Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

lunedì 31 dicembre 2012

I collari del tempo e dello spazio di Filippo Tommaso Marinetti

Leslie Thrasher
O Tempo! Mi scaglierò contro di te,
e ti spezzerò le ali,
e romperò la tua voce asmatica d’orologio!
Chiama pure alla riscossa lo spazio,
vecchio avoltoio podagroso
che lascia dietro di sè come striscia di bava
il bianco nastro delle strade e i grandi archi
dell’orizzonte, simili a immense lumache
arrotondate!...
Tempo! Spazio! Sole divinità padrone del mondo!
Io mi ribello contro di voi!
Spazio! Tu mi mettesti intorno al collo,
come una cavezza,
questo mutevole orizzonte
irto di monti, di piani e di città capellute!...
Tu mi lasciasti, sola libertà,
la distanza che separa la mia gola palpitante
dal cerchio chiuso dell’orizzonte....
Ora io t’impongo – comprendi? – d’allargarlo
di più, sempre di più, finchè si schianti!
E tu, esecrabile Tempo, farai altrettanto!
Tu devi, ti piaccia, allentare
la strangolante e sinistra cavezza dell’ora....
dell’ora che segue quella che viviamo
e che da ogni parte la stringe
per dominarla meglio e per soffocarla
uccidendo la mia azione!
Tempo! Spazio! Che direste
se bruscamente attraversassi, in dieci secondi,
l’intervallo che mi divide
da questo rotondo orizzonte
che, secondo i vostri calcoli,
m’aspetta soltanto fra un’ora?...
Ah! ah! ridete giallo, e sentite tremare
sotto i vostri piedi geometrici i piedestalli
della vostra potenza millenaria!
E’ perchè – cordialmente ve lo confesso –
il mio motore ha talvolta delle velocità stupefacenti.
Voi sapete, d’altronde, che tutti i chilometri
non sono lunghi ugualmente....
Alcuni sono di trecento, ed altri d’ottocento metri....
E vi sono delle ore che si slanciano
mentre altre s’addormentano....
Tutto ciò manca d’ordine e di precisione!...
Sappiate che uno spirito forte come il mio
può dare a un’ora l’ampiezza di una settimana,
o serrarla nel suo pugno duro,
come un limone
da cui colerà soltanto il sugo
d’un minuscolo quarto d’ora!...
A forza di desideri e d’attese guardinghe,
conobbi le segrete serrature
che chiudono i collari dell’orizzonte e dell’ora.
Ed ecco: adesso batto la testa
nei quattro cantoni di questi quattro quarti d’ora
che m’imprigionano!
Ma tutt’intorno c’è una cornice assai più grande,
e assai più elastica....
E’ la giornata solare.
Poi, più ampia, la mutevole stagione,
fragile, infinitamente allungabile....
guardate! La mia tenace volontà
e la mia sensibilità,
collaborando coll’elica
fanno della velocità una cosa assoluta!...
Spazio, io ti costringo, volando,
a mettermi intorno al collo, incessantemente,
senza riposo, ad ogni istante
un sempre nuovo orizzonte!...
Carezze sempre diverse e sempre più cupe!...
Non è la Via Lattea,
che m’abbellisce, in questo momento,
una fulgida collana di perle
che potrebbe inebbriare
il collo della mia amica?
Suvvia! Fa presto! In quale orizzonte
stai dunque per rinchiudermi!...
Tempo! Spazio! Sarete sorpassati per forza!
Spazio! tu perderai, ogni volta,
un po’ del tempo, tuo amico....
La mia cavezza è almeno cento volte più larga
di quella che lega quel treno sorpassato!
Fra un’ora tu dovrai allungare la mia
all’infinito!...
Meglio varrebbe abbandonarla subito!...
Ecco! E’ già fatto!
Al diavolo il Tempo e lo Spazio!
**************
(L'aereoplano del Papa*1914)

domenica 30 dicembre 2012

Bilanci consuntivi di Maria Luisa Spaziani

Norman Rockwell*1932
Ma tutta quella tristezza che hai vissuto,
(guarda, che strano), dall'alto del monte
non ti sembra un'azzurra mascherata?
E quando vedi i dadi che riposano
sopra il loro responso di numeri,
giureresti che si trattava di un gioco?
(Geometria del disordine)

sabato 29 dicembre 2012

Victor parte I di Wystan Hugh Auden

Joseph Christian Leyendecker
Victor era un bambinello,
in questo mondo venne;
il padre lo prese sul ginocchio e disse:
"Non disonorare il nostro nome".
Victor alzò gli occhi al padre
alzò gli occhi grandi e rotondi:
il padre disse: "Victor, mio unico figlio,
non dire mai bugie, non dirne mai".
Victor e il padre andarono
a fare un giro in calesse;
il padre trasse una Bibbia di tasca e lesse:
"Beati i puri di cuore".
Era un dicembre gelato,
non era certo stagione di messi;
il padre cadde ucciso da un infarto
allacciandosi gli stivali.
Era un dicembre gelato
quando sprofondò nella tomba;
lo zio trovò a Victor un posto di cassiere
alla Banca delle Contee del Midland.
Era un dicembre gelato,
Victor aveva appena diciotto anni,
ma teneva esatti i conti, dritti i margini
e sempre puliti i polsini.
Prese una stanza al Peveril,
una rispettabile pensione;
e il Tempo lo teneva sempre d'occhio
come un gatto tiene d'occhio un topo.
Gli impiegati gli davano pacche sulla spalla;
"Hai mai avuto una donna?" gli dicevano.
"Vieni in città con noi sabato sera".
Victor sorrideva e scuoteva la testa.
Il direttore sedeva nel suo ufficio,
fumava una sigaro Corona;
disse: "Victor è un bravo ragazzo ma
è troppo timido per fare strada".
Victor salì nella sua stanza,
caricò la sveglia;
montò a letto, prese la Bibbia e lesse
quello che era accaduto a Iezabel.
(prosegue in aprile.....)
**********
Victor was a little baby, 
Into this world he came;
His father took him on his knee and said: 
"Don't dishonour the family name." 
Victor looked up at his father 
Looked up with big round eyes:
His father said: "Victor, my only son, 
Don't you ever tell lies."
Victor and his father went riding
Out in a little dog-cart;
His father took a Bible from his pocket and read:
"Blessed are the pure in heart".
It was a frosty December, 
It wasn't the season for fruits;
His father fell dead of heart disease 
While lacing up his boots.
It was a frosty December 
When into his grave he sank;
His uncle found Victor a post as a cashier 
In the Midlands Counties Bank.
It was a frosty December 
Victor was only eighteen.
But his figures were neat and his margins straight 
And his cuffs were always clean.
He took a room at the Peveril, 
A respectable boarding-house; 
And Time watched Victor day after day 
As a cat will watch a mouse.
The clerks slapped Victor on the shoulder;
"Have you ever had a woman?" they said,
"Come down town with us on Saturday night".
Victor smiled and shook his head.
The manager sat in his office,
Smoked a Corona cigar:
Said, "Victor's a decent fellow but
He's too mousey to go far".
Victor went up to his bedroom, 
Set the alarm bell;
Climbed into bed, took his Bible and read 
Of what happend to Jezebel.
(Lighter Poems)

venerdì 28 dicembre 2012

Ai fratelli Cervi, alla loro Italia di Salvatore Quasimodo

Jan Van Eyck*1427
In tutta la terra ridono uomini vili,
principi, poeti, che ripetono il mondo
in sogni, saggi di malizia e ladri
di sapienza. Anche nella mia patria ridono
sulla pietà, sul cuore paziente, la solitaria
malinconia dei poveri. E la mia terra è bella
d’uomini e d’alberi, di martirio, di figure
di pietra e di colore, d’antiche meditazioni.
Gli stranieri vi battono con dita di mercanti
il petto dei santi, le reliquie d’amore,
bevono vino e incenso alla forte luna
delle rive, su chitarre di re accordano
canti di vulcani. Da anni e anni
vi entrano in armi, scivolano dalle valli
lungo le pianure con gli animali e i fiumi.
Nella notte dolcissima Polifemo piange
qui ancora il suo occhio spento dal navigante
dell’isola lontana. E il ramo d’ulivo è sempre ardente.
Anche qui dividono in sogni la natura,
vestono la morte e ridono i nemici
familiari. Alcuni erano con me nel tempo
dei versi d’amore e solitudine, nei confusi
dolori di lente macine e di lacrime.
Nel mio cuore finì la loro storia
quando caddero gli alberi e le mura
tra furie e lamenti fraterni nella città lombarda.
Ma io scrivo ancora parole d’amore,
e anche questa è una lettera d’amore
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi
non alle sette stelle dell’Orsa: ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.
Non sapevano soldati filosofi poeti
di questo umanesimo di razza contadina.
L’amore la morte in una fossa di nebbia appena fonda.
Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.
**************
(Gelindo,Antenore,Aldo,Ferdinando,Agostino,Ovidio,Ettore.
trucidati il 28 dicembre del 1943 nel poligono di tiro di Reggio Emilia)

giovedì 27 dicembre 2012

C'era ai vetri di freddo del Natale di Alfonso Gatto

William Fulton Soare
C'era ai vetri di freddo del Natale
tra i graffi dei bambini anche il tuo nome.
Io bevevo il caffè, dicevo come
potrò vederla, càpita che il male
paziente all'improvviso m'allontani
nell'ansia dell'averti ove non sei.
Ma sei dovunque l'ora dei cortei
che passano, la festa del domani.
(Poesie d'amore-Seconda parte-1960*1972)

mercoledì 26 dicembre 2012

Dolina notturna di Giuseppe Ungaretti

Alphonse Maria Mucha*Mistletoe-Portrait Madame Mucha
Napoli il 26 dicembre 1916
Il volto
di stanotte
è secco
come una
pergamena
Questo nomade
adunco
morbido di neve
si lascia
come una foglia
accartocciata
L'interminabile
tempo
mi adopera
come un fruscio
(Naufragi)

martedì 25 dicembre 2012

Il mondo non ascolta di Maria Luisa Spaziani

Charles Allen
Il mondo non ascolta che rumori.
Le sfumature sfuggono, sfumano gli ultrasuoni.
Io trasmetto parole su un'antenna
che ogni giorno quel vento rovescia.
Ti auguro buon Natale nel più profondo sento
di che magica forza quest'augurio è capace.
Non t'ho detto che t'amo, forse l'avrei osato
se mai nessuno al mondo lo avesse detto prima.
(La traversata dell'oasi)

lunedì 24 dicembre 2012

Vigilia di Natale, solo di Charles Bukowski

Priscilla Pointer
Vigilia di Natale, solo
in una stanza di motel
sulla costa
del Pacifico -
lo senti?
hanno provato a farlo
in stile spagnolo, con
tappezzerie e lampade, e
il bagno è pulito, ci sono
minuscole saponette
rosa.
qui
non ci troveranno:
barracuda o dame o
adoratori
d'idoli.
giù in città
sono ubriachi e spaventati
passano col rosso
si fracassano la testa
in onore del genetliaco di
Cristo. non male.
presto finirò questa bottiglietta
di rum portoricano.
al mattino vomiterò e
farò la doccia, ritornerò in auto,
mangerò un panino alle 13,
sarò nella mia camera alle
14,
sdraiato sul letto,
in attesa che suoni il telefono,
senza rispondere,
la mia vacanza è
un'evasione, il mio ragionare
no.
(L'amore è un cane che viene dall'inferno)
*******
CHRISTMAS EVE, ALONE
Christmas eve, alone
in a motel room
down the coast
near the Pacific -
hear it?
they've tried to do this place up
Spanish, there's
tapestry and lamps, and
the toilet's clean, there are
tiny bars of pink
soap.
they won't find us
here:
the barracudas or the ladies or
the idol
worshippers.
back in town
they're drunk and panicked
running red lights
breaking their heads open
in honor of Christ's
birthday. that's nice.
soon I'll finish this 5th of
Puerto Rican rum.
in the morning I'll vomit and
shower, drive back
in, have a sandwich by 1 p.m.,
be back in my room by
2,
stretched one the bed,
waiting for the phone to ring,
not answering,
my holiday is an
evasion, my reasoning
is not.
(Love is a Dog from Hell: Poems)

domenica 23 dicembre 2012

Regalo di Natale di Johann Wolfgang Von Goethe

Herbert Paus
Mio dolce amore, qui racchiusi nella scatola,
ci sono dolci dalle forme più svariate.
Sono i frutti del sacro tempo di Natale,
semplici biscotti da donare ai bambini.
Con teneri discorsi vorrei per la festa
prepararti delle poetiche chicche;
ma queste vanità a cosa servono?
Non intendo più sedurre con le lusinghe.
Ma esiste una dolcezza che dall'intimo
parla all'intimo, fruibile a distanza.
Solo questa fino a te viene in un alito.
E se tu senti allora un caro ricordo,
come ai lieti fulgori di stelle familiari,
non sdegnerai anche il più piccolo dono.
***********
Christgeschenk
Mein süßes Liebchen! Hier in Schachtelwänden
Gar mannigfalt geformte Süßigkeiten.
Die Früchte sind es heil'ger Weihnachtszeiten,
Gebackne nur, den Kindern auszuspenden!
Dir möcht' ich dann mit süßem Redewenden
Poetisch Zuckerbrot zum Fest bereiten;
Allein was soll's mit solchen Eitelkeiten?
Weg den Versuch, mit Schmeichelei zu blenden!
Doch gibt es noch ein Süßes, das vom Innern
Zum Innern spricht, genießbar in der Ferne,
Das kann nur bis zu dir hinüber wehen.
Und fühlst du dann ein freundliches Erinnern,
Als blinkten froh dir wohlbekannte Sterne,
Wirst du die kleinste Gabe nicht verschmähen.

sabato 22 dicembre 2012

Lettera 1951 di Maria Luisa Spaziani

Gil Elvgren*Christmas*1954
Natale altro non è che quest'immenso
silenzio che dilaga per le strade,
dove platani ciechi
ridono con la neve,
altro non è che fondere a distanza
le nostre solitudini,
sopra i molli sargassi
stendere nella notte un ponte d'oro.
Sono qui, col tuo dono che mi illumina
di dieci stelle-lune,
trasognata guidandomi per mano
dove vibra un riverbero
di fuochi e di lanterne (verde e viola),
di girandole e insegne di caffè.
Van Gogh, Parigi azzurra...
        Un pino a destra
per appendervi quattro nostalgie
e la mia fede in te, bianca cometa
in cima.
(Le acque del Sabato)

venerdì 21 dicembre 2012

Dopo il dolce l'amaro di Christina Rossetti

Sigismund Ivanowski*1906
L'estate se n'è andata con le rose,
con il sole, i profumi e i dolci fiori,
con il caldo e le piogge rugiadose.
Anche l'autunno declina. I suoi languori
freddi si fanno all'ora del commiato.
Viene l'inverno, è dura pietra il giorno,
la calda luce più non fa ritorno,
giace l'ultimo fiore disseccato.
************
Bitter For Sweet
Summer is gone with all its roses,
Its sun and perfumes and sweet flowers,
Its warm air and refreshing showers:
And even Autumn closes.
Yea, Autumn's chilly self is going,
And winter comes which is yet colder;
Each day the hoar-frost waxes bolder
And the last buds cease blowing.

giovedì 20 dicembre 2012

Dies Irae di Tommaso Da Celano

Hans Memling*Giudizio Universale
Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla
teste David cum Sybilla.
Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.
Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.
Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.
Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.
Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.
Quid sum miser tunc dicturus?
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?
Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.
Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae
ne me perdas illa die.
Quaerens me, sedisti lassus,
redemisti Crucem passus:
tantus labor non sit cassus.
Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.
Ingemisco, tamquam reus,
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce, Deus.
Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.
Preces meae non sunt dignae,
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.
Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.
Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.
Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.
Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla
judicandus homo reus.
Huic ergo parce, Deus:
pie Jesu Domine,
dona eis requiem. Amen.
**********
Giorno dell’ira sarà quel giorno
dissolverà il mondo terreno in cenere
come annunciato da David e dalla Sibilla.
Quanto terrore verrà
quando giungerà il giudice
a giudicare severamente ogni cosa.
La tromba diffondendo un suono stupefacente
tra i sepolcri del mondo
spingerà tutti davanti al trono.
La Morte si stupirà, e la Natura
quando risorgerà ogni creatura
per rispondere al giudice.
Sarà prodotto il libro scritto
nel quale è contenuto tutto,
dal quale si giudicherà il mondo.
E dunque quando il giudice si siederà,
ogni cosa nascosta sarà svelata,
niente rimarrà invendicato.
In quel momento che potrò dire io, misero,
chi chiamerò a difendermi,
quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro?
Re di tremenda maestà,
tu che salvi per grazia chi è da salvare,
salva me, fonte di pietà.
Ricorda, o pio Gesù,
che io sono la causa del tuo viaggio;
non lasciare che quel giorno io sia perduto.
Cercandomi ti sedesti stanco,
mi hai redento con il supplizio della Croce:
che tanta fatica non sia vana!
Giusto giudice di retribuzione,
concedi il dono del perdono
prima del giorno della resa dei conti.
Comincio a gemere come un colpevole,
per la colpa è rosso il mio volto;
risparmia chi ti supplica, o Dio.
Tu che perdonasti Maria di Magdala,
tu che esaudisti il buon ladrone,
anche a me hai dato speranza.
Le mie preghiere non sono degne;
ma tu, buon Dio, con benignità fa’
che io non sia arso dal fuoco eterno.
Assicurami un posto fra le pecorelle,
e tienimi lontano dai caproni,
ponendomi alla tua destra.
Una volta smascherati i malvagi,
condannati alle fiamme feroci,
chiamami tra i benedetti.
Prego supplice e in ginocchio,
il cuore contrito, come ridotto a cenere,
prenditi cura del mio destino.
Quel giorno sarà un giorno di lacrime,
quando risorgerà dalla cenere
il peccatore per essere giudicato.
Perdonalo, o Dio:
pio Signore Gesù,
dona a loro la pace. Amen.
Tratto da Musicacolta.eu

mercoledì 19 dicembre 2012

Natale degli spalatori di neve di Jacques Prevert

Norman Rockwell*1932
(Quando cade a Natale)
I nostri camini sono vuoti
le nostre tasche rivoltate
ohè ohè ohè
i nostri camini sono vuoti
le nostre scarpe bucate
ohè ohè ohè
e i nostri figli lividi
sono a pancia vuota
ohè ohè ohè
Eppure è Natale
Natale che bisogna festeggiare
Festeggiamo festeggiamo il Natale
lo si fa ogni anno
Ohè la vita è bella
Ohè felice Natale
Ma ecco la neve che cade
che cade così dall'alto
Si farà certo male
cadendo così dall'alto
ohè ohè èho
Povera neve novella
corriamo corriamo verso quella
corriamo con le nostre pale
corriamo a raccoglierla
perchè questo è il nostro mestiere
ohè ohè ohè
Graziosa neve novella
tu che arrivi dal cielo
dicci dicci o bella
ohè ohè ohè
Quando a Natale 
cadranno di lassù
i tacchini di Natale
con i loro piccoli
ohè ohè èho!
************
Noël des ramasseurs de neige
(Quand elle tombe à Noël)
Nos cheminées sont vides
nos poches retournées
ohé ohé ohé
nos cheminées sont vides
nos souliers sont percés
ohé ohé ohé
et nos enfants livides
dansent devant nos buffets
ohé ohé ohé
Et pourtant c’est Noël
Noël qu’il faut fêter
Fêtons fêtons Noël
ça se fait chaque année
Ohé la vie est belle
Ohé joyeux Noël
Mais v’là la neige qui tombe
qui tombe de tout en haut
Elle va se faire mal
en tombant de si haut
ohé ohé ého
Pauvre neige nouvelle
courons courons vers elle
courons avec nos pelles
courons la ramasser
puisque c’est notre métier.
ohé ohé ohé
Jolie neige nouvelle
toi qu’arrives du ciel
dis-nous dis-nous la belle
ohé ohé ohé
Quand est-ce qu’à Noël
tomberont de là-haut
des dindes de Noël
avec leurs dindonneaux?
ohé ohé ého !‎

martedì 18 dicembre 2012

Quando nacque Gesù dal sen fecondo di Olindo Guerrini

Domenico Ghirlandaio*Nativity*1492
Quando nacque Gesù dal sen fecondo
Della vergine ebrea, l’orrida vesta
Scosse l’inverno e rinverdì giocondo,
E Betlemme adorò di Dio le gesta.
Scese un inno d’amor dal ciel profondo,
Iddio s’unì degli uomini alla festa;
Osanna, ognun gridò, redento è il mondo!
Ma l’asino ed il bue scosser la testa.
L’asino disse: o spalle mie, saprete
A suon di verghe se redente siete
Quando a Gerusalemme il condurrete!
Ed il bue: le mie costole sapranno
Un giorno a Cana se redente l’hanno
Quando in bistecche me le mangeranno!
(Postuma XIII)

lunedì 17 dicembre 2012

Chi sei tu di Dylan Thomas

Norman Rockwell*1951
Chi
Sei tu
Che sei nato
Nella stanza vicina
Alla mia così rumoroso
Ch'io possa udire il grembo
Aprirsi ed il buio scorrere
Sopra il fantasma e il figlio rovesciato
Oltre il muro sottile come un osso di scricciolo?
Nella stanza di nascita sanguinante ignoto
Al bruciare e al volgersi del tempo
E all'impronta del cuore dell'uomo
Nessun battesimo si inchina
Ma oscurità soltanto
Porge benedizione
Al selvaggio
Bambino.
************
Who
Are you
Who is born
In the next room
So loud to my own
That I can hear the womb
Opening and the dark run
Over the ghost and the dropped son
Behind the wall thin as a wren's bone ?
In the birth bloody room unknown
To the burn and turn of time
And the heart print of man
Bows no baptism
But dark alone
Blessing on
The wild
Child.
(Vision and prayer)

domenica 16 dicembre 2012

Canto gregoriano, corale luterano di Maria Luisa Spaziani

Johanna Harmon*Natale
Canto gregoriano, corale luterano,
da grate e feritoie le feste ci aggrediscono.
Sale la febbre dei regali, è ora
di auguri, di lustrini e luminarie.
Non ci è premesso di tornare poveri,
vero? nè tu nè io. Ma un Natale
di guerra ora m'investe - era un paese
di fame e neve, la chiesa bombardata.
Se il nastro della storia andasse indietro
ti vorrei là, in un cappotto liso.
Nel gruppo dei miei cari tu mancavi,
tu solo ormai, terribilmente vivo.
(La traversata dell'oasi)

sabato 15 dicembre 2012

Nella notte del santo Natale di Torquato Tasso

Giorgione*Natività
In si mirabil notte a mezzo il verno
concenti il cielo sereno
sonare udissi, e d'alto affetto or pieno
per ch'io gli ascolti col mio senso interno;
e'l celeste Figliol del Padre Eterno
si degnò diventare Figlio terreno
di mortal madre; e del suo nobil seno
nacque in vil loco, e pur non l'ebbe a scherno.
E questa notte Cristo ancor rinasce fra l'umiltà:
chi gli apparecchia albergo
degno di lui, che porti pace al mondo ?
Gliel'dia l'anima mia, ch'a lui sol tergo
fra questo e quel desir, ch'in lei si pasce,
e presepio gli sia, ma puro e mondo.

venerdì 14 dicembre 2012

Regali di Natale e Soldati di Vivian Lamarque

Herbert Paus
Per Natale ti faccio i seguenti regali due punti
caramelle svizzere per quando hai la tosse forte da far paura
che non mangerai mai
filtri per quando fumi che butterai dalla finestra
un bicchiere piccolo per bere di meno figuriamoci
dei gettoni per telefonarmi una sera da un bar
una bugia di terracotta per quando avremo buio
una piccola spada perchè sei il mio amore pericoloso
e poi anche un pezzetto di me quale vuoi?
*******
SOLDATI
Problema:
se ne morirono congelati seimila
solo tra Natale e l'Epifania
quanti ne morirono
in tutto?

giovedì 13 dicembre 2012

La famiglia del pescatore di Giovanni Pascoli

Ambrogio da Fossano detto il Bergognone*Santa Lucia 
È notte: la capanna è ben meschina,
ma chiusa; e dentro è piena d’ombra, eppure
si sente quasi un tremolìo di luce
tra quel buio crepuscolo, che guizza.
Lenze di pescatori sono appese
alle pareti, e in fondo ove sull’asse
scintilla qualche povera stoviglia,
si vede un letto con lunghe cortine
abbassate. C’è poi, proprio d’accanto,
sopra di vecchie panche un pagliericcio,
dove sonnecchian cinque bimbi. È un nido.
Nido d’anime. Sopra il focolare
veglia qualche favilla, e pel soffitto
un subito baglior spesso ne corre.
Con la fronte sul letto, inginocchiata,
prega una donna, e pensa e impallidisce.
È la madre. Ed è sola. Di fuor, bianco
di schiuma, al cielo ai venti ed agli scogli
l’Oceano getta il suo cupo singhiozzo.
***
L’uomo è in mare. Durissima battaglia
sin da fanciullo, ei marinar, combatte
con la fortuna. Ei deve uscire, andare,
piova pur, tuoni pur, chè i suoi piccini
hanno fame. Di sera egli s’imbarca
quando l’acqua sormonta un po’ lo scalo,
e solo è della sua barca al governo.
La donna resta, e vecchie tele cuce,
e rassetta le reti, e appresta gli ami,
pur sorvegliando al focolar la zuppa
di pesce e, appena i bimbi han preso sonno,
pregando Dio. Lui, solo, erra frattanto
sbalzato e urtato dal continuo fiotto:
sol, l’abisso e le tenebre viaggia.
Dura fatica! Tutto è nero; tutto
freddo, gelato, nulla c'è che splenda;
il posto buono per la pesca, il luogo
mobile oscuro ove s’accoglie il pesce,
nei frangenti, tra pazze onde che s’urtano,
nell’infinito dell’oceano, è un punto
grande due volte quella stanza appena.
***
Or la notte, in decembre, tra la bruma
e i marosi, ne va, di maestria
e di pazienza, a calcolare il vento
e la marea, timoneggiar sicuri
per rincontrar quel punto in quel deserto.
Strisciano lungo i fianchi orride l’onde
come verdi serpenti, e il cupo vortice
nelle sue spire smisurate aggirasi,
e spaventati fa cigolar gli argani
e fischiar le carrucole e le gomene.
Egli pensa a Lucia di tra la notte
del freddo mar. Lucia lo chiama e piange.
Ed ecco nella oscurità s’incontrano
i lor pensieri, come uccelli in via.
(Poesie varie*Raccolte da Maria*1913)

mercoledì 12 dicembre 2012

Patmos di Pier Paolo Pasolini

Leonardo da Vinci*1499
Sono sotto choc
è giunto fino a Patmos sentore
di ciò che annusano i cappellani
i morti erano tutti dai cinquanta ai settanta
la mia età fra pochi anni, rivelazione di Gesù Cristo
che Dio, per istruire i suoi servi
- sulle cose che devono ben presto accadere -
ha fatto conoscere per mezzo del suo Angelo
al proprio servo Giovanni.
Ci sono là marcite; e molti pioppi. Venendo da là
vestivano di grigio e marrone; la roba pesante,
che fuma nelle osterie con le latrine all'aperto.
Poca creanza, farsi ritrovare così,
da parte di quei galantuomini non ancora del tutto romanizzati,
e sì che tutti i barocci erano spariti da un pezzo!
Ma gli usati corpi, non di monaci,
perché cattolici erano cattolici, ma s'erano sposati, fornicando
la loro parte; insomma, giusto perché dei nipotini oggi piangessero.
Solo un suicidio porterà sulle tracce del responsabile di tal pianto.
Lombardi al Governo! Tra voi e il paese c'è un abisso.
È la vostra banalità che lo scava (le «e» strette
son niente confronto al lessico; che umile dialetto non è;
lo fosse!)
E chi è sotto choc ride con gli occhi di Antonioni
il quale attesta come parola di Dio e testimonianza di Gesù Cristo
e anche Pasolini ride,
tutto quello che ha veduto,
mentre Moravia è distratto, beato chi legge,
e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia.
Che ne piangano le loro famiglie; io ne parlo da letterato.
Oppongo al cordoglio un certo manierismo.
Di tradizioni recenti son piene le Sette Chiesuole.
Canoni e tropi a disposizione rimpiazzano le commozioni;
e basta deciderlo, l'umore necessario è pronto
con tutti i suoi caratteri
(di difesa dietro il lessico, esso, eslege, desueto)
chi è al potere altresì ha le sue figure
entro cui comodamente sostituire al logos il nulla;
dietro una cattedra, un tavolo da lavoro,
col doppiopetto: perché il tempo è lontano.
Così si consola la morte, e chi ha la cattiva creanza
di farsi piangere; ridotto a tronconi: cosa inammissibile
in un uomo serio, che si occupa di agricoltura!
Come poi se fossimo nel '44.
Io sono l'Alfa e l'Omega, colui che è, che era e che viene; l'Onnipotente;
fidando su ciò, l'onorevole Rumor, Pocopotente
ma Potente, comunque,
si dissocia dai telespettatori dei bar
e parla ai piccoli borghesi in famiglia che si saziano
di indignazione del tutto lessicalmente estranea al popolo.
Attilio Valè: presente!
52 anni, abitava a Mairano di Noviglio.
Era separato da otto anni dalla moglie;
era un bell'uomo alto circa un metro e ottanta:
commerciava in bestiame
Io, Giovanni, vostro fratello,
che partecipa con voi alla stessa tribolazione
al regno e alla perseveranza di Gesù,
mi trovai relegato nell'isola chiamata Patmos
a causa del Vangelo di Dio e delle testimonianze che rendevo a Gesù.
L'Autorità dello Stato moderato non contempla la realtà dei sensali.
Pietro Dendena (presente!) 45 anni,
abitava a Lodi in un nuovo edificio di Via Italia 11
con la moglie Luisa Corbellini, la figlia Franca, 17 anni,
che frequenta il corso di segretariato d'azienda,
e il figlio Paolo, 10 anni, alunno di quinta elementare.
Di professione mediatore,
frequentava regolarmente il mercato di Piazza Fontana
non mi meraviglierei da letterato schizoide
che comparisse tale e quale in un olio del Prado
né che avesse un debole per l'Inter;
ci son portichetti a Lodi, tetramente settentrionali -
contro un cielo buio, con nuvole basse -
micragna dei tempi degli Antenati, odor di vacche!
L'è il dì di mort (tutti presenti).
Quanto a Paolo Gerli, 77 anni (presente)
ci son portichetti a Lodi a sesto acuto,
e le piccole osterie micragnose sanno di vestiti bagnati
riscaldati dalla stufa
abitava con la moglie in un bellissimo palazzo di Via Savaré, 1,
dove si era trasferito nel 1954
possidente di non pochi terreni agricoli,
curava in proprio il commercio dei prodotti della sua terra.
I vicini di casa, loro,
lo ricordano come un signore gioviale e esuberante.
Usava regolarmente la bicicletta.
Aveva avuto dal matrimonio tre figlie tutte sposate.
Or, ecco, fui rapito in estasi, nel giorno del Signore
e udii dietro a me una voce potente, come di tromba
Eugenio Corsini, 55 anni, presente!
abitava dall'epoca delle nozze in Via Procopio 8,
padre di due figli ormai sposati,
commerciava in olii lubrificanti per macchine agricole.
La moglie non aveva smesso di lavorare.
Non si cantarono serenate in quel 1940;
dal 1940 si era lavorato giudiziosamente, a casa a far la calza.
Si erano frequentate scuole in vista di futuri risparmi;
niente grilli per la testa, che nessuno avesse niente da ridire;
la Morale come una cosa passata di donna in donna;
poco riso negli occhi, e gran risate al momento giusto: a Natale.
Io mi voltai per vedere la voce che parlava
e appena voltato vidi sette candelabri d'oro
Carlo Luigi Perego, 74 anni, risiedeva a Usmate Velate
e in mezzo ai candelabri Uno che assomigliava al Figlio dell'Uomo
in Via Stazione 21
vestito di una lunga veste
lascia la moglie e due figli sposati
che hanno proseguito la sua attività di assicuratore
e cinto d'una fascia d'oro sul petto
era venuto a Milano per rivedere i vecchi amici
e per sbrigare alcune faccende relative all'attività dei figli 
il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come lana
i suoi piedi erano simili a rame ardente arroventato in una fornace
(così disse chi li raccolse sotto il bancone)
Aveva presieduto, in qualità di coraggioso combattente del '15-18
la locale sezione dell'associazione dei combattenti. Presente!
Carlo Garavaglia, 67 anni, presente!
Alla morte della moglie era andato a abitare con la figlia sposata
la sua voce era come il rumore delle grandi acque
a Corsico in Via XX Settembre 19.
Nella destra teneva sette stelle.
Era stato macellaio
dalla sua bocca usciva un'acuta spada a due tagli
percepiva attualmente una pensione di 18 mila lire.
La sua faccia era come il sole.
Tentava di realizzare qualche guadagno extra facendo il mediatore.
Carlo Gaiani, presente, 57 anni,
abitava con la moglie alla cascina Salesiana
Era perito agrario
ed aveva condotto con successo l'azienda agricola
che conduceva come affittuario, fino ad alcuni anni addietro.
Ora l'azienda era in decadenza.
Lavorava personalmente la terra con un solo lavorante.
Si era recato alla Banca dell'Agricoltura
per concludere la vendita delle ultime 14 vacche.
Saragat taccio, ma ne parla l'«Observer».
Oreste Sangalli, 49 anni: «Presente!»
affittuario della cascina Ronchetto in via Merula 13 a Milano
mettiamo la sordina alla tromba di quell'Uno
lascia la moglie e due ragazzi, Franco di 13 e Claudio di 11
fare d'ogni erba un fascio degli estremisti
si era recato al mercato di Piazza Fontana
va bene per i giornali indipendenti (dalla Verità)
come tutti i venerdì in compagnia di Luigi Meloni
ma un presidente della Repubblica!
Si erano momentaneamente lasciati a Porta Ticinese
Non si può predicare moderazione
e si erano dati appuntamento a Piazza Fontana
in un paese dove è appunto la moderazione che va male
Hanno trovato entrambi la morte
e dove non si può essere moderati senza essere banali
poco dopo essersi ritrovati.
Luigi Meloni, 57 anni presente:
commerciante di bestiame abitava a Corsico in Via Cavour
con la moglie e il figlio Mario, studente di 18 anni.
Possiede qualche piccola proprietà immobiliare.
Era venuto a Milano con la vettura del Sangalli.
E quando l'ebbi veduto io caddi ai suoi piedi come morto.
Ma egli pose sopra di me la sua destra e disse:
Non temere, io sono il Primo e l'Ultimo.
Io sono il Medio, parvero dire Rumor e i suoi colleghi.
Non si può essere medi, qui, senza essere privi d'immaginazione.
Io sono il Primo e l'Ultimo, il Vivente.
Giulio China, 57 anni, presente!!
Era uno dei più importanti commercianti di bestiame di Novara,
ove possedeva due cascine. Lascia la moglie e due figlie sposate.
Ho subìto la morte, ma ecco, ora vivo nei secoli dei secoli
(a differenza di Giulio China)
e tengo le chiavi della morte e dell'inferno.
Mario Pasi, cinquant'anni: presente,
abitava con la moglie in un bell'appartamento di Via Mercalli 16.
Ah antichi portichetti a sesto acuto, grigi, scrostati,
sotto cui l'ombra è così fredda che par di essere in Germania
e i negozietti di mercerie stringono il cuore, e ancor più
se vi si vendono anche caramelle, in scatole di cartone
Ma ci son anche palazzi di metallo e vetro
che danno sui parchi
Non aveva figli. Geometra,
si era dedicato all'amministrazione di fondi e stabili.
Era stato ufficiale di cavalleria.
Scrivi dunque le cose che hai vedute,
e le presenti e quelle che verranno dopo di esse:
l'Italia è in crisi, e la stessa crisi che soffro io
(inadattabilità alle nuove operazioni bancarie)
la soffrono alla loro bestial maniera i fascisti:
le ultime 14 vacche! Le ultime 14 vacche!
Ecco il senso misterioso delle sette stelle;
ché se sette erano magre, le altre sette erano ancor grassottelle.
Carlo Silva, 71 anni, abitava in Corso Lodi 108,
con la moglie e un figlio, impiegato alla «Dubied».
Aveva un secondo figlio sposato.
Aveva fatto il mediatore per tutta la vita
ma una lieve forma di paralisi lo aveva costretto
a muoversi con l'ausilio di un bastone.
Percepiva una esigua pensione, ma non aveva rinunciato
a recarsi ogni venerdì al settimanale convegno coi vecchi colleghi.
Bisogna andare da loro, stupidi come vipere, e dir loro:
Siamo fratelli: possediamo le ultime quattordici vacche:
la nostra azienda è in rovina,
lavoriamo con le nostre mani la terra
aiutati da un solo lavorante.
Non siamo più in grado di abitare in questo Paese
che se ne va per le strade nuove della storia
che hai veduto nella mia destra
e dei sette candelabri d'oro;
Gerolamo Papetti, 79 anni,
abitava alla cascina Ghisolfa di Rho
di cui era proprietario.
Aveva perso la moglie alcuni anni addietro.
Lascia tre figli, uno dei quali, Giocondo,
lo aveva accompagnato a Milano
ed è rimasto ferito in seguito allo scoppio.
Le sette stelle sono i sette Angeli delle sette Chiese
e i sette candelabri sono le sette Chiese.
Beh, non ho intenzione di scrivere l'intero Apocalisse:
ormai basta solo progettarlo;
e così le idee, basta enunciarle: realizzarle è superfluo.
In piena epoca industriale,
coltiviamo dunque la terra con le nostre mani, e un solo lavorante.
Andremo dunque presto a vendere le nostre ultime 14 vacche
ai Vicini nel 1970 avanti Cristo.
No, davvero non si può,
l'ecolalie neanche notarili
vomitate su noi dai nostri coetanei al Governo
sono intollerabili. Caro Moravia, caro Antonioni,
andiamo di là.
Poi venni a casa.
La porta che dava sul corridoio della camera di mia madre
era aperta: da ciò arguii la sua inquietudine.
Essa ha ottant'anni, l'età di Gerolamo Papetti:
e penso a ciò che deve ancora soffrire.
Da letterato che fa della letteratura
dichiaro la mia solidarietà a «Potere Operaio»
e a tutti gli altri groupuscules di estrema sinistra,
Saragat non doveva fare un fascio di quell'erba:
e dunque sugli scudi Tolin.
Le sette Chiese sono su di noi, le zozze.
Scende la notte dello choc: il Naviglio va sottoterra
Tu ti suiciderai
se avevi tutto da guadagnare e nulla da perdere
e quindi non sei un fascista di sinistra, che, poverino,
coi suoi ideali estremistici ora così tragicamente frustrati,
è divenuto mio caro fratello, e vorrei abbracciarlo forte;
tu ti ucciderai, fascista pazzo,
e il tuo suicidio non servirà ad altro
che a dare una disgraziata traccia alla Polizia.
In attesa di essere vendute, queste nostre ultime 14 vacche
pascolano crepuscolari a Patmos
dove ci si limita a scrivere, dell'Apocalisse, il solo prologo.
Ma approfondiamo
(che altro non si fa a Patmos,
senza giungere mai a conclusioni diverse da quelle previste,
il deprimente disprezzo per la borghesia, ivi compresi
i morti di cui sopra, tutti onorabilmente vissuti infino alla fine)
proseguendo, proseguendo eroicamente,
dopo aver steso un velo sulla sconfitta dei giovani
A Efeso a Pergamo a Smirne a Tiatira a Sardi a Filadelfia e a Laodicea
vivono i lettori che disprezzano i buoni sentimenti
e sanno, sanno bene del binomio Autorità-Banalità,
ma ciò non esclude che anche tra loro
i buoni sentimenti siano poi del tutto screditati, anzi, anzi!
Ma le conclusioni di ogni approfondimento sono prevedibili, ripeto.
L'ultimo odor di stalla e di farina
e la stoffa che fuma nelle osterie con la latrina all'aperto
dove va gente che se la intende sull'onorabilità
e vi fa del razzismo romanico
unisce intellettuali di sinistra e fascisti a un unico culto
in via di estinzione: allontanando nel cosmo il punto di vista
essi appaiono tutti raccolti a imprecare allo stesso tabernacolo;
la porta della storia è una Porta Stretta
infilarsi dentro costa una spaventosa fatica
c'è chi rinuncia e dà in giro il culo
e chi non ci rinuncia, ma male, e tiri fuori il cric dal portabagagli,
e chi vuole entrarci a tutti i costi, a gomitate ma con dignità;
ma son tutti là, davanti a quella Porta.
Da Trasumanar e organizzar 
12 DICEMBRE 1969-12 DICEMBRE 2012

martedì 11 dicembre 2012

Fuoco e ghiaccio di Robert Frost

Sandys*Cassandra
Dicono alcuni che finirà nel fuoco
il mondo; altri nel ghiaccio.
Del desiderio ho gustato quel poco
Che mi fa scegliere il fuoco,
Ma se dovesse due volte finire,
So pure che cosa è odiare,
E per la distruzione posso dire
Che anche il ghiaccio è terribile
E può bastare.
*************
Fire and Ice
Some say the world will end in fire,
Some say in ice.
From what I've tasted of desire
I hold with those who favour fire.
But if it had to perish twice,
I think I know enough of hate
To say that for destruction ice
Is also great
And would suffice.

lunedì 10 dicembre 2012

Cristo è smontato di Lawrence Ferlinghetti

Bill Medcalf
Cristo è smontato
dal Suo Legno nudo
quest'anno
ed è scappato in un posto dove
non c'erano alberi di Natale senza radici
con appesi dolcetti e fragili stelle
Cristo è smontato
dal Suo Legno nudo
quest'anno
ed è scappato in un posto dove
non c'erano alberi di Natale dorati
nè alberi di Natale di lustrini
nè alberi di Natale di stagnola
nè alberi di Natale di plastica rosa
nè alberi di Natale d'oro
nè alberi di Natale neri
nè alberi di Natale blu cobalto
con appese candele elettriche
e circondati da trenini elettrici di stagno
e da stucchevoli parenti sapientoni
Cristo è smontato 
dal Suo Legno nudo
quest'anno
ed è scappato in un posto dove
non c'erano zone di competenza
di intrepidi venditori di Bibbie
con cadillac bicolori
e dove nessun presepe da grande magazzino
completo di bambino in plastica nella mangiatoia
arrivava come pacco postale
il bambino per raccomandata
e dove in tv non si trasmettevano i Re Magi
che lodano il whisky Lord Calvert
Cristo è smontato 
dal Suo Legno nudo
quest'anno
ed è scappato in un posto dove
nessuno sconosciuto ciccione maniaco-del-dare-la-mano
con un vestito rosso di flanella
e la barba bianca finta
se ne andava in giro spacciandosi
per una specie di santo del Polo Nord
che attraversa il deserto fino a Betlemme
nella Pennsylvania
su una slitta Wolkswagen
trainata da gioviali renne degli Adirondack
dai nomi tedeschi
e che porta sacchi di Umili Doni
da Saks della Fifth Avenue
per l'immaginato Cristo bambino di tutti quanti
Cristo è smontato
dal Suo Legno nudo
quest'anno
ed è scappato in un posto dove
non c'erano cantori alla Bing Crosby
che mugolavano di uno stanco Natale
e dove nessun angelo di Radio City
pattinava senza ali sul ghiaccio
attraverso un paese invernale delle meraviglie
fino a un paradiso alla jinglebell
ogni giorno alle 8 e mezza
con matinèe della Messa di Mezzanotte
Cristo è smontato
dal suo Legno Nudo
quest'anno
e piano piano s'è infilato di nuovo via
in un anonimo ventre di Maria
dove nella più tenebrosa notte
dell'anonima anima di tutti quanti
Egli di nuovo attende
un'inimmaginabile
e impossibilmente
Immacolata Riconcezione
in assoluto il più folle
dei Secondi Avventi.
(Messaggi orali)
*********
CHRIST CLIMBED DOWN
Christ climbed down
from His bare Tree 
this year
and ran away to where
there were no rootless Christmas trees
hung with candycanes and breakable stars
Christ climbed down
from His bare Tree 
this year
and ran away to where
there were no gilded Christmas trees
and no tinsel Christmas trees
and no tinfoil Christmas trees
and no pink plastic Christmas trees
and no gold Christmas trees
and no black Christmas trees
and no powderblue Christmas trees
hung with electric candles
and encircled by tin electric trains
and clever cornball relatives
Christ climbed down
from His bare Tree 
this year
and ran away to where
no intrepid Bible salesmen
covered the territory
in two-tone cadillacs
and where no Sears Roebuck creches
complete with plastic babe in manger
arrived by parcel post
the babe by special delivery
and where no televised Wise Men
praised the Lord Calvert Whiskey
Christ climbed down
from His bare Tree 
this year
and ran away to where
no fat handshaking stranger
in a red flannel suit
and a fake white beard
went around passing himself off
as some sort of North Pole saint
crossing the desert to Bethlehem
Pennsylvania
in a Volkswagon sled
drawn by rollicking Adirondack reindeer
with German names
and bearing sacks of Humble Gifts
from Saks Fifth Avenue
for everybody's imagined Christ child
Christ climbed down
from His bare Tree 
this year
and ran away to where
no Bing Crosby carollers
groaned of a tight Christmas
and where no Radio City angels
iceskated wingless
thru a winter wonderland
into a jinglebell heaven
daily at 8:30
with Midnight Mass matinees
Christ climbed down
from His bare Tree 
this year
and softly stole away into
some anonymous Mary's womb again
where in the darkest night
of everybody's anonymous soul
He awaits again
an unimaginable and impossibly
Immaculate Reconception
the very craziest
of Second Comings
(Oral Messages)

domenica 9 dicembre 2012

Sopra il Santo Natale di Vincenzo Monti

John Singleton Copley*Nativity
Sei tu quel Dio che in suo furor cammina
Per mezzo ai sette candelabri ardenti?
Che manda un guardo, e l'ultima ruina
Paventano crollando i firmamenti?
Dove sono le frecce alla fucina
Del Ciel temprate, e i fulmini roventi?
Dove il tuon? dove il turbo? e la divina
Ira, che scende a sgomentar le genti?
Amor (risponde), Amor le punte acute
Mi spezzò degli strali, e dalle stelle
Dio di pace or mi tragge in sua virtute.
Ei dalla man le folgori mi svelle.
Amor non viene a dispensar salute
Con lo spirto di nembi e di procelle.

sabato 8 dicembre 2012

Immacolata di Andrea Zanzotto

Come parvero lontani 
i pettini e le collane
e il profilo recline
della fredda domenica,
se i cristalli delle trombette
svegliarono i seni celesti
dietro nuvole e vette
e la gente già adorna di festa
già chiara del corallo
dell'astro e della campana
già felice coi doni del vespero
e col vento delle altalene!
Io soltanto, nel tardi, quando
ognuno sarà nelle occulte stanze,
vedrò l'ombra taciturna
e la neve che v'indugia azzurra.

venerdì 7 dicembre 2012

Vorrei morire a teatro di Maria Luisa Spaziani

Gustav Klimt*1888
Vorrei morire a teatro come Molière,
anche se quella sera non ci recito.
Preferirei la Scala, il regno dei miei fasti
di giovinezza, in palco con Montale.
(Eviterei i riti dell'agonia
tra parenti vocianti, vicini curiosi,
e il prete che mi porge i suoi conforti
in fretta perchè ha un altro funerale.)
I quaranta rastrelli luminosi
delle pareti d'oro avvolgeranno
i miei ultimi sguardi come frecce
a poco a poco sarà devastante,
boa che toglie il fiato, risucchiante
corolla di una pianta carnivora.
(La luna è già alta)

giovedì 6 dicembre 2012

Sospiri all'inverno di Emilio Praga

Will Bradley
Stanco son io di splendidi
Cieli e fronzute piante;
Mi annoia lo spettacolo
Di una beltà costante;
Venga il dicembre, ed operi
Un cambiamento a vista:
Un grazie al macchinista
Dal petto esalerò.
Venga il gennaio, il placido
Mese di piogge e nevi,
Venga, ed io chiuda il guscio:
Oh giorni inerti e brevi,
Vetri appannati, e amabili
Grilli del focolare!
Voglio l’uscio inchiodare,
Cantar l’inverno io vò!
Come cadenze tremule
Di cori in lontananza,
Belle, ridenti, tiepide,
Nella tranquilla stanza
Tornano le memorie
Del luglio e dell’aprile,
A colorir lo stile
Del pallido pittor.
E accosciata in un angolo
Al muro crepitante,
Sospirosa e pettegola
Come una vecchia amante,
La stufa mi consiglia
A non varcar la soglia,
E alle dolcezze invoglia
Del solingo lavor.
Quando la nebbia intorbida
L’ampia campagna rasa,
È pur dolce l’immagine
Delle donne di casa:
Le muse son, son gli angeli
Del domestico cielo
Cui della pioggia il velo
Imperla la beltà!
Le gonne allor bisbigliano
Come selvette in maggio,
E se il capo ti aggravano
Nuvole di passaggio,
Ascolta... erra uno strascico
Nella vicina stanza?
Ascolta: e la speranza,
La fede tornerà.
Venga il febbraio: ho un piccolo
Vaso di sempre-vivi
Che i vezzi non invidiano
Dei fiorellini estivi;
Ho un uccellino in gabbia,
Un canarin gentile...
Febbraio, marzo, aprile...
Ecco l’estate ancor!
L’estate ancor!... Fantastico
Mio cor di pellegrino,
Nè avran cessato i cantici
Il bardo e il canarino:
Giacchè siam quattro in gabbia,
Ed all’amor si beve,
Il mandorlo è una neve
La stalattite è un fior!
(PENOMBRE*Meriggi)

mercoledì 5 dicembre 2012

Le veglie perpetue di Paul Éluard

Otto Friedrich*Dame in Roth*1909
I
Di sciagura in sciagura
Monotonia di zoccoli
Di mistero in mistero
Voglie sentieri mobili.
V
Quel che mi piace ancora è la mia forza.
VI
Il bugiardo consolante e il ladro cortese
Non han tempo da perdere
***********
Immutabile preda e immediata
Tra dieci dita di parole
***********
Cancellano le fiamme tristi
Che nella pace fioriscono
Strappano i cardi
Che i precipizi celano
**********
Il lutto li fa sorridere.
IX
Capelli rossi capelli neri
Testa bionda ritratti velati.
XI
Un gran fuoco nel camino
Un buon tappeto per terra
Qualche sedia intorno al tavolo
Spazzole aratri trombette merletti
**************
Il tutto accuratamente spalmato di vischio.
XII
Il fango bianco l'erba scarlatta
E l'arrivo improvviso
Di un solitario che sprofonda
Nella miniera di pioggia dove prima di lui
E' passata la notte.
XX
Fo rotta verso nord scendo la via
Per un corridoio arrivo alla mèta
Mimo gelato è immobile l'amore.
***************
Les veillèes perpètuelles
I
De malheur en malheur
Monotones sabots
De mystère en mystère
Dèsirs chemins mouvants.
V
Ma force est tout ce qui me plait encore
VI
Le menteur consolant et le voleur aimable
N'ont pas de temps à perdre
***
Invariable la proie et première
Dans les dix doigts des mots
***********
Ils effacent les flammes triste
Qui fleurissent dans la paix
Ils arrachent les chardons
Qui cachent les précipices
***
Le deuil les fait sourire.
IX
Cheveux roux cheveux noirs
Tête blonde portraits voilés.
XI
Un grand feu dans la cheminée
Un bon tapis par terre
Quelques chaises autour de la table
Des brosses des charrues des clairons des dentelles
**************
Le tout soigneusement enduit avec de glu.
XII
Le boue blanche l'herbe écarlate
La soudaine arrivée
D'un solitaire qui chavire
Dans la mine de pluie  où la nuit a passè
Avant lui.
XX
Je cingle vers le nord je descends la rue
Par un couloir j'arrive au but
Mime gelè l'amour est immobile.

martedì 4 dicembre 2012

Memoria e oblio di Pierfrancesco Zen

Jean Louis Hamon*Night
Alla memoria che erige la Storia
osannarono i vati,
ma tralasciarono, complici forse,
il dono dell'oblio
che del tempo il sentire
cancella e confonde.
Sula nera trama di Lete
scopriamo intessuti
i colori rinnovati
delle cose terrene;
squarciato quel drappo ordito
come catena e soglia divina
della cupa caverna,
accecati persino
dall'ora tranquilla del vespro
che definisce tremulo il mondo,
non lo riconosciamo
nelle rigide sue ombre.
E più non distinguiamo,
ogni cosa già è stata vista
e già dimenticata;
ciò che esiste o appare
pulsa solo nel presente.
E se così non fosse non potremmo
ogni volta aspettare
la luce del giorno,
e se così non fosse non potremmo
sopportare ancora
il pianto delle genti
di Bosnia e Giudea.
Secoli anni addietro, ieri,
molte lacrime calde
gli occhi disperati
e sbarrati su gladi
scimitarre e fucili
di pagane, ottomane
cristiane orde
riempirono, e quelle
ed altre terre
intrisero sciolte nel sangue.
Riapre le ferite,
lacerando le menti,
il Crocifisso offre
nella riconciliazione eterna
memoria ed oblio.
Rito che monda e specchia la vita.
Ma nessuno ricorda,
nessuno soffre
l'olocausto del passato,
il suo insegnamento.
Tutti, invece,
come languidi nuovi amanti
verginalmente viviamo l'attesa
del sorgere antico del sole
e tutti sopportiamo
il monotono tempo
ed il vibrante tempo
perchè nè l'uno nè l'altro
sono quello che abbiamo
vanamente trascorso.
C'è una dimensione animale
da vincere e amare:
l'immemore memoria,
lo status limbi
e, senza impaurire,
l'oscuro oblio.
Dicembre 1993

lunedì 3 dicembre 2012

Per il mite dicembre di Andrea Zanzotto

Louis Rhead
Per il mite dicembre ove l'erba
immune ridonda
offerta ultima sui vecchi balconi,
acque gentili a stimolare i tardi
campi, sussurro fervido di venti
felicemente giunti.
E' dunque il fausto
il pingue inizio,
sparisce la devastazione?
Deviante per selve raggio ignaro,
per cristalline sedi, angoli angelici,
intirizziti
intirizziti amori?
...............
Non adulti i dolori?
(Vocativo)

domenica 2 dicembre 2012

Timor di me? di Pier Paolo Pasolini

Oh, un terribile timore;
La lietezza esplode
Contro quei vetri al buio
Ma tale lietezza, che ti fa cantare in voce
È un ritorno dalla morte: e chi può mai ridere -
Dietro, sotto il riquadro del cielo annerito
Riapparizione ctonia!
Non scherzo: chè tu hai esperienza
Di un luogo che non ho mai esplorato, UN VUOTO
NEL COSMO
È vero che la mia terra è piccola
Ma ho sempre affabulato sui luoghi inesplorati
Con una certa lietezza, quasicchè non fosse vero
Ma tu ci sei, qui, in voce
La luna è risorta;
le acque scorrono;
il mondo non sa di essere nuovo e la sua nuova giornata
finisce contro gli alti cornicioni e il nero del cielo
Chi c’è, in quel VUOTO DEL COSMO,
che tu porti nei tuoi desideri e conosci?
C’è il padre, sì, lui!
Tu credi che io lo conosca? Oh, come ti sbagli;
come ingenuamente dai per certo ciò che non lo è affatto;
fondi tutto il discorso, ripreso qui, cantando,
su questa presunzione che per te è umile
e non sai invece quanto sia superba
essa porta in sé i segni della volontà mortale della maggioranza -
L’occhio ilare di me mai disceso agli Inferi,
ombra infernale vagolante
nasconde
E tu ci caschi
Tu conosci di ciò che è realtà solo quell’Uomo Adulto
Ossia ciò che si deve conoscere;
lei, la Donna Adulta, stia all’Inferno
o nell’Ombra che precede la vita
e di là operi pure i suoi malefizi, i suoi incantesimi;
odiala, odiala, odiala;
e se tu canti e nessuno ti sente, sorridi
semplicemente perché, per ora, intanto, sei vittoriosa -
in voce come una giovane figlia avida
che però ha sperimentato dolcezza;
Parigi calca dietro alle tue spalle un cielo basso
Con la trama dei rami neri; ormai classici;
questa è la storia -
Tu sorridi al Padre -
Quella persona di cui non ho alcuna informazione,
che ho frequentato in un sogno che evidentemente non ricordo -
strano, è da quel mostro di autorità
che proviene anche la dolcezza
se non altro come rassegnazione e breve vittoria;
accidenti, come l’ho ignorato;
così ignorato da non saperne niente -
cosa fare?
Tu doni,spargi doni, hai bisogno di donare,
ma il tuo dono te l’ha dato Lui, come tutto;
ed è Nulla il dono di Nessuno;
io fingo di ricevere;
ti ringrazio, sinceramente grato;
Ma il debole sorriso sfuggente
non è di timidezza;
è lo sgomento, più terribile, ben più terribile
di avere un corpo separato, nei regni dell’essere -
se è una colpa
se non è che un incidente: ma al posto dell’Altro
per me c’è un vuoto nel cosmo
un vuoto nel cosmo
e da là tu canti.
(Poesie dedicate da Pier Paolo Pasolini a Maria Callas)
Da “La città santa” (Trasumanar e organizzar)
MARIA CALLAS 2 Dicembre 1923-16 Settembre 1977

sabato 1 dicembre 2012

Di decembre di Folgore da San Gimignano

The Saturday Evening Post*Medieval Merry Christmas
E di decembre una città in piano:
sale terrene, grandissimi fochi,
tappeti tesi, tavolier e giochi,
torticci accesi, star co' dadi en mano,
e l'oste inebriato e catellano,
e porci morti e finissimi cochi,
ghiotti morselli, ciascun béa e mandochi:
le botte sian maggior che San Galgano.
E siate ben vestiti e foderati
di guarnacche, tabarri e di mantegli
e di cappucci fini e smesurati;
e beffe far de' tristi cattivegli,
de' miseri dolenti sciagurati
avari: non vogliate usar con egli.

venerdì 30 novembre 2012

Sera di Vittorio Bodini

Andy Warhol*Marilyn*1964
La lezione di musica
bruca l'umido
nel mezzo della via,
sentinella perduta dell'autunno,
e in una scia di zucchero filato
si fa strada l'urlo dei Sioux.
Nessun tempo avrà speso così male
tanta sete d'ignoto:
compra educatamente biglietti di morte
ai botteghini la gente, i giornali
parlano di dischi volanti
da cui ciascuno spera una rivincita.
(Inediti 1954-1961)

giovedì 29 novembre 2012

Il violinista pazzo di Fernando Pessoa

Charles Louis Moeller
Non fluì dalla strada del nord
né dalla via del sud
la sua musica selvaggia per la prima volta
nel villaggio quel giorno.
Egli apparve all'improvviso nel sentiero,
tutti uscirono ad ascoltarlo,
all'improvviso se ne andò,
e invano sperarono di rivederlo.
La sua strana musica infuse
in ogni cuore un desiderio di libertà.
Non era una melodia,
e neppure una non melodia.
In un luogo molto lontano,
in un luogo assai remoto,
costretti a vivere, essi
sentirono una risposta a questo suono.
Risposta a quel desiderio
che ognuno ha nel proprio seno,
il senso perduto che appartiene
alla ricerca dimenticata.
La sposa felice capì
d'essere malmaritata,
l'appassionato e contento amante
si stancò di amare ancora,
la fanciulla e il ragazzo furono felici
d'aver solo sognato,
i cuori solitari che erano tristi
si sentirono meno soli in qualche luogo.
In ogni anima sbocciava il fiore
che al tatto lascia polvere senza terra,
la prima ora dell'anima gemella,
quella parte che ci completa,
l'ombra che viene a benedire
dalle inespresse profondità lambite
la luminosa inquietudine
migliore del riposo.
Così come venne andò via.
Lo sentirono come un mezzo-essere.
Poi, dolcemente, si confuse
con il silenzio e il ricordo.
Il sonno lasciò di nuovo il loro riso,
morì la loro estatica speranza,
e poco dopo dimenticarono
che era passato.
Tuttavia, quando la tristezza di vivere,
poiché la vita non è voluta,
ritorna nell'ora dei sogni,
col senso della sua freddezza,
improvvisamente ciascuno ricorda
-risplendente come la luna nuova
dove il sogno-vita diventa cenere -
la melodia del violinista pazzo.

mercoledì 28 novembre 2012

Lo scialletto di Trilussa

Ettore Tito*La fa la modela
Cor venticello che scartoccia l'arberi
entra una foja in camera da letto.
E' l'inverno che ariva e, come ar solito,
quanno passa de qua, lascia un bijetto.
Jole, infatti, me dice - Stammatina
me vojo mette quarche cosa addosso;
nun hai sentito ch'aria frizzantina?-
E cava fòri lo scialletto rosso
che sta riposto tra la naftalina.
- M'hai conosciuto proprio co' 'sto scialle:
te ricordi? - me chiede: e, mentre parla,
se l'intorcina stretto su le spalle, -
S'è conservato sempre d'un colore:
nun c'è nemmeno l'ombra d'una tarla!
Bisognerebbe ritrovà un sistema
pe' conservà così pure l'amore...-
E Jole ride, fa l'indiferente:
ma se sente la voce che je trema.

martedì 27 novembre 2012

27 novembre di Andrea Zanzotto

Aldemir Martins*Gato
27 novembre
avevo iniziato da giorni il diario
Il meraviglioso sbadiglio che il selvaggio Utti
spara di fronte ad ogni situazione
i meandri ignoti del suo sentire.
Pallasch si potrebbe dire
il suo sbadiglio cinico giglio
buttato in faccia al tutto o al niente
del suo sogno innocente
munito di solido punto-blu
Pallasch o miagolio sbadigliato
dopo bevuta d'acqua pura di prato
lungi dalle verminose delizie
delle guerre e dei giornali e delle pizie
che li sputano fuori
pur se senza finzione di corrucci, senza pudori.
(Isola dei morti-Sublimerie)

lunedì 26 novembre 2012

Marina di Mario Luzi

Adolf Gottlieb
Che acque affaticate contro la fioca riva,
che flutti grigi contro i pali. Ed isole
più oltre e banchi ove un affanno incerto
si separa dal giorno che va via.
Che sparse piogge che navighi, che luci.
Quali? il pensiero se non finge ignora,
se non ricorda nega: là fui vivo,
qui avvisato del tempo in altra guisa.
Che memorie, che immagini abbiamo ereditate,
che età non mai vissute, che esistenze
fuori della letizia e del dolore
lottano alla marea presso gli approdi
o al largo che fiorisce e dice addio.
Rientri tu, ripari a questa proda
e nel cielo che salpa un pino stride
d'uccelli che rimpatriano, mio cuore.
(Primizie del deserto)

domenica 25 novembre 2012

Mattino domenicale di Wallace Stevens

Turner
Lusinghe di vestaglia, ad ora tarda
Caffè ed arance sulla sedia al sole,
La verde libertà di un pappagallo,
Su un tappeto si fondono a disperdere
Silenzi di un arcaico sacrificio.
Essa sogna e risente il nero stupro
Dell’antica rovina, quasi quiete
Che fra lampade acquatiche s’abbuia.
Le agre arance e le ali d’oro verde
Sembran parte di un funebre corteo
Che striscia sopra l’acqua senza suono.
Il giorno è come oceano senza suono,
Cheto al passo dei suoi sognanti piedi,
Volti oltremare verso Palestina,
Muto regno del sangue e del sepolcro.
*******************
SUNDAY MORNING
Complacencies of the peignoir, and late
Coffee and oranges in a sunny chair,
And the green freedom of a cockatoo
Upon a rug mingle to dissipate
The holy hush of ancient sacrifice.
She dreams a little, and she feels the dark
Encroachment of that old catastrophe,
As a calm darkens among water-lights.
The pungent oranges and bright, green wings
Seem things in some procession of the dead,
Winding across wide water, without sound.
He day is like wide water, without sound,
Stilled for the passing of her dreaming feet
Over the seas, to silent Palestine,
Dominion of the blood and sepulcher.