Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

martedì 31 dicembre 2013

Rosa dell'anno di Sibilla Aleramo

Jean Gabriel Domergue
Arrivai una volta,
che un anno finiva,
in un paese di mare,
era sera era freddo
io nessuno conoscevo,
saliva alla stanza
gelida e vasta
suoo di danza
e, di più lontano,
l'ansito del mare.
Così m'addormii, nè più ricordo
se in sogno piansi.
Una rosa ricordo
che il domani mi comprai,
nella stanza portai
per me sola il giorno
che l'anno incominciava,
bella e bianca fiorita
per me nel mattino di gelo,
e il mare che si lamentava.

Ancora in una sera
che l'anno finisce,
vasta è la stanza
ma c'è fuoco ed è mia.
lungi il mare,
lungi chi vorrei con me, e  tace,
sono sola come quella
che nella sera lontana
sì freddo aveva,
udiva il lamento del mare,
ancor non conosceva
l'amore d'oggi che tace.
Sono sola nè piango,
se non forse in cuore,
c'è fuoco nella stanza,
fuori grida salve la città
grida speranza,
nella notte dell'anno,
e domani, se non io,
qualcuno una rosa si comprerà.

lunedì 30 dicembre 2013

Nostalgia di Carlo Michelstaedter

Willy Finch
Ma un vento lieto giù dalla montagna
invade la natura senza luce
che per pioggia e per nebbia si dissolve,
e delle nubi oscure la continua
trama dirompe, e la diffusa nebbia
leva ed in nembi bianchi la sospinge
giocosamente;
e ride il sole volto ad occidente,
ed i monti lontani e le colline
boscose e la pianura
risuscita ugualmente illuminando
nella lor gloria varia
delle ben note forme.
Ma splendono più chiare e più serene
festevolmente,
poichè più luminosi si rimandano
i generosi a lor raggi del sole.
Riluce il monte, il piano,
e il ciel riluce
verde di luce presso all’orizzonte,
e in alto nell’azzurro
l’ultime nubi fuggono ed il sole
con lieto riso
tinge di rosa gli orli alle fuggenti.
Ahi, come tutta la natura in breve
si rasserena
nella pacata luce,
e la pena passata e il lungo tedio
dei giorni grigi oblia! che solo a gioco
s’era offuscata, ed or con nuovo gioco
si rinnovella
e rifulge più pura.
Ma il cor mi punge con tristezza amara
che il dì ripensa della gioia
e l’alba luminosa e la speranza
folle e sicura, quando
con lieto viso, incontro al nuovo sole,
levai il primo canto, e la sua luce
era certa promessa alla mia speme.
E le dolci figure del mio sogno
che appena avvicinate dileguaro
tristi, perch’io ver lor fervidamente
mi protendessi
e in me le volessi, me stesso in loro
tutto esauriva.
Voler e non voler per più volere
mi trattenne sull’orlo della vita
ad angosciarmi in aspettar mia volta,
ed ai giochi d’amore ad alle imprese
giovanili mi fece disdegnoso,
a qual pro? Ma alla veglia dolorosa
una fiamma splendeva e la nutriva
una speme più forte.
Chè se al lieto commercio e del piacere
al giocondo convito l’imperioso
battere mi togliea del mio volere
impaziente, e mi togliea il fatale
precipitar dell’ora nel futuro,
pur m’indicava la mia ferma fede
un giorno ed una gioia senza fine,
e l’affrettava.
Ahi, quando pur m’illude la mortale
mia vista che di fuor ci tinge certo,
quanto ci manca sol perchè ci manca
"vuoto il presente, vuoto nel futuro
senza confini ogni presente, placa
il voler tuo affannoso!
non chieder più che non possa natura!"
ma il cor vive, vuole, chiede e aspetta
pur senza speme, aspetta e giorno ed ora,
e giorno ed ora nè sa che s’aspetta,
e inesorabilmente
passan l’ore lente.
Così è fuggita e fugge giovinezza,
ed i miei sogni e la speranza antica
nel mio cupo aspettar ancor ritrovo
insoddisfatti.
Che mi giova, o natura luminosa,
l’armonia del tuo gioco senza cure?
Ahi, chi il tuo ritmo volle preoccupare,
rientrar non può nei tuoi eterni giri
ad oziare
nel lavoro giocondo ed oblioso!
E suo destino attender senza speme
nè mutamento,
vegliando, il passar dell’ore lente.
Dicembre 1909
antivigilia dell’anno nuovo.

domenica 29 dicembre 2013

Lido di Giuseppe Ungaretti

Georges De La Tour*The fortune teller
           1925
L'anima dissuade l'aspetto
Di gracili arbusti sul ciglio
D'insidiosi bisbigli.

Conca lucente che all'anima ignara
Il muto sgomento rovini
E porti la salma vana
Alla foce dell'astro freddo,
Anima ignara che torni dall'acqua
E ridente ritrovi
L'oscuro,

Finisce l'anno in quel tremito.
*************
SENTIMENTO DEL TEMPO

sabato 28 dicembre 2013

Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere di Giacomo Leopardi

J.C.Leyendecker*Silent night*28.12.1935
Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere. Almanacchi per l'anno nuovo?
Venditore. Si signore.
Passeggere. Credete che sarà felice quest'anno nuovo?
Venditore. Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere. Come quest'anno passato?
Venditore. Più più assai.
Passeggere. Come quello di là?
Venditore. Più più, illustrissimo.
Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore. Saranno vent'anni, illustrissimo.
Passeggere. A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo?
Venditore. Io? non saprei.
Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore. No in verità, illustrissimo.
Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore. Cotesto si sa.
Passeggere. Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore. Cotesto non vorrei.
Passeggere. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore. Lo credo cotesto.
Passeggere. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere. Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passeggere. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passeggere. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Passeggere. Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.
***************
OPERETTE MORALI

venerdì 27 dicembre 2013

L'orologio di Charles Baudelaire

Salvador Dalì*Persistenza della memoria*1931
Orologio, sinistro iddio, impassibile,
spaventoso, il cui dito ci minaccia
e ci dice: "Ricordati!" I vibranti
Dolori, come al centro di un bersaglio,
presto si pianteranno nel tuo cuore
riempito di sgomento; il vaporoso
Piacere sfuggirà nell’orizzonte
come silfide in fondo al palcoscenico;
ti divora ogni istante un po’ di quella
delizia che ad ogni uomo fu accordata
per il suo tempo. Mormora tremila
seicento volte, ad ogni ora, il Secondo:
"Ricordati!" – L’Adesso, con la voce
d’insetto, dice rapido: Io sono
l’Allora, ed ho succhiato con l’immondo
pungiglione la tua vita. Remember!
Souviens-toi, prodigo! Esto memor!
(La mia gola metallica ogni lingua
parla.) I minuti sono sabbie, o allegro
mortale, che non possono lasciarsi
senza estrarne un po’ d’oro! Souviens-toi
che il Tempo è un giocatore avido che
vince senza barare, ad ogni colpo.
È legge. Scema il giorno e già la notte
cresce; ricorda! Il baratro ha una sete
perenne; la clessidra ormai si svuota.
Suonerà quanto prima l’ora in cui
il divin Caso, l’augusta Virtù,
la tua sposa ancora vergine, lo stesso
Pentimento(ahimé, l’ultimo rifugio!),
ed ogni cosa, ti diranno: Muori,
vecchio vigliacco, è troppo tardi ormai!
I FIORI DEL MALE
********************
L'Horloge

Horloge! dieu sinistre, effrayant, impassible,
Dont le doigt nous menace et nous dit: Souvient-toi!
Les vibrantes Douleurs dans ton cœur plein d’effroi
Se planteront bientôt comme dans une cible;

Le Plaisir vaporeux fuira vers l’horizon
Ainsi qu’une sylphide au fond de la coulisse;
Chaque instant te dévore un morceau du délice
A chaque homme accordé pour toute sa saison,

Trois mille six cents fois par heure, la Seconde
Chuchote: Souviens-toi! – Rapide, avec sa voix
D’insecte, Maintenant dit: Je suis Autrefois,
Et j’ai pompé ta vie avec ma trompe immonde!

Remember! Souviens-toi, prodigue! Esto memor!
(Mon gosier de métal parle toutes les langues.)
Les minutes, mortel folâtre, sont des gangues
Qu’il ne faut pas lâcher sans en extraire l’or!

Souviens-toi que le Temps est un joueur avide
Qui gagne sans tricher, à tout coup! C’est la loi.
Le jour décroit; la nuit augmente; souviens-toi!
Le gouffre a toujours soif; la clepsydre se vide,

Tantôt sonnera l’heure où le divin Hasard,
Où l’auguste Vertu, ton épouse encore vierge,
Où le Repentir même (oh! La dernière auberge!),
Où tout te dira: Meurs, vieux lâche! Il est trop tard!’
*****************
LES FLEURS DU MAL

giovedì 26 dicembre 2013

Santo Stefano 1946 di Leonardo Sinisgalli

J.C.Leyendecker
Vantano i nomi fatui della rosa
ai piedi delle statue le fioraie romane.
Stringo le spine secche sulla proda
ove un giorno spuntò improvviso dall'Erebo
Amore, e accolgo nel vecchio bavero
il fiato che ogni anno si fa più debole.

mercoledì 25 dicembre 2013

Notte di Natale di Alfonso Gatto

Amy Hogebom*1926
Sempre più disperata dentro l'anima,
sempre più sola questa lunga notte,
di memoria in memoria a dirti amore.
Fu per le strade della dolce estate
che non ritorna, ora è città l'inverno,
e straniero a nascondermi nel buio
della mia stanza, gli occhi grandi in volto,
vedo la pioggia che vacilla ai lumi
del vento, l'oro delle porte accese.
Per lo stupore d'essere, la mano
si distingue sul vetro nella mite
chiarezza effusa, ed è destarti all'alba
delle parole chiedere se esisti,
se vivere di te forse è morire.

Le verande del mare rifiorite
d'un soffio nella cenere, la calma
dell'ascoltare le parole buone,
comuni, che non sembrano mai dette
e sono qui tra noi, in questa notte
dove ogni voce che mi parla è tua.
Di memoria in memoria a dirti amore,
di silenzio in silenzio a dire pioggia
la tristezza del mondo, la paura.
****************
POESIE D'AMORE

martedì 24 dicembre 2013

24 Dicembre, Parigi - Notre Dame di Sandra Cisneros

La Senna scorre via.
Felice, felice.
Il fiume. La pioggia.
Acqua dentro l'acqua.

Un ombrello azzurro svanisce nella nebbia.
Un bimbo fra le braccia di sua madre.
I piloni sussultando come in un delirio.
Vento fra le nervature delle piante.
La pioggia dentro il fiume.

Domani potrebbero qui trovare un corpo -
sciolto come una poesia,
dissolto come cialda.
Dire che il corpo era di donna.
Ofelia Ritrovata.
Sfatto il lieve grumo che a spirale si dissolve.
Senza un suono.

Termina un anno
felicemente. Felicemente
un altro inzia.
Esco nella strada un'altra volta.
I polsi pieni di vitalità.
Il cuore che chiede una volta ancora.
I MIEI MODI MOLTO PERVERSI
************
December 24th, Paris - Notre Dame

The Seine runs along.
Merrily, merrily.
the river, the rain.
Water into water.

A blue umbrella fading into fog.
A child into his mother's arms.
Buttresses leaping delirious.
Wind through the vein of trees.
The rain into the river.

Tomorrow they might find a body here -
unraveled like a poem,
dissolved like wafer.
Say the body was a woman's.
Ophelia Found.
Undid the easy knot and spiraled.
Whitout a sound.

A years ends
merrily. Merrily
another one begins.
I go out into the street once more.
The wrists so full of living.
The heart begging once again.
MY WICKED WICKED WAYS
*****
Sotto il Quinto Sole
(Antologia di poeti chicani)

lunedì 23 dicembre 2013

La viggija de Natale di Giuseppe Gioacchino Belli

Ustacchio, la viggija de Natale
tu mmettete de guardia sur portone
de quarche mmonziggnore o ccardinale,
e vvederai entrà sta priscissione.

Mo entra una cassetta de torrone,
mo entra un barilozzo de caviale,
mo er porco, mo er pollastro, mo er cappone,
e mmo er fiasco de vino padronale.

Poi entra er gallinaccio, poi l’abbacchio,
l’oliva dorce, er pesce de Fojjano,
l’ojjo, er tonno, e l’inguilla de Comacchio.

Inzomma, inzino a nnotte, a mmano ammano,
tu llì tt’accorgerai, padron Ustacchio,
quant’è ddivoto er popolo romano.
J.C.Leyendecker
Ustacchio=Eustachio
priscissione=processione
Fojjano=Lago nelle paludi pontine, assai in credito per la pesca

domenica 22 dicembre 2013

L'albergo di Tito Marrone

Albrecht Dürer
Naufrago nella notte di Natale
in una scialba camera d'albergo,
dinanzi alla candela
che guizza e fuma...
E, mentre si consuma
l'anima ad ascoltare il tristo vento
che schernisce sul tetto
la magra pioggia,
di là l'ostessa con la voce chioccia
litiga in un suo gergo maledetto.
Pace, ostessa! A quest'ora, nelle chiese
del mio paese,
s'inazzurra la messa di Natale,
brulicano i lumini dei presepi.
I Re Magi viaggiano
lungo le siepi,
dietro la stella di fili d'argento,
verso la capannuccia di Gesù:
brontola il vento e la neve vien giù.
Or dove mai sarà
quel piccolo pastore
che alla sua rammendata cornamusa
appendeva il mio cuore?
Dove, la stella di fili d'argento?
Dove son io fanciullo?
Il mio presepio è brullo,
abbandonato, spento.
**********
POEMI PROVINCIALI

sabato 21 dicembre 2013

Er presepio de la Resceli di Giuseppe Gioacchino Belli

Leonardo*Adorazione dei Magi
Er boccetto in perucca e mmanichetti
è Ssan Giuseppe spòso de Maria.
Lei è cquella vestita de morletti
e de bbroccato d'oro de Turchia.

Vedi un pupazzo pieno de fiocchetti
tempestati de ggioje? ecch'er Messia.
Cazzo! evviva sti frati bbenedetti,
che nun ce fanno vede guittaria!

Cuello a mezz'aria e ll'angelo custode
de Ggesucristo; e cquelli dua viscino,
la donna è la Sibbilla e ll'omo Erode.

Lui disce a llei: "Dov'ello sto bbambino
che le gabbelle mie se vò ariscòde?".
Lei risponne: " Hai da fà mòrto cammino".
*******************

Si parla del presepio dè frati zoccolanti dell'Ara-Coeli sul Campidoglio, costruito ogni anno veramente secondo la descrizione che qui se ne dà.
Boccetto=vecchietto
Morletti=merletti
Guittaria=miseria
Ariscode=Riscuotere per esigere
Mòrto=molto
Erode viene qui confuso con Augusto imperatore, cui la Sibilla Tiburtina profetizzò la nascita di Cristo.
G.G. Belli nel 150° della morte 21 dicembre 1863

venerdì 20 dicembre 2013

Alla notte di Percy Bysshe Shelley

Norman Rockwell*1941
I
Cammina veloce sull’onda dell’ Ovest,
spirito della Notte!
Esci dall’antro brumoso dell’Est
dove per tutto il lungo e solitario giorno
ordisti sogni di gioia e di paura
che ti fanno terribile e cara, -
veloce sia il tuo volo!
II
Avvolgi la tua forma in un mantello grigio
trapuntato di stelle!
Acceca coi tuoi capelli gli occhi del Giorno;
bacialo fino a sfinirlo,
poi vaga su città, mare e terra,
ogni cosa toccando con la tua verga oppiata -
vieni, a lungo bramata!

III
Allorchè mi levai e vidi l'alba,
io sospirai per te; quando fu luce
alta e sparì la rugiada, e il meriggio opprimeva
fiore e pianta, e il logoro giorno,
volgeva al riposo, indugiando come ospite sgradito,
per te, io sospirai.

IV
Venne tua sorella, la Morte, e gridò: Mi vorresti?
Il dolce tuo figlio sonno
dagli occhi velati, mormorò come ape in pieno giorno,
devo annidarmi accanto a te? Mi vorresti? Ed io risposi,
no, non te!

V
La Morte verrà quando sarai morta presto, troppo presto,
il sonno verrà quando sarai fuggita. A nessuno dei due chiederei la Grazia.
A te la chiedo, O Notte Adorata,
veloce sia il tuo volo verso di me,
vieni presto, presto!
***
"To Night"

Swiftly walk o'er the Western wave, Spirit of Night!
Out of the misty Eastern cave, where, all the long and lone
day light, thou wovest dreams of joy and fear, whick make thee terrible and dear.
Swift be thy flight!
Wrap thy form in a mantle gray, star-in wrought! Blind with thine hair the eyes of day;
Kiss her until she be wearied out,
then wander o'er city and sea, and land,
touching all with thine opiate wind
-Come Long, Sought!-

When I arose and saw the dawn,
I sighed for thee.
When light rode high and the dew was gone,
and moon lay heavy flower,
and tree, and the weary day turned to his rest,
lingering like an unloved guest,
I sighed for thee.

Thy brother the Death come and cried wouldst thou me? Thy sweet child sleep, the filmy-eyed, murmured like a noon tide bee, shall I nestle near thy side? Wouldst thou Me? And I replied, no, not thee!

Death will come when thou art dead soon,too soon -sleep will come when thou art fled. Of neither would I ask the boom, I ask of Thee, Beloved Night, swift be thine approaching flight,
Come soon, soon!

giovedì 19 dicembre 2013

Ignorabimus di Guido Gozzano

Marie Alexandre Guenin
Certo un mistero altissimo e più forte
dei nostri umani sogni gemebondi
governa il ritmo d'infiniti mondi
gli enimmi della Vita e della Morte.
Ma ohimè, fratelli, giova che s'affondi
lo sguardo nella notte della sorte?
Volere un Dio? Irrompere alle porte
siccome prigionieri furibondi?
Amare giova! Sulle nostre teste
par che la falce sibilando avverta
d'una legge di pace e di perdono:
«Non fate agli altri ciò che non vorreste
fosse a voi fatto!». Nella notte incerta
ben questo è certo: che l'amarsi è buono!
***************
LA VIA DEL RIFUGIO
*********
Guido Gozzano*19 dicembre 1883-19 dicembre 2013

mercoledì 18 dicembre 2013

Natale di Alfonso Gatto

Carl Larsson*1904
La famiglia nella grande cucina fa il pane: in tutta la
notte si rannicchia la fiamma, ai volti di rame infoca
un lucido broncio.
In una gran cassa sbatte la pasta, carne fresca alle
mani dello sguattero buffo.
Nella dispensa, sacchi di morti pesano in una luce
d’olio.
**************
POESIE 1929-1941

martedì 17 dicembre 2013

Sermone di Natale di Olindo Guerrini (Argia Sbolenfi)

Giotto
O Messia profetato ai sofferenti,
Pietoso un dì consolator del mondo,
Inutilmente ormai torni alle genti,
Bambino biondo!

Non è più il tempo in cui l’amor potea
Illuminar le menti e incender l’alme,
In cui per te Gerusalemme avea
Osanna e palme.

O dilettose al cor notti stellate
De’ colli galilei sui dolci clivi,
Tra il canto delle donne innamorate,
Sotto gli ulivi.

O susurranti al sol gaie fontane,
Di solinghi riposi allettatrici,
Cui sale la canzon delle lontane
Spigolatrici.

O vigne d’Israel che i dolci frutti
Maturaste all’umil schiera seguace,
Voi non l’udrete più chieder per tutti
Giustizia e pace!

E tu, benigno, che a cercar scendevi
L’agnel che si smarrì nella campagna
E l’Evangelo dell’amor dicevi
Sulla montagna,

Guarda! Un’idolatria cauta e discreta
Agli Apostoli tuoi cresce l’entrate.
Pietro che ti negò, batte moneta;
Tommaso è frate.

Il sangue che grondò dalla tua croce
Oggi feconda l’odio e non l’amore.
Presso al complice altar veglia feroce
L’inquisitore.

L’astuta ipocrisia dell’egoismo
Che la ragione all’util suo sommette,
Distilla le bugie del catechismo
Nelle scolette

E nella Chiesa che chiamar non sdegna
Santo l’inganno e la menzogna pia,
Angelico Dottor, Barabba insegna
Teologia.

Perchè tornar se alla novella pena
Oggi trarresti inutilmente il fianco?
Più balsami non ha la Maddalena
Pel rabbi stanco.

Non si ricorda più d’averti amato,
Ma, isterica romea, col bacio scende
Al laido piè che, del tuo nome ornato,
Caifa le stende:

E colei che chiamar madre ti piacque
E nel sepolcro il corpo tuo compose,
Or vezzeggia i clienti e vende l’acque
Miracolose.

Fuggi, fuggi da noi, bambino biondo:
Torna piangendo dal presépe al cielo.
Il Sillabo di Pio cacciò dal mondo
Il tuo Vangelo.

Dall’avarizia vinta e dal peccato
La tua fede morì povera e nuda.
Oggi nel nome tuo regna Pilato,
Governa Giuda.
***
RIME DI ARGIA SBOLENFI*1897

lunedì 16 dicembre 2013

Quattro canzoni da cabaret per Miss Hedli Anderson- 1° Johnny di Wystan Hugh Auden

Francisco Masriera Y Manovens
1° - Johnny

Oh, la valle estiva dove ci perdevamo
io e il mio John lungo il fiume profondo
mentre ai nostri piedi i fiori e in alto gli uccelli
ragionavano dolci di reciproco amore,
e io sulla sua spalla dicevo: "Johnny, giochiamo":
ma lui più torvo del tuono se ne andò.

Oh, quel venerdì ricordo verso Natale
quando andammo al ballo di beneficenza,
così liscia la pista e chiassosa l'orchestra
e Johnny così bello che ero tutta fiera;
"Stringimi forte, Johnny, fino all'alba balliamo":
ma lui più torvo del tuono se ne andò.

Potrò mai scordare la musica che al Gran Galà
fluiva da tante eccellenti celebrità?
Diamanti e perle pendevano abbaglianti
sulla seta argentata o dorata delle vesti;
"Oh, Johnny, in paradiso mi sento" gli sussurrai;
ma lui più torvo del tuono se ne andò.

Oh sì, era bello come un giardino in fiore,
alto e slanciato come la Torre Eiffel,
quando il valzer risuonò lungo la passeggiata
oh, quegli occhi e quel sorriso mi colpirono il cuore;
"Oh, sposami, Johnny; t'amerò e obbedirò":
ma lui più torvo del tuono se ne andò.

Oh, Johnny, amor mio, questa notte t'ho sognato,
avevi il sole su un braccio e la luna sull'altro,
il mare era azzurro e l'erba era verde,
ogni stella scuoteva un tondo tamburello;
in un pozzo profondo diecimila miglia stavo:
ma tu più torvo del tuono te ne andasti.
***************
O the valley in the summer where I and my John
Beside the deep river would walk on and on
While the flowers at our feet and the birds up above
Argued so sweetly on reciprocal love,
And I leaned on his shoulder; "O Johnny, let's play":
But he frowned like thunder and he went away.

O that Friday near Christmas as I well recall
When we went to the Charity Matinee  Ball,
The floor was so smooth and the band was so loud
And Johnny so handsome I felt so proud;
"Squeeze me tighter, dear Johnny, let's dance till it's day":
But he frowned like thunder and he went away.

Shall I ever forget at the Grand Opera
When music poured out of each wonderful star?
Diamonds and pearls they hung dazzling down
Over each silver or golden silk gown;
"O John I'm in heaven," I whispered to say:
But he frowned like thunder and he went away.

O but he was fair as a garden in flower,
As slender and tall as the great Eiffel Tower,
When the waltz throbbed out on the long promenade
O his eyes and his smile they went straight to my heart;
"O marry me, Johnny, I'll love and obey":
But he frowned like thunder and he went away.

O last night I dreamed of you, Johnny, my lover,
You'd the sun on one arm and the moon on the other,
The sea it was blue and the grass it was green,
Every star rattled a round tambourine;
Ten thousand miles deep in a pit there I lay:
But you frowned like thunder and you went away.
******
FOUR CABARET SONGS
FOR MISS HEDLI ANDERSON

domenica 15 dicembre 2013

Vicino e lontano di Alfonso Gatto

Norman Rockwell*1934
Quell'odore di cenere, di pane
che saliva dal carcere una sera
mi riportò, ricordo, alle lontane
sorprese del vedermi tra chi m'era

vicino, di quel tempo, di quel luogo,
e chi, lontano, avevo appreso al rogo
del suo segreto nella morte un giorno.

Un evento accaduto nei millenni
al mio primo conoscerlo accadeva,
oltre il libro segnato, ai primi accenni
dei fuochi di dicembre, nella neve

del mio Natale inebriato. Quasi
a volere per l'ospite l'arrivo
d'ogni pensiero alla mia stessa casa,
dal carcere guardavo a quel che udivo

venir dal tempo con la sua memoria
e farsi vita di noi tutti al fuoco.
Di stanza in stanza i passi della storia
tornavano lontani come a un fioco

riverbero di neve sulla porta.
E temuti e sperati erano i segni
dell'età breve in quella luce sporta
agli infissi di pietra, ai vecchi legni.

Dal primo non sapere a quel che poi
venne a conferma della nostra sorte:
la certezza che vissero per noi
i conviti dipinti della morte.
***********
DESINENZE

sabato 14 dicembre 2013

Senza ridere di Paul Eluard

Jean Gabriel Domergue
A male:

Come una perla ove s'accumula la luna
Fredda fino a fissare i profili d'inverno
Fredda fino a confonder fiamma e cenere
Indifferente e dimentica a morte

Eppure la vedevo muovere viva e nuda
Parlavo la sua lingua lei ignorava la mia
Alla sera ignorava la mia sete patetica
Ma basta una ragione anche minima a vivere

Era colei che svela le rovine
L'oblio delle rovine come l'oblio dei lutti
Era vivente e nuda ritmo alla mia rinascita
Tutto del suo disastro io dovevo sapere

Perchè egoista io al declino delle notti riavessi
L'aurora bassa e il fiore di luce che trasale
Sul vasto orizzonte delle quattro stagioni forti
Dove l'uomo ha nei figli la sua immagine multipla.

A bene:

Essa era lenta ella accoglieva sole e neve
Così maestosamente
Accoglieva il suo corpo confuso ad altri corpi
Come accoglie un amante

Era tenera e dolce offriva le sue mani
Come un uccello il canto
Si apriva con un bacio e se n'andava
In cerca del bel tempo

Ella era forte non perdeva tempo
In tormenti in affanni
Riuniva in sè la nuda ghiaia fine
Al riso dei primi anni

Immensamente reale ella reinventava
Una terra accordata una terra natale
E occhi per vedervi che tutto ha da esser visto
Senza derisione: il sasso in fondo a un pozzo

E il tronco morto che è gioia del vischio.
***************
SANS RIRE

Au mal:

Comme une perle où la lune s'amasse
Froide jusqu'à fixer les contours de l'hiver
Froide jusqu'à confondre et la flamme er la cendre
Indiffèrente et oublieuse à en mourir

Je la voyas pourtant bouger vivante et nue
Je parlais son langage elle ignorait le mien
Le soir elle ignorait ma soif sentimentale
Mais la moindre raison de vivre est suffisante

Elle ètait celle qui rèvéle les ruines
et l'oubli des ruines et l'oubli des deuils
Vivante et nue elle règlait ma renaissance
J'avais besoin de tout savoir de son dèsastre

Pour au dèclin des nuits retrouver égoiste
L'aube basse et la fleur tressaillante du jour
Sur le vaste horizon des quatre saisons fortes
Où l'homme multiplie son image en ses fils.

Au bien:

Elle était lente elle brassait soleil et neige
Majestueusement
Elle brassait son corps mêlé à d'autres corps
Comme on brasse un amant

Elle ètait tendre et douce elle donnait ses mains
Comme un oiseau son chant
Elle s'ouvrait sur un basier et s'en allait
En quête du beau temps

Elle était forte et n'avait pas de temps à perdre
En soucis en tourments
Elle unissait la nuditè des pierres fines
Au rire des enfants

Immensément rèelle elle réinventait
Une terre accordée une terre natale
Et des yeux pour y voir que tout vaut d'être vu
Sans dérision comme un caillou au fond d'un puits

Et comme un arbre mort qui fait la joie du gui.

UNE LEÇON DE MORALE*1949
**********
Paul Eluard
14 dicembre 1895
14 dicembre 2013

venerdì 13 dicembre 2013

Santa Lùssia (Santa Lucia) di Berto Barbarani

Stevan Dohanos*1952
I l'à fati su de note,
co le asse e col martel,
co le tole, mèse rote,
piturade da cortel,

co 'na tenda trata sora
co i lumeti trati là...
L' è così che salta fora
i bancheti de la Brà!

Là, gh'è paste, là, gh'è fiori,
gh’è i zugatoli da un franco,
(i zugatoli da siori)
ma ghi n’è che costa manco;

ghi n'è fin che costa un besso,
e ghi n’è che de val tri...
«Con parmesso, con parmesso,
che vòi vedarli anca mi.»

Le puote bele bianche,
le se buta fora in strada;
un caval da do palanche
l’è drio a trarme una peada...

Sto tranvai co i so vagoni
par che el fassa: fu, fu, fu!...
"Bei maroni, bei maroni,
de comandelo, anca lu?"

Giovanin, l’è meso mato
par sta bela carossina;
"Mandolato! Mandolato
tuto mandole e farina"

Quanta gente! Che boresso,
drio a ‘na tromba che fa piiiii...
«Con parmesso, con parmesso,
che vòi vedarla anca mi.»

Me morosa picinina
de girar no l'è mai straca;
se la cata una vetrina,
l'è nà pégola che taca;

la roversa fin i oci,
la me sburta e, signor sì,
se badasse a i so zenoci,
cossa mai saria de mi!

Me morosa piassè granda,
la rasona e la me scolta,
mai de mi no la se sbanda,
l'è un piasèr condurla in volta....

La me dise in te una recia:
«No sta spendar, l'è pecà!»
Me morosa piassè vecia,
l'è la prima dela Brà!
*************
Trad: quasi simultanea:
Li hanno fatti di notte con le tavole mezze rotte, con una tenda buttata là malamente ed ecco i banchetti di Piazza Brà, là ci son paste, fiori, giocattoli da un franco, quindi per signori, ma ce ne sono che costano meno, permesso permesso voglio vederli anch'io. Le bambole bianche vengono esposte sulla strada e un cavallo a dondolo da pochi soldi sta per darmi un calcio.
Passa il tram che fa fru fru, belle castagne belle castagne ne vuole anche lei? Giovannino è entusiasta per questa bella carozzina, mandorlato mandorlato tutto mandorle e farina. Quanta gente, che confusione dietro a una tromba che fa pi-pi, con permesso voglio vederla anch'io. La mia piccola fidanzata di girare non è mai stanca se trova una vetrina diventa attaccaticcia, rovescia gli occhi e mi dà ginocchiate, l'altra mia fidanzata più grande ragiona e mi ascolta, ma da me non si stacca è un piacere portarla in giro e mi dice in un orecchio "Non spendere è peccato" La mia fidanzata più vecchia è la prima della piazza Brà.

giovedì 12 dicembre 2013

Dicembre di Carlo Michelstaedter

Scende e sale senza posa
nebbia e pioggia greve e scura,
nella nebbia la natura
si distende accidiosa.

Norman Rockwell*1931
Goccia, goccia lieve e chiara
va sicura al suo destin,
scende e spera, e vanno a gara
altre gocce senza fin.
Giù l’attende terra molle,
dove all’altre unita va
a formar le pozze putride
per i campi e le città.

Nella pozza riflettete,
gocce unite in società,
grigio in grigio terra e cielo
per i campi e le città.

Ma la noia, il disinganno
fa le gocce sollevar,
ed il bene che non sanno
van col vento a ricercar.
Dalle pozze, dalle valli
sale il velo e in alto va,

non ha forma nè colore
l’affannosa umidità.

Nella nebbia la natura
si distende accidiosa,
scende e sale senza posa
pioggia e nebbia fastidiosa.
Vigilia di Natale 1909

mercoledì 11 dicembre 2013

Lo stesso fatuo alone di Leonardo Sinisgalli

1927
Lo stesso fatuo alone della veste 
Rossa nel fumo delle nebbie di un tempo,  
Lo stesso sgomento se tra gli alberi piovosi
Mi riporta dicembre a questa svolta.  
Tu non vieni. La pena non ritarda  
Lungo le mura, una voce  
Mi chiama o il tuo colore che arde  
Sotto la pioggia fine.
(La fioraia
Grida le eglantine.)
Tu non vieni,  
La pena non ritarda  
E fa più dolce il bene che ti aspetta.
(Entro lo scroscio della grondaia)
Una voce diletta...)

martedì 10 dicembre 2013

Sole e miele di Osip Mandel'štam

Prendi dalle mie palme per tua gioia
un po’ di sole ed anche un po’ di miele,
come voglio l’api di Persèfone.

Nave non ormeggiata non si salpa,
nè s’ode l’ombra avvolta di pelliccia,
nè qui al mondo si vince la paura.

I baci ci rimangono soltanto,
baci così pelosi come l’api,
che muoiono lasciando l’alveare.

E ronzan nelle notti di dicembre:
la loro patria è il bosco del Taigèto,
e cibo, il tempo, l’edera e la menta.

Prendi il mio fiero dono per tua gioia,
l’arido e brutto vezzo d’api morte
che il miele sanno trasmutare in sole.
Trad. Renato Poggioli

lunedì 9 dicembre 2013

Ecco è apparsa di Alexander Blok

J.J.J. Tissot*Princesse de Broglie
Ecco è apparsa. Ha offuscato
tutte le amiche, tutte le eleganti,
e la mia anima è entrata
nel cerchio a lei assegnato dal destino.

Sotto il gèmito ardente della neve
sono fiorite le tue fattezze.
Solo la tròjka fugge tintinnando
in un bianco-nevoso assopimento.

Tu hai scrollato i sonagli,
mi hai trascinato nei campi…
Con seta nera mi strangoli, 
sbottoni lo zibellino…

Forse per quella libertà sbrigliata
si rammarica il vento lungo il fiume,
tintinnano e si spengono nei campi
i sonagli e le deboli fiammelle?

È serrata la tua cintura d'oro,
sfrontatamente modesto lo sguardo selvaggio!
I minuti ingannino ogni cosa,
svaniscano in un rogo fiammeggiante!

Così il vento si metta a cantare
gli inganni, a cantare la seta!
Gli uomini non sappiano giammai
com'è sottile la tua mano! Come

per un attimo dietro la scura veletta
mi si è dischiusa la lontananza…
Come sopra la bianca, la nevosa
lontananza è caduta la scura veletta…

dicembre 1906

domenica 8 dicembre 2013

La bambina sognata di Alfonso Gatto

Julian Alden Weir
Vedi, per la sua grande luna il cielo
in viaggio da sempre t'ha fermata
su questa soglia d'acqua, alle tue mani
la bambina sognata.
Ne sorridi, più nulla può toccarti.
Aspetti che la nave
nel crepuscolo all'alba porti il latte
degli scampati, le parole buone,
di neve, che ricordano il Natale.
*************
POESIE D'AMORE

sabato 7 dicembre 2013

Ti ho amato di Evgenij A .Evtušenko

Norman Rockwell*1929
Ti ho amato al suono di Piazzolla,
e con lo scricchiolìo di lenzuola inamidate,
e sotto il fruscio dei girasoli,
al suono di Armstrong
e al suono di Rachmaninov.
Al risuonare di Glenn Gould.
di Saša Izbiter
di João Gilberto
e sotto lo sgocciolio di statue bagnate
e di colori non asciutti del cavalletto.
E in un pagliaio
al sorgere del sole con i galli,
dove, destatomi,
io ti volevo,
e nel doppio respiro
di due corpi come uno solo.

Zaporoz' e, 7 dicembre 2008

venerdì 6 dicembre 2013

Da NASTRO PER IL VOLGERE DELL'ANNO di Archibald Randolph Ammons

Norman Rockwell*1930
6 dic:
oggi ho
deciso di scrivere
un poema
lungo
sottile

impiegando certe
considerazioni classiche:
questa
parte è chiamata pro-
logo: ha a che fare con
il compito di
iniziare:

prima bisogna
tributare il riconoscimento
alla Musa,
salutarla e implorarla:
non posso scrivere
senza il suo aiuto
ma quando
il suo aiuto arriva è
acqua di sorgente primaverile,
caldo e scioglimento,
ruscello
inesauribile:
la saluto, signora
dai mille nomi -
Ispirazione
Inconscio
Apollo (per la sua parte maschile)
Parnasso (come il suo
rifugio)
Fonte pieria (come
la natura del suo
andare)
Ippocrene
Pegaso:
più di ogni cosa è una
donna, forse
una donna in noi, che ci dà
fuoco, non ci dà
tregua
fino a quando
si compie il suo volere:
***************
from TAPE FOR THE TURN OF THE YEAR
6 Dec:
today I
decided to write
a long
thin
poem

employing certain
classical considerations:
this
part is called the pro-
logue: it has to do with
the business of
getting started:

first the
Muse
must be acknowledged,
saluted, and implored:
I cannot write
without her help
but when
her help comes it's
water from spring heights,
warmth and melting,
stream
inexhaustible:
I saluted her, lady
of a hundred names -
Inspiration
Unconscious
Apollo (on her man side)
Parnassus (as her
haunt)
Pierian spring (as
the nature of her
going)
Hippocrene
Pegasus:
most of all she's a
woman, maybe
a woman in us, who sets
fire to us, gives us no
rest
till her
will's done:

giovedì 5 dicembre 2013

Dicembre a Porta Nuova di Leonardo Sinisgalli

Frederick Childe Hassam*Christmas 1892
Mi raccoglie nel suo gomito
inerte la fredda sera d'autunno.
Scorre deserta sulle foglie

e mi ridesta a ogni tonfo
dei castagni. Tutto il bene
che mi resta forse è in quest'ora
calma che si accerta
a questa svolta che si gonfia
d'acque perchè la ripa si fa stretta.
Poi rotta la dolcezza dell'indugio

ognI cosa decade con più fretta
e non mi duole l'alito d'ombra
che mi gela la fronte.
Sopra la spalletta curvo m'assale
il vento dalla buca del ponte.
***************
VIDI LE MUSE

mercoledì 4 dicembre 2013

Il gatto e la luna di William Butler Yeats

Ruth Sanderson
Il gatto andava qua e là e la luna
girava in tondo come una trottola
e il più prossimo parente della luna,
il gatto strisciante, guardò su.

Il nero Minnaloushe fissava la luna,
ché, nel suo gemere e vagare,
la pura luce fredda su nel cielo
agitava il suo sangue d’animale.

Minnaloushe corre nell’erba
levando le zampe delicate.
Danzi, Minnaloushe, danzi?
Quando due parenti stretti s’incontrano,
cosa c’è di meglio che ballare?
Forse la luna può imparare,
stanca di quelle maniere regali,
un nuovo giro di danza.

Minnaloushe striscia nell’erba
da un luogo all’altro al chiaro di luna,
il sacro astro lassù
è entrato in una nuova fase.
Lo sa Minnaloushe che le sue pupille
andranno di mutamento in mutamento,
passando dal plenilunio alla falce,
dalla falce al plenilunio?

Minnaloushe striscia nell’erba
solo, compreso e guardingo,
e alza alla mutevole luna
i suoi occhi mutevoli.
******************
The Cat And The Moon

The cat went here and there
And the moon spun round like a top,
And the nearest kin of the moon,
The creeping cat, looked up.
Black Minnaloushe stared at the moon,
For, wander and wail as he would,
The pure cold light in the sky
Troubled his animal blood.
Minnaloushe runs in the grass
Lifting his delicate feet.
Do you dance, Minnaloushe, do you dance?
When two close kindred meet.
What better than call a dance?
Maybe the moon may learn,
Tired of that courtly fashion,
A new dance turn.
Minnaloushe creeps through the grass
From moonlit place to place,
The sacred moon overhead
Has taken a new phase.
Does Minnaloushe know that his pupils
Will pass from change to change,
And that from round to crescent,
From crescent to round they range?
Minnaloushe creeps through the grass
Alone, important and wise,
And lifts to the changing moon
His changing eyes.
A Rose, pilastro portante di questo blog 
e "mamma" adottiva di molti gatti
un buon compleanno!

martedì 3 dicembre 2013

Dicembre '43 di Alfonso Gatto

Manet
Hanno ammazzato Rèsega, c'è il sole,
la nebbia di dicembre sul viale
Bronzetti. E' uno, la pietà non vale,
si fermano al contento le parole.

Il lugubre apparato, il passo corto
dei gerarchi in corteo, ma al Cordusio
dalla Tessile sparano sul morto.
Il conto aperto non sarà mai chiuso.
************
GIORNALE DI DUE INVERNI
1943-'44
1964-'65

lunedì 2 dicembre 2013

Quella tua fotografia, l’ultima di Jacques Roubaud

Quella tua fotografia, l’ultima, l’ho lasciata sul muro,
tra le due finestre, al di sopra,

Della televisione disamorata, e la sera, nel golfo
di tetti a sinistra della chiesa, quando la luce,

Si concentra, quella che scivola, allo stesso tempo, in
due estuari obliqui, e immutabili, nell’immagine,

Io mi siedo, su quella sedia da dove si vede, 
contemporaneamente
l’immagine interiore la fotografia, ed intorno ad essa,
ciò che mostra,

Che la sera, soltanto, coincide, per la direzione della luce,
con essa, se non fosse che, a sinistra, nell’immagine, 
tu guardi,

Verso il punto dove io mi siedo, a vederti, invisibile
adesso, nella luce,

Della sera, pesante, sul golfo di tetti tra le due
finestre, ed io,

In assenza del tuo sguardo, che fissa, nell’immagine, il 
pensiero
di quell’immagine, a questo dedicata, alle sere di adesso
senza di te, a fuoco,

Vacillante dal dubbio di ogni cosa.
****************
Cette photographie, ta dernière

Cette photographie, ta dernière, je l'ai laissée sur le mur,
où tu l'avais mise, entre les deux fenêtres,

Et le soir, recevant la lumière, je m'assieds, sur cette
chaise, toujours la même, la regarder, où tu l'as posée,
entre les deux fenêtres,

Et ce que l'on voit, là, recevant la lumière, qui décline,
dans le golfe de toits, à gauche de l'église, ce qu'on
voit, les soirs, assis sur cette chaise, est, précisément,

Ce que montre l'image laissée sur le mur, sur le papier
brun sombre du mur, entre les deux fenêtres, la lumière,

Avance, en deux langues obliques, coule, dans l'image,
vers le point exact où le regard qui l'a conçue, le tien,
a conçu de verser indéfiniment de la lumière vers qui
moi, la regarde,

Posée, au coeur, de ce qu'elle montre,

Parcequ'en ce coeur, le coeur de ce qu'elle montre, que
je vois, il y a aussi, encore l'image elle même, contenue

en lui, et la lumière, entre, depuis toujours, depuis le
golfe de toits à gauche de l'église, mais surtout il y a,
ce qui maintenant manque

Toi. parceque tes yeux dans l'image, qui me regardent,
en ce point, cette chaise où je me place, pour te voir, tes
yeux,

Voient déjà, le moment, où tu serais absente, le pré-
voient, et c'est pourquoi, je n'ai pas pu bouger de ce lieu-
là.
♥♥♥
Maria Callas
2 dicembre 1923
2 dicembre 2013

domenica 1 dicembre 2013

Di dicembre di Cenne da la Chitarra

Lorenzo Costa*Concerto
Di dicembre vi pongo in un pantano
con fango, ghiaccia ed ancor panni pochi;
per vostro cibo fermo fave e mochi;
per oste abbiate un troio maremmano;

un cuoco brutto, secco, tristo e vano,
che vi dia colli guascotti e, que', pochi:
e qual tra voi ha lumi, dadi o rochi
tenuto sia come tra savi un vano.

Panni rotti vi do e debrilati;
apresso questo, onn’omo en capegli;
bottacci di vin montanar fallati.

E chi ve mira sì se meravegli,
vedendovi sì brutti e rabuffati,
tornando in Siena così bei fancegli.

sabato 30 novembre 2013

Autunno di Thomas Hood

Fritz Thaulow
I
Il cielo di autunno dorato si arrossa,
Leggiadri e lucenti scorrono i fiumi;
A spegnere il sole son solo rivoli
Di freddo inverno e nebbie dipinte.
II
Tra rami segreti non cantano uccelli,
Tra rami segreti non uno si cela;
Son solo le foglie che spiccano il volo
E venti d'inverno che urlano forte.
III
Non l'ombra degli alberi ma nuvola tetra
Su tristi vallate si china;
I fiori son dentro le tombe erbose
E tutti li copre di rugiada il pianto.
************
AUTUMN
I
The Autumn skies are flush'd with gold,
And fair and bright the rivers run;
These are but streams of winter cold,
And painted mists that quench the sun.
II
In secret boughs no sweet birds sing,
In secret boughs no bird can shroud;
These are but leaves that take to wing,
And wintry winds that pipe so loud.
III
'Tis not trees shade, but cloudy glooms
That on the cheerless vallies fall,
The flowers are in their grassy tombs,
And tears of dew are on them all.

venerdì 29 novembre 2013

Il novembre di Karl Mickel

Oskar Zwintscher
L'impronta delle tue natiche laghi tra i boschi
i piedi è ancora scuro allungo fuori dal letto.
Chi nomina le stagioni? Sono io
intorno a noi giaceva il fogliame come sul mio
tavolo le poesie. O pioggia novembre maggio
**************
DER NOVEMBER
Der Abdruck deiner Hinterbacken Waldseen
Die Füße schwarz früh streck ich aus'm Bett
Wer ernennt die Jahreszeiten? ich bin's
Um uns Laub lag wie auf meinem Tisch die
Gedichte. O Regen November  Mai.

giovedì 28 novembre 2013

Poesia e L'illuminata rugiada di Giuseppe Ungaretti

Thanksgiving*1912
Sagrado il 28 novembre 1916

I giorni e le notti
suonano
in questi miei nervi
di arpa

vivo di questa gioia
malata di universo
e soffro
di non saperla
accendere nelle mie parole
************
La terra tremola
di piacere
sotto un sole
di violenze gentili
(POESIE DISPERSE)

mercoledì 27 novembre 2013

Bisbigli di singhiozzi di Giuseppe Ungaretti

Charles Hawthorne
Sagrado il 27 novembre 1916

Mi tornano
transitando
per i canneti titubanti
lungo la strada
scorticata
sul dorso della solitudine
le parole
delle anime perse

e finiscono di smorzarsi
in quelle ondate
di masso
alleggerito dal buio
che accovacciato
all'orlo del cielo
viscido
come una maiolica
incide
una bocca affilata
di baratro.
*****
Poesie disperse

martedì 26 novembre 2013

Sequenza per un'ombra di Diego Valeri

Eugene Frank*Hortensia*1910
Lontananza di pallide pianure,
di nudi alberi neri,
di fiumi bianchi dentro rive oscure.
Ti seguo, desolata lontananza,
per questa via senza tempo, che mena
di là dalla speranza.
La casa verde era chiusa nell’ombra,
tra i fiumi erranti del bianco mattino.
Tu stavi ritta presso la casa,
sola nel sole, al confine dell’ombra:
ferma in quel moto di spazi confusi,
piccola forma opaca, che rompe
il sole, che fa la sua macchia d’ombra.
Sola eri e ferma, senza sorriso,
ferma nel sole, sola con l’ombra
della tua vita, della tua morte.
Tu porti nelle braccia il mio dolore
come una creatura:
dolce lo chiudi sopra il dolce petto
il tuo caro dolore.
Dove vai? Dove sei? Già ti allontani
da memorie e speranze, dai segreti
nostri pensieri, dal dolce dolore,
che fu nostro, di vivere. Ti perdi
nell’ombra dei tuoi occhi: sconfinata
ombra sul mondo. Sei già d’altri, o solo
tua. Non ti vedo più. Sento, non vedo,
il sole di settembre sul mio volto.
Allora tutte le cose furono quell’unica morte,
e il cielo una bocca d’abisso che fiata la morte.
In vetta alle alte case toccate d’ultimo sole
splendevano morti i ricordi della perduta vita:
lembi di un oro nero di sogni, parole
di sangue sospese nell’aria come fiamme morte.
Vivi eran solo i tuoi occhi, versando calmi
una luce estrema d’amore sul mondo morto.
Tutto perduto. Il mondo
era il nostro segreto?
Sopra il dedalo oscuro delle sorti,
e i fuochi dell’amore, e gli orizzonti
della speranza, sopra i chiari fonti
battesimali e i tumuli dei morti
c’è nell’alto Qualcuno, viso d’angelo,
pupilla inesorabilmente aperta
che veglia in solitudine deserta,
riguarda, e silenziosamente piange.
***************
Terzo tempo*1950

lunedì 25 novembre 2013

Li ventiscinque novemmre di G.G. Belli

Emile Vernon
Oggiaotto ch'è Ssanta Catarina
se cacceno le store¹ pe le scale,
se² leva ar letto la cuperta fina,
e ss'accenne er focone in de le sale.

Er tempo che ffarà cquela matina
pe Nnatale ha da fàllo tal'e cquale³.
Er busciardello⁴ cosa mette? bbrina?
La bbrina vederai puro a Nnatale.

E ccominceno ggià li piferari⁵
a ccalà damontagna a le maremme
co cquelli farajòli⁶ tanti cari!

Che bbelle canzoncine!⁷ oggni pastore
le cantò spiccicate⁸ a Bbettalemme
ner giorno der presepio der Zignore.


l. Si cavano le stuoie. Alle porte d'ingresso delle case di persone nobili o agiate si pone una stuoia, o bussola imbottita. - 2. Si. - 3. Opinione volgare costantissima, che si ride dell'esperienza. Vari altri simili giorni di osservazione sono nel corso dell'anno. - 4. Il bugiardello, il lunario. - 5. Abruzzesi, suonatori di pive e cornamuse o cennamelle, che il popolo chiama ciaramelle. - 6. Mantelletti rattoppati che raramente giungono loro al ginocchio. - 7. Niuno può vantarsi di aver mai inteso ciò che essi cantano. - 8. Tali e quali.

domenica 24 novembre 2013

Val Salice di Giulio Gianelli

Alfons Mucha*Novembre*1899
Autunno, sì gentil melanconia
ricevo dai tuoi ultimi tesori,
che questa valle che tu baci e indori
luogo d'eternità parmi che sia;

dove, a chi giunge dopo lunga via,
odo cantar da un angelo tra i fiori:
"Ecco alfine la patria, esuli cuori,
cessate il pianto della nostalgia."

Vedo, qua e là, delinearsi forme
dal non vivere fatte più leggiadre,
che senza suono avanzano e senz'orme,

ciascuna avvolta nel suo proprio nimbo
di moriente sol...Io, come un bimbo,
con immenso desìo cerco mia madre.
*************
INTIMI VANGELI

sabato 23 novembre 2013

Suite per A. e Due candele rosse di Maria Luisa Spaziani

Pietro Annigoni*Principessa Elena Corsini
Rimarrà su deserti lontani,
oltre le praterie del tempo.
Baci, roveti, fiamme d'autunno
e un lungo addio tra le mani.
Ritornerà con le nuvole, con le stagioni,
tremando ebbrezze seppellite:
ottenebrato, inutile, senza respiro.
(LUNA LOMBARDA*UTILITA' DELLA MEMORIA)
°°°°°°°°°°°
Due candele rosse
solitarie bruciavano fra coppe di mimose
e lugubri tam-tam- spaesati nella nebbia leggera.
Era autunno, era Londra al bar cinese.

Estrema la tensione del mio arco.

Ma immobile la freccia ardiva a un cielo
senza tempo nè varco.
(UTILITA' DELLA MEMORIA)

venerdì 22 novembre 2013

Ode in onore di Santa Cecilia di Alexander Pope

Sidney Harold Meteyard*Santa Cecilia
Scendete, alme Sorelle, e il canto ordite.
Per voi ne’ cavi risonanti bossi
II fiato si ravvolga; a suon festivo
Ogni tacita corda, ogni canora
Cetra si desti. In tuon dolce-gemente
Lo stridulo liuto si quereli,
Alto frema la tromba, e intorno intorno
Da’ tetti la squillante Eco risponda,
Mentre allungate e tarde voci il cupo
Maestoso solenne organo sparge.
L’armonia molle e chiara in pria lambisce
Co’ numeri dolcissimi l’orecchio;
Indi più forte a mano a man s’ espande,
E d’ immenso fragore i cieli ingombra.
Altera s’erge in signoril trionfo,
E indomita fra l’aere diviso
In fluttuanti rote alto galleggia,
Finchè per gradi in un distanti e corti
Cade, si sperge, illanguidisce e muore.
Da lei le giuste tempre un’alma impara;
Nè tropp’alto trasvola o in giù trabocca.
Se procellosa gioja in petto ferve,
Con molli note l’Armonia l’acqueta;
O se da cure oppresso è il cor, su l’ali
De’ numeri vivaci al suol l’invola.
Ella i guerrier con gli animosi accenti
Empie di foco e alle sanguinee piaghe
De’ miseri amator balsamo infonde.
Tristezza il capo alle sue leggi estolle;
Morfeo dal letto in piè si slancia; Ignavia
Apre le braccia e i sonnacchiosi lumi;
Livore in atto d’ascoltare ir lascia
Per terra gli angui; da’ rubelli affetti
Non più rompono guerre; ogni empia setta
Vertiginosa il furor il cieco obblia.
Ma se civico dritto all’arme appella,
Quai fiamme un suon guerrier ne’ petti sveglia!
Certo allor quando il primo legno audace
Le procelle affrontò, dall’alta poppa
Musiche note il tracio Orfeo sciogliea ;
E vedeva Argo le materne querce
Scender dal Pelio in mar. Corona fangli
I semidei. Ogni uom da’carmi scosso
Eroe diviene. A’ sovruman di Gloria
Incanti s’accalora; ognun repente
Il settemplice scudo imbraccia, e snuda
II folgorante acciar, gridando: all’armi.
E mare e terra e ciel risponde: all’armi.
Quando poi lungo le tartaree sponde,
Che l’infocato Flegetonte accerchia,
Amor crudo, qual morte, il gran Cantore
Agli squallidi trasse orror dell’ombre,
Quai voci rintronar, quai forme in mostra
Vennero allor su le bollenti arene!
Torbidi lampi, disperate strida,
Rosse facelle, gemiti affannosi,
Lamenti inconsolabili, profonde
Smanie e clamor de’ tormentati spirti.
Ma udite! Ei tocca la dorata lira,
E le trist’alme han posa. A lui rincontro
Accorron le fantasme: il tuo gran sasso,
Sisifo, immobil pende: alto s’arresta
Su la rota Ission: pallidi spettri
Vagano in danza: sdraiansi le Furie
Su covacci di ferro, e intirizzite
Stan su’ lor capi ad ascoltar le serpi.
“Pei freschi rivi che perenni irrigano,
Per l’aure molli che alitando allegrano,
Gli elisj fiori, pe’ beati spiriti,
in Cui d’asfodillo i crocei prati, o allettano
Le vaghe d’amaranti adorne pergole,
Per l’ombre armate degli eroi, che splendere
Fan gli oscuri viali, e per que’ giovani
Che spenti per amor fra i mirti spaziano,
Chieggo Euridice. O me qui ritenete,
O l’amata Consorte a me rendete.”
Tal ei cantò. Le armoniose preci
Erebo accolse; intenerissi il core
Alla crudel Proserpina, e la Bella
Di seco rimenarne a lui concesse.
Tal su la Morte e su l’Averno impero
Musica tenne. Perigliosa prova,
Ma non men gloriosa. Ancor che il Fato
Ben nove volte all’atre piagge avvolga
L’orrida Stige, pur di là tornano
Musica e Amor con la Vittoria al fianco.
Ma le cupide ciglia ah tosto ei gira:
Ella ricade, ahimè ! ricade e muore.
Com’or piegar potrai novellamente
Le fatali Sorelle? E non già colpa
La tua si fu, se non è colpa amore.
Or a piè di montagne alto-pendenti
Presso lubriche fonti, or dove l’Ebro
Volubile serpeggia, a tutti ignoto,
Solo e da nullo udito in lai si stempra,
E il caro spirto appella, ahimè! per sempre,
Per sempre a lui ritolto. Or dalle Furie
Agitato, straziato, desolato
Sul Rodope nevoso arrossa e trema.
Quand’ecco al par de’ venti impetuoso
Erme pendici alpestre intorno cerca,
E d’urli furibondi Emo rintona.
Ah ch’egli muore, e fino in morte canta
Euridice. Euridice ancor sul labbro
Gli trema; e boschi e fiumi e rupe e monti
Euridice ripetono, Euridice.
Dunque Armonia le dure smanie allenta,
E le atroci del Fato ire disarma;
I dolor calma; e riconforta e molce
I furor disperati. Ella condisce
Il gioir nostro in terra, ed anzi tempo
I superni diletti in sen ci versa.
Ben questa a pieno intese arte divina
La Vergin saggia, cui sù l’Ara incensi
Fuman oggi votivi, e al suo Fattore
Tutta sacrolla. Quando il pien concento
D’argentee canne alle vocali orchestre
Ella attemprava, in sacro foco asterse
Levava al Ciel su le solenni note
Le umane menti, e da’ balcon supremi
S’affacciavano a udir gli eterei spirti.
Non più subbietto ai ragionar de’ vati
Sieno i vanti d’Orfeo. Ben altra possa
Cecilia ottenne in don. Quei musicando
Dal finto Averno un’Ombra trasse, e questa
Fea l’alme sorvolare oltra le stelle.

giovedì 21 novembre 2013

Molle clivo di Andrea Zanzotto

Ernest Hebert*Baronessa Eleonore D'Uckermann
Molle clivo, dove traluce a raso
delle albe morte l’ora del mio cammino?
Dove la stella il fragile novembre
precede e scioglie al rivo tutto il clivo?
Ed io vivo per te, per te m’aggiro
fuori e lungi dal mondo,
fuori sospiro.
Non è finito il mio destino
anche se mi si lascia qui a perire
con le distese dell’autunno
cui vanamente mi volli offrire.
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VOCATIVO

mercoledì 20 novembre 2013

Fiori di Wendy Cope

Dick Sargent
Certi uomini non ci penserebbero.
Tu invece sì. Tu spesso mi dicevi
che eri stato lì lì per comprarmi dei fiori
ma qualcosa era andato storto poi.

Il negozio era chiuso. O un dubbio avevi,
quel genere di dubbi che si affacciano
alla testa di gente come noi.
Ch'io gradissi i tuoi fiori dubitavi.

Sorridere m'hai fatto, e t'ho abbracciato.
Sorrido ancora adesso. E sappi che
quei fiori, caro, che non mi hai comprato
non sono ancora appassiti per me.da PensieriParole

martedì 19 novembre 2013

Tu potresti apparire di Alfonso Gatto

Gertrude Fiske
Tu potresti apparire, non sei morta,
non sei memoria spoglia ai nudi rami
del novembre piovoso. Ancòra porta
la luce del crepuscolo i richiami

dell'esser soli e del chiamarci insieme
a distanza dei luoghi che traversa
l'ansia d'averti, ed io non so chi teme
il volo, chi gli dà quest'aria persa

d'ali battenti, l'èsodo del vano
chiamare ove non giunge più la voce.
Tu potresti apparire dal lontano
cielo riflesso dentro questa foce

d'acqua e di crespi al làscito del vento.
Ma sei povera spoglia, lieve inserto
di calma rassegnata nell'evento
del tuo chiarore:non sei più l'aperto

destino, l'aria dell'incantamento.

Mi fuggi, non vuoi credere alla quiete
dei màceri fioriti, non ti frusta
la pioggia, nè t'illumina la rete
dei laghi inabissati, e così giusta

di te non sei che morte t'abbia in dono.
Ripari nei doveri, negli inganni
della casa superstite, e il perdono
del tempo è la conferma dei tuoi anni.

Ma questo grigio tenero del verde
che riga già la notte, questo vago
luminoso sconforto che ti perde.
Tu continui a sparire, chiude il lago

del cuore la tua bolla silenziosa.
E' la morte che affonda, che s'incrina
nel suo vetrato, scende la mia rosa
fredda nel buio, spare con la trina

di luce ch'è nel segno d'ogni cosa.
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POESIE D'AMORE