Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

lunedì 31 ottobre 2011

A Walter De La Mare di Thomas Stearns Eliot

Luis Ricardo Falero*Sabba delle streghe*1880

I ragazzini che esploravano il ruscello
E trovarono un'isola deserta, con una
Insenatura di sabbia (luogo segreto, ma anche
Assai pericoloso, poichè qui il bufalo d'acqua
Può giungere errando, ed il kinkajou e il mangabey
abbondano
Nel tenebroso intrico di una boscaglia di manghi,
E da un albero all'altro lèmuri oscuri scivolano -
Guardiani di un luogo dove un tesoro da tempo era
stato nascosto)
Raccontano a merenda le loro avventure,
E quando la lampada è accesa e la tenda tirata
Chiedono un po' di poesia, per favore. Di chi sarà,
Se non è ancora il momento di andare a dormire?...
O quando sull'aiuola
Camminano piedi invisibili e gli spettri tornano
Lievemente al crepuscolo, e lievemente se ne vanno
all'alba,
Tristi intoccabili che si lamentano e gemono;
Quando la scena familiare diventa all'improvviso strana
E ciò che conosciamo e ciò che ancora dobbiamo
imparare,
E due mondi s'incontrano, s'intersecano e mutano;
Quando i gatti impazziscono al ballo nel chiaro della
luna,
I cani si raccucciano, e i pipistrelli svolano e i gufi
S'aggregano al sabba delle streghe delle zie zitelle;
Quando il viaggiatore notturno non può svegliare
Nessun dormiente col suo richiamo; oppure quando
per caso
Un viso vuoto sbircia da una casa vuota;
Da chi e in che modo furono progettate queste cose?
L'incantamento appena bisbigliato, che concede un
libero
Passaggio a tutti i fantasmi della mente?
Da te; da quelle cadenze ingannevoli
Con cui la comune misura si raffina; da un'arte
Cosciente praticata con disinvolta naturalezza;
Dalla tela intessuta da te, delicata e invisibile -
Mistero inesplicabile del suono.
TO WALTER DE LA MARE
The children who explored the brook and found
A desert island with a sandy cove
(A hiding place, but very dangerous ground,
For here the water buffalo may rove,
The kinkajou, the mangabey, abound
In the dark jungle of a mango grove,
And shadowy lemurs glide from tree to tree -
The guardians of some long-lost treasur-trove)
Recount their exploits at the nursery tea
And when the lamps are lit and curtains drawn
Demand some poetry, please. Whose shall it be,
At not quite time for bed?...
Or when the lawn
Is pressed by unseen feet, and ghosts return
Gently at twilight, gently go at dawn,
The sad intangible who grieve and yearn;
When the familiar scene is suddendly strange
Or the well known is what we have yet to learn,
And two worlds meet, and intersect, and change;
When cats are maddened in the moonlight dance,
Dogs cower, flitter bats, and owls range
At witches' sabbath of the maiden aunts;
When the nocturnal traveller can arouse
No sleeper by his call; or when by chance
And empty face peers from an empy house;
By whom, and by what means, was this designed?
The whispered incantation which allows
Free passage to the phantoms of the mind?
By you; by those deceptive cadences
Wherewith the common measure is refined;
By consciuos art practised with natural ease;
By the delicate, invisible web you wove -
The inexplicable mystery of sound.
(Versi occasionali)

domenica 30 ottobre 2011

Ulysses di Alfred Tennyson

Francesco Primaticcio*Ulisse e Penelope*1563
Serve a poco che un re ozioso,
In questo spento focolare, presso queste sterili rupi,
Consorte una donna anziana, io misuro e ripartisco
Imparziali leggi a una stirpe selvaggia,
Che ammucchia, e dorme, e si nutre, e non mi conosce.
Non posso fare a meno di viaggiare: berrò
Ogni goccia della vita: tutto il tempo ho assaporato
Molto, molto ho sofferto, sia con coloro
Che mi amavano, che solo, sulla riva, e quando
Con tumultuose correnti le piovose Iadi
Agitavano l’oscuro mare: io son diventato un nome;
Per aver sempre vagato con cuore affamato
Molto vidi e conobbi; città d’uomini
E costumi, climi, consigli, governi,
E non di meno me stesso, ma onorato da tutti;
E assaporai il piacere della battaglia coi miei pari,
Lontano sulle risonanti pianure della ventosa Troia.
Io son parte di tutto ciò ch’incontrai;
Eppure ancor tutta l’esperienza è un arco attraverso cui
Brilla quel mondo inesplorato i cui confini sbiadiscono
Per sempre e per sempre quando mi muovo.
Com’è sciocco fermarsi, finire,
Arrugginire non lucidati, non brillare nell’uso!
Come se respirare fosse vivere! Vita ammucchiata su vita
Sarebbero tutte troppo poco, e di una sola a me
Poco rimane: ma ogni ora è salva
Da quell’eterno silenzio, qualcosa di più,
Un portatore di cose nuove; e vile sarebbe
Per tre soli anni ammucchiare e accumulare io stesso,
E questo grigio spirito bramare nel desiderio
Di seguire la conoscenza come una stella cadente,
Oltre il limite più estremo dell’umano pensiero.
Questi è mio figlio, il mio caro Telemaco,
Al quale io consegno lo scettro e l’isola -
Da me molto amata, che discerne come adempiere
Questo lavoro, con lenta prudenza per addolcire
Un popolo rozzo, e attraverso soffici gradi
Sottometterli all’utile e al bene.
Egli è il più irreprensibile, concentrato nella sfera
Dei comuni doveri, conveniente a non cadere
In funzioni di fragilità, e pagare
Confacenti preghiere agli dèi della mia casa,
Quando sarò partito. Egli fa il suo lavoro, io il mio.
Lì giace il porto; il vascello gonfia la sua vela:
Là si oscurano i neri, estesi mari. Miei marinai,
Anime che hanno faticato, e lavorato, e pensato con me -
Che sempre con un allegro benvenuto accolsero
Il tuono e la luce del sole, e opposero
Cuori liberi, menti libere – voi ed io siamo vecchi;
La vecchia età ha ancora il suo onore e la sua fatica;
La morte chiude tutto: ma qualcosa prima della fine,
Qualche lavoro di nobile natura, può ancora essere fatto,
Uomini non sconvenienti che combattevano contro gli Dèi.
La luce comincia a scintillare dalle rocce:
Il lungo giorno affievolisce: la lenta luna si innalza: il mare profondo
Geme attorno con molte voci. Venite, amici miei,
Non è troppo tardi per cercare un mondo più nuovo.
Spingetevi al largo, e sedendo bene in ordine percuotete
I sonori solchi; perché il mio scopo consiste
Nel navigare oltre il tramonto, e i bagni
Di tutte le stelle occidentali, finché io muoia.
Potrebbe succedere che gli abissi ci inghiottiranno:
Potremmo forse toccare le isole felici,
E vedere il grande Achille, che noi conoscemmo.
Anche se molto è stato preso, molto aspetta; e anche se
Noi non siamo ora quella forza che in giorni antichi
Mosse terra e cieli, ciò che siamo, siamo;
Un’eguale indole di eroici cuori,
Fiaccati dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà
Di combattere, cercare, trovare, e di non cedere.
*°*°*°*
It little profits that an idle king,
By this still hearth, among these barren crags,
Match’d with an aged wife, I mete and dole
Unequal laws unto a savage race,
That hoard, and sleep, and feed, and know not me.
I cannot rest from travel: I will drink
Life to the lees: All times I have enjoy’d
Greatly, have suffer’d greatly, both with those
That loved me, and alone, on shore, and when
Thro’ scudding drifts the rainy Hyades
Vext the dim sea: I am become a name;
For always roaming with a hungry heart
Much have I seen and known; cities of men
And manners, climates, councils, governments,
Myself not least, but honour’d of them all;
And drunk delight of battle with my peers,
Far on the ringing plains of windy Troy.
I am a part of all that I have met;
Yet all experience is an arch wherethro’
Gleams that untravell’d world whose margin fades
For ever and forever when I move.
How dull it is to pause, to make an end,
To rust unburnish’d, not to shine in use!
As tho’ to breathe were life! Life piled on life
Were all too little, and of one to me
Little remains: but every hour is saved
From that eternal silence, something more,
A bringer of new things; and vile it were
For some three suns to store and hoard myself,
And this gray spirit yearning in desire
To follow knowledge like a sinking star,
Beyond the utmost bound of human thought.
This is my son, mine own Telemachus,
To whom I leave the sceptre and the isle,—
Well-loved of me, discerning to fulfil
This labour, by slow prudence to make mild
A rugged people, and thro’ soft degrees
Subdue them to the useful and the good.
Most blameless is he, centred in the sphere
Of common duties, decent not to fail
In offices of tenderness, and pay
Meet adoration to my household gods,
When I am gone. He works his work, I mine.
There lies the port; the vessel puffs her sail:
There gloom the dark, broad seas. My mariners,
Souls that have toil’d, and wrought, and thought with me—
That ever with a frolic welcome took
The thunder and the sunshine, and opposed
Free hearts, free foreheads—you and I are old;
Old age hath yet his honour and his toil;
Death closes all: but something ere the end,
Some work of noble note, may yet be done,
Not unbecoming men that strove with Gods.
The lights begin to twinkle from the rocks:
The long day wanes: the slow moon climbs: the deep
Moans round with many voices. Come, my friends,
’Tis not too late to seek a newer world.
Push off, and sitting well in order smite
The sounding furrows; for my purpose holds
To sail beyond the sunset, and the baths
Of all the western stars, until I die.
It may be that the gulfs will wash us down:
It may be we shall touch the Happy Isles,
And see the great Achilles, whom we knew.
Tho’ much is taken, much abides; and tho’
We are not now that strength which in old days
Moved earth and heaven, that which we are, we are;
One equal temper of heroic hearts,
Made weak by time and fate, but strong in will
To strive, to seek, to find, and not to yield.

sabato 29 ottobre 2011

Per vivere qui di Paul Eluard

Fritz Von Thaulow*Brittany autumn
Feci un fuoco, l'azzurro m'aveva abbandonato,
Un fuoco per essergli amico,
Un fuoco per avviarmi nella notte d'inverno,
Un fuoco per vivere meglio.
Quel che a me il giorno aveva dato, ho dato:
Boschi, siepi, campagne a grano, vigne,
I nidi e i loro uccelli e le case e le chiavi,
Gli insetti, i fiori, i mantelli, le feste.
Sono vissuto al solo crepitio delle fiamme,
Solo all'aroma della vampa;
Ero come una barca che nell'acqua chiusa cala,
Come un morto io avevo un elemento solo.
*°*°*°*°*°
Pour vivre ici
Je fis un feu, l'azur m'ayant abandonné,
Un feu pour être son ami,
Un feu pour m'introduire dans la nuit d'hiver,
Un feu pour vivre mieux.
Je lui donnai ce que le jour m'avait donné:
Les forêts, les buissons, les champs de blé, les vignes,
Les nids et leurs oiseaux, les maisons et leurs clés,
Les insectes, les fleurs, les fourrures, les fêtes.
Je vécus au seul bruit des flammes crépitantes,
Au seul parfum de leur chaleur;
J'étais comme un bateau coulant dans l'eau fermée,
Comme un mort je n'avais qu'un unique élément.
(Pour vivre ici*1918)
Trad. di Franco Fortini

venerdì 28 ottobre 2011

Dopo? di Giovanni Pascoli

James Tissot*Vedova*1868
Forse è una buona vedova. . . Quand'ella
facea l'imbastitura e il sopramano,
venne il suo bimbo e chiese la novella.
Venne ai suoi piedi: ella contò del Topo,
del Mago . . . Alla costura, egli, pian piano,
l'ultima volta le sussurrò, Dopo?
Dopo tanto, c'è sempre qualche occhiello.
Il topo è morto, s'è smarrito il mago.
Il bimbo dorme sopra lo sgabello,
tra le ginocchia, al ticchettio dell'ago.
(Myricae*Finestra illuminata)

giovedì 27 ottobre 2011

Ode al suo aroma di Pablo Neruda

Camille Korry
Mia soave, di cosa odori?
Di che frutto?
Di che stella? Di che foglia?
Presso
il tuo piccolo orecchio
o sulla tua fronte
mi chino,
ficco
il naso tra i capelli
e il sorriso
cerco di riconoscere
la stirpe del tuo aroma:
è soave, ma
non è fiore, non è coltellata
di penetrante garofano
o impetuoso aroma
di violenti
gelsomini,
è qualcosa, è terra,
è
aria,
mele o legnami,
odore
di luce sulla pelle,
aroma
della foglia
dell'albero
della vita
con polvere
di strade
e freschezza
d'ombra mattutina
alle radici,
odor di pietre, di  fiume,
ma
più simile
a una pèsca,
al tepore
del palpito segreto
del sangue,
odore
di casa pura
e di cascata,
fragranza
di colomba
e capelli,
aroma
della mia mano
che perlustrò la luna
del tuo corpo,
le stelle
della tua pelle stellata,
l'oro,
il grano,
il pane del tuo contatto,
e lì,
per tutta la lunghezza
della tua luce folle,
nella tua luce furiosa,
sulla tua circonferenza d'anfora,
sul calice
negli occhi del tuo seno,
fra le tue ampie palpebre
e la tua bocca di schiuma,
su tutto
lasciò,
la mia mano lasciò
odor d'inchiostro e selva,
sangue e frutti perduti,
fragranza
di obliati pianeti,
di puri
fogli vegetali,
il mio stesso corpo
sommerso
nella freschezza del tuo amore, amata,
come in una sorgente
o nel suono
di un campanile
lassù
tra l'odore dei cielo
e il volo
degli ultimi uccelli,
amore,
odore,
parola
della tua pelle, dell'idioma
della notte nella tua notte,
del giorno nel tuo sguardo.
Dal tuo cuore
sale
il tuo aroma
come dalla terra
la luce fino alla cima del ciliegio:
sulla tua pelle io fermo
il tuo palpito
e odoro
l'onda di luce che ascende,
la frutta sommersa
nella sua fragranza,
la notte che respiri,
il sangue che esplora
la tua bellezza
fino a giungere al bacio
che mi attende
nella tua bocca.
ODA A SU AROMA
Suave mía, a qué hueles,
a qué fruto,
a qué estrella, a qué hoja?
Cerca
de tu pequeña oreja
o en tu frente
me inclino,
clavo
la nariz entre el pelo
y la sonrisa
buscando, conociendo
la raza de tu aroma:
es suave, pero
no es flor, no es cuchillada
de clavel penetrante
o arrebatado aroma
de violentos
jazmines,
es algo, es tierra,
es
aire,
maderas o manzanas,
olor
de la luz en la piel,
aroma
de la hoja
del árbol
de la vida
con polvo
de camino
y frescura
de matutina sombra
en las raìces,
olor de piedra y río, 
pero
más cerca
de un durazno,
de la tibia
palpitaciòn secreta
de la sangre,
olor
a casa pura
y a cascada,
fragancia
de paloma
y cabellera,
aroma
de mi mano
que recorriò la luna
de tu cuerpo,
las estrellas
de tu piel estrellada,
el oro,
el trigo,
el pan de tu contacto,
y allí
en la longitud
de tu luz loca,
en tu circunferencia de vasija,
en la copa,
en los ojos de tus senos,
entre tus anchos párpados
y tu boca de espuma,
en todo
dejò,
dejò mi mano
olor de tinta y selva,
sangre y frutos perdidos,
fragancia
de olvidados planetas,
de puros
papeles vegetales,
allí
mi propio cuerpo
sumergido
en la frescura de tu amor, amada,
como en un manantial
o en el sonido
de un campanario
arriba
entre el olor del cielo
y el vuelo
de las últimas aves,
amor,
olor,
palabra
de tu piel, del idioma
de la noche en tu noche,
del día en tu mirada.
Desde tu corazòn
sube
tu aroma
como desde la tierra
la luz hasta la cima del cerezo:
en tu piel yo detengo
tu latido
y huelo
la ola de luz que sube,
la fruta sumergida
en su fragancia,
la noche que respiras,
la sangre que recorre
tu hermosura
hasta llegar al beso
que me espera
en tu boca.

mercoledì 26 ottobre 2011

Le osterie di Alda Merini

Pablo Picasso
A me piacciono gli anfratti bui
delle osterie dormienti,
dove la gente culmina nell’eccesso del canto,
a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,
e i calici di vino profondi,
dove la mente esulta,
livello di magico pensiero.
Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto
malvissuto e scostante,
meglio l’acre vapore del vino
indenne,
meglio l’ubriacatura del genio,
meglio sì meglio
l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite;
io amo le osterie
che parlano il linguaggio sottile della lingua di Bacco,
e poi nelle osterie
ci sta il nome di Charles
scritto a caratteri d’oro.

martedì 25 ottobre 2011

Ai monti di Trento di Alfonso Gatto

William Merritt Chase*October
Bei monti della sera
azzurra è già l'Italia...
Penso a mia madre sola con la luna
nella notte d'ottobre, ancora estiva
la brezza muove i suoi capelli, imbruna
sulle case d'intorno...
Così la chiara spera
dei monti a lungo ammalia
nei pascoli la sera.
Odora già l'Italia
di polvere e di rose.
Era la luna ancora effusa al giorno,
mia madre a lungo sul mio capo pose
le mani e disse:"vedi, a noi d'intorno
il tempo s'è fermato..."
Bei monti della sera
azzurro è il mio passato.

lunedì 24 ottobre 2011

Un piccolo cambiamento, spero per il meglio!

Odilon Redon*1905
Ho scelto l'opzione di moderare i commenti, solo per poter essere al corrente di qualche commento su qualche poesia già trascorsa. Commento di cui non mi accorgerei e non potrei ringraziare, cosa che mi fa molto dispiacere!
*********
Portate pazienza amici miei.

La sera di fiera di Dino Campana

Egon Schiele*Elisabeth Lederer*1913
Il cuore stasera mi disse: non sai?
La rosabruna incantevole
Dorata da una chioma bionda:
E dagli occhi lucenti e bruni colei che di grazia imperiale
Incantava la rosea
Freschezza dei mattini:
E tu seguivi nell’aria
La fresca incarnazione di un mattutino sogno:
E soleva vagare quando il sogno
E il profumo velavano le stelle
(Che tu amavi guardar dietro i cancelli
Le stelle le pallide notturne):
Che soleva passare silenziosa
E bianca come un volo di colombe
Certo è morta: non sai?
Era la notte
Di fiera della perfida Babele
Salente in fasci verso un cielo affastellato un paradiso di fiamma
In lubrici fischi grotteschi
E tintinnare d’angeliche campanelle
E gridi e voci di prostitute
E pantomime d’Ofelia
Stillate dall’umile pianto delle lampade elettriche
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Una canzonetta volgaruccia era morta
E mi aveva lasciato il cuore nel dolore
E me ne andavo errando senz’amore
Lasciando il cuore mio di porta in porta:
Con Lei che non è nata eppure è morta
E mi ha lasciato il cuore senz’amore:
Eppure il cuore porta nel dolore:
Lasciando il cuore mio di porta in porta.
(Canti orfici-Notturni)
1913

domenica 23 ottobre 2011

Xenia III di Eugenio Montale

Theo Van Rysselberghe*La moglie*1907
Spesso ti ricordavi (io poco) del signor Cap.
-L'ho visto nel torpedone, a Ischia, appena due volte.
E' un avvocato di Klangenfurt, quello che manda gli auguri.
Doveva venirci a trovare.
E infine è venuto gli dico tutto, resta imbambolato,
pare che sia una catastrofe anche per lui. Tace a lungo,
farfuglia, s'alza rigido e s'inchina. Conferma
che manderà gli auguri.
E' strano che a comprenderti
siano riuscite solo persone inverosimili
Il dottor Cap! Basta il nome. E Celia? Che n'è accaduto?
22 ott. 67

sabato 22 ottobre 2011

La figlia che piange di Thomas Stearns Eliot

Betye Saar
O quam te memorem virgo...
Sosta al piano più alto della scala-
Curvati sopra un'urna del giardino-  
Tessi, tessi la luce del sole nei tuoi capelli-
Stringi i tuoi fiori a te con penosa sorpresa-
Gettali a terra e volgiti
Con fuggitivo risentimento negli occhi:
Ma tessi, tessi la luce del sole nei tuoi capelli.
Avrei voluto così che egli se ne andasse,
Avrei voluto così vedere lei rimanere e piangere,
Egli sarebbe partito così
Come l'anima lascia il suo corpo logorato e lacero,
Come lo spirito lascia deserto il corpo prima usato.
Troverei
Un modo incomparabilmente abile e lieve,
Un modo che entrambi potremmo comprendere,
Semplice e senza fede come un sorriso e una stretta di mano.
Ella si volse, ma con il tempo d'autunno
Per molti giorni costrinse la mia immaginazione,
Molti giorni e per molte ore:
Con i capelli sulle braccia e le sue braccia cariche di fiori.
E mi domando come sarebbero stati insieme!
Avrei perduto un gesto ed un atteggiamento.
Talvolta questi pensieri meravigliano ancora
La mezzanotte turbata e la pace del meriggio.
*°*°*°*
O quam te memorem virgo ...
Stand on the highest pavement of the stair-
Lean on a garden urn-
Weave, weave the sunlight in your hair-
Clasp your flowers to you with a pained surprise-
Fling them to the ground and turn
With a fugitive resentment in your eyes:
But weave, weave the sunlight in your hair.
So I would have had him leave,
So I would have had her stand and grieve,
So he would have left
As the soul leaves the body torn and bruised,
As the mind deserts the body it has used.
I should find
Some way incomparably light and deft,
Some way we both should understand,
Simple and faithless as a smile and shake of the hand.
She turned away, but with the autumn weather
Compelled my imagination many days,
Many days and many hours:
Her hair over her arms and her arms full of flowers.
And I wonder how they should have been together!
I should have lost a gesture and a pose.
Sometimes these cogitations still amaze
The troubled midnight and the noon's repose.
(Prufrock e altre osservazioni)

venerdì 21 ottobre 2011

Acquatinta autunnale di Corrado Govoni

Elizabeth Sonrel*Autunno
In un collegio lungo un corridoio
dei vetri si figurano di guance.
L'Ottobre con le logore bilance
viene per l'orto come un spogliatoio
La pioggia l'autunnale accappatoio
stende sopra le fioriture rance:
inutilmente vegliano le lance
del cancello con le cifre in scorsoio.
Fermandovisi a l'alba dirimpetto,
si sente zoppicare un vecchio canto
accompagnato con un qualche tasto:
poi regoli si scorge sopra un tetto
dai tegoli colore d'amaranto
un fantoccio di stoppa tutto guasto.
(Armonia in grigio et in silenzio/La filotea delle campane)

giovedì 20 ottobre 2011

Per un amico lontano di Lesbia Cidonia

Sir Joshua Reynolds*Mrs. Abington

Chiudo le luci al sonno, e indarno spero
trovar quiete all’agitata mente
che mentre io dormo avvien ch’anzi più fiero
stuolo d’affanni contro me si avvente.
Parmi lunge veder sotto straniero
cielo, e su fragil prora errar dolente
il mio diletto amico, e l’aere nero
che il minaccia ravviso, e il mar fremente.
Odo i gemiti suoi, già di sua vita
vicin veggo il perielio, e grido o dei
deh gli porgete, o Dio pietosi aita!
Mi sveglio allor tremante, e la funesta
imago non mi lascia, e gli occhi miei
d’amaro pianto innondo e pur son desta.
(Paolina Secco Suardo Grismondi in arte Lesbia Cidonia)

mercoledì 19 ottobre 2011

Così ammaliato di Andrea Zanzotto

George Inness*October noon*1891
Così ammaliato con il cuore sono rimasto là
alla piccola finestra ...
E la si vedeva svuotarsi piano piano
e in essa non v'erano che stelle
e il libretto delle nonne e dei loro tempi si era chiuso.
"Ma, voi, benedite
una volta ancora il vostro nipotino,
perché adesso che è un uomo,
quasi consunto, per voi mantenga quanto, 
bambino, ha lodato."
*°*°*°*
Cussi inocà col cór son restà là
a la finestrela cèa ...
E svodà pian pianin la se 'véa
e in éla altro che stele no ghe nèra
e 'l libret de le none e dei só tènp se 'véa serà.
"Ma, voi, benedisè
ancora 'na òlta 'l vostro nevodet,
parché ades che l'é 'n ón, debòto consumà,
par voaltre 'l mantegne quel che, tosatèl, l'à lodà."

martedì 18 ottobre 2011

Le golose di Guido Gozzano

Bèraud Gloppe*1889
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
Signore e signorine -
le dita senza guanto -
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!
Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.
C'è quella che s'informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.
L'una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.
un'altra - il dolce crebbe -
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!
Un'altra, con bell'arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall'altra parte!
L'una, senz'abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare
sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D'Annunzio.
Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,
di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!
Perché non m'è concesso -
o legge inopportuna! -
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,
o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.

lunedì 17 ottobre 2011

Un'altra sosta di Antonia Pozzi

De Laszlo*Marina di Grecia*1934
Appoggiami la testa sulla spalla:
ch'io ti accarezzi con un gesto lento,
come se la mia mano accompagnasse
una lunga, invisibile gugliata.
Non sul tuo capo solo: su ogni fronte
che dolga di tormento e di stanchezza
scendono queste mie carezze cieche,
come foglie ingiallite d'autunno
in una pozza che riflette il cielo.

domenica 16 ottobre 2011

Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers di Fabrizio De Andrè

Mary F. Raphael*Britomart and Amoret
Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor
al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura
del sire vincitor
il sangue del principe del Moro
arrossano il cimiero
d'identico color
ma più che del corpo le ferite
da Carlo son sentite
le bramosie d'amor
"Se ansia di gloria e sete d'onore
spegne la guerra al vincitore
non ti concede un momento per fare all'amore
chi poi impone alla sposa soave di castità
la cintura in me grave
in battaglia può correre il rischio di perder la chiave"
così si lamenta il re cristiano
s'inchina intorno il grano
gli son corona i fior
lo specchio di chiara fontanella
riflette fiero in sella
dei Mori il vincitor
Quand'ecco nell'acqua si compone
mirabile visione
il simbolo d'amor
nel folto di lunghe trecce bionde
il seno si confonde
ignudo in pieno sol
"Mai non fu vista cosa più bella
mai io non colsi siffatta pulzella"
disse re Carlo scendendo veloce di sella.
"De' cavaliere non v'accostate
già d'altri è gaudio quel che cercate
ad altra più facile fonte la sete calmate"
Sorpreso da un dire sì deciso
sentendosi deriso
Re Carlo s'arrestò
ma più dell'onor poté il digiuno
fremente l'elmo bruno
il sire si levò
codesta era l'arma sua segreta
da Carlo spesso usata
in gran difficoltà
alla donna apparve un gran nasone
e un volto da caprone
ma era sua maestà
"Se voi non foste il mio sovrano"
Carlo si sfila il pesante spadone
"non celerei il disio di fuggirvi lontano,
ma poiché siete il mio signore"
Carlo si toglie l'intero gabbione
"debbo concedermi spoglia ad ogni pudore"
Cavaliere egli era assai valente
ed anche in quel frangente
d'onor si ricoprì
e giunto alla fin della tenzone
incerto sull'arcione
tentò di risalir
veloce lo arpiona la pulzella
repente la parcella
presenta al suo signor
"Beh proprio perché voi siete il sire
fan cinquemila lire
è un prezzo di favor"
"E' mai possibile o porco di un cane
che le avventure in codesto reame
debban risolversi tutte con grandi puttane,
anche sul prezzo c'è poi da ridire
ben mi ricordo che pria di partire
v'eran tariffe inferiori alle tremila lire"
Ciò detto agì da gran cialtrone
con balzo da leone
in sella si lanciò
frustando il cavallo come un ciuco
fra i glicini e il sambuco
il re si dileguò.
Re Carlo tornava dalla guerra
lo accoglie la sua terra
cingendolo d'allor
al sol della calda primavera
lampeggia l'armatura
del sire vincitor

sabato 15 ottobre 2011

Come ogni bacio di Fernando Pessoa

Henry P. Raleigh
Come se ogni bacio
fosse d'addio,
mia Cloe, baciamoci amando.
Che forse già si posa
sulla nostra spalla la mano che chiama
alla barca che non viene se non vuota;
e che in un solo fascio
lega ciò che l'uno per l'altra fummo
all'altrui somma universale della vita.
*°*°*°*
Como se cada beijo
Fora de despedida,
Minha Cloe, beijemo-nos, amando.
Talvez que já nos toque
No ombro a mão, que chama
À barca que não vem senão vazia;
E que no mesmo feixe
Ata o que mútuos fomos
E a alheia soma universal da vida.

venerdì 14 ottobre 2011

Vendetta postuma di Emilio Praga

James Tissot*1876
Quando sarai nel freddo monumento
immobile e stecchita,
se ti resta nel cranio un sentimento
di questa vita,
ripenserai l’alcova e il letticciuolo
dei nostri lunghi amori,
quand’io portava al tuo dolce lenzuolo
carezze e fiori.
Ripenserai la fiammella turchina
che ci brillava accanto,
e quella fiala che alla tua bocchina
piaceva tanto!
Ripenserai la tua foga omicida
e gli immensi abbandoni;
ripenserai le forsennate grida
e le canzoni;
ripenserai le lagrime delire,
e i giuramenti a Dio,
o bugiarda, di vivere e morire
pel genio mio!
E allora sentirai l’onda dei vermi
salir nel tenebrore,
e colla gioia di affamati infermi
morderti il cuore.
( Penombre, 1864)

giovedì 13 ottobre 2011

Io ardo di Pietro Bembo

Isabella D'Este*Rubens
"Io ardo" dissi, e la risposta invano,
come 'l gioco chiedea, lasso, cercai;
onde tutto quel giorno e l'altro andai
qual uom, ch'è fatto per gran doglia insano.
Poi che s'avide, ch'io potea lontano
esser da quel penser, più pia che mai
ver me volgendo de' begli occhi i rai,
mi porse ignuda la sua bella mano.
Fredda era più che neve; né 'n quel punto
scorsi il mio mal, tal di dolcezza velo
m'avea dinanzi ordito il mio desire.
Or ben mi trovo a duro passo giunto,
ché, s'i' non erro, in quella guisa dire
volle Madonna a me, com'era un gelo

mercoledì 12 ottobre 2011

Non mi accusate donne di aver amato di Louise Labè

Tiziano
Non mi accusate, donne, d’aver amato,
non condannatemi, donne cortesi
per l’ardore con cui tutta bruciai, anima e corpo,
né per le mille pene ch’ebbi a soffrire
né per aver perduto in lacrime
così gran tempo. Imploro voi
di non rimproverarmi, solo questo chiedo.
Peccai, è vero, ma quale patimento!
Perciò non accrescete il mio tormento,
voi, che confidando nell’Amore sperate
d’amar ed esser riamate
con gran passione
e più protette di me,
di me che vi auguro felicità e consolazione.
*°*°*°*
Ne reprenez, Dames, si j'ay aymé…
Ne reprenez, Dames, si j’ay aymé :
Si j’ay senti mile torches ardentes,
Mile travaus, mile douleurs mordentes :
Si en pleurant, j’ay mon tems consumé,
Las que mon nom n’en soit par vous blamé.
Si j’ay failli, les peines sont presentes,
N’aigrissez point leurs pointes violentes :
Mais estimez qu’Amour, à point nommé,
Sans votre ardeur d’un Vulcan excuser,
Sans la beauté d’Adonis acuser,
Pourra, s’il veut, plus vous rendre amoureuses :
En ayant moins que moy d’ocasion,
Et plus d’estrange et forte passion.
Et gardez vous d’estre plus malheureuses.

martedì 11 ottobre 2011

Sera d'ottobre di Giovanni Pascoli

Ettore Tito*Autunno*1897
Lungo la strada vedi su la siepe
ridere a mazzi le vermiglie bacche:
nei campi arati tornano al presepe
tarde le vacche.
Vien per la strada un povero che il lento
passo tra foglie stridule trascina:
nei campi intuona una fanciulla al vento:
Fiore di spina! . . .
(In campagna*Myricae)

lunedì 10 ottobre 2011

Donne e gatti di Paul Verlaine

Giovanni Boldini
Lei giocava con la sua gatta
e che meraviglia era vedere
la bianca mano e la bianca zampa
trastullarsi nell'ombra della sera!
Lei nascondeva - la scellerata -
sotto i guanti di filo nero
le micidiali unghie d'agata
taglienti e chiare come un rasoio.
Anche l'altra faceva la smorfiosa
e ritraeva i suoi artigli d'acciaio,
ma il diavolo non ci perdeva nulla…
E nel boudoir, aereo,
in cui tintinnava il suo riso,
scintillavano quattro punti fosforescenti.
°°°°°°°°°°°°°°°°°
Femme et chatte
Elle jouait avec sa chatte,
Et c'était merveille de voir
La main blanche et la blanche patte
S'ébattre dans l'ombre du soir.
Elle cachait — la scélérate ! —
Sous ces mitaines de fil noir
Ses meurtriers ongles d'agate,
Coupants et clairs comme un rasoir.
L'autre aussi faisait la sucrée
Et rentrait sa griffe acérée,
Mais le diable n'y perdait rien...
Et dans le boudoir où, sonore,
Tintait son rire aérien,
Brillaient quatre points de phosphore.

domenica 9 ottobre 2011

Il pungente atomo di Emily Dickinson

Welden Hawkins*Autumn*1895
Il pungente Atomo nell'Aria
Non ammette discussioni -
Tutto ciò che chiamavamo Giorni D'Estate
Abbandona il nostro Regno -
Per quale Territorio di Delizia
Tanto edotti ne siamo
Quanto del Limite della Sovranità
O delle Dighe - dell'Estasi -
*°*°*°*
The pungent Atom in the Air
Admits of no debate -
All that is named of Summer Days
Relinquished our Estate -
For what Department of Delight
As positive are we
As Limit of Dominion
Or Dams - of Extasy -

sabato 8 ottobre 2011

In un momento di Dino Campana

Julian Alden Weir*White roses
In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose
P.S. E così dimenticammo le rose

venerdì 7 ottobre 2011

Silenzio di David H. Lawrence

Edward Robert Hughes*With the wind
Da quando ti ho persa, sono ossessionato dal silenzio;
i suoni le lor piccole ali agitano
un attimo, poi all'onda s'abbandonano
dalla stanchezza, che dondola senza rumore.
Sia che per strada la gente
passeggi con monotono brusio
o sospiri il teatro e sospiri
con un profondo respiro roco,
o agiti il vento un groviglio di luce
sul fiume nero, profondo,
o gli ultimi echi della notte
facciano rabbrividire l'aurora,
io avverto il silenzio che aspetta
di poter bere tutto ancora
nella sua estrema totalità svuotando
il rumore degli uomini.
*°*°*°*°
SILENCE
Since I lost you I am silence-haunted,
Sounds wave their little wings
A moment, then in weariness settle
On the flood that soundless swings.
Whether the people in the street
Like pattering ripples go by,
Or whether the theatre sighs and sighs
With a loud, hoarse sigh:
Or the wind shakes a ravel of light
Over the dead-black river,
Or night’s last echoing
Makes the daybreak shiver:
I feel the silence waiting
To take them all up again
In its vast completeness, enfolding
The sound of men.

giovedì 6 ottobre 2011

Ritratto di paese di Corrado Govoni

Karl Briullov
Nel mattino d’autunno
tutto fresco del nichel delle biciclette
che fruscio di gonne e di sottane
tra le povere foglie che tramontano
dai pioppi dolcemente svolazzando,
oro d’addio!
Nell’aia aperta sulla strada
il pigiatore è già alla danza tonda
allegro marinaio della vendemmia.
Alle ragazze che all’odor di mosto
frenano con un piede nella polvere
egli grida: “Ehi, la bruna! Ehi, quella bionda!”
e brandendo un già calpestato grappolo
fa un invito al lor seno nascosto.
Crepacuore del vecchio
che ora impreca al destino
perchè son troppo dolci quelle ragazzette
che ti fanno il mattino
così fresco del nichel
delle loro fruscianti biciclette.
 "Pellegrino d'amore", 1941

mercoledì 5 ottobre 2011

Il cuore che ride di Charles Bukowski

Claude Buck*Self portrait
La tua vita è la tua vita.
non lasciare che le batoste la sbattano nella cantina dell'arrendevolezza.
stai in guardia.
ci sono delle uscite.
da qualche parte c'è luce.
forse non sarà una gran luce ma la vince sulle tenebre.
stai in guardia.
gli dei ti offriranno delle occasioni.
riconoscile, afferrale.
non puoi sconfiggere la morte ma puoi sconfiggere la morte in vita, qualche volta.
e più impari a farlo di frequente, più luce ci sarà.
la tua vita è la tua vita.
sappilo finché ce l'hai.
tu sei meraviglioso, gli dei aspettano di compiacersi in te.
*ç*ç*ç*
The Laughing Heart
Your life is your life
don’t let it be clubbed into dank submission.
be on the watch.
there are ways out.
there is a light somewhere.
it may not be much light but
it beats the darkness.
be on the watch.
the gods will offer you chances.
know them.
take them.
you can’t beat death but
you can beat death in life, sometimes.
and the more often you learn to do it,
the more light there will be.
your life is your life.
know it while you have it.
you are marvelous
the gods wait to delight
in you.

martedì 4 ottobre 2011

Tradimento di Cesare Pavese

Delia Cugat
Stamattina non sono più solo una donna recente
sta distesa sul fondo e mi grava la prua
della barca, che avanza e fatica nell'acqua tranquilla
ancor gelida e torba del sonno notturno.
Sono uscito dal Po tumultuante e echeggiante nel sole
di onde rapide e di sabbiatori, e vincendo la svolta
dopo molti sussulti mi sono cacciato
nel Sangone. «Che sogno», ha osservato colei
senza muovere il corpo supino guardando nel cielo.
Non c'è un'anima in giro e le rive son alte
e a monte più anguste, serrate di pioppi.
Quant'è goffa la barca in quest'acqua tranquilla.
Dritto a poppa a levare e abbassare la punta,
vedo il legno che avanza impacciato: è la prua che sprofonda
per quel peso di un corpo di donna, ravvolto di bianco.
La compagna mi ha detto che è pigra e non s'è ancora mossa.
Sta distesa a fissare da sola le vette degli alberi
ed è come in un letto e m'ingombra la barca.
Ora ha messo una mano nell'acqua e la lascia schiumare
e m'ingombra anche il fiume. Non posso guardarla
- sulla prua dove stende il suo corpo - che piega la testa
e mi fissa curiosa dal basso, muovendo la schiena.
Quando ho detto che venga più in centro, lasciando la prua,
mi ha risposto un sorriso vigliacco: «Mi vuole vicina?»
Altre volte, gocciante di un tuffo fra i tronchi e le pietre,
continuavo a puntare nel sole, finch'ero ubriaco,
e approdando a quest'angolo, mi gettavo riverso,
accecato dall'acqua e dai raggi, buttato via il palo,
a calmare il sudore e l'affanno al respiro
delle piante e alla stretta dell'erba. Ora l'ombra è estuosa
al sudore che pesa nel sangue e alle membra infiacchite,
e la volta degli alberi filtra la luce
di un'alcova. Seduto sull'erba, non so cosa dire
e m'abbraccio i ginocchi. La compagna è sparita
dentro il bosco dei pioppi, ridendo, e io debbo inseguirla.
La mia pelle è annerita di sole e scoperta.
La compagna che è bionda, poggiando le mani
alle mie per saltare sul greto, mi ha fatto sentire,
con la fragilità delle dita,
il profumo del suo corpo nascosto. Altre volte il profumo
era l'acqua seccata sul legno e il sudore nel sole.
La compagna mi chiama impaziente. Nell'abito bianco
sta girando fra i tronchi e io debbo inseguirla.