli occhi selvaggi
Con quattro baci.
Lei poi mi addormentò cullandomi
Ed io - sciagurato - sognai
L'ultimo sogno sul fianco
Della collina fredda.
Vidi re pallidi e principi
E guerrieri bianchi di morte;
Gridavano tutti: "La Bella Dama senza Pietà
Ti ha in suo potere."
Vidi le loro labbra scarne nella sera
Aperte orribilmente per il grido,
E qui sveglio mi ritrovai sul fianco
Della collina fredda.
Ecco perchè adesso sto qui
A vagare pallido e solo,
Anche se la carice del lago è sfiorita
E nessun uccello canta.»
♥♥♥♥♥♥
La Belle Dame Sans Merci
Oh what can ail thee, knight-at-arms,
Alone and palely loitering?
The sedge has withered from the lake,
And no birds sing.
Oh what can ail thee, knight-at-arms,
So haggard and so woe-begone?
The squirrel's granary is full,
And the harvest's done.

I see a lily on thy brow,
With anguish moist and fever-dew,
And on thy cheeks a fading rose

Fast withereth too.
I met a lady in the meads,
Full beautiful - a faery's child,
Her hair was long, her foot was light,
And her eyes were wild.

I made a garland for her head,
And bracelets too, and fragrant zone;
She looked at me as she did love,
And made sweet moan.
I set her on my pacing steed,
And nothing else saw all day long,
For sidelong would she bend, and sing
A faery's song.
She found me roots of relish sweet,
And honey wild, and manna-dew,
And sure in language strange she said -
'I love thee true'.
She took me to her elfin grot,
And there she wept and sighed full sore,
And there I shut her wild wild eyes
With kisses four.
And there she lullèd me asleep
And there I dreamed - Ah! woe betide! -
The latest dream I ever dreamt
On the cold hill side.
I saw pale kings and princes too,
Pale warriors, death-pale were they all;
They cried - 'La Belle Dame sans Merci
Thee hath in thrall!'
I saw their starved lips in the gloam,
With horrid warning gapèd wide,
And I awoke and found me here,
On the cold hill's side.
And this is why I sojourn here
Alone and palely loitering,
Though the sedge is withered from the lake,       

And no birds sing.

lunedì 4 giugno 2012

I morti di Salvatore Quasimodo

Herbert Schmalz
  Mi parve s'aprissero voci,
che labbra cercassero acque,
              che mani s'alzassero a cieli.                
    Che cieli! Più bianchi dei morti
 che sempre mi destano piano;
                  i piedi hanno scalzi; non vanno lontano.
 Gazzelle alle fonti bevevano,
vento a frugare ginepri
    e rami ad alzare le stelle?

domenica 3 giugno 2012

Sera della domenica di Sergio Corazzini

Jean Louis Forain*1884
per Alberto Tarchiani
Ora che li organi
di Barberia singhiozzano al Crepuscolo
li ultimi balli e le ultime canzoni
anche una volta, quasi una paura
folle di rimanere
soli nell'imminente ombra li tenga;
ora che i poveri
amanti hanno sepolta
nel cuore, senza piangere, la piccola
loro felicità domenicale,
e vanno muti
per il noto viale
al convegno dell'ultima tristezza;
ora che il pianto in maschera
di Sorriso
affetta ancora un'aria disinvolta
prima che scada il facile noleggio
dell'abito di gala;
ora che ne' conventi e ne' collegi
abbassano le lampade,
asciugano le lagrime,
e s'imagina che nel Paradiso
ogni giorno sarà
domenica;
ora che nei postriboli
le femine si lasciano baciare
cantando
il breve elogio funebre
della verginità;
il Poeta, ebro di morte,
viene a patti
con la Disperazione
che gli offre il domani con tutte
le sue piccole ire sorde,
le sue facili rassegnazioni,
mentre gli ride in faccia
perché non seppe ancora
morire di fame!
(Libro per la sera della domenica)

sabato 2 giugno 2012

Stavo per dirti addio di Paolo Silenziario

John Godward* A classical beauty
Stavo per dirti:”Addio!”; ma subito
ho frenato la mia voce: e sono ancora qui.
Separarmi da te mi fa paura: è spaventoso,
come l’amara notte di Acheronte.
Splendore del mattino è il tuo; ma è muto
il giorno: tu invece mi porti in dono la tua voce,
anche più dolce di un canto di sirena. In lei è sospesa 
ogni speranza del mio cuore.

venerdì 1 giugno 2012

Di giugno di Folgore da San Gimignano

John Duncan*Happiness
Di giugno dovvi una montagnetta
coverta di bellissimi arboscelli,
con trenta ville e dodici castelli,
che sian entorno ad una cittadetta,
ch'abbia nel mezzo una soa fontanetta
e faccia mille rami e fiumicelli,
ferendo per giardin e praticelli
e rinfrescando la menuta erbetta.
Aranci e cedri, dàttili e lumie
e tutte l'altre frutte savorose
empergolate siano per le vie;
e le gente vi sian tutte amorose
e faccianvisi tante cortesie,
ch'a tutto 'l mondo siano graziose.