Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

lunedì 22 febbraio 2016

Sarcofaghi di Eugenio Montale

Jean Auguste Dominique Ingres 1856
Dove se ne vanno le ricciute donzelle
che recano le colme anfore su le spalle
ed hanno il fermo passo sì leggero;
e in fondo uno sbocco di valle
invano attende le belle
cui adombra una pergola di vigna
e i grappoli ne pendono oscillando.
Il sole che va in alto,
le intraviste pendici
non han tinte: nel blando
minuto la natura fulminata
atteggia le felici
sue creature, madre non matrigna,
in levità di forme.
Mondo che dorme o mondo che si gloria
d'immutata esistenza, chi può dire?,
uomo che passi, e tu dagli
il meglio ramicello del tuo orto.
Poi segui: in questa valle
non è vicenda di buio e di luce.
Lungi di qui la tua via ti conduce,
non c'è asilo per te, sei troppo morto:
seguita il giro delle tue stelle.
E dunque addio, infanti ricciutelle,
portate le colme anfore su le spalle.

***

OSSI DI SEPPIA

sabato 20 febbraio 2016

Comunicazioni di servizio

qualche giorno di vacanza...ahimé sta per finire. Domani ritorno...
Bird and Flower - Mohammad Yusuf, 17th century

mercoledì 17 febbraio 2016

Ancora Pietroburgo di Vladimir Vladimirovic Majakovskij

Negli orecchi i frantumi di un accaldato ballo
e dal Nord - più canuta della neve - una nebbia
dal volto di cannibale assetato di sangue
masticava gli insipidi passanti.

Le ore incombevano come un volgare insulto,
incombono le cinque e sono poi, le sei. 
Ci sta a guardare dal cielo una canaglia
maestosamente come un Lev Tolstoi.

***

1913
Trad. Giovanni Giudici

lunedì 15 febbraio 2016

Stanco dell'ozio amaro... di Stéphane Mallarmé

Henri Degas and his niece Lucie Degas
Edgar Degas
Stanco dell'ozio amaro dove pigrizia offende
una gloria per cui un tempo fuggii l'adorabile 
infanzia dei boschi di rose sotto l'azzurro
nativo, e del patto crudele ormai sette volte
più stanco d'aprire vegliando una fossa nuova
nel freddo e avaro terreno del mio cervello,
spietato becchino della sterilità,
- Che mai dirò, o Sogni, che mai a quest'Aurora,
Visitato da rose, se, temendo i suoi fiori
Lividi, il cimitero unirà i cavi orrori? -
Voglio lasciare l'Arte vorace di un paese
Crudele, e, sorridendo ai vecchi volti offesi
Che mostrano gli amici, il genio ed il passato,
E il lume che la mia agonia ha vegliato,
Imitare il Cinese, anima chiara e fina,
La cui estasi pura è dipinger la cima
Sopra tazze di neve rapita dalla luna
D'un fiore strano che la sua vita profuma
Trasparente, d'un fiore che egli sentì fanciullo
Innestarsi al suo cuore prezioso, azzurro nulla.
E la morte così, solo sogno del saggio,
Sereno, sceglierò un giovane paesaggio
Che sulle tazze assente la mia mano pingerà.
Una linea d'azzurro fine e tenue sarà
Un lago dentro il cielo di nuda porcellana,
Per una bianca nube una luna lontana
Immerge il lieve corno nel gelo d'acque calme,
Presso tre grandi cigli di smeraldo, le canne.

*****

Las de l'amer...repos
Las de l'amer repos où ma paresse offense
Une gloire pour qui jadis j'ai fui l'enfance
Adorable des bois de roses sous l'azur
Naturel, et plus las sept fois du pacte dur
De creuser par veillée une fosse nouvelle
Dans le terrain avare et froid de ma cervelle,
Fossoyeur sans pitié pour la stérilité,
- Que dire à cette Aurore, ô Rêves, visité
Par les roses, quand, peur de ses roses livides,
Le vaste cimetière unira les trous vides ? -
Je veux délaisser l'Art vorace d'un pays
Cruel, et, souriant aux reproches vieillis
Que me font mes amis, le passé, le génie,
Et ma lampe qui sait pourtant mon agonie,
Imiter le Chinois au coeur limpide et fin
De qui l'extase pure est de peindre la fin
Sur ses tasses de neige à la lune ravie
D'une bizarre fleur qui parfume sa vie
Transparente, la fleur qu'il a sentie, enfant,
Au filigrane bleu de l'âme se greffant.
Et, la mort telle avec le seul rêve du sage,
Serein, je vais choisir un jeune paysage
Que je peindrais encor sur les tasses, distrait.
Une ligne d'azur mince et pâle serait
Un lac, parmi le ciel de porcelaine nue,
Un clair croissant perdu par une blanche nue
Trempe sa corne calme en la glace des eaux,
Non loin de trois grands cils d'émeraude, roseaux.
*
DU PARNASSE CONTEMPORAIN

domenica 14 febbraio 2016

Sparsa le trecce morbide di Alessandro Manzoni

Victor Gabriel Gilbert (1847-1933), Sleeping Beauty or Dornröschen
Sparsa le trecce morbide
Su l'affannoso petto,
Lenta le palme, e rorida
Di morte il bianco aspetto,
Giace la pia, col tremolo
Sguardo cercando il ciel.
Cessa il compianto: unanime
S'innalza una preghiera:
Calata in su la gelida
Fronte, una man leggiera
Sulla pupilla cerula
Stende l'estremo vel.
Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mente i terrestri ardori;
Leva all'Eterno un candido
Pensier d'offerta, e muori:
Fuor della vita è il termine
Del lungo tuo martir.
Tal della mesta, immobile
Era quaggiuso il fato:
Sempre un obblio di chiedere
Che le saria negato;
E al Dio de' santi ascendere
Santa del suo patir.
Ahi! nelle insonni tenebre,
Pei claustri solitari,
Tra il canto delle vergini,
Ai supplicati altari,
Sempre al pensier tornavano
Gl'irrevocati dì;
Quando ancor cara, improvida
D'un avvenir mal fido,
Ebbra spirò le vivide
Aure del Franco lido,
E fra le nuore Saliche
Invidiata uscì:
Quando da un poggio aereo,
Il biondo crin gemmata,
Vedea nel pian discorrere
La caccia affaccendata,
E sulle sciolte redini
Chino il chiomato sir;
E dietro a lui la furia
De' corridor fumanti;
E lo sbandarsi, e il rapido
Redir de' veltri ansanti;
E dai tentati triboli
L'irto cinghiale uscir;
E la battuta polvere
Rigar di sangue, colto
Dal regio stral: la tenera
Alle donzelle il volto
Tolgea repente, pallida
D' amabile terror.
Oh Mosa errante! oh tepidi
Lavacri d'Aquisgrano!
Ove, deposta l'orrida
Maglia, il guerrier sovrano
Scendea del campo a tergere
Il nobile sudor!
Come rugiada al cespite
Dell'erba inaridita,
Fresca negli arsi calami
Fa rifluir la vita,
Che verdi ancor risorgono
Nel temperato albor;
Tale al pensier, cui l'empia
Virtù d'amor fatica,
Discende il refrigerio
D'una parola amica,
E il cor diverte ai placidi
Gaudii d'un altro amor.
Ma come il sol che, reduce,
L'erta infocata ascende,
E con la vampa assidua
L'immobil aura incende,
Risorti appena i gracili
Steli riarde al suol;
Ratto così dal tenue
Obblio torna immortale
L'amor sopito, e l'anima
Impaurita assale,
E le sviate immagini
Richiama al noto duol.
Sgombra, o gentil, dall'ansia
Mente i terrestri ardori;
Leva all'Eterno un candido
Pensier d'offerta, e muori:
Nel suol che dee la tenera
Tua spoglia ricoprir,
Altre infelici dormono,
Che il duol consunse; orbate
Spose dal brando, e vergini
Indarno fidanzate;
Madri che i nati videro
Trafitti impallidir.
Te, dalla rea progenie
Degli oppressor discesa,
Cui fu prodezza il numero,
Cui fu ragion l'offesa,
E dritto il sangue, e gloria
Il non aver pietà,
Te collocò la provida
Sventura in fra gli oppressi:
Muori compianta e placida;
Scendi a dormir con essi:
Alle incolpate ceneri
Nessuno insulterà.
Muori; e la faccia esanime
Si ricomponga in pace;
Com'era allor che improvida
D'un avvenir fallace,
Lievi pensier virginei
Solo pingea. Così
Dalle squarciate nuvole
Si svolve il sol cadente,
E, dietro il monte, imporpora
Il trepido occidente;
Al pio colono augurio
Di più sereno dì.

  ***

LA MORTE DI ERMENGARDA
Coro dell'atto IV
ADELCHI

venerdì 12 febbraio 2016

Sole d'inverno di Antonio Machado

Markttreiben in den verschneiten Straßen einer holländischen Stadt, Willem Koekkoek
E' mezzogiorno. Un parco.
Inverno. Bianche strade;
simmetrici monticchi
e rami scheletriti.
  Dentro la serra aranci 
fioriscono nei vasi, 
nella botte, dipinta
di verde, sta la palma.
  Dice un vecchietto avvolto
nel suo vecchio se stesso:
"Il sole, questo sole
bello!..." I bimbi giocano.
  L'acqua della fontana
scivola, scorre, e sogna
lambendo, quasi muta,
la verdognola pietra.

***

SOL DE INVIERNO

Es mediodía. Un parque.
Invierno. Blancas sendas;
simétricos montículos
y ramas esqueléticas.
  Bajo el invernadero,
naranjos en maceta,
y en su tonel, pintado
de verde, la palmera.
  Un viejecillo dice,
para su capa vieja:
« ¡El sol, esta hermosura
de sol!...» Los niños juegan.
  El agua de la fuente
resbala, corre y sueña
lamiendo, casi muda,
la verdinosa piedra.

giovedì 11 febbraio 2016

Neve di Federico Garcia Lorca

“Señora de Sorolla in White” Sorolla
Le stelle 
si stanno denudando.
Camicie di stella
cadono sui campi.
Ci saranno certo 
pellegrini. E un pianto
cercherà il focolare morto
dove fu versato.

***
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