Gabriel Pacheco |
s’allarga, in un miserrimo abituro,
che l’edera pietosa abbraccia e veste,
vive una donna, una povera vecchia
che i boscaioli chiamano la Strega,
tanto ha strano lo sguardo e tanto è scarna
e pallida la sua faccia di spettro.
Pur, questa miseranda ombra di vita
ebbe un corpo di ninfa e un fresco e puro
volto; color del mare al sol d’estate
gli occhi, e una gloria di capelli d’oro.
Qual nembo di sventura o di peccato
l’avvolse? Perchè mai da tanti e tanti
anni vive là, sola, il dì, la notte,
col suo grande segreto e le chimere
che a lei suscita intorno la follia?
Son tante e tante le bizzarre istorie
che narrano di lei! Rimane assorta
(dicono) senza proferir parola
per lunghi giorni e lunghe settimane;
poi d’improvviso, vòlta all’assopita
foresta - che par sogni, alta nel cielo -
ritta nel vespro come una sibilla,
le bianche ciocche libere nel vento,
parla per ore all’erbe, ai vecchi abeti,
alla Luna che ascende da la valle,
alle nubi, alle lucciole, siccome
a vecchi amici. Narra degli andati
giorni - i giorni giocondi e fuggitivi
dell’infanzia; - o ammonir di giovanette
una schiera invisibile si finge.
Una sera, non vista, io venni presso
quella capanna, e sovra un sasso, dietro
una quercia, alla luce delle stelle,
me ne stetti per ore, affascinata
da quella voce, che da prima un cheto
sommesso mormorìo mi parve, e crebbe
più viva e concitata, a mano mano
che tornava il pensier sulle affannate
vie del dolore antico. Io tutto, o quasi,
ritenni; ella dicea:
- Fanciulle, udite
la parola che salva, e uccide i folli
sogni che costan lagrime... Perchè
fidate voi nell’ uomo, e poi piangete,
piangete? Ecco, io vi dico la parola
ch’io stessa udii per un prodigio... È forse
un secolo?... chi sa? chi si rammenta
quando fu?... Me la dissero una chiara
notte le stelle - e tutto l’universo
ascoltava con me (per questo i fiori
son tutti morti), - dissero! Egli mente!
Egli mente! - Era vero... È vero: l’uomo
mente e mentir non crede; a lui non basta
- rammentate! - una sola anima schiava;
e i sospiri, i sorrisi, i supplicanti
sguardi mentono; i patti, i giuramenti
mentono... Lento.., come un serpe, viene
il dubbio, e vien l’accusa, e van lontane
le anime... Così m’avvenne... Quando
fu?... Non rammento, ma so ben che un giorno
si scolorò quel volto per un’ombra,
e parver ebbre quelle sue pupille
e vidi le sue mani, arse di febbre,
fremere di geloso impeto... Io vidi
certo questo... Ma vinsi; io vinsi l’ira
di quel superbo, ed egli pianse, e: - Alfine -
io dissi - ha pianto, ha per me pianto; è dunque
per la vita, oh dolcezza! è per la vita! -
io dissi questo.....
Bimbe! ha mai baciato
la vostra mano? Impallidiste ai primi
baci, leggeri, timidi, che appena
sfiorarono le vostre dita?... Come
tremavano le dita!... Oh voi non colga
l’ebbrezza degli arditi ed improvvisi
baci di labbra ingorde e deliranti
quando il desìo trabocca!.....
Era d’autunno?
era d’Aprile?... Io non ricordo... Il mondo
certo fioriva in così gran vigore
che le rose attingevano le stelle...
Forse con lui nelle tranquille sere
del maggio a camminar foste sui prati?
O d’autunno con lui per una bionda
selva? O udiste in un vespero d’Aprile
sonar l’Ave, con lui?.....
L’aria portava
ostinata una ciocca dei capelli
vostri sulla sua bocca. Era leggera
come una piuma quella ciocca.....
Andare
non vi parve in un sogno, in quella pace
dei sensi?... Non s’udì parola; e il patto
fu chiuso.....
Tutto questo, un maledetto
giorno (e sarà quel giorno tutta nera
l’aria, e immobile, in gran silenzio, e i cuori
agonizzanti), tutto questo un giorno
diverrà fumo e vana ombra all’audace
riso d’un’altra bocca, al blanditore
suono d’un’altra voce, al muto invito
d’un altro sguardo; e il vostro occhio fedele
pregherà indarno, e la parola accesa
di tenerezza, e i sogni, i patti, il pianto,
le carezze, i ricordi, inabissato
tutto e travolto sarà in fango!... in fango!...
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chi piange dietro quella quercia? È stolto
piangere; è stolto! Io non piansi! Io non piango!
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LEGGENDA ETERNA