Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

sabato 31 luglio 2010

E' tardi di Nino Oxilia

Amedeo Bocchi/Bianca E’ tardi. E’ molto tardi. E’ bene che si vada.
Vieni, dammi la mano;
rifacciamo la strada.
La tua casa è lontano.
Perché taci e ti guardi
la punta delle dita?
Piccola tu, mia vita,
vieni, fa tardi.
Le nubi si sono raccolte
tutte su Monte Mario
chiudendo l’ali grigie.
Tu piangi e non sai perché piangi.
S’accendono i lumi;
tu vorresti dirmi qualcosa
e mi accarezzi le mani
e i tuoi occhi luccicano
tra le lacrime. –
Vieni, dammi la mano;
è bene che rincasiamo.
Non dirmi nulla: io so bene
perché tu piangi.
Andiamo, mia piccola, vieni. –
Tu piangi perché fa sera.

venerdì 30 luglio 2010

La curva dei tuoi occhi intorno al cuore di Paul Eluard

Kwiatkowskawan
La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
Ruota un moto di danza e di dolcezza,
Nimbo del tempo , arca notturna e fida,
E se non so più tutto quello che vissi
è che non sempre i tuoi occhi m'hanno visto.
Foglie di luce e spuma di rugiada
Canne del vento, risa profumate,
Ali che il mondo coprono di luce,
Navi che il cielo recano ed il mare,
Caccia dei suoni e fonti dei colori,
Profumi schiusi da cova di aurore
Sempre posata su paglia degli astri.
Come la luce vive d'innocenza
Il mondo vive dei tuoi occhi puri
E va tutto il mio sangue nei tuoi sguardi .

giovedì 29 luglio 2010

Ballata di un giorno di luglio di Federico Garcia Lorca

Rolf Armstrong/Carmen/1929
I buoi portano
campanacci d'argento.
- Dove vai, bambina mia
di sole e neve?
- Vado dalle margherite
sul verde prato.
- Il prato è molto lontano
e hai timore.
- Il mio amore non teme
l'airone e l'ombra.
- Teme il sole, bambina mia
di sole e neve.
- Fuggì dai miei capelli
ormai per sempre.
- Chi sei, bianca bambina?
Da dove vieni?
- Vengo dagli amori
e dalle fonti.
I buoi portano
campanacci d'argento.
- Cosa porti in bocca
che s'incendia?
- La stella del mio amante
che vive e muore.
- Cosa porti nel cuore
così fine e lieve?
- La spada del mio amante
che vive e muore.
- Cos’hai negli occhi,
così nero e solenne?
- Il mio pensiero triste
che ferisce sempre.
- Perché porti un mantello
nero di morte?
- Ahimè, sono la vedovella,
triste e senza beni,
del conte dell’Alloro
degli Allori!
- Chi cerchi qui,
se non desideri niente?
- Cerco il corpo del conte
degli Allori.
- Cerchi l’amore,
perfida vedovella?
Cerchi un amore
che che magari incontri.
- I miei desideri
sono stelle del cielo;
dove troverò il mio amante
che vive e muore?
- È morto nell’acqua,
bambina di neve,
coperto di nostalgia
e garofani.
- Ah, cavaliere errante
dei cipressi,
la mia anima t’offre
una notte di luna.
-Ah sognatrice Isis.
Bambina senza miele,
che cambi la favola
in bocca ai binbi.
T’offro il mio cuore.
Tenero cuore,
ferito dagli occhi
delle donne.
- Cavaliere galante,
resta con Dio.
Vado a cercare il conte
degli Allori.
- Addio, signorina,
rosa dormiente,
tu vai verso l'amore
ed io verso la morte.
I buoi portano
campanacci d'argento.
Il mio cuore sanguina
come una fonte.
Luglio 1919

mercoledì 28 luglio 2010

Patria di Giovanni Pascoli

Giovanni Sottocornola/1895 Sogno d'un dì d'estate.
Quanto scampanellare
tremulo di cicale!
Stridule pel filare
moveva il maestrale
le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose:
erano in ciel due sole
nuvole, tenui, rose:
due bianche spennellate
in tutto il ciel turchino.
Siepi di melograno,
fratte di tamerice,
il palpito lontano
d'una trebbïatrice,
l'angelus argentino...
dov'ero? Le campane
mi dissero dov'ero,
piangendo, mentre un cane
latrava al forestiero,
che andava a capo chino.
(Myricae)

martedì 27 luglio 2010

Un'alata favilla di Emily Dickinson

Girodet/Il sonno di Endymione
Un'alata favilla si libra là in alto -
Non l'ho mai vista vicina
Per Lampo è spesso scambiata
Quando le notti sono aride e calde -
Il suo scintillante Viaggio prosegue
Sui Rifugi degli uomini -
Un briciolo d'Estasi - percepito solo
Nell'accorgersi che se n'è andata -

lunedì 26 luglio 2010

Idillio di Vincenzo Cardarelli

Diaz Olano*Ortolana
Per una stradetta ombreggiata
fra due muri di pietre rugginose
da cui spuntavano pampini
soleggiati,
vidi un giorno, in Liguria,
(oh incontro inatteso!)
una giovane contadina
ritta sul limite del suo vigneto.
Era la via romita,
l'ora estuosa.
Mi guardò, mi sorrise,
la villanella.
Ed io le dissi, accostandomi,
parole che udivo salire
dal sangue,
da tutto il mio essere, in lode
di sua bellezza.
Sotto il rossore del volto imperlato
dall'interrotta fatica
la bocca sua rideva luminosa.
Era scalza. Una scaglia
d'argilla dorata
rivestiva i suoi piedi usi ai diurni
lavacri della fonte.
Gli occhi, infocati e lustri,
di gioventù brillavano,
solare e profonda.
E dietro a lei, così terrosa e splendida,
l'ombre cognite e fide
della domestica vite
parevan vigilarla.
Tutto era pace intorno
e silenzio agreste.

domenica 25 luglio 2010

Stanco d'amore di Hermann Hesse

Modest Cuixart
Nei rami s'addormenta cullando
il vento stanco. La mia mano
lascia un fiore rosso sangue
morire lacerato sotto un sole rovente.
Ho già visto fiorire e morire
molti fiori;
vengono e vanno gioie e dolori,
e custodirli nessuno può.
Anch'io ho sparso
nella vita il mio sangue;
non so però, se mi dispiace,
so solo, che sono stanco.

sabato 24 luglio 2010

Canzonetta all'amata di Sergio Corazzini

Conviene che tu muoia,
dolcezza, oggi, per me.
Vele di barche in mare!
Non dovevo lasciare
che, pur se triste, il sole
bagnasse il limitare!
Conviene che tu muoia,
dolcezza, oggi, per me.
Forse mi allontanai
troppo, ché, certo, mai
tanto mi piacque andare
solo, con la mia bella
rete nuova e una stella
per guida frà rosai.
Conviene che tu muoia,
dolcezza, oggi, per me.
Erano così chiare
le acque! Dolce pescare
se la rete sia nuova!
Quanti nidi contai
di stelle e quante mai
vele di barche in mare?
Conviene che tu muoia,
dolcezza, oggi, per me.
Quale gioia tentò
la porta, s'inoltrò
cauta e infantilmente
rise nell'obliata
casa e fiorì la grata
di viole? Non so.
Conviene che tu muoia,
dolcezza, oggi, per me.
Felicità mi spiace,
felicità è loquace
come un bimbo; l'ho a noia!
La mia rete ha ceduto,
la mia stella ha perduto
il fedele seguace.
Conviene che tu muoia,
dolcezza, oggi, per me.
Vele di barche in mare.
Chi attendi al limitare?
Regina delle lagrime
e de' dolci martiri,
non anche tu sospiri
chi deve ritornare?
Sì, conviene che muoia,
dolcezza, tu, per me.
(Piccolo libro inutile)

venerdì 23 luglio 2010

Veglia di Rainer Maria Rilke

Delphin Enjolras Già dormono i prati. Non veglia
se non il mio cuore. Null'altro.
La sera ammaìna nel porto
le rosse sue vele di già.
O veglia sognante, beata!
Incede la Notte su l'erba.
Fiorisce - sbocciandole in mano –
un pallido giglio: la luna.
Odi? il passo della notte
- nel silenzio immenso - smuore.
Sul mio tavolo la lampada,
come un grillo, stride piano.
Brucia d'oro ai libri il dorso
lungo taciti scaffali:
i piloni del gran ponte,
che lusinga a ripartire
verso i regni delle Fate.

giovedì 22 luglio 2010

Per il funerale di un amico di Antonio Machado

Mondrian
Lo sotterrarono una orribile
sera a luglio, sotto il sole di fuoco.
A un passo dall'aperta sepoltura,
c'erano rose dagli appassiti
petali tra gerani dal profumo
aspro e il fiore rosso. Il cielo
puro e azzurro. Un vento
forte e secco spirava.
Due becchini calarono
nel fondo della fossa
il feretro, sospeso a grosse corde,
pesantemente.....
E giacendo urtò con secco colpo,
solenne, nel silenzio.
Un colpo di feretro sulla terra
è cosa proprio seria.
Sopra la nera cassa le pesanti
zolle polverose si rompevano...
Il vento emanava il soffio cenerino
dal fondo della fossa.
- E tu, ormai senz'ombra, dormi e riposa,
sia eterna pace alle tue ossa...
Definitivamente,
dormi un sonno tranquillo e vero.

mercoledì 21 luglio 2010

Primo canto di Giovanni Pascoli

Pierre Luis Joseph Conick Quando apparisce l'oro nel grano
col verdolino nuovo dei tralci,
e già nell'ore d'ozio il villano
sopra una pietra batte le falci;
dall'aie, dalle prode, dal fimo
che vaporando sente la state,
voi con la gioia del canto primo,
primi galletti, tutti cantate:
Vita da re...!
A tutte l'ore gettate all'aria,
chi di tra i solchi, chi di sui rami,
la vostra voce stridula e varia,
chi, che ripeta, chi, che richiami.
Chi fioco i versi muta e rimuta,
chi strilla quasi lo correggesse:
e l'uno dopo l'altro saluta
la casa, il sole, l'ombra, la mèsse:
Vita da re...!
Galletti arguti, gloria dell'aia
che da due mesi v'ospita e pasce,
ora la vostra vecchia massaia,
quando vi sente, pensa alle grasce:
quando vi sente, pensa ai padroni
il contadino vostro che miete,
e mentre lega manne e covoni,
galletti arguti, con voi ripete:
Vita da re...!
Quando, odorati sempre di lolla,
lasciate i campi dove nasceste,
perché, se un'aspra mano vi sgrolla,
voi vi beccate tra voi le creste?
Lunga è la strada, grave la state,
vi stringe il duro cappio di tozzo:
voi l'uno all'altro rimproverate
quel vostro canto chiuso nel gozzo:
Vita da re...!
Poi nel paese, tra quattro mura,
sotto il barlume forse d'un moggio,
nella cucina tacita e scura
voi ricordate l'aia ed il poggio;
e mentre tutti dormono, e scialba
geme la luce dalle finestre,
come un lamento lungo su l'alba
suona l'antico grido silvestre:
Vita da re...!
/Canti di Castelvecchio/

martedì 20 luglio 2010

Un soffice mare di Emily Dickinson

De Riquer
Un soffice Mare bagnava tutt'intorno la Casa
Un Mare d'Aria Estiva
E salivano e scendevano le magiche Assi
Che navigavano senza affanni -
Il Capitano era la Farfalla
Il Timoniere era l'Ape
E un intero universo
Il felice Equipaggio -

lunedì 19 luglio 2010

Alle quattro del mattino di Arthur Rimbaud

Ritman L'estate, alle quattro del mattino
dura ancora il sonno d'amore.
Sotto i boschetti svapora
la sera di festa odorosa.
Laggiù, in quel vasto cantiere
al sole delle Esperidi,
- scamiciati - sono già operosi
i Carpentieri.
Calmi, in questi Deserti di Muschio,
approntano pannelli preziosi
dove la città
dipingerà cieli finti.
Per la bellezza di questi Operai
soggetti a un re di Babilonia
ah, Venere! lascia un istante gli Amanti
anime trionfanti incoronate.
Tu Regina dei Pastori
porta l'acquavite ai lavoratori,
la loro forza si plachi nell'attesa
del bagno in mare a mezzogiorno.

domenica 18 luglio 2010

Sera estiva di Clemente Rebora

Spencer Sui fianchi òndano avvinti
gli amatori in bisbiglio
nel languor sciolto dell’estiva sera;
dietro mi volgo: lento indi procedo,
e voluttà m’addolora.
Ma donne a veder sole più m’accora,
ché nulla ad esse, tranne amor, par vita;
nel frantumo del giorno,
giuocan l’attesa e rimando:
e nel guardar chi s’accompagna, intorno
dalle occhiaie dispera
intento l’occhio che par dica – quando? –
mentre orgoglio sicure le drizza
e muove a vagheggiarsi alle vetrine.
Il fato di ciascun è dentro al mio,
come nell’occhio lo sguardo:
e argomentando, tacito m’avvio
per la notte che stringe le cortine
sul lacrimar dell’ombre
per forme indefinite
al flaccido baglior ch’estenuato
da fanale a fanale sbadiglia
in una pausa senza fine.
O stanchi di sognar, oggi dormite:
Tutto, domani, ricomincerà.

sabato 17 luglio 2010

Anniversario di Hermann Hesse

Winslow Homer/Summer night
Nel suo vecchio splendore ardente
ed in tutto lo sfarzo voluttuoso
oggi si alza davanti a te l'intero sogno
di quella notte calda d'estate.
E tremando di passioni trasognate,
premi disperandoti con feroce ardore
le piene, belle, spesso baciate
e rosse labbra sulla mia immagine.

venerdì 16 luglio 2010

Largo serale di Vincenzo Cardarelli

Ulpiano Checa Y Sanz
È l’ora dei crepuscoli estivi –
quando il giorno pellegrino
si ferma e cade estenuato.
Dolcezza e meraviglia di queste ore!
Qualunque volto apparisse in questa luce
sarebbe d’oro.
I riflessi di raso degli abitati sul lago.
Dolce fermezza di queste chiome
d’alberi sotto i miei occhi!
Alberi della montagna italiana.
Di paese in paese
gli orologi si cantano l’ora
percuotendosi a lungo nella valle
come tocchi d’organo gravi.
Poi più tardi nella festa notturna,
la lentezza dei suoni dura ancora....
31 agosto 1916.

giovedì 15 luglio 2010

Sera d'estate di Rainer Maria Rilke

Repin/1914 S’è sciolto in spruzzaglia il gran sole.
La sera d'estate, divampa;
riarde di febbre nel volto.
Sospira di schianto: « Vorrei.... »;
ma quindi ripete - « Son stanca... »
Sussurran preghiere i cespugli.
Nel folto, una lucciola splende
(eterna fiammella) a mezz'aria.
Recinge ogni candida rosa,
vermiglia raggiera - il tramonto.

mercoledì 14 luglio 2010

I puffini dell'Adriatico di Giovanni Pascoli

Rousseau Tra cielo e mare (un rigo di carmino
recide intorno l'acque marezzate)
parlano. È un'alba cerula d'estate:
non una randa in tutto quel turchino.
Pur voci reca il soffio del garbino
con ozïose e tremule risate.
Sono i puffini: su le mute ondate
pende quel chiacchiericcio mattutino.
Sembra un vociare, per la calma, fioco,
di marinai, ch'ad ora ad ora giunga
tra 'l fievole sciacquìo della risacca;
quando, stagliate dentro l'oro e il fuoco,
le paranzelle in una riga lunga
dondolano sul mar liscio di lacca.
(Myricae)

martedì 13 luglio 2010

Dopo cento anni di Emily Dickinson

George Innes*Summer*1891
Dopo cento anni
Nessuno riconosce il Luogo
L'agonia che si svolse là
Immota come la Pace
La gramigna schierata trionfante
Gli estranei gironzolano e compitano
La solitaria Ortografia
Dei Morti più Antichi
I Venti dei Campi d'Estate
Ricordano la via -
L'istinto raccoglie la Chiave
Caduta alla memoria -

lunedì 12 luglio 2010

Notte d'estate di Antonio Machado

Camarasa
E' una notte bellissima d'estate.
Nelle alte case stanno
spalancati i balconi
del vecchio borgo sulla vasta piazza.
In quell'ampio rettangolo deserto,
panchine di pietra, evonimi, acacie
disegnano in simmetria
le nere ombre sulla bianca arena.
Allo zenit, la luna, e sulla torre
col quadrante alla luce l'orologio.
In questo vecchio borgo vado a zonzo
solo, come un fantasma.

domenica 11 luglio 2010

Malinconia di Giuseppe Ungaretti

Theodoor Van Rysselberghe Calante melinconia lungo il corpo avvinto
al suo destino
Calante notturno abbandono
di corpi a pien'anima presi
nel silenzio vasto
che gli occhi non guardano
ma un'apprensione
Abbandono dolce di corpi
pesanti d'amaro
labbra rapprese
in tornitura di labbra lontane
voluttà crudele di corpi estinti
in voglie inappagabili
Mondo
Attonimento
in una gita folle
di pupille amorose
In una gita che se ne va in fumo
col sonno
e se incontra la morte
è il dormire più vero
Quota Centoquarantuno, il 10 luglio 1916
/L'allegria-Il porto sepolto/

sabato 10 luglio 2010

Notte d'estate di Umberto Saba

Genth Dalla stanza vicina ascolto care
voci nel letto dove il sonno accolgo.
Per l'aperta finestra un lume brilla,
lontano, in cima al colle, chi sa dove.
Qui ti stringo al mio cuore, amore mio,
morto a me da infiniti anni oramai.

venerdì 9 luglio 2010

Vespro di luglio di Gabriele D'Annunzio

Emile Claus
Il cielo pien di nuvole rosse a levante; di contro
un incendio ampio d'oro tra cui si sollevan superbi
co' verdi ombrelli i pini; ne 'l fiume tre vele spiegate
tutte gialle; a la riva un bel gruppo di giovini donne,
con le giunonie braccia nudate, le vesti succinte,
che lavan panni e cantano in coro stornelli d'amore;
un canneto lì presso; tra le canne un fulvo torello;
colline glauche in fondo, e ne l'aria via rondini a schiere.
/Primo Vere-Ricordi del Pescara/

giovedì 8 luglio 2010

Tu sei come una terra di Cesare Pavese

Paul Chabas Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto.
Tu non attendi nulla
se non la parola
che sgorgherà dal fondo
come un frutto tra i rami.
C'è un vento che ti giunge.
Cose secche e rimorte
t'ingombrano e vanno nel vento.
Membra e parole antiche.
Tu tremi nell'estate.

mercoledì 7 luglio 2010

Tra le spighe di Giovanni Pascoli

Emile Claus Il grano biondo sussurrava al vento.
Qualche fior rosso, qualche fior celeste,
tra i gambi secchi sorridea contento.
Pendeano li agli e le cipolle in reste.
S'udian, mutata alfin la voce in gola,
cantar galletti, altieri delle creste.
Tessea le spighe dello spigo a spola
la cara madre, per i suoi rotelli
del banco grande e per le sue lenzuola.
Fioria la zucca, arsivano i piselli,
nell'orto. Le ciliege erano andate:
per San Giovanni avevano i giannelli.
C'erano già le mele dell'estate,
c'erano le susine di San Pietro.
Fatte via via più lunghe le giornate,
il sole, stanco, ritornava indietro.
E biondo al vento mormorava il grano.
Fiorivano le snelle spadacciole
tra i gambi gialli; e non sapean, che in vano.
C'era un bisbiglio come di parole.
E l'intendea la lodola che in tanto
aveva lì la giovinetta prole.
Tardi avea fatto il nido, lì da un canto.
Oh! ella amava il sole più che il nido!
Chissà? voleva far lassù, col canto!
Or sui piccini udiva già lo strido
della falciola; e li ammonìa di stare
accovacciati senza dare un grido.
Diceva: - Chiotte, contro terra, o care!
che non si mova un bruscolo, uno stelo!
V'ho fatte color terra: altro non pare,
così, che terra, o nate per il cielo! -
E il grano al vento strepitava; e disse
il padre al figlio: "Mieteremo. Vedi:
verdino è, sì, ma non vorrei patisse.
Ché il grano dice: - Io sto ritto, e tu siedi.
Qui temo l'acqua, e il vento mi dà briga.
Altronde, o presto o tardi, o steso o in piedi,
se il gambo è secco seccherà la spiga -".
(Nuovi Poemetti-La mietitura)

martedì 6 luglio 2010

Cosa farò quando l'estate di Emily Dickinson

Edward Arthur Walton
Cosa farò quando l'Estate turbinerà -
Cosa, quando la Rosa sarà matura -
Cosa quando le Uova s'involeranno in Musica
Dalla Custodia dell'Acero?
Cosa farò quando dai Cieli cinguettanti
Cadrà una Melodia su di Me -
Quando l'Ape s'attaccherà ogni Meriggio al Ranuncolo
Cosa sarà di Me?
Oh, quando lo Scoiattolo si riempirà le Tasche
E le Bacche occhieggeranno
Come potrò sostenere i loro Volti giocondi
Tu da Qui, così lontano?
Non si affliggerebbe un Pettirosso -
Tutti i Suoi Beni hanno Ali -
Io - non so volare, perciò a che Servono
Le mie Cose Perenni?

lunedì 5 luglio 2010

Voi, ch'ascoltate in queste meste rime di Gaspara Stampa

Dante Gabriel Rossetti Voi, ch'ascoltate in queste meste rime,
in questi mesti, in questi oscuri accenti
il suon degli amorosi miei lamenti
e de le pene mie tra l'altre prime,
ove fia chi valor apprezzi e stime,
gloria, non che perdon, de' miei lamenti
spero trovar fra le ben nate genti,
poi che la lor cagione è sì sublime.
E spero ancor che debba dir qualcuna:
- Felicissima lei, da che sostenne
per sì chiara cagion danno sì chiaro!
Deh, perché tant'amor, tanta fortuna
per sì nobil signor a me non venne,
ch'anch'io n'andrei con tanta donna a paro?

domenica 4 luglio 2010

Alba di Arthur Rimbaud

Hora sagrada/Hodler Ho baciato l'alba d'estate.
Nulla si muoveva ancora sul frontone dei palazzi. L'acqua era morta. Gli accampamenti d'ombre non lasciavano la strada del bosco. Ho camminato, destando gli aliti vivi e tiepidi; e le gemme guardarono, e le ali s'alzarono senza rumore.
La prima impresa fu, nel sentiero già pieno di freschi e pallidi splendori, un fiore che mi disse il suo nome.
Risi alla cascata che si scapigliò attraverso gli abeti: sulla cima argentata ravvisai la dea.
Allora sollevai a uno a uno i veli. Nel viale, agitando le braccia. Per la pianura, dove l'ho annunciata al gallo. Nella grande città, ella fuggiva tra i campanili e le cupole; e, correndo come un mendicante sulle banchine di marmo, io le davo la caccia.
In cima alla strada, presso un bosco di lauri, l'ho avvolta nei suoi veli ammassati e ho sentito un poco il suo immenso corpo. L'alba e il fanciullo caddero ai piedi dei bosco.
Al risveglio, era mezzogiorno.

sabato 3 luglio 2010

Di luglio di Giuseppe Ungaretti

Marc Auguste Bastard/1896 Quando su ci si butta lei,
Si fa d'un triste colore di rosa
Il bel fogliame.
Strugge forre, beve fiumi,
Macina scogli, splende,
E' furia che s'ostina, è l'implacabile,
Sparge spazio, acceca mete,
E' l'estate e nei secoli
Con i suoi occhi calcinanti
Va della terra spogliando lo scheletro.
(Il sentimento del tempo-la fine di Crono)
1931

venerdì 2 luglio 2010

Viola di Giovanni Papini

Viola vestita di limpido giallo,
che festa, che amore a un tratto scoprirti
venire innanzi con grazia di ballo
di tra i ginepri e l’odore dei mirti!
La ricca estate si filtra e si dora
sopra il tuo piccolo volto rotondo;
ad ogni moto dell’iride mora
bevi nel riso la gioia del mondo.
Par che la terra rifatta stamani
più generosa, più fresca di ieri
voglia specchiarsi negli occhi silvani
tuoi, risplendenti di casti pensieri.
Al tuo venire volante s’allieta
questo mio cuore e con Dio si rimpacia,
l’arida bocca del padre poeta
torna a pregare allor quando ti bacia.
1926

giovedì 1 luglio 2010

Palinodia di Pietro Metastasio

attribuito a Lorenzo Tiepolo/1762 A Nice
Placa gli sdegni tuoi;
perdono, amata Nice;
l'error d'un infelice
è degno di pietà.
È ver, de' lacci suoi
vantai che l'alma è sciolta;
ma fu l'estrema volta
ch'io vanti libertà.
È ver, l'antico ardore
celar pretesi a segno
che mascherai lo sdegno,
per non scoprir l'amor:
ma cangi o no colore,
se nominar t'ascolto
ognun mi legge in volto
come si sta nel cor.
Pur desto ognor ti miro,
non che ne' sogni miei;
che ovunque tu non sei
ti pinge il mio pensier.
Tu, se con te m'aggiro,
tu, se ti lascio mai,
tu delirar mi fai
di pena o di piacer.
Di te s'io non ragiono,
infastidir mi sento,
di nulla mi rammento,
tutto mi fa sdegnar.
A nominarti io sono
sì avvezzo a chi m'appresso
che al mio rivale istesso
soglio di te parlar.
Da un sol tuo sguardo altero,
da un sol tuo detto umano
io mi difendo in vano,
sia sprezzo o sia favor.
Fuor che il tuo dolce impero,
altro destin non hanno,
che secondar non sanno
i moti del mio cor.
Ogni piacer mi spiace
se grato a te non sono;
ciò, che non è tuo dono,
contento mio non è.
Tutto con te mi piace,
sia colle, o selva, o prato;
tutto è soggiorno ingrato
lungi, ben mio, da te.
Or parlerò sincero:
non sol mi sembri bella,
non sol mi sembri quella,
che paragon non ha;
ma spesso, ingiusto al vero,
condanno ogni altro aspetto;
tutto mi par difetto,
fuor che la tua beltà.
Lo stral già non spezzai;
che in van per mio rossore
trarlo tentai dal core,
e ne credei morir.
Ah, per uscir di guai,
più me ne vidi oppresso;
ah di tentar l'istesso
più non potrei soffrir.
Nel visco, in cui s'avvenne
quell'augellin talora,
scuote le penne ancora
cercando libertà;
ma in agitar le penne
gl'impacci suoi rinnova;
più di fuggir fa prova,
più prigionier si fa.
No, ch'io non bramo estinto
il caro incendio antico;
quanto più spesso il dico,
meno bramar lo so.
Sai che un loquace istinto
gli amanti ai detti sprona;
ma, fin che si ragiona,
la fiamma non passò.
Biasma nel rio cimento
di Marte ognor gli sdegni,
e ognor di Marte ai segni
torna il guerrier così.
Torna così contento
schiavo, che uscì di pena,
per uso alla catena,
che detestava un dì.
Parlo, ma ognor parlando
di te parlar procuro;
ma nuovo amor non curo,
non so cambiar di fé:
parlo, ma poi dimando
pietà dei detti miei;
parlo, ma sol tu sei
l'arbitra ognor di me.
Un cor non incostante,
un reo così sincero
ah l'amor tuo primiero
ritorni a consolar.
Nel suo pentito amante
almen la bella Nice
un'alma ingannatrice
sa che non può trovar.
Se mi dai di pace un pegno,
se mi rendi, o Nice, il cor,
quanto già cantai di sdegno,
ricantar vogl'io d'amor.
Vienna 1746.