Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

domenica 30 novembre 2008

In estate come in inverno di Jacques Prevert

Coscos/St.MaloIn estate come in inverno
nel fango nella polvere
sdraiato su vecchi giornali
l'uomo che ha l'acqua nelle scarpe
guarda le barche lontane.
Accanto a lui un imbecille
un signore che ne ha
tristemente pesca con la lenza
Egli non sa perché
vedendo passare una chiatta
la nostalgia lo afferra
Anch'egli vorrebbe partire
lontano lontano sull'acqua
e vivere una nuova vita
con un po' di pancia in meno.
In estate come in inverno
nel fango nella polvere
sdraiato su vecchi giornali
l'uomo che ha l'acqua nelle scarpe
guarda le barche lontane.
Il bravo pescatore con la lenza
torna a casa senza un sol pesce
Apre una scatoletta di sardine
e poi si mette a piangere
Capisce che dovrà morire
e che non ha mai amato
Sua moglie lo compatisce
con un sorriso ironico
E' una ignobile megera
una ranocchia d'acquasantiera.
In estate come in inverno
nel fango nella polvere
sdraiato su vecchi giornali
l'uomo che ha l'acqua nelle scarpe
guarda le barche lontane.
Sa bene che i battelli
son grandi topaie sul mare
e che per i bassi salari
le belle barcaiole
e i loro poveri battellieri
portano a spasso sui fìumi
una carrettata di fìgli
soffocati dalla miseria
in estate come in inverno
con non importa qual tempo.

sabato 29 novembre 2008

Io tornerò di Pablo Neruda

Thayer Un giorno, uomo o donna, viandante,
dopo,quando non vivrò,
cercate qui, cercatemi
tra pietra e oceano,
alla luce burrascosa
della schiuma.
Qui cercate,cercatemi,
perchè qui tornerò senza dire nulla,
senza voce, senza bocca, puro,
qui tornerò a essere il movimento
dell'acqua, del
suo cuore selvaggio,
starò qui, perso e ritrovato:
qui sarò forse pietra e silenzio.

venerdì 28 novembre 2008

Presto o tardi di Eugenio Montale

DanielsonHo creduto da bimbo che non l'uomo
si muove ma il fondale, il paesaggio.
Fu quando io, fermo, vidi srotolarsi
il lago di Lugano nel vaudeville
di un Dall'Argine che probabilmente
in omaggio a se stesso, nomen omen,
non lasció mai la proda. Poi mi accorsi
del mio puerile inganno e ora so
che volante o pedestre, stasi o moto
in nulla differiscono. C’è chi ama
bere la vita a gocce o a garganella;
ma la bottiglia è quella, non si può
riempirla quando è vuota.

giovedì 27 novembre 2008

L'annegato di Jacques Prevert

Rodriguez Correidoira/Vedove del mareDurante un tempo dato
ritrovato
dimenticato
Parlava della sua morte
e ne parlava come se niente fosse
E poi dopo la dimenticava
E poi davanti nello stesso tempo
essa ritornava
Egli non la trovava cattiva
un gusto d'altri tempi
un gusto d'un dato tempo
Nondimeno
era la morte a venire
andava e veniva
partendo e ritornando
contemporaneamente alla vita
Chi era quella persona
già insediata là come a casa sua
in lui
e forse leggiadra
Forse molto semplicemente era
la vita truccata per un tempo dato
dato chissà dove da chissà che per chissà chi
Era forse anche la notte bella come il giorno
era forse certamente il giorno bello come la notte
era già forse l'avvenire già finito
era ancora forse tutto il mondo travestito per i rari giorni di festa di questo mondo che si
dimentica
Per l'annegato la morte è il mare
E per il mare l'annegato è forse un po' della sua vita
Ma
se domandate all'annegato cosa pensa del mare
Se gli domandate il suo parere
sulla vita della morte e l'amore della vita
sulla morte della vita
sulla vita dell'amore
la più leggera schiuma delle onde di questo mare
del più lontano dei suoi nuovi e così vecchi fiumi
sorride senza rispondervi
senza rispondere per lui
senza rispondere di lui.

mercoledì 26 novembre 2008

Mai e poi mai di Pablo Neruda

Gerda/Kirchner A notte fonda, all'alba
Mai e poi mai, sempre e poi sempre
ti amerò. Ecco cosa le cantava.
Il cuore freddo di lei gli si mostrava
Vorrei che amassi me soltanto.
Lui le diceva che era pazzo di lei
e che lei era un po' troppo ragionevole per lui
Mai e poi mai, sempre e poi sempre
a giorno fatto e notte fonda.
Certo, se dico che t'amo
T'amo da morire
e un po' anche per viverne.
E non voglio dire che non amo che te
Che non mi piace andarmene
andarmene per tornare
che non mi piace ridere
e che alle tue tenere lacrime
non preferisco il tuo sorriso.
Ama me soltanto, dice lei
o sennò non conta niente.
Cerca di capire
Capire non m'importa
Hai ragione, non si tratta di capire
Si tratta di sapere.
Non voglio sapere niente
Hai ragione, non si tratta di sapere
Si tratta di vivere, di essere, di esistere
Guarda che non esiste
io voglio che tu mi ami
e che ami soltanto me
Ma voglio che altre ti amino
e che tu ti neghi loro
a causa mia.
Terribilmente avida
è colpa mia se son fatta così.
Va beh, dice lui, e se ne va.
Mai e poi mai all'alba
In piena notte sempre e poi sempre
Non vale la pena di tornare....
Lei gli ha buttato le valigie dalla finestra
e lui è in strada
solo con le valigie.
Eccomi qui solo come un cane sotto la pioggia
Poi si accorge che non piove.
Peccato, è meno bello.
In fin dei conti non si può avere tutte
le sere una tempesta di neve
e lo scenario non sempre è
drammatico come si vorrebbe.
L'uomo lascia cadere le valigie
le camicie, il rasoio elettrico
le boccette e le mani nelle tasche
il bavero del soprabito sollevato...
S'infila nella nebbia
ma non c'è nebbia
ma l'uomo pensa
Lascio i bagagli e m'infilo nella nebbia.
Allora c'è nebbia
e pensa al suo grande amore
e fa vibrare i violini del ricordo
e affretta il passo perchè fa freddo
e passa un ponte e torna sui suoi passi
e passa un altro ponte
e non sa perchè.
Uomini e donne escono da un cinema
dove dietro un cartellone c'è un sacerdote
E la folla se ne va e la luce si spegne
Il prete resta.
Che starà combinando quel prete dietro
il cartellone?
Appena l'uomo lo guarda il prete sparisce
ma di quando in quando fa capolino
come il frate della cassetta
dei più rudimentali barometri
Una testa piatta e livida
come una luna malata
come un vecchissimo bianco d'uovo
su un piatto bisunto.
E poi in fin dei conti cosa può importarmi
quel cinema potrebbe essere
il locale notturno di quel prete
Ma il prete lancia un urlo
come una donnicciola che venga sgozzata
come un barboncino che ha le cuoia
nelle nebbie di Londra
in piena Parigi di notte
l'uomo scappa
Mai e poi mai, sempre e poi sempre
Inseguito dal suo grande amore......

martedì 25 novembre 2008

Zia Helen di Thomas Stearns Eliot

Madame Gonse/Ingres
Miss Helen Slingsby, mia zia rimasta zitella,
Abitava una piccola casa presso una piazza elegante
Servita da domestici in numero di quattro.
Ora quando morì vi fu silenzio in cielo
E silenzio alla fine della strada.
Vennero chiuse le imposte, l'imprenditore funebre
Si pulì i piedi - sapeva bene che cose di quel genere
Erano già accadute prima.
Ai cani fu ampiamente provveduto,
Ma poco dopo morì anche il pappagallo.
La pendola di Dresda
Continuò a ticchettare sulla sporgenza del caminetto,
E il valletto in livrea si sedette sul tavolo da pranzo -
Con la seconda domestica sulle ginocchia - quella che quando
La padrona era in vita aveva sempre tenuto un contegno irreprensibile

lunedì 24 novembre 2008

Assenza di Piero Bigongiari

Camarasa
Non ha il cielo un segreto che ti culmini,
le tue risa s'iridano al vetro
della sera dolcissima di fulmini.
Al cielo sale nel tuo gesto effìmero
la riga d'un diamante, lo smeriglio
ricalcola all'assenza una giunchiglia
morta nel sonno e al tenero fermaglio
del tuo dolore che non si può chiudere
geleranno dagli astri luci blu,
luci sorte alla piega delle labbra
che rimormorano arse cielo al cielo.
Dove un rapido greto si distrugge,
dove odorano (al tuo braccio?)
gaggie, segreto faccio
mia la tua pena che non ti raggiunge.

domenica 23 novembre 2008

Come presso i morti di Emily Dickinson

Evelyn De Morgan*The angel of death
Come presso i morti amiamo sedere -
Divenuti così incredibilmente cari -
Come ai perduti ci aggrappiamo
Nonostante tutti gli altri siano qui -
In spezzata matematica

Valutiamo il nostro tesoro
Vasto - nella misura in cui svanisce
Ai nostri occhi impoveriti.

sabato 22 novembre 2008

Non voglio di Margherita Guidacci

Casas Carbo
Tutti i vostri strumenti hanno nomi bizzarri
e difficili, ma io vedo chiaro
e so che in fondo sono solamente
metri e gessetti con cui misurate
e segnate - segnate e misurate
senza stancarvi.
Sfilate spilli di tra le labbra, come una sarta:
me li appuntate sull'anima
e dite: "Qui faremo un bell'orlo.
Dopo starai tanto meglio."
Io non voglio che mi tagliate un pezzo d'anima!
Se ne ho troppa per entrare nel vostro mondo,
ebbene, non voglio entrarci.
Sono un poeta: una farfalla, un essere
delicato, con le ali.
Se le strappate, mi torcerò sulla terra,
ma non per questo potrò diventare
una lieta e disciplinata formica.

venerdì 21 novembre 2008

Alla principessa Roukhine di Paul Verlaine

Fernand Khnopff
È una brutta di Boucher
senza cipria nella capigliatura,
follemente bionda e l'andatura
venusta da far tutti uscir di senno.
Ma fra tutti soltanto mia la credo,
quella criniera coperta di baci,
quella cascatella di brace
che mi dà fuoco da capo a piedi.
E mio è, molto di più ancora,
simile a una cinta fiammeggiante
che circonda la porta santa,
l'almo, il divino vello d'oro!
E chi potrebbe descrivere quel corpo
se non io, suo cantore e sacerdote,
e suo umile schiavo e suo padrone
pronto a dannarsi senza rimorso,
il caro corpo raro, armonioso,
soave, bianco come una rosa
bianca, bianco di latte puro, e rosa
come un giglio sotto un cielo acceso?
Cosce belle, seni salienti,
il dorso, le reni, il ventre, una festa
per gli occhi e per le mani sempre in cerca
e per la bocca e per tutti i sensi?
Piccola, andiamo a vedere se il tuo letto
ha ancora sotto la rossa cortina
il magico guanciale che cammina
e le folli coperte. Oh, al tuo letto!

giovedì 20 novembre 2008

Rammarico di Giovanni Pascoli

Hicks Chi questo nuovo pianto in cuor mi pone ?
Verso occidente, o dolce madre Aurora,

da te lontano la mia vita è corsa.
Il cielo s'alza e tutto trascolora;
passano stelle e stelle in lenta corsa;
emerge dall'azzurro la grand'Orsa,
e sta nell'arme fulgido Orïone.
Come più lieta la tua vista, quando
un poco accenni delle rosee dita;
e la greggia s'avvia scampanellando,
esce il bifolco e rauco i bovi incìta,
Canta lassù la lodola - apparita
ecco Giulietta, e piange, al suo balcone!-
(Myricae-Tristezze)

mercoledì 19 novembre 2008

Fiesta di Jacques Prevert

Dyonnes E i bicchieri eran vuoti
e la bottiglia infranta
E il letto spalancato
e l'uscio era sprangato
E tutte le stelle di vetro
della felicità e della bellezza
lucevano nella polvere
della stanza mal spazzata
Ed ero ubriaco morto
ed ero fuoco di gioia
ed eri ebbra vivente
nuda tra le mie braccia.

martedì 18 novembre 2008

Seguidille di Paul Verlaine

Ekaterina SmolenskyBruna ancora non avuta,
io ti voglio quasi nuda
sopra un sofà tutto nero
in un boudoir tutto giallo,
come s'usava nell'anno
milleottocentotrenta.
Quasi nuda e non nuda,
la tua carne intraveduta
da una nube trasparente
di merletti che si schiude,
la tua carne dove corre
la mia bocca delirante.
Ti voglio troppo ridente
e inoltre dovrai essere
imperiosa, e cattiva
e perfida e qualcosa
di più se ti piacesse,
ma così lussuriosa!
Ah, il tuo corpo nero e rosa,
di chiar di luna soffuso!
Ah, te ne prego, posa
il gomito sul mio cuore
e il tuo corpo vittorioso,
tutto il tuo corpo che adoro.
Ah, il tuo corpo, che si corichi
sull'anima mia dolorosa
e su essa si riposi
e la soffochi se può,
e se il tuo capriccio vuole,
ancora, ancora, ancora!
splendide, gloriose,
bellamente furiose,
agitate nei loro
giovani giochi focosi,
sbatti il mio orgoglio giù, sotto
quelle tue chiappe gioiose!

lunedì 17 novembre 2008

Reversibilità di Charles Baudelaire

Julius Stewart LeBlanc
Angelo di letizia, conosci tu l'angoscia,
i singhiozzi, le onte, le accidie, i pentimenti,
le notti insonni piene di confusi spaventi,
quando gualcito il cuore come un foglio s'affloscia?
Angelo di letizia, conosci tu l'angoscia?
Angelo di bontà, conosci tu il rancore,
i bui spasimi d'odio, le lacrime di fiele,
la Vendetta che, alzando un lungo urlo crudele,
vittoriosa s'accampa sugli spalti del cuore?
Angelo di bontà, conosci tu il rancore?
Angelo di salute, conosci tu le Febbri
che lungo i muri scialbi dell'ospizio, com'esuli,
van strascicando i piedi, e biascicando tremuli
un po' di sole chiedono, che le scaldi e le inebri?
Angelo di salute, conosci tu le Febbri?
Angelo di bellezza, conosci tu le grinze,
l'orgasmo d'invecchiare, e la disperazione
di leggere un'occulta, orrida devozione
negli occhi ove i nostri occhi avidi un tempo attinsero?
Angelo di bellezza, conosci tu le grinze?
O angelo felice, angelo luminoso,
in fin di vita Davide avrebbe domandato
la salute agli effluvi del tuo corpo incantato,
ma io le tue preghiere solo chiedere oso,
o angelo felice, angelo luminoso!

domenica 16 novembre 2008

Ode al chiarore di Pablo Neruda

Fattori/Campagna a CastiglioncelloLa burrasca ha lasciato
sull'erba.
fili di pino, aghi,
e il sole nella coda del vento.
Un azzurro marcato
riempie il cielo.
Oh giorno pieno,
oh frutto
dello spazio,
il mio corpo è una coppa
in cui la luce e l'aria
cadono come cascate.
Tocco
l'acqua del mare.
Sapore
di fuoco verde,
di bacio vasto e amaro
hanno le onde nuove
di questo giorno.
Intrecciano la loro trama d'oro
le cicale
nell'altezza sonora.
La bocca della vita
bacia la mia bocca.
Vivo,
amo
e sono amato.
Ricevo
in me quanto esiste.
Sono seduto
su una pietra:
in lei
toccano
le acque e le sillabe
della selva
il chiarore ombroso
della sorgente che viene
a trovarmi.
Tocco
il tronco del cedro
le cui rughe mi parlano
del tempo e della terra.
Cammino
e vado con i fiumi
cantando
con i fiumi,
ampio, fresco e aereo
in questo nuovo giorno,
e lo ricevo,
sento
come
mi entra nel petto, guarda coi miei occhi.
Io sono,
io sono il giorno,
sono
la luce.
Per questo
ho
doveri di mattina
impegni di pomeriggio.
Devo
andare
con il vento e l'acqua,
aprire finestre,
abbattere porte,
rompere muri,
illuminare angoli.
Non posso
starmene seduto.
A presto.
Domani
ci rivedremo.
Oggi ho molte
battaglie da vincere.
Oggi ho molte ombre
da squarciare e sconfiggere.
Oggi non posso
stare con te, devo
portare a termine il mio compito
di luce:
andare e venire per le strade,
le case e gli uomini
sconfiggendo
l'oscurità. Io devo
farmi in mille
finché tutto sia giorno,
finché tutto sia chiarore
e allegria sulla terra.

sabato 15 novembre 2008

Portami il girasole di Eugenio Montale

Munoz e HerreraPortami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
é dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
(da Ossi di Seppia)

venerdì 14 novembre 2008

Si è sollevato un incendio azzurro...di Sergej Esenin

Domenico Baccarini/La tentatrice
Si è sollevato un incendio azzurro,
Le lontananze natie offuscando.
Ho cantato d'amore, ho rinunciato
A far scandali: per la prima volta.
Non ero che un giardino abbandonato,
Ero avido d'alcool e di donne.
Non amo più bere, ballare e perdere,
Senza voltarmi indietro, la mia vita.
Vorrei solo guardarti, contemplando
L'oro-castano abisso dei tuoi occhi
E, rinnegando il passato, far sì
Che con un altro tu non te ne vada.
Dolce andatura ed elegante vita:
Tu, dal cuore inflessibile, sapessi
Come è capace un teppista d'amare,
Come è capace d'esser sottomesso.
Le bettole per sempre scorderei,
Smettendo anche di scrivere versi:
Soltanto per sfiorare la tua mano
E come un fiore autunnale i capelli.
E vorrei sempre seguirti da presso,
Sia in patria che in paesi forestieri...
Ho cantato d'amore e ho rinunziato
A far scandali: per la prima volta.

giovedì 13 novembre 2008

Marechiare di Salvatore Di Giacomo

Cesare Viazzi/Sirene
Quanno sponta la luna a Marechiare
pure li pisce nce fanno a ll'ammore,
se revoteno ll'onne de lu mare,
pe la priezza cagneno culore,
quanno sponta la luna a Marechiare...
A Marechiare ce sta na fenesta,
la passione mia ce tuzzulea,
nu carofano addora 'int'a na testa,
passa ll'acqua pe sotto e murmulea...
a Marechiare ce sta na fenesta...
Chi dice ca li stelle so' lucente
nun sape st'uocchie ca tu tiene nfronte,
sti doie stelle li saccio io sulamente,
dint' a lu core ne tengo li pponte,
chi dice ca li stelle so' lucente....
Scétete Caruli' ca ll'aria è doce,
quanno maie tanto tiempo aggio aspettato?
P'accunpagnà li suone cu la voce,
stasera chitarra aggio purtata...
Scé Caruli' ca ll'aria è doce!...

mercoledì 12 novembre 2008

Girovago di Giuseppe Ungaretti

Evelyn De Morgan In nessuna
parte
di terra
mi posso accasare
A ogni
nuovo
clima
che incontro
mi trovo
languente
che una volta
già gli ero stato
assuefatto
E me ne stacco sempre
straniero
Nascendo
tornato da epoche troppo
vissute
Godere un solo
minuto di vita
iniziale
Cerco un paese
innocente

martedì 11 novembre 2008

Così ritrosa di Emily Dickinson

Lilla Cabot Perry
Così ritrosa quando la spiai!
Così graziosa - così pudica!
Così nascosta tra le sue foglioline
Affinché nessuno la scoprisse -
Così senza fiato finché la oltrepassai -
Così indifesa quando mi voltai
E la portai che si divincolava, arrossendo,
Di là dal suo modesto rifugio!
Per chi depredai il Boschetto -
Per chi tradii il Cespuglio -
Molti, senza dubbio mi chiederanno -
Ma io non lo dirò mai!

lunedì 10 novembre 2008

Vita ch'io vissi di Ada Negri

William Merritt Chase La vergine ventenne
ch'io fui, splendente come torcia accesa
nel sole, ora dov'è? Del suo bel sangue
nutriva ogni atto dell'acerba vita;
e dalla gola, liberato in canto,
le sgorgava echeggiando a monte e valle.
Ove scomparve, ella che fu sì certa
di non morire? Non morì. Rimasta
è nella scabra terra
presso il fiume che mormora e serpeggia
in tortuose spire oltre le grandi
foreste: intatta giace
fra tremolii di fronde e scorrer d'acque.
Al suo rifugio gli uomini dei boschi
vengon con felci e rami di betulle:
e il battellier che approda
dall'altra sponda, fasci d'alghe e steli
d'erbe apporta, raccolti sulla riva.
Calmo è il sonno di quella ch'io già fui
nella terra che suona ancor del canto
de' miei vent'anni - e, sole o pioggia o neve,
il mio volto d'allora ha quella terra.

domenica 9 novembre 2008

Non ho dimenticato di Charles Baudelaire

Millais_Lady Marian
Non ho dimenticato, accanto alla città,
La nostra bianca casa, piccola ma tranquilla,
La sua Pomona in gesso e la vetusta Venere
Che in un boschetto stento celavan nudità,
E il sole che la sera, sfavillante e superbo,
Dietro il vetro su cui si frangeva il suo raggio,
Sembrava contemplare – occhio aperto sul cielo –
Il nostro silenzioso e lungo desinare,
Spandendo con dovizia bei riflessi di cero
Sulla sobria tovaglia e le tende di seta.

sabato 8 novembre 2008

E se mi devi amare...di Elizabeth Barrett Browning

Francois Gaillard*Sunday in the park
E se mi devi amare per null'altro sia
che per amore. Non dire "L'amo per il
suo sorriso, il suo sguardo, il modo
gentile di parlare, per le sue idee
che si accordano alle mie e che un giorno
mi resero sereno". Queste cose possono,
Amato, in sé mutare o mutare per te.
Così fatto un amore può disfarsi.
E ancora non amarmi per la pietà che
le mie guance asciuga. Può scordare
il pianto chi ebbe a lungo il tuo
conforto, e perdere così il tuo amore.
Ma amami solo per amore dell'amore,
che cresca in te, in un'eternità d'amore!

venerdì 7 novembre 2008

Notte di Giovanni Pascoli

De Morgan/Night Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti,
e la lucerna i biondi capi indora:
i biondi capi, i neri occhi stellanti,
volgono alla finestra ad ora ad ora:
attendon esse a cavalieri erranti
che varcano la tenebra sonora?
Parlan d'amor, di cortesie, d'incanti:
così parlando aspettano l'aurora.
(da Myricae-Dolcezze)

giovedì 6 novembre 2008

Vieni con me di Hermann Hesse

Frederik Kaemmerer
Vieni con me!
Devi affrettarti però -
sette lunghe miglia
io faccio ad ogni passo.
Dietro il bosco ed il colle
aspetta il mio cavallo rosso.
Vieni con me! Afferro le redini -
vieni con me nel mio castello rosso.
Lì crescono alberi blu
con mele d'oro,
là sogniamo sogni d'argento,
che nessun altro può sognare.
Là dormono rari piaceri,
che nessuno finora ha assaggiato,
sotto gli allori baci purpurei -
Vieni con me per boschi e colli!
tienti forte! Afferro le redini,
e tremando il mio cavallo ti rapisce.

mercoledì 5 novembre 2008

Il monte e il fiume di Pablo Neruda

Twachtman Nella mia patria c'è un monte.
Nella mia patria c'è un fiume.
Vieni con me.
La notte sale sul monte.
La fame scende al fiume.
Vieni con me.
Chi sono quelli che soffrono?
Non lo so, ma mi appartengono.
Vieni con me.
Non lo so, ma mi chiamano
e mi dicono:Soffriamo.
Vieni con me.
E mi dicono.
Il tuo popolo,
il tuo popolo sventurato,
tra il monte e il fiume,
con fame e con sofferenze,
non vuole lottare solo,
ti sta aspettando, amico.
Oh tu, donna che amo,
piccola, chicco rosso
di grano,
sarà dura la lotta,
la vita sarà dura,
ma tu verrai con me.

martedì 4 novembre 2008

Piccolo testamento di Eugenio Montale

KlimtQuesto che a notte balugina
nella calotta del mio pensiero,
traccia madreperlacea di lumaca
o smeriglio di vetro calpestato,
non è lume di chiesa o d'officina
che alimenti
chierico rosso, o nero.
Solo quest'iride posso
lasciarti a testimonianza
d'una fede che fu combattuta,
d'una speranza che bruciò più lenta
di un duro ceppo nel focolare.
Conservane la cipria nello specchietto
quando spenta ogni lampada
la sardana si farà infernale
e un ombroso Lucifero scenderà su una prora
del Tamigi, dell'Hudson, della Senna
scuotendo l'ali di bitume semi-mozze dalla fatica,
a dirti: è l'ora.
Non è un'eredità, un portafortuna
che può reggere all'urto dei monsoni
sul fil di ragno della memoria,
ma una storia non dura che nella cenere
e persistenza è solo l'estinzione.
Giusto era il segno: chi l'ha ravvisato
non può fallire nel ritrovarti.
Ognuno riconosce i suoi: l'orgoglio
non era fuga, l'umiltà non era
vile, il tenue bagliore strofinato
laggiù non era quello di un fiammifero.
(da La bufera parte VII)

lunedì 3 novembre 2008

Rue de Seine di Jacques Prevert

Cardwell-Higgins/1934 Rue de Seine: le dieci e mezza
di sera
là, sull'angolo, c'è un uomo
che barcolla... è un giovane
ha un cappello
un impermeabile
una donna lo scuote...lo scuote
gli parla
lui scuote la testa
con quel cappello tutto storto
mentre il cappello di lei sta per cadere indietro...
certo son ben pallidi tutti e due
e l'uomo ha una gran voglia di scappare...
di sparire nel nulla... morire...
ma la donna ha una furiosa voglia di vivere
e la sua voce
voce che bisbiglia
non si può fare a meno di sentirla
è un lamento...un ordine...un grido...
talmente avida quella voce...
è triste, viva...
un neonato malato che batte i denti su una tomba
in un cimitero, d'inverno...
un uomo le dita schiacciate nella portiera e grida...
una canzone
una frase
sempre la stessa
una frase
ripetuta...senza sosta
senza risposta...lui l'osserva e i suoi occhi
girano, ruotano, fa certi gesti
con le braccia, annaspa
come un affogato
e quella frase torna
a Rue de Seine all'angolo
la donna continua
instancabile...continua a domandare inquieta
una ferita che non guarisce
Pierre dimmi la verità
Pierre dimmi la verità
voglio sapere... sapere tutto
dimmi la verità
le cade il cappello...
Pierre
voglio sapere tutto
dimmi la verità
domanda stupida e grandiosa
Pierre non sa cosa rispondere
è perduto
l'uomo il cui nome è Pierre
ha sulle labbra un sorriso che vorrebbe tenero
e ripete...Insomma calmati... sei pazza
ma non sa quanto è vero
non vede, non s'accorge
che un sorriso storpia la sua bocca
soffoca
il mondo intero gli si adagia sopra
lo soffoca
è prigioniero
intrappolato dalle sue promesse...
e gli si chiedono i conti...
lì davanti...una calcolatrice
o una macchina per scrivere lettere d'amore
una macchina per soffrire
lo afferra
si aggrappa a lui
Pierre dimmi la verità.

domenica 2 novembre 2008

Di mare in mare di Caio Valerio Catullo

Emile Friant
Di mare in mare, da un popolo all'altro
vengo a queste tue misere esequie, fratello,
per donarti l'ultima offerta che si deve ai morti
e invano parlare alle tue ceneri mute:
ora che la sorte a me ti ha strappato,
così crudelmente strappato, fratello infelice.
Pure, amaro dono per un rito estremo,
nell'uso antico dei padri accogli l'offerta
che ora ti affido: così intrisa del mio pianto.
E in eterno riposa, fratello mio, addio.

sabato 1 novembre 2008

L'aquilone di Giovanni Pascoli

Dagnan Bouveret C'è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d'antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.
Son nate nella selva del convento

dei cappuccini, tra le morte foglie
che al ceppo delle quercie agita il vento.
Si respira una dolce aria che scioglie

le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch'erbose hanno le soglie:
un'aria d'altro luogo e d'altro mese

e d'altra vita: un'aria celestina
che regga molte bianche ali sospese...
sì, gli aquiloni! È questa una mattina

che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d'albaspina.
Le siepi erano brulle, irte; ma c'era

d'autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera
bianco; e sui rami nudi il pettirosso

saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino

ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.
Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,

risale, prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza.
S'inalza; e ruba il filo dalla mano,

come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.
S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo

petto del bimbo e l'avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
Più su, più su: già come un punto brilla

lassù lassù... Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla?
Sono le voci della camerata

mia: le conosco tutte all'improvviso,
una dolce, una acuta, una velata...
A uno a uno tutti vi ravviso,

o miei compagni! e te, sì, che abbandoni
su l'omero il pallor muto del viso.
Sì: dissi sopra te l'orazïoni,

e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!
Tu eri tutto bianco, io mi rammento.

solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.
Oh! te felice che chiudesti gli occhi

persuaso, stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!
Oh! dolcemente, so ben io, si muore

la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore
ancora in boccia! O morto giovinetto,

anch'io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto...
Meglio venirci ansante, roseo, molle

di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle!
Meglio venirci con la testa bionda,

che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co' bei capelli a onda
tua madre... adagio, per non farti male.

da Primi Poemetti