Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

domenica 31 agosto 2008

Sono una creatura di Giuseppe Ungaretti

BlocklinCome questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra

è il mio pianto
che non si vede
La morte

si sconta
vivendo

sabato 30 agosto 2008

Poteva vivere di Emily Dickinson

Albert J. Moore
Poteva vivere
- visse
-Poteva morire
- morì
-Poteva sorridere su tutto
Per fede in qualcuno che non conosceva
-Presentando la sua anima
-Poteva passare da un luogo familiare
A un posto mai attraversato
-Poteva contemplare il cammino
Con cuore non incerto
-Tanta fiducia ebbe uno fra noi
-Non fra noi oggi
-Noi che vedemmo il varo
Non solcammo mai la Baia!

venerdì 29 agosto 2008

A Granada fu il crimine di Antonio Machado

Guernica di Pablo Picasso
1. 
Il crimine
Lo si è veduto andare tra i fucili
lungo una lunga strada,
verso gelidi campi,
con il cielo stellato che schiariva.
Hanno ucciso Federico
quando la luce si affacciava.
Quel plotone d'assassini
non ardì guardarlo in faccia.
Chiusero gli occhi, pregando:
neppure Dio può salvarti!
Morto cadde Federico
- sangue in fronte e piombo nel petto -
....a Granada fu il crimine, a Granada,
sapete - la sua povera Granada...

2. 
Il poeta e la morte
Lo si è veduto camminarle al fianco,
non temendo la falce.
- Di torre in torre il sole ed i martelli
sull'incudine già delle officine. -
Parlava Federico,
corteggiando la morte, che ascoltava,
«Perché ieri, compagna, nel mio verso
delle tue ossute palme c'era il suono
e desti il gelo al canto mio ed il taglio
della tua argentea falce alla tragedia,
io canterò la carne che non hai
e gli occhi che ti mancano,
i capelli che il vento ti scuoteva,
le rosse labbra dove ti baciavano...
Gitana, morte mia, com'ieri oggi
che bene sto con te,
in questa mia Granada, noi due soli!»

3.
Lo si è veduto andare....
Alzate, amici,
di pietra e sogno nell'Alhambra
un tumulo al poeta,
presso una fonte dove pianga l'acqua
ed in eterno dica:
fu a Granada, la sua Granada, il crimine
!

giovedì 28 agosto 2008

Detti edotti

Higinio Mallebrera
"Gli uomini si fabbricano le proprie sciagure e poi ne danno la colpa alla prima cometa di passaggio"
(Il figlio del Duca di Gloucester in re Lear-W. Shakespeare)
****
Ogni secondo matrimonio è un trionfo della speranza sull'esperienza
(Stan Laurel)
****
L'esperienza è la somma dei nostri errori
(Indro Montanelli)
****
A' da passà a nuttata
(Eduardo De Filippo)
****
Può durare anche pochissimo
basta che sia infinito
(A proposito dell'amore-Vinicius De Moraes)

mercoledì 27 agosto 2008

Il balcone di Charles Baudelaire

Gerritzs Bronchorst*1645
O madre dei ricordi, amante delle amanti, o tu che assommi
tutti i miei piaceri, tutti i miei doveri. Ricorderai la
bellezza delle carezze, la dolcezza del focolare, l'incanto
delle sere, madre dei ricordi, amante delle amanti?
Le sere illuminate dall'ardore dei tizzoni e le sere al balcone,

velate da vapori rosa. Come il tuo seno m'era dolce
il tuo cuore fraterno! Noi abbiamo pronunciato spesso
imperiture parole, le sere illuminate dall'ardore dei tizzoni.
Come sono belli i soli nelle calde sere, come lo spazio è

profondo, il cuore possente! Curvandomi su di te, regina
fra tutte le adorate, credevo respirare il profumo del tuo
sangue. Come sono belli i soli nelle calde sere!
La notte s'ispessiva come un muro, i miei occhi indovinavano

al buio le tue pupille e io bevevo il tuo respiro,
o dolcezza mia, mio veleno, mentre i tuoi piedi s'addormentavano
nelle mie mani fraterne. La notte s'ispessiva come un muro.
Conosco l'arte di evocare gli istanti felici: così rividi il

mio passato, accucciato fra i tuoi ginocchi. Perché cercare
la tua languida bellezza fuori del tuo caro corpo e del tuo
cuore così dolce? Conosco l'arte di evocare gli istanti felici.
Giuramenti, profumi, baci senza fine rinasceranno da un

abisso interdetto alle nostre sonde così come risalgono al
cielo i soli, rinvigoriti, dopo essersi lavati nel profondo
dei mari. O giuramenti, profumi, baci senza fine!

martedì 26 agosto 2008

Salomè di Guillaume Apollinaire

Jean Benner*Salomè
 Perché Giovanni Battista sorrida ancora una volta
Sire io danzerei meglio dei serafini
Ditemi madre perché siete triste
Vestita da contessa vicino al Delfino
II mio cuore batteva batteva fortissimo alla sua parola
Quando danzavo tra i finocchi ascoltando
E ricamavo gigli sopra una banderuola
Che avrebbe sventolato in cima al suo bastone
E per chi volete che ora la ricami
II suo bastone rifiorisce in riva al Giordano
E tutti i gigli quando i vostri soldati o re Erode
Lo portarono via sono appassiti nel mio giardino
Venite tutti con me sotto gli alberi
Non piangere grazioso buffone del re
Prendi questa testa invece del tuo scettro e danza
Non toccategli la fronte madre è già fredda
Sire camminate avanti venite dietro trabanti
Noi scaveremo una fossa e lo seppelliremo
Noi pianteremo dei fiori e danzeremo in tondo
Fino all'ora che avrò perduto la mia giarrettiera
II re la tabacchiera
L'infanta il suo rosario
E il curato il breviario

lunedì 25 agosto 2008

Romagna di Giovanni Pascoli

Willard Metcalf/Summer night a Severino
Sempre un villaggio, sempre una campagna
mi ride al cuore (o piange), Severino:
il paese ove, andando, ci accompagna
l'azzurra vision di San Marino:
sempre mi torna al cuore il mio paese
cui regnarono Guidi e Malatesta,
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta.
Là nelle stoppie dove singhiozzando
va la tacchina con l'altrui covata,
presso gli stagni lustreggianti, quando
lenta vi guazza l'anatra iridata,
oh! fossi io teco; e perderci nel verde,
e di tra gli olmi, nido alle ghiandaie,
gettarci l'urlo che lungi si perde
dentro il meridiano ozio dell'aie;
mentre il villano pone dalle spalle
gobbe la ronca e afferra la scodella,
e '1 bue rumina nelle opache stalle
la sua laborïosa lupinella.
Da' borghi sparsi le campane in tanto
si rincorron coi lor gridi argentini:
chiamano al rezzo, alla quiete, al santo
desco fiorito d'occhi di bambini.
Già m'accoglieva in quelle ore bruciate
sotto ombrello di trine una mimosa,
che fioria la mia casa ai dì d'estate
co' suoi pennacchi di color di rosa;
e s'abbracciava per lo sgretolato
muro un folto rosaio a un gelsomino;
guardava il tutto un pioppo alto e slanciato,
chiassoso a giorni come un biricchino.
Era il mio nido: dove immobilmente,
io galoppava con Guidon Selvaggio
e con Astolfo; o mi vedea presente
l'imperatore nell'eremitaggio.
E mentre aereo mi poneva in via
con l'ippogrifo pel sognato alone,
o risonava nella stanza mia
muta il dettare di Napoleone;
udia tra i fieni allor allor falciati
da' grilli il verso che perpetuo trema,
udiva dalle rane dei fossati
un lungo interminabile poema.
E lunghi, e interminati, erano quelli
ch'io meditai, mirabili a sognare:
stormir di frondi, cinguettio d'uccelli,
risa di donne, strepito di mare.
Ma da quel nido, rondini tardive,
tutti tutti migrammo un giorno nero;
io, la mia patria or è dove si vive:
gli altri son poco lungi; in cimitero.
Così più non verrò per la calura
tra que' tuoi polverosi biancospini,
ch'io non ritrovi nella mia verzura
del cuculo ozïoso i piccolini,
Romagna solatia, dolce paese,
cui regnarono Guidi e Malatesta;
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta.
(Da Myricae)

domenica 24 agosto 2008

A me pare di Saffo

John Godward/In the days of Sappho A me pare uguale agli dei
chi a te vicino così dolce
suono ascolta mentre tu parli
e ridi amorosamente. Subito a me
il cuore si agita nel petto
solo che appena ti veda, e la voce
si perde sulla lingua inerte.
Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle,
e ho buio negli occhi e il rombo
del sangue alle orecchie.
E tutta in sudore e tremante
Come erba patita scoloro:
e morte non pare lontana
a me rapita di mente.

(Traduzione di Salvatore Quasimodo)

sabato 23 agosto 2008

Zibaldone di Federico Garcia Lorca

Maeszu/Donne del mare
"Se sei tu il mio tesoro seppellito,
la mia croce e il mio fradicio dolore,
se io sono il cane e tu il padrone mio
non farmi perdere cio' che ho raggiunto
e guarisci le acque del tuo fiume
con foglie dell'Autunno mio impazzito."
***
"Non e' il tuo amore che voglio
                                        voglio soltanto saperti vicina
                                        e che muta e silenziosa
                                        di tanto in tanto, mi tenda la tua mano."
                                                         ***                                    "Il tuo sguardo ha acceso nel mio cuore
         quel raggio pieno di presentimenti,
per ammonirmi ogni ora
che sono in tuo possesso."
***
                                  "Come son pesanti i giorni,
A nessun fuoco posso riscaldarmi,
non mi ride ormai nessun sole,
tutto e' vuoto,
tutto e' freddo e senza pieta',
ed anche le care limpide stelle
mi guardano senza conforto,
da quando ho appreso nel mio cuore,
che anche l'amore puo' morire."
***
                                "Quello che non mi dai non te lo chiedo,
no, ma muoia e di se' non lasci traccia
nell'estremo sussulto della carne."
***
                                       "Non posso piu' essere contento,
per tutti i miei giorni devo portare
nella mia 'nostalgia la tua immagine.
Son proprio tuo."
***
                                            "Non vogliamo piu' parlare,
troppo peso hanno le parole.
Cogli per il tuo viaggio
ancor un mazzo di resede,
presto non saranno piu."
***
                                 "Giaccio da solo nella casa silenziosa,
la lampada e' spenta,
e stendo pian piano le mie mani
per afferrare le tue,
e lentamente spingo la mia fervente bocca
verso di te e bacio me fino a stancarmi e ferirmi -
e all'improvviso son sveglio,
ed intorno a me la fredda notte tace,
luccica nella finestra una limpida stella -
o tu, dove sono i tuoi capelli biondi,
dov'e' la tua dolce bocca?
Ora bevo in ogni piacere la sofferenza
e veleno in ogni vino;
mai avrei immaginato che fosse tanto amaro
essere solo
essere solo e senza di te!"

giovedì 21 agosto 2008

La sera del dì di festa di Giacomo Leopardi

Ricardo Falero
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che t'accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai nè pensi
Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a salutar m'affaccio,
E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all'affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne: or da' trastulli
Prendi riposo; e forse ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io, non già, ch'io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo
Quanto a viver mi resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi
In così verde etate! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell'artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or dov'è il suono
Di que' popoli antichi? or dov'è il grido
De' nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio
Che n'andò per la terra e l'oceano?
Tutto è pace e silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s'aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s'udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core.

mercoledì 20 agosto 2008

Ode al giorno felice di Pablo Neruda

L.F.Kowalski/Mattino d'estate Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore,
camminando, dormendo o scrivendo.
Che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.
Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto,
il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.

martedì 19 agosto 2008

La vita in prosa di Eugenio Montale

Plinio Nomellini/Le lucciole/1900 Il fatto è che la vita non si spiega
né con la biologia
né con la teologia.
La vita è molto lunga
anche quando è corta
come quella della farfalla-
la vita è sempre prodiga
anche quando la terra non produce nulla.
Furibonda è la lotta che si fa
per renderla inutile e impossibile.
Non resta che il pescaggio nell'inconscio
l'ultima farsa del nostro moribondo teatro.
Manderei ai lavori forzati o alla forca
chi la professa o la subisce. È chiaro che l'ignaro
è più che sufficiente per abbuiare il buio.

lunedì 18 agosto 2008

Il Lete di Charles Baudelaire

Amore nel bosco/Diaz Olano
Qui sul mio cuore, anima crudele
e sorda, vieni, tigre amata, mostro
dalle pose indolenti; le mie dita
tremanti voglio immergere nel fondo
della tua spessa chioma, lungamente;
e seppellir la testa indolenzita
nella tua gonna piena del tuo odore;
come un fiore appassito respirare
dell'amore defunto il tanfo dolce.
Voglio dormire! meglio della vita
è certo il sonno, un sonno dolce come
la morte: e sopra il tuo bel corpo lucido,
come di rame, deporrò i miei baci,
senza rimorso. Nulla può l'abisso
del letto tuo per mandar giù i placati
singhiozzi: l'oblio abita potente
sulla tua bocca; e dentro i baci tuoi
scorre l'acqua del Lete. Al mio destino,
che m'è delizia ormai, voglio obbedire
come un predestinato; e, mite martire,
condannato innocente, il cui fervore
arroventa il supplizio, sulle punte
incantate di questo eretto seno
che non ha mai imprigionato un cuore,
io succhierò il nepente e la cicuta
per annegare tutto il mio rancore.