Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

lunedì 4 marzo 2013

In questa sera timida di odori di Alfonso Gatto

Vincenzo Cabianca*Le monachine*1861
In questa sera timida di odori,
col marzo appena giunto dal suo mare
randagio, dalle stele degli allori
che imbiancano sul Pincio, la lunare

notte che tarda non ha luce, solo
il blu profondo, un'alba da mattino.
Ogni sera si ferma su quel molo
d'attesa col suo piccolo lumino

l'uomo d'amore che non ha ritorno
dal suo passato ed alla sera chiede
lo strazio eterno e limpido del giorno,
che ne resti un indizio per la fede

in quel volto perduto, in quel contorno.
Un passo, un altro passo, era in quel piede
attonito il levarsi della luna
e già di spalle a non vederlo, amore

d'altri e non suo, nel fermarsi ad una
stretta del bacio, lui sentiva in cuore
la sua dolcezza struggerlo nel vuoto
dal mancamento, in un sorriso ignoto.

***

L'attese per la morte il primo giorno
del nascere, ora un secolo conclude
la gioventù perduta e la vecchiezza
che non ebbe mai sua. Queste nude
lavagne delle date le cancella
la mia fatica a vincere il ricordo.
Ora è tempo di nascere per lui
in un altro dolore, nel ricordo
che di me stesso va facendo oblio.

***

Dietro i muri eterni
questa via lasciata dal tempo
per le stagioni,
per gli alberi spogli
che la primavera va gemmando tardiva.
Porta alla chiesa di San Bonaventura
a un convento chiuso.
Una via che vuol perdere la vista,
le colonne, i teatri
e far sua la gracile ragna viola
dei rami, la terra pensosa e pensata
sul passo che vince per l'erta.

Qui la memoria conosce che Dio
è solo oblio
e non lascia mai traccia.
Sarà la sorpresa
che il ramo più dell'albero sia
travaglio d'effimero segno,
bontà remissiva che amore
mai giunge a far sua.
Gli innamorati non sanno
sparire, affermano un bacio
che solo perduto
avrebbe l'effimero segno.

Così bacia l'aria e l'oblio,
così vive Dio
del nulla che secca la bocca.
Stasera per questa via di campagna
che risica l'ombra e il silenzio
annebbia l'odore bruciato
del giungere soli a un paese
che ascolta e riprende a versare
la sete di chiare parole
al gesto che le raccoglie.
L'eternità virtuale
del gesto riprende l'avvìo
da questa timida pena
dell'uomo che sale.
La meraviglia che vale
la vita è questa sua lena
d'essere breve e mortale.
(DESINENZE. II Ultime poesie)

2 commenti:

Rose ha detto...

Proprio bella...

Ringrazio della scelta e auguro una bella notte marzolina!

Francesca Vicedomini ha detto...

Grazie a te Rose!!! E a tutti i lettori/trici silenziosi..sì lo so che ci siete..a tutti un buon marzo.