Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

lunedì 31 marzo 2014

Ascoltami di Octavio Paz

John Duncan*Sleeping Princess*1915
Ascoltami come chi ascolta piovere,
né attenta né distratta,
passi lievi, pioviggine,
acqua che è aria, aria che è tempo,
il giorno non finisce di andarsene,
la notte tuttavia non arriva,
figure della nebbia
voltano l’angolo,
figure del tempo
nell’ansa di questa pausa,
ascoltami come chi ascolta piovere,
senza ascoltarmi, ascoltando quel che dico
con gli occhi aperti verso dentro,
addormentata e vigili i cinque sensi,
piove, passi lievi, rumori di sillabe,
aria e acqua, parole che non pesano:
quel che fummo e siamo,
i giorni e gli anni, questo istante,
tempo senza peso, pesantezza enorme,
ascoltami come chi ascolta piovere,
riluce l’umido asfalto,
il vapore si alza e cammina,
la notte si apre e mi guarda,
sei tu e la tua forma di vapore,
tu e il tuo volto di notte,
tu e i tuoi capelli, lampi lenti,
traversi la strada ed entri nella mia fronte,
passi d’acqua sopra le mie palpebre,
ascoltami come chi ascolta piovere,
l’asfalto riluce, tu traversi la strada,
è la nebbia errante della notte,
è la notte addormentata nel tuo letto,
è l’onda del tuo respiro,
le tue dita d’acqua bagnano la mia fronte,
le tue dita di fiamma bruciano i miei occhi,
le tue dita d’aria aprono le palpebre del tempo,
sorgere di apparizioni e resurrezioni,
ascoltami come chi ascolta piovere,
passano gli anni, tornano gli istanti,
ascolti i tuoi passi nella stanza vicina?
non qui né lì: li ascolti
in un altro tempo che è proprio ora,
ascolta i passi del tempo
inventore di spazi senza peso né luogo,
ascolta la pioggia scorrere per la terrazza,
la notte è ormai più notte fra gli alberi,
fra le foglie si è annidato il fulmine,
vago giardino alla deriva
entra, la tua ombra copre questa pagina.
***
Como quien oye llover
Óyeme como quien oye llover,
ni atenta ni distraída,
pasos leves, llovizna,
agua que es aire, aire que es tiempo,
el día no acaba de irse,
la noche no llega todavía,
figuraciones de la niebla
al doblar la esquina,
figuraciones del tiempo
en el recodo de esta pausa,
óyeme como quien oye llover,
sin oírme, oyendo lo que digo
con los ojos abiertos hacia adentro,
dormida con los cinco sentidos despiertos,
llueve, pasos leves, rumor de sílabas,
aire y agua, palabras que no pesan:
lo que fuimos y somos,
los días y los años, este instante,
tiempo sin peso, pesadumbre enorme,
óyeme como quien oye llover,
relumbra el asfalto húmedo,
el vaho se levanta y camina,
la noche se abre y me mira,
eres tú y tu talle de vaho,
tú y tu cara de noche,
tú y tu pelo, lento relámpago,
cruzas la calle y entras en mi frente,
pasos de agua sobre mis párpados,
óyeme como quien oye llover,
el asfalto relumbra, tú cruzas la calle,
es la niebla errante en la noche,
como quien oye llover
es la noche dormida en tu cama,
es el oleaje de tu respiración,
tus dedos de agua mojan mi frente,
tus dedos de llama queman mis ojos,
tus dedos de aire abren los párpados del tiempo,
manar de apariciones y resurrecciones,
óyeme como quien oye llover,
pasan los años, regresan los instantes,
¿oyes tus pasos en el cuarto vecino?
no aquí ni allá: los oyes
en otro tiempo que es ahora mismo,
oye los pasos del tiempo
inventor de lugares sin peso ni sitio,
oye la lluvia correr por la terraza,
la noche ya es más noche en la arboleda,
en los follajes ha anidado el rayo,
vago jardín a la deriva
entra, tu sombra cubre esta página.
***
Octavio Paz è nato il 31 marzo del 1914
Nel centenario.

domenica 30 marzo 2014

Non posso darti soluzioni di Jorge Luis Borges

Shirley Novak
Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
però posso ascoltarli e dividerli con te

Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro
Però quando serve starò vicino a te

Non posso evitarti di precipitare,
solamente posso offrirti la mia mano
perché ti sostenga e tu non cada

La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei
Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice

Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi

Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti,
Però posso offrirti lo spazio necessario per crescere

Non posso evitare la tua sofferenza,
quando qualche pena ti tocca il cuore
Però posso piangere con te e raccoglierne i pezzi per rimetterlo a nuovo.

Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere
Solamente posso volerti come sei ed essere tuo amico.
da PensieriParoe

sabato 29 marzo 2014

La primavera di Ugo Betti

Hans Zatzka
Quando il cielo ritorna sereno
come l'occhio d'una bambina,
la primavera si sveglia. E cammina
per le mormoranti foreste,
sfiorando appena
con la sua veste
color del sole
i bei tappeti di borraccina.
Ogni filo d'erba reca un diadema,
ogni stilla trema.
Qualche gemma sboccia
un po' timorosa,
e porge la boccuccia color di rosa
per bere una goccia
di rugiada...
Nei casolari solitari
i vecchi si fanno sulla soglia
e guardano la terra 
che germoglia.
La capinera prova una canzonetta
ricamata di trilli
e poi cinguetta
come una scolaretta.
I grilli
bisbigliano maliziose parole
alle margherite
vestite
di bianco. Spuntano le viole.
A notte le raganelle
cantano la serenata per le piccole stelle.
I balconi si schiudono
perché la notte è mite,
e qualcuno s'oblia,
ad ascoltar quello che voi dite
alle piccole stelle, 
o raganelle
malate di malinconia!
************
CANZONETTE-LA MORTE

venerdì 28 marzo 2014

Cortile di Diego Valeri

George Elgar Hicks
C'è una piccola rosa che si dondola
sul pozzo antico, in mezzo al gran cortile:
una fiammella di carminio intenso.
Freddo grigiore intorno; ma la piccola
rosa si volge al ciel primaverile,
e il ciel le piove il suo sorriso immenso.

giovedì 27 marzo 2014

Si porta di Giuseppe Ungaretti

Norah Neilson Gray*Sel portrait*1918
Roma fine marzo 1918

Si porta
l'infinita
stanchezza
dello sforzo
occulto
di questo principio
che ogni anno
scatena la terra
***********
GIROVAGO

mercoledì 26 marzo 2014

Ride su di me la primavera e Falsa primavera di Sandro Penna

George Tooker
Ride su me la primavera. Tornano 
le rondini, si sa. Volano via 
via le parole degli amici stolti.

Ritornano per me ora le antiche
parole dell'amore. In te fanciullo 
splendono. Giuocano nei tuoi passi 
incerti. Ma certa in me cammina
solitaria e tranquilla la felicità.
******
Placidi gatti, amanti
(sul prato l'ora è ferma)
di vetri luccicanti.

Goffamente beati,
da odore di caserma
si spogliano i soldati.

Ma effimero è alle cave
ansie il sole che ami.
Al vespro aspro, è grave
il cielo ai secchi rami.

martedì 25 marzo 2014

Svanito è il gelo di Iginio Ugo Tarchetti

Albert Wenzell*Flora
Svanito è il gelo; il tiepido
raggio del sole a vita
ridesta la già squallida
natura inaridita,
torna a fiorir la primula
che non olezza; al prato
riede a garrir la rondine,
torna alle zolle il grato
profumo delle mammole,
tutto gareggia a riedere,
ma tu non torni piú,
mia bella gioventú!

Lungo il deserto margine
cresce il narciso e il loto,
torna a inverdirsi il salice
sul margine remoto,
ne’ vorticosi e rapidi
voli, ove amor la sprona,
riede a cantar l’allodola
la sua natia canzona;
torna alla siepe il candido
fior dello spino a schiudersi,
ma tu non torni piú,
mia bella gioventú!

Mia gioventú!  bellissimo
fior della vita! oh! quanto
il tuo svanir sí celere
ne’ miei dolori ho pianto!
Ma senza un dí festevole,
senza un felice affetto
passasti, e ti ha la gelida
sorte a svanir costretto.
Dimmi o ruscel che mormori
si dolcemente, a piangere
forse m’inviti tu,
l’afflitta gioventú?

Esulta: oh! non m’illudere,
dolce speranza; in seno
de’ freddi anni che sorgono
vivrò felice almeno?
Ma questo cuor sí tenero
avranno i dí domato?
Forse gli affetti struggere
alla canizie è dato?
Ah no! pel lungo tramite,
ch’ho della vita a correre
nel cor non morrai tu,
perenne gioventú!
***
DISJECTA - 1879

lunedì 24 marzo 2014

Le vittime di Alfonso Gatto

Segantini*Azalee
La storia fosse scritta dalle vittime
altro sarebbe, un tempo di minuti,
di formiche incessanti che ripullulano
al nostro soffio e pure ad una ad una
vivide di tenacia, intente d'essere.

Gli inermi che si scostano al passaggio
delle divise chiedono allo sguardo
dei propri occhi la letizia ansiosa
d'essere vinti, il numero che oblia
la sua sabbia infinita nel crepuscolo.

Dei vincitori, ai ruinosi alberghi
del loro oblio, piu' nulla.
Rimane chi disparve nella sera
dell'opera compiuta, sua la mano
di tutti e il fare che e' del fare il tenero.
E' il nostro soffio che gli crede, il dubbio
di perderlo nel numero, tra noi.
***********
LA STORIA DELLE VITTIME
Eccidio delle Fosse Ardeatine
24 marzo 1944-24 marzo 2014

domenica 23 marzo 2014

Uccelletto di Arturo Graf

Mary Alayne Thomas*Spring-song
In cima a un’antica pianta,
nel roseo ciel del mattino,
un uccelletto piccino
(oh, come piccino!) canta.

Canta? non canta; cinguetta.
povera, piccola gola,
ha in tutto una nota sola,
e quella ancora imperfetta.

Perchè cinguetta? che cosa
lo fa parer sì giulivo?
S’allegra d’essere vivo
in quella luce di rosa.

Anima mia, nella santa
luce ecco ride ogni vista:
perchè se’ tu così trista?
Tu che sai cantare, canta.
****
Le rime della Selva:
canzoniere minimo, semitragico e quasi postumo
1906

sabato 22 marzo 2014

Dora Markus di Eugenio Montale

Amedeo Modigliani*1918
1
Fu dove il ponte di legno
mette a Porto Corsini sul mare alto
e rari uomini, quasi immoti, affondano
o salpano le reti. Con un segno
della mano additavi all'altra sponda
invisibile la tua patria vera.
Poi seguimmo il canale fino alla darsena
della città, lucida di fuliggine,
nella bassura dove s'affondava
una primavera inerte, senza memoria.

E qui dove un'antica vita
si screzia in una dolce
ansietà d'Oriente,
le tue parole iridavano come le scaglie
della triglia moribonda.

La tua irrequietudine mi fa pensare
agli uccelli di passo che urtano ai fari
nelle sere tempestose:
è una tempesta anche la tua dolcezza,
turbina e non appare,
e i suoi riposi sono anche più rari.

Non so come stremata tu resisti
in questo lago
d'indifferenza ch'è il tuo cuore; forse
ti salva un amuleto che tu tieni
vicino alla matita delle labbra,
al piumino, alla lima: un topo bianco
d'avorio; e così esisti!

2
Ormai nella tua Carinzia
di mirti fioriti e di stagni,
china sul bordo sorvegli
la carpa che timida abbocca
o segui sui tigli, tra gl'irti
pinnacoli le accensioni
del vespro e nell'acque un avvampo
di tende da scali e pensioni.

La sera che si protende
sull'umida conca non porta
col palpito dei motori
che gemiti d'oche e un interno
di nivee maioliche dice
allo specchio annerito che ti vide
diversa una storia di errori
imperturbati e la incide
dove la spugna non giunge.

La tua leggenda, Dora!
Ma è scritta già in quegli sguardi
di uomini che hanno fedine
altere e deboli in grandi
ritratti d'oro e ritorna
ad ogni accordo che esprime
l'armonica guasta nell'ora
che abbuia, sempre più tardi.

È scritta là. Il sempreverde
alloro per la cucina
resiste, la voce non muta,
Ravenna è lontana, distilla
veleno una fede feroce.
Che vuole da te? Non si cede
voce, leggenda o destino...
Ma è tardi, sempre più tardi.

venerdì 21 marzo 2014

EQUINOZIO DI PRIMAVERA (la belezha del muss) di Andrea Zanzotto

Earl Moran
21/3 Forze di furiosa bellezza
forze incastamente bellezza
e non beltà
sbancate dal vento notturno

Beltà decalcinata ricarnificata,
torve ragazze
ricciolate ricolorcaricate
a far svenire
in rapimenti solo alloro apparire
Esse nel vento maligno
nel vento feroce
feroci d'essere
la bruttura del bello
per essere troppo e dato
subito in pasto alle zanne
dei più terribili decibel:
smaccata punizione/ risuzione
per tanta sovrabbondanza vana
collosa di mille gravitazioni
come una stella di neutroni
momentaneo - ancora - delirio del niente
o semplicemente
tutto il carname meraviglioso e repellente dell' ####
***
SOVRIMPRESSIONI

giovedì 20 marzo 2014

Silvia, Silvia là sul confine di Andrea Zanzotto

                                                                                     Notte del 20-21 marzo 2001
                                                                                           equinozio di primavera

Silvia, Silvia là sul confine
quasi aspra, quasi
imperterrita, sentendo
nel primo farsi della giovinezza
autodisfarsi il tuo corpo,
che non è corpo, che non è luogo,
che non è stasi, ridominio ma
collocazione di stoico muto furore
muta, innocente impossibile indifferenza -
tu che ti sentivi progettata - ecco -
in altre "lingue", in altre strutturazioni
di te, che non possono in alcun modo finire
perchè tutto in te "avrebbe" fine con te
ma non l'ha
a tutto opponi la lingua ungherese
una muraglia ungherese perfetta e priva
d'ogni superbia ma vettore
interminabile d'estraneità
alle lingue, al mondo, alla breve
fessura di questa che vita diciamo
e non lo è che in parte, autodeterminandosi
oscure, schiamanti, taglienti tessuti di lingua
                                    (ungheresi)*
ti sostengono, seguono, inseguono e tu
a noi lasci il tuo indecidibile
segnale di tremenda energia
il tuo sguardo sfidante innocente
l'estremo luccichio della tua mente
che laggiù nuota verso i canneti dell'ungherese
e in esso ci abbandona ma
non più abbandonandoci perchè è già eternità -
nel senso di inconoscibilità di maschera
più luminosa che lo stesso tuo lago nel suo
momento che di fresco-sereno domani
fu da te dominato e suadente qual frutto
maturo e inconoscibile, illinguibile, tu
"Jò estèt kisasszoni!"mi risuoni di ricordi
lontani di lontananze
di mia madre lassù
verso il tuo lago
ossequiata da ungheresi invasori
***********
CONGLOMERATI

*La giovane Silvia, già malata in grado estremo, scelse e riuscì a 
laurearsi in ungherese.
Perugini*Silvia

mercoledì 19 marzo 2014

Elegia di Alfonso Gatto

Achille Funi
Padre vinto nel sonno
oscuro e lontano,
il bambino ti sveglia con la mano.
Ancora nato nel tuo sogno chiede
ricordo dell'età che ti correva
giovane agli occhi,
mesto al sollievo della sua sembianza
non vuole che tu creda
la morte buia nell'eternità.
Era così soave il cielo intorno,
a respiro e a cadenza della sera
tu mi portavi in braccio al sonno
fresco di primavera.
Forse è questo la morte, un ricordare
l'ultima voce che ci spense il giorno.
*************
POESIE 1929-1941

martedì 18 marzo 2014

Laudi della mia Francesca di Charles Baudelaire

William Merritt Chase*Miss Frances*1905
Canterò su nuove corde
te, o novale che risuoni
dentro l'eremo del cuore.

Di ghirlande tu sia ornata,
donna, somma di delizie
che rimetti i miei peccati!

Come da un salùbre Lete
baci suggerò da te,
traversata di magnete.

Quando il turbine dei vizi
sconvolgeva ogni sentiero,
Deità tu m'apparisti

come stella salutare
nei naugfragii amari...
Voterò al tuo altare il cuore!

Vasca piena di virtù,
fonte di gioventù eterna,
ridà voce ai labbri muti!

Quanto sozzo era bruciasti;
quanto grezzo, levigasti;
quanto fiacco, rafforzasti.

Nella fame, mia taverna,
nella notte, mia lucerna,
sempre guidami a via certa.

Forze a forze unisci ora,
dolce bagno profumato
di piacevoli odori!

Brilla, ai lombi miei avvinta,
o di castità lorìca
in serafica acqua intinta;

coppa splendida di gemme,
pan gustoso, cibo molle,
divin vino, mia Francesca!
**********
FRANCISCAE MEAE LAUDES

Novis te cantabo chordis,
O novelletum quod ludis
In solitudine cordis.

Esto sertis implicata,
O femina delicata
Per quam solvuntur peccata!

Sicut beneficum Lethe,
Hauriam oscula de te,
Quae imbuta es magnete.

Quum vitiorum tempestas
Turbabat omnes semitas,
Apparuisti, Deitas,

Velut stella salutaris
In naufragiis amaris...
Suspendam cor tuis aris!

Piscina plena virtutis,
Fons aeternae juventutis,
Labris vocem redde mutis!

Quod erat spurcum, cremasti;
Quod rudius, exaequasti;
Quod debile, confirmasti.

In fame mea taberna,
In nocte mea lucerna,
Recte semper me guberna.

Adde nunc vires viribus,
Dulce balneum suavibus
Unguentatum odoribus!

Meos circa lumbos mica,
O castitatis lorica,
Aqua tincta seraphica;

Patera gemmis corusca,
Panis salsus, mollis esca,
Divinum vinum, Francisca!

I fiori del male

lunedì 17 marzo 2014

Silenzio, tepore... di Sibilla Aleramo

Ulpiano Checa Y Sanz*1906
C'è silenzio, e tepore
in questa romita stanza ov'io ti attendo,
e una purpurea rosa,
già stanca, sul ciglio di languire,
anch'essa ansiosa del tuo bruno sguardo,
così tenera è l'ora
ch'io mi trasmuto in taciturna grazia,
mite rosa,
tepore sulle tue palpebre, carezza d'ombra.
1947

domenica 16 marzo 2014

Ultima di Paul Klee

Paul Klee*Angelus Novus*1920
In fondo al cuore, 
unica preghiera, 
un’eco di passi
come di gatta:
l’orecchio suo trangugia suoni
il piede si leva alla corsa
lo sguardo
riluce dovunque
dal suo volto scampo non v’è,
bella, un fiore
ma irta d’armi, e in fondo
non ha nulla a che fare con noi.
Trad: Maria Teresa Mandalari
***********
Letztes

In Herzens Mitte
als einzige Bitte
verhallende Schritte

von der Katze ein Stück:
ihr Ohr löffelt Schall
ihr Fuß nimmt Lauf
ihr Blick
brennt Dünn und Dick
vor ihrem Antlitz kein Zurück
schön wie die Blume
doch voller Waffen
und hat im Grunde nichts mit uns zu schaffen.

sabato 15 marzo 2014

Dentro al tuo amore entro come in una chiesa di Georges Rodenbach

Edgar Maxence
Dentro al tuo amore entro come in una chiesa
Vi aleggia un velo azzurro di silenzio e d'incenso
Non so se gli occhi miei s'ingannano, ma sento
Celesti visioni che il cuore mi angelizzano.

E' te che amo oppure amo l'Amore?
E' la cattedrale o piuttosto la Madonna?
Che importa! Se commosso il mio cuore s'abbandona?
E vibra al rintocco sulla cima della torre?

Che importano gli altari e che importano le vergini,
Se là dentro, scesa la pace della sera, sento
Un po' di te che all'organo dello jubè canta
Qualcosa di me che dentro ai ceri brucia.
Trad. Paola Dècina Lombardi
************
J'entre dans ton amour comme dans une église

J'entre dans ton amour comme dans une église
Où flotte un voile bleu de silence et d'encens;
Je ne sais si mes yeux se trompent, mais je sens
Des visions de ciel où mon coeur s'angélise.

Est-ce bien toi que j'aime ou bien est-ce l'Amour ?
Est-ce la cathédrale ou plutôt la Madone ?
Qu'importe ! Si mon coeur remué s'abandonne
Et vibre avec la cloche au sommet de la tour !

Qu'importent les autels et qu'importent les vierges,
Si je sens là, parmi la paix du soir tombé,
Un peu de toi qui chante aux orgues du jubé,
Quelque chose de moi qui brûle dans les cierges.

venerdì 14 marzo 2014

Al Barbaro di Else Lasker Schuler

William Stott of Oldham
Io riposo le notti
sopra il tuo volto.

Sulla steppa del tuo corpo
pianto mandorli e cedri.

Nel tuo petto instancabile cerco
le gioie d'oro di Faraone.

Ma son dure le tue labbra
irrimediabili ai miei prodigi.

Togli allora i tuoi cieli di neve
dalla mia anima -

I tuoi sogni di diamante
mi tagliano le vene.

Io sono Giuseppe e sulla pelle dipinta
porto una cintura di dolcezze.

Tu godi al mormorare spaurito
delle mie conchiglie.

Ma il tuo cuore non lascia più entrare
alcun mare - Oh tu!
Trad. A.M. Giachino
*************
Dem Barbaren

Ich liege in den Nächten
Auf deinem Angesicht.

Auf deines Leibes Steppe
Pflanze ich Zedern und Mandelbäume.

Ich wühle in deiner Brust unermüdlich
Nach den goldenen Freuden Pharaos.

Aber deine Lippen sind schwer,
Meine Wunder erlösen sie nicht.

Hebe doch deine Schneehimmel
Von meiner Seele –

Deine diamantnen Träume
Schneiden meine Adern auf.

Ich bin Joseph und trage einen süßen Gürtel
Um meine bunte Haut.

Dich beglückt das erschrockene Rauschen
Meiner Muscheln.

Aber dein Herz läßt keine Meere mehr ein.
O du!

giovedì 13 marzo 2014

I due di Hugo Von Hofmannsthal

John Duncan
Lei portava la coppa in mano -
Pari al suo orlo aveva il mento e la bocca -
Aveva un passo così leggero e sicuro,
Che dalla coppa non cadeva una stilla.

Non meno leggera e salda era la mano di lui
Un giovane cavallo egli montava,
E con gesto noncurante
A una tremante immobilità lo sforzava.

Eppure quando dalla mano di lei
La lieve coppa egli dovè prendere
Per entrambi fu troppo pesante;
Perché entrambi tremavano tanto
Che le mani non si trovarono,
E scuro vino corse sul suolo.
(Trad. Elena Croce)
*************

Die Beiden

Sie trug den Becher in der Hand
- Ihr Kinn und Mund glich seinem Rand -,
So leicht und sicher war ihr Gang,
Kein Tropfen aus dem Becher sprang.

So leicht und fest war seine Hand:
Er ritt auf einem jungen Pferde,
Und mit nachlässiger Gebärde
Erzwang er, daß es zitternd stand.

Jedoch, wenn er aus ihrer Hand
Den leichten Becher nehmen sollte,
So war es beiden allzu schwer:
Denn beide bebten sie so sehr,
Daß keine Hand die andre fand
Und dunkler Wein am Boden rollte.

mercoledì 12 marzo 2014

Io ti dirò che t’amo! di Giovanni Pascoli

Henri De Toulouse Lautrec*Casque d'or*1891
Io ti dirò che t’amo!
Tu mi risponderai:
Dunque, mio bello, amiamo.
E non il ver dirai

Ah! L’amor tuo, lo sai,
Solo nel mondo io bramo.
Ben so che amato mai
Io non sarò… Ridiamo

C’è nel tuo labbro rosso
Tale un gentile invito!
E rifiutar non posso!

Nel bruno occhio pensoso
C’è un fremito infinito!
E disperar non oso

martedì 11 marzo 2014

La lettera di Alessandro Parronchi

Alfredo Protti*La maschietta*1920
Vuole solo illudersi chi ama.
Amare è perdersi! Io non riuscivo
a perdermi, e così fino dal primo
istante, un velo fu che ci divise.

Falso l'occhio che guardava, la mano
che carezzava, la strada stessa
che davanti ci s'apriva portando
nel vento di marzo il mio angelo.

L'occhio tuo credulo splendeva fiso...
Buio in me lacerandomi s'apriva...
Sentirsi amati! Incredibile tanto
quanto fu vero e vicino...Passò.

C'è qualcosa al di là d'ogni sentire
che per sempre resta chiuso, s'isola,
come ora, senza possibilità d'intesa,
estranea a me corre la tua vita.

Ti dicevo che sempre può rinascere!
Ma anche questo per te non fu che inganno
di parole, non vera verità.
Il suono delle mie parole muore


qui in me, nè può rifrangersi tra i muri
della tua stanza che ti sa delusa,
non può forzare il chiuso di un ricordo
se anche più nel passato non ha senso.

Pure, non so chi dei due sia la vittima:
se un attimo fu cieca la tua vita,
io che vedo non ho cosa guardare,
mi si vela anche il lampo del tramonto.

Non giuoco d'ombra mi solleva ai rami,
non tocco più, come potevo, l'alba.
E sia pure, vivrò, ma per non credere
in nulla, se non solo in ciò che possa

librarci anche sul nostro stesso sogno.
E mi sia dato incarnare l'immagine
radiosa in cui mi vidi nei tuoi occhi
riflesso un raro, un troppo breve giorno:

tu, perchè possa credere a un domani,
devi solo sapere che io mentivo,
perchè lo specchio che è in te torni chiaro
ti dirai che io lo turbavo appannandolo.

Tu dimentica! Io ricorderò sempre.
La memoria farà le tue vendette.
Finchè il suo dente mi strazia e la ferita
darà sangue, si plachi il tuo fantasma.

lunedì 10 marzo 2014

Il cespuglio di Carlo Chiaves

A fianco del campo diritto,
in riva al ruscello che canta,
a piè della quercia che freme,
attorto, volubile, fitto
cespuglio spuntò, che non vanta
lavoro di mano, e non seme.

E' pieno d'intrichi. Non mai
da roncola tocco, ben crebbe,
si stese, selvatico e forte.
Non ebbe che, liberi, i rai
del sole: la pioggia si bebbe,
la guazza, ne l'albe risorte.

Al sole di marzo, sciogliendo
le nevi, cantava il ruscello
più forte, la quercia stillava.
Allor, rigoglioso, sortendo
sue gemme, il cespuglio più bello,
più florido ridiventava.

Fin quando, in un palpito strano,
dei venti a la dolce carezza,
ai baci del sole, un bel dì,
intanto che fulgido il grano
ancor palpitava a la brezza,
il cespo selvaggio fiorì.

Son piccoli fiori, son lievi
farfalle, son rami trionfali
di lungiparventi colori.
O scricciolo, o cincia che bevi
rugiade, serrando qui l'ali,
discendi fra i piccoli fiori.

Ma piano discendi! Nel folto,
son fibre, son stecche, son piume,
di qualche già inutile nido,
qui appresta il tuo nido raccolto,
securo, a la prole, che, implume,
ti chiama col piccolo grido.

William Robert Symonds
Il vento, che scosse la fronda,
un nembo rapiva di fiori,
di fiori la terra coprì.
Ed una fanciulla gioconda,
l'aprile cantando e li amori,
il ramo più bello rapì.

Ma ancora, ne l'ombre segrete,
per entro i misteri silenti,
son altri, più vaghi tesori.
Odorano mammole chete,
odoran ciclami pallenti
che niuno raccolse di fuori.

E come superbo rimane
il cespo selvaggio, l'agosto,
con tutte distese le foglie!
Un lepre vi fa le sue tane,
un piccolo serpe, nascosto
da tutti si attorce e raccoglie.

Poi, quando le raffiche forti,
che squassan le piante superbe,
il cespo, più umile sfiorano,
non trema, ma i rami contorti
disfoglia. Nel basso, fra l'erbe,
ancora son fiori che odorano.

domenica 9 marzo 2014

Primo ultimo sole di Alfonso Gatto

Hamish Blakely
Dall'oriente limpida nel cielo
la roondine che torna col suo lume
di vespero sul petto stride al gelo
di marzo, ne tintinna tra le piume.

E nel fragore delle ghiaie il mare
alle sponde nevate tiene il duro
silenzio dell'azzurro, così appare
verde nell'oro della luce un muro.

Di sole le ombre riverenti insieme
nello scaldarsi chiedono a quel volo
un senso al tempo che ciascuno teme.
Solo con tutti chi per tutti è solo

a passo a passo infervorato trova
la sua mesta speranza, va lontano
per una grazia che gli sembra nuova,
sino alla rosa del tepore umano.
***
POESIE D'AMORE

sabato 8 marzo 2014

Donne intelligenti di David Herbert Lawrence

Vincent Van Gogh
Chiudi gli occhi amore, lascia che io ti faccia
cieca.Ti hanno insegnato solo a leggere
problemi sulla superficie delle cose, e
algebra negli occhi degli uomini accesi
dal desiderio: in dio vedi un geometra
che interseca i suoi cerchi, per
confonderci.

Vorrei baciarti sugli occhi sino a baciarti
cieca. Se io potessi - se qualcuno potesse....
Allora forse nel buoi troveresti quello che vuoi:
la soluzione che è sempre troppo profonda per la
mente, fusa nel sangue:
che io sono il cervo, e tu la cerva
tenera.

Ora basta indagare intorno a me! Vuoi che ti
odi? Sono un caleidoscopio, io, che tu agiti
e agiti, e non dà mai l'immagine
giusta? Sono condannato a penetrarti
in un lungo coito di parole, io? Ora
basta. Non c'è speranza tra le tue
cosce, lontano, lontano dallo scrutare del tuo
sguardo?

venerdì 7 marzo 2014

Flora di Attila József

Conrad Kiesel
Io, che sono umanamente felice da vivo
come cose che hanno validità eterna
possa gridare nuovamente ai cieli -
Flora ti amo!

Delle tue labbra mi affascinano
i tanti sospiri i cento incanti
osservando da cane fedele
il gesto leggero delle tue dita sapienti
mentre divento uomo

Flora, snella, bel calice, mi stai di fronte
come un bouquet è impuntata su te la volta celeste
e nuvole fiori del sole tra foglie che palpitano
inclinano verso sera.

Fugge l'anima mia sul destriero della tua immagine
sfiorando appena le acque e i campi.
Dai tuoi due occhi sull'erbe sugli insetti
trabocca l'intelletto.

E' sera, la stella contorna tutto
vedi, l'universo è una gabbia d'oro
tu ci sei dentro, mia chiaccherina, oh sei qui
mio uccellino prigioniero

Marzo 1937
(Trad. Edith Bruck)
**************
Én, ki emberként. 

Én, ki emberként vagyok, élve, boldog,
mint olyan dolgok, mik örökre szólnak,
hadd kiáltom szét az egeknek ujból -
Flóra, szeretlek!

Ajkaidról lágy lehü, száz varázslat
bűvöl el, hogy hű kutyaként figyeljem
könnyü intését okos ujjaidnak,
mint leszek ember.

Flóra, karcsú, szép kehely, állsz előttem,
mint csokor van tűzve beléd a mennybolt
s napvirág felhők, remegő levél közt
hajlik az estnek.

Lelkemen szöktet, paripán, a képed,
épp csak érintvén vizeket, mezőket.
Két szemedből fűre, bogárra, tiszta
értelem árad.

Este van, mindent körüláll a csillag,
lásd, a mindenség aranyos kalitka,
benne itt vagy, én csevegőm, oh itt vagy,
rabmadaracskám!

1937. márc.

giovedì 6 marzo 2014

All'amato di Anna Andreevna Achmatova

Ivan Fedorovich Choultse*Nuit de mars russie
Non mandarmi un colombo,
Non scrivere lettere inquiete,
Non alitarmi in viso col vento di marzo
Ieri sono entrata in un verde paradiso,
Dov'è pace per il corpo e l'anima
Sotto la tenda d'ombrosi pioppi.

E di qui vedo la cittaduccia,
Le caserme e garritte del palazzo,
E il giallo ponte cinese sul ghiaccio.
Mi aspetti da tre ore, intirizzito,
Ma non puoi staccarti dall'entrata
E stupisci di tante nuove stelle.

Balzerò su un ontano come un grigio scoiattolo,
Correrò come timida donnola,
Comincerò a chiamarti cigno
Perchè il promesso non abbia paura
Nell'azzurra neve vorticante
Di attendere la fidanzata morta.
1915
(Trad. Bruno Carnevali)

mercoledì 5 marzo 2014

Mercoledì delle Ceneri IV di Thomas Stearns Eliot

Edgar Maxence*1900
IV
Colei che camminò fra viola e viola
Che camminò
Fra i diversi filari del variato verde
In bianco e azzurro procedendo, colori di Maria,
Parlando di cose banali
In ignoranza e scienza del dolore eterno
Che mosse in mezzo agli altri che già stavano andando
Che allora fece forti le fontane e fresche le sorgenti

Rese fredda la roccia inaridita e solida la sabbia
In blu di speronella, blu del colore di anni Maria,
Sovegna vos

Ecco gli anni che passano in mezzo, portando
Lontano i violini e i flauti, ravvivando
Una che muove nel tempo fra il sonno e la veglia, che
indossa

Luce bianca ravvolta, di cui si riveste, ravvolta.
Passano gli anni nuovi, ravvivano
Con una splendida nube di lacrime, gli anni, ravvivano
La rima antica con un verso nuovo. Redimi
Il tempo. Redimi
La visione non letta nel sogno più alto
Mentre unicorni ingioiellati traggono il catafalco d'oro.

La silenziosa sorella velata in bianco e azzurro
Fra gli alberi di tasso, dietro il dio del giardino,
Il cui flauto tace, piegò la testa e fece un cenno ma
non parlò parola

Ma la sorgente zampillò e l'uccello cantò verso la terra
Redimi il tempo, redimi il sogno
La promessa del verbo non detto e non udito

Finché il vento non scuota mille bisbigli dal tasso

E dopo questo nostro esilio
***********
ASH WEDNESDAY

Who walked between the violet and the violet
Who walked between
The various ranks of varied green
Going in white and blue, in Mary's colour,
Talking of trivial things
In ignorance and knowledge of eternal dolour
Who moved among the others as they walked,
Who then made strong the fountains and made fresh 
the springs

Made cool the dry rock and made firm the sand
In blue of larkspur, blue of Mary's colour,
Sovegna vos

Here are the years that walk between, bearing
Away the fiddles and the flutes, restoring
One who moves in the time between sleep and waking, 
wearing

White light folded, sheathed about her, folded.
The new years walk, restoring
Through a bright cloud of tears, the years, restoring
With a new verse the ancient rhyme. Redeem
The time. Redeem
The unread vision in the higher dream
While jewelled unicorns draw by the gilded hearse.

The silent sister veiled in white and blue
Between the yews, behind the garden god,
Whose flute is breathless, bent her head and signed 
but spoke no word

But the fountain sprang up and the bird sang down
Redeem the time, redeem the dream
The token of the word unheard, unspoken

Till the wind shake a thousand whispers from the yew

And after this our exile
*****

martedì 4 marzo 2014

La trombettina di Corrado Govoni

Jean Gabriel Domergue*1918
Ecco che cosa resta
di tutta la magia della fiera
quella trombettina
di latta azzurra e verde,
che suona una bambina
camminando, scalza, per i campi.
Ma, in quella nota sforzata,
ci son dentro i pagliacci bianchi e rossi,
c'è la banda d'oro rumoroso,
la giostra coi cavalli, l'organo, i lumini.
Come, nello sgocciolare della gronda,
c'è tutto lo spavento della bufera,
la bellezza dei lampi e dell'arcobaleno;
nell'umido cerino d'una lucciola
che si sfa su una foglia di brughiera
tutta la meraviglia della primavera.
...e buon Mardi Gras

lunedì 3 marzo 2014

Addio per un viaggio di Alfonso Gatto

Paolo Vetri*Ritratto di fanciulla
Ed il vento svogliato più del marzo
fastoso che l'annuncia, tra le nubi
grondanti a strappi d'acqua nello sfarzo
del sole, basta un nulla che mi turbi

nel tuo passare ad altra vita quale
t'annuncia il passo e l'esitante grazia,
perch'io ne avverta il crollo. Per le scale
che salgono nel cielo, dove spazia

l'argento di Venezia scende il cupo
beccheggio della nave, la risacca
scempia s'ingorga dentro il suo dirupo.
Se ne slarga da te quel che si stacca

d'ogni dolore che più resta solo
più s'annuncia alla luce della terra:
forse, nel segno, l'improvviso volo
del colombo spaurito che s'afferra

alla ringhiera e ne rifugge e torna
con gli artigli rattratti al davanzale.
Gli occhi in allarme, il vento che frastorna
il rabbuffo spiumato, scende sale

la spossata vertigine, la stizza
dell'orgoglio deluso e deludente.
Dietro la rete a stràscico che guizza
d'abbrivi questo cànapo del niente.
***********
POESIE D'AMORE

domenica 2 marzo 2014

Il nome dei gatti di Thomas Stearns Eliot

Lucien Levy Dhurmer
Il nome dei gatti è un argomento difficile,
non è certo un passatempo estivo.
Penserete che io sia matto da legare
quando vi dirò che i gatti devono avere ben tre diversi nomi.
Primo fra tutti c'è il nome che la famiglia usa tutti i giorni,
come Peter, Augustus, Alonzo o James.
O come Victor o Jonathan, George o Bill Bailey.

Sono tutti nomi appropriati.

Ci sono nomi più strani, se ritieni che suonino più dolci,
sia per i gatti che per le gatte,
come Plato, Admetus, Electra, Demeter,
ma sono ancora nomi pratici per tutti i giorni.
Ma vi dico che un gatto necessita di un nome particolare,
un nome tutto suo e ben più degno,
altrimenti come potrebbe andarsene in giro con la coda ben dritta,
o tener distesi i baffi o essere orgoglioso di sè stesso?

Di questo tipo di nomi vi darò un esempio,
come Munkustrap, Quazo o Coricopat,
come Bombalurina oppur Jellylorum,
nomi che non appartengono mai a più di un solo gatto.
Ma più su ed oltre c'è ancora un nome rimasto,
e questo è il nome che non indovinerete.
Il nome che nessuna umana ricerca scoprirà,
ma che il gatto conosce e non confesserà.

Quando notate un gatto in profonda meditazione,
la ragione, vi dico, è sempre la stessa:
la sua mente è impegnata in una rapita contemplazione
del pensiero del pensiero del pensiero del suo nome.
Il suo gioioso, profondo, inscrutabile proprio nome.

sabato 1 marzo 2014

Marzo di Carlo Michelstaedter

Sir Thomas Lawrence
Marzo ventoso
mese adolescente,
marzo luminoso,
marzo impertinente,

marzo che fai tuoi giochi
con le nuvole in alto
e con l’ombre e le luci
dài mutevol risalto
alla terra stupita,

alla terra intorpidita,
mentre dal seno le strappi
e le primole e le rose,
e fresch’acque rigogliose
lieto fai rigorgogliare.

Ed il passero riscuoti
con la tua folle ventata
nella sua grondaia secca,
nella siepe denudata.

Spazzi i portici e le calli
e la nebbia nelle valli,
e la polvere degli avi
e i propositi dei savi

rompi e l’ombra delle chiese.
Ed il pavido borghese
che nell’ossa porta il gelo
dell’inverno trapassato
e col corpo imbarazzato
geme il reuma ed il torpore
che nel volto porta il velo
della noia ed il pallore
della diuturna morte,
si rinchiude frettoloso
si rinvoltola accidioso
e rincardina le porte.

Se lo scuoti e lo palesi,
marzo, giovine pazzia,
la sua trista nostalgia
sogna il sonno di sei mesi.

Ei ti teme, dolce frate
marzo, terrore giocoso,
ma tu passi vittorioso,
sbatti gli usci e le impannate
con le tue folli ventate,

e la densa polve sveli
nel tuo raggio popolato,
e sul legno affumicato
i vetusti ragnateli.

Poichè il termine al riposo
canti, marzo adolescente,
t’odia questa buona gente,
marzo luminoso.

Ma se t’odiano addormiti
nelle coltri riscaldate,
ed i passeri impauriti
nelle siepi denudate,

t’ama il falco su nell’aria
che più agile si libra
nella tua ventata varia,
e la sente in ogni fibra
lieta della tua procella,
chè per lei si fa più bella,
che per lei si fa più pura
ai suoi occhi la natura.

Marzo luminoso
mese adolescente,
marzo irriverente,
marzo ventoso.