Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

giovedì 31 ottobre 2013

La strega di Vittoria Aganoor

Gabriel Pacheco
Fuor dalla selva, dove a spalto il monte
s’allarga, in un miserrimo abituro,
che l’edera pietosa abbraccia e veste,
vive una donna, una povera vecchia
che i boscaioli chiamano la Strega,
tanto ha strano lo sguardo e tanto è scarna
e pallida la sua faccia di spettro.
Pur, questa miseranda ombra di vita
ebbe un corpo di ninfa e un fresco e puro
volto; color del mare al sol d’estate
gli occhi, e una gloria di capelli d’oro.
Qual nembo di sventura o di peccato
l’avvolse? Perchè mai da tanti e tanti
anni vive là, sola, il dì, la notte,
col suo grande segreto e le chimere
che a lei suscita intorno la follia?
Son tante e tante le bizzarre istorie
che narrano di lei! Rimane assorta
(dicono) senza proferir parola
per lunghi giorni e lunghe settimane;
poi d’improvviso, vòlta all’assopita
foresta - che par sogni, alta nel cielo -
ritta nel vespro come una sibilla,
le bianche ciocche libere nel vento,
parla per ore all’erbe, ai vecchi abeti,
alla Luna che ascende da la valle,
alle nubi, alle lucciole, siccome
a vecchi amici. Narra degli andati
giorni - i giorni giocondi e fuggitivi
dell’infanzia; - o ammonir di giovanette
una schiera invisibile si finge.
Una sera, non vista, io venni presso
quella capanna, e sovra un sasso, dietro
una quercia, alla luce delle stelle,
me ne stetti per ore, affascinata
da quella voce, che da prima un cheto
sommesso mormorìo mi parve, e crebbe
più viva e concitata, a mano mano
che tornava il pensier sulle affannate
vie del dolore antico. Io tutto, o quasi,
ritenni; ella dicea:
- Fanciulle, udite
la parola che salva, e uccide i folli
sogni che costan lagrime... Perchè
fidate voi nell’ uomo, e poi piangete,
piangete? Ecco, io vi dico la parola
ch’io stessa udii per un prodigio... È forse
un secolo?... chi sa? chi si rammenta
quando fu?... Me la dissero una chiara
notte le stelle - e tutto l’universo
ascoltava con me (per questo i fiori
son tutti morti), - dissero! Egli mente!
Egli mente! - Era vero... È vero: l’uomo
mente e mentir non crede; a lui non basta
- rammentate! - una sola anima schiava;
e i sospiri, i sorrisi, i supplicanti
sguardi mentono; i patti, i giuramenti
mentono... Lento.., come un serpe, viene
il dubbio, e vien l’accusa, e van lontane
le anime... Così m’avvenne... Quando
fu?... Non rammento, ma so ben che un giorno
si scolorò quel volto per un’ombra,
e parver ebbre quelle sue pupille
e vidi le sue mani, arse di febbre,
fremere di geloso impeto... Io vidi
certo questo... Ma vinsi; io vinsi l’ira
di quel superbo, ed egli pianse, e: - Alfine -
io dissi - ha pianto, ha per me pianto; è dunque
per la vita, oh dolcezza! è per la vita! -
io dissi questo.....
Bimbe! ha mai baciato
la vostra mano? Impallidiste ai primi
baci, leggeri, timidi, che appena
sfiorarono le vostre dita?... Come
tremavano le dita!... Oh voi non colga
l’ebbrezza degli arditi ed improvvisi
baci di labbra ingorde e deliranti
quando il desìo trabocca!.....
Era d’autunno?
era d’Aprile?... Io non ricordo... Il mondo
certo fioriva in così gran vigore
che le rose attingevano le stelle...
Forse con lui nelle tranquille sere
del maggio a camminar foste sui prati?
O d’autunno con lui per una bionda
selva? O udiste in un vespero d’Aprile
sonar l’Ave, con lui?.....
L’aria portava
ostinata una ciocca dei capelli
vostri sulla sua bocca. Era leggera
come una piuma quella ciocca.....
Andare
non vi parve in un sogno, in quella pace
dei sensi?... Non s’udì parola; e il patto
fu chiuso.....
Tutto questo, un maledetto
giorno (e sarà quel giorno tutta nera
l’aria, e immobile, in gran silenzio, e i cuori
agonizzanti), tutto questo un giorno
diverrà fumo e vana ombra all’audace
riso d’un’altra bocca, al blanditore
suono d’un’altra voce, al muto invito
d’un altro sguardo; e il vostro occhio fedele
pregherà indarno, e la parola accesa
di tenerezza, e i sogni, i patti, il pianto,
le carezze, i ricordi, inabissato
tutto e travolto sarà in fango!... in fango!...
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chi piange dietro quella quercia? È stolto
piangere; è stolto! Io non piansi! Io non piango!
**********
LEGGENDA ETERNA

mercoledì 30 ottobre 2013

Quinta poesia di Giovanni Papini

Caravaggio*Fanciullo con canestro di frutta
Al freddo sapore di mela renetta,
in lingua, per tutta la bocca
che succia ed aspetta,
ritorna negli occhi la ciocca

immobile al dolco d’autunno,
sospesa alla voglia — una frasca
di verde cognato a Vertunno
distesa nel latte di vasca.

Mela renetta che mordo,
in questo riposo di festa,
adagio, come un ricordo
di dolcezza manifesta.

Una mi basta: nel gusto
di quell’instante, di quel morso,
rivedo all’ombra obliqua del fusto
passare il blù come un chiaro discorso.

Tutto abbandono in disparte.
Figliolo di terra ed erede
d’incontrastabile parte
il Dio mal creduto mi vede.

Mia la foglia che strappo odorando
le dita — ma più la discesa
che rifarò, tra poco, pensando
a me, sotto l’aria che pesa.

Mia tutta, la campagna, in quell sapore
che maturamente si distrugge e si disfà,
mio l’odore, l’afrore
dell’imprecisa immensità.

Nessuno godrà quel che presi 
con la docile calma de' minuti, 
masticando le frutta di tanti paesi 
ricchi al sole e da me sconosciuti.

Ma nel termine d'ogni più fine dolcezza, 
nella più persa dimenticanza, 
un'acida puntura d'amarezza, 
rompe ogni sacra alleanza. 

Io e me, nati al medesimo istante, 
consegnati ad una sorte, 
ritroviamo, in un ritmo andante, 
passi e sussurri di morte. 

Al largo, nell'ombra dell'acqua 
più zitta, ove il colpo del remo 
l'erba marina risciacqua, 
stretti assieme affonderemo.
 
Ma oggi, nell'ansia tranquilla 
di questa giornata che affretta 
la sera, non lascio una stilla 
del sugo di sole di mela renetta.

martedì 29 ottobre 2013

Per B....

Lilla Cabot Perry
I piccoli aeroplani di carta che tu
Fai, volano nel crepuscolo, si perdono
Come farfalle notturne nell'aria
Che s'oscura, non torneranno più.

Così i nostri giorni, ma un abisso
Meno dolce li accoglie
Di questa valle silente di foglie
Morte e d'acque autunnali

Dove posan le loro stanche ali
I tuoi fragili alianti.

lunedì 28 ottobre 2013

Saluto di Alessandro Parronchi

Henri De Toulouse Lautrec*Helène Vary*1889
E tu ti leverai libera un giorno
su queste strade e cercherai nel rosa
d’altre sere venienti una fanciulla
che ti somigli e replichi il tuo viso
nell’aria, le tue palpebre nel sole.
Mi sarà dato risentire i gridi
dell’antica città dove la chioma
si sparpaglia e sui labbri d’autunnale
vento percossi palpitar la voce
per te ancora di lacrime amorose.

Così al mondo passar senza parole
non potrai: per le foci delle stelle
questa notte risale e ogni altro lume
berrà. Presto con te saranno sole
l’ombre intente ai giardini, io senza vita

tornerò qui d’intorno ad alitare
dolce forse così come la neve
cade ai freddi cortili, ai davanzali
delle case ove inquiete ombre s’avverano.

domenica 27 ottobre 2013

Romanza di Gabriele D'Annunzio

Alfred Stevens
Prono, su 'l mar natale 
cui nasconde la duna, 
ride il sole autunnale, 
dolce come la luna.
 
S'ode il mare pe 'l lido 
gemere, lento e grave; 
s'ode talora il grido 
fievole d'una nave
 
che faticosa in vano 
lotta co 'l vento avverso, 
o il richiamo lontano 
d'un uccello disperso,
 
o l'improvviso tuono 
d'un'onda più gagliarda. 
Ride il sole, già prono, 
e dolcemente guarda.

sabato 26 ottobre 2013

Autunno e Migrando di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi

Julien Bastien LePage 1881
L’Autunno di ramo
in ramo si raccoglie
come un uccello al vento:
e un lamento di foglie
mesce con un richiamo
di piogge, di fontane
e d’ombre. Il pianto
vaga in aria a lontane
solitudini, oscilla
di villa in villa,
e scolora ogni fronda.
************
Quando, o pastore, a’ culmini biancheggi
ottobre e i tordi calino ai ginepri,
tu i pascoli saluti ove le lepri
danzano e aduni le tue sparse greggi.
Un mattino, su l'aia, in fra i castagni
già soffusi di un primo ombreggiar d'oro,
un carro appronti ed un caval imbrigli;
entro quel poni, del tuo cane a' lagni,
quanto t'avanza modico tesoro
di grano, e i rami e gli umili giacigli,
e al colmo adagi i piccoletti figli.

E vai...; e un pianger di randagia squilla
su le tue greggi e lor cammino oscilla,
che al destin par, de la tua vita, echeggi.
************
SONETTI E POEMI

venerdì 25 ottobre 2013

Le rose sono sfiorite di Arturo Graf

Emile Vernon
Piove; fa freddo. Le rose
(oh dolci, oh tenere vite!)
lungo le piagge melmose
le rose sono sfiorite.

Or che m’importa se altrove
abbondi il frutto alla vite?
Se rida il cielo? Qua piove:
le rose sono sfiorite.

L’amaro colchico nasce
sulle squallenti marcite,
dove più greggia non pasce:
le rose sono sfiorite.

Come più addentro ora sente
il cor le antiche ferite!
Povero core fidente!...
Le rose sono sfiorite.

Perchè ricordare invano
il tempo sereno e mite?
Quel caro tempo è lontano....
Le rose sono sfiorite.

Hanno comune la sorte
tutte le cose finite:
appena nate son morte!...
Le rose sono sfiorite.

O anime dolorose,
o anime sbigottite,
che giova il pianto? Le rose,
le rose sono sfiorite.
**************
LE RIME DELLA SELVA

giovedì 24 ottobre 2013

Maternità di Vincenzo Cardarelli

Akseli Gallen Kallela*1891
Misera donna dal turgido seno,
tu non sei ricca d’altro
che del tuo latte.
E quanto ne hai prodigato,
nei giorni dell’estate ormai defunta,
al tuo florido bimbo.
Con inesausta vena lo nutrivi,
lieta di rifiorire
nel suo fiorire.
A ogni lieve frignare il petto usciva
libero e nudo con casto impudore.
Tu che non bella sei ti sentivi
sana e piacente nel gaio mistero:
il bimbo si formava,
madre e figliolo crescevate insieme.
Così è passata per te un' estate.
Ora il vento d’autunno ti mortifica.
Dolente è il tuo aspetto,
madre indefessa,
genitrice indigente,
finora così smemorata.
Che passa nel tuo pensiero?
E’ la malinconia dell’opera compiuta
o il nero corteo
di miserie e di mali
che s’avvicina, a far mesto il tuo viso?
********************

mercoledì 23 ottobre 2013

Il cuore e la pioggia di Sergio Corazzini

Edward Steichen*1903
O mia piccola dolce casa, vergine rossa
c’hai vergogna e ti celi in un manto di foglie
qua e là strappato, ancora nell’occhio si raccoglie
un pianto triste e il cuore prova una fredda scossa

s’avvenga che ripensi le tue diserte soglie
il tuo muto giardino, la terra non rimossa
da tempo grande, come la terra d’una fossa,
la fossa ch’ogni mia dolce speranza accoglie.

Piccola casa rossa che il molle abbraccio tenta
del fiorito viale con mille incantamenti,
nell’ora triste in cui mi parve uscir di vita,

non io rossa ti vidi, ma come se una lenta
lagrima assai t’avesse corse le guancie ardenti,
mi sembrasti d’immenso dolore impallidita.
St. Moritz
*******************
L'AMARO CALICE*1905

martedì 22 ottobre 2013

O notte di Giuseppe Ungaretti

Dravko Mandic
Dall'ampia ansia dell'alba
Svelata alberatura.

Dolorosi risvegli.

Foglie, sorelle foglie,
Vi ascolto nel lamento.

Autunni,
Moribonde dolcezze.

O gioventù,
Passata è appena l'ora del distacco.

Cieli alti della gioventù
Libero slancio.

E già sono deserto.
Preso in questa curva malinconia.

Ma la notte sperde le lontananze.

Oceanici silenzi,
Astrali nidi d'illusione,

O notte.
1919
SENTIMENTO DEL TEMPO
da PensieriParole

lunedì 21 ottobre 2013

Annunci d'autunno di Corrado Govoni

Thomas Alexander Graham*Alone London
E' strano come il mondo si trasforma
senza parere, con l'autunno lento.
Il vento è pigro e porta solo suoni
da due passi, isolati: di una donna
che maltratta la secchia andando al pozzo,
di brevi giuochi urlati di bambini,
di raffiche di passere e di foglie
che battono le case dei sobborghi
e del cane da punta che la nebbia
fiuta come uno stormo sconosciuto.
Anche il sole è slenato, e, col sereno
la luna è piena d'ombre anche più forti.
Le mele non son più quei dolci frutti
cercati come uccelli tra le fronde:
come incantate guardano negli orti
con gote di bambole bionde.
E benché vaghi il triste odor di morti
che hanno i fiori...e là fuori l'ombra umana
in pena intorno al piede del fanale,
giunge il tempo ch'è caro
a cena il lume come un commensale.

domenica 20 ottobre 2013

Al fratello di Attilio Bertolucci

Edgar Degas*Achille Degas vestito da cadetto
Un giorno amaro l'infinita cerchia
Dei colli
Veste di luce declinante,
E già trabocca sulla pianura
Un autunno di foglie.

Più freddi ora dispiega i suoi vessilli
D'ombra il tramonto,
Un chiaro lume nasce
Dove tu dolce manchi
All'antica abitudine serale.

sabato 19 ottobre 2013

Riva di pena, canale d'oblio di Diego Valeri

Bartolomeo Bezzi*Sulle rive dell'Adige*1885
Ora è la grande ombra d'autunno:
la fredda sera improvvisa calata
da tutto il cielo fumido oscuro
su l'acqua spenta, la pietra malata.

Ora è l'angoscia dei lumi radi,
gialli, sperduti per il nebbione,
l'uno dall'altro staccati, lontani,
chiuso ciascuno nel proprio alone.

Riva di pena, canale d'oblio...
Non una voce dentro il cuor morto.
Solo quegli urli straziati d'addio
dei bastimenti che lasciano il porto.
***************
POESIE 1910-1930

venerdì 18 ottobre 2013

Tre variazioni per un infinito di Alfonso Gatto

Candido Portinari*Hannah De Mello*1937
1
Forse la tua dolcezza è nel patire.
La brinata t'agghinda le ghirlande
dell'ottobre che scende verso i morti.
Le tue tristi domande, l'accanire
le mani sull'assillo dei miei torti.
E' nevicata questa grigia bruma
di soffi, d'apparenze già svanite.
Amore, che silenzio ti consuma
e quale approdo di paure ignote.
La tua musica sempre è questa lite
segreta, impenetrabile, di note.

2
Forse la tua dolcezza è nel mentire.
E se fosse? Se avessi tu parole
di letizia  per credere nel sole
che t'illumina uscendo? Per morire
di verità ci basta la caduta,
ma, a sorgere, a risorgere dal passo
che ci precede e che ci annuncia, muta
la pelle del letargo, rompe il sasso
lo stagno imputridito. Così sia,
amore, così sia, perchè sale
veleggiando tra i crespi il funerale
della povera via:
amore, così sia, perchè vale
rapinarla, la gioia, dove sia.

3
Forse la tua dolcezza è nell'aprire
le mani, nel congiungerle sul volto
dai polsi delicati, vena a vena
uniti da quel battito, in ascolto
del silenzio che giunge a farti grande.
Forse la tua dolcezza è per le lande
del mare l'occhio che non ha più mira,
ma l'errare straccandosi alla lena
di volo in volo per un volo breve,
Nella ràffica crespa dell'argento,
nel suo largo radioso,
forse la tua dolcezza è lo sgomento,
un'ultima pietà che si fa neve.
Il suo lungo racconto è il tuo riposo.
*************
POESIE D'AMORE

giovedì 17 ottobre 2013

October e Quando cadran le foglie di Lorenzo Stecchetti (Olindo Guerrini)

Gabriel Cornelius Ritter von Max*1895
Muoio. Cantan le allodole
Ferme sull’ali nel profondo ciel,
E il sol d’ottobre tepido
Albeggia e rompe della nebbia il vel.

Caldo di vita un alito
Sale fumando dall’arato pian;
Muoio: Cantan le allodole
E le giovenche muggon da lontan.

La vostra lieta porpora,
Roselline d’inverno, io non vedrò;
Le carni mie si sfasciano...
Domani al mio balcon non tornerò.
**************
Quando cadran le foglie e tu verrai
A cercar la mia croce in camposanto
In un cantuccio la ritroverai
E molti fior le saran nati accanto.

Cògli allor tu pe’ tuoi biondi capelli
I fiori nati dal mio cor: son quelli

I canti che pensai ma che non scrissi,
Le parole d’amor che non ti dissi.
POSTUMA

mercoledì 16 ottobre 2013

La Resistenza e la sua luce di Pier Paolo Pasolini

Leon Kroll*1928
Così giunsi ai giorni della Resistenza
senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza
di sole. Non poté mai sfiorire,
neanche per un istante, neanche quando
l'Europa tremò nella più morta vigilia.
Fuggimmo con le masserizie su un carro
da Casarsa a un villaggio perduto
tra rogge e viti: ed era pura luce.
Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro: ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce...

Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia.
La luce è sempre uguale ad altra luce.
Poi variò: da luce diventò incerta alba,
un'alba che cresceva, si allargava
sopra i campi friulani, sulle rogge..
Illuminava i braccianti che lottavano.
Così l'alba nascente fu una luce
fuori dall'eternità dello stile...
Nella storia la giustizia fu coscienza
d'una umana divisione di ricchezza,
e la speranza ebbe nuova luce.
*****************
Nel 70° anniversario del Rastrellamento del Ghetto di Roma (t.wikipedia.org/wiki/Rastrellamento_del_ghetto_di_Roma),
a chi non è più tornato, a quei pochi che sono rimasti a piangere.
-----------------------------------
E poi, quanto ci mettiamo a decidere di buttare nel forno la triste salma di un criminale nazista e disperderne le ceneri?

martedì 15 ottobre 2013

Idillio domestico di Vittorio Betteloni

Caravaggio
Fu a mezzo ottobre, quando si fan gialle
le foglie, e al primo soffio che disserra 
il monte su la valle 
cascano in folla a terra: 
fu a mezzo dell'ottobre disadorno, 
che a la modesta villa, 
dov'ebbero tranquilla 
dimora i padri miei, feci ritorno. 
Dopo l'assenza di molt'anni al loco 
feci ritorno dell'infanzia mia; 
partii fanciullo e poco 
men che adulto or venia; 
nessuno ravvisarmi avria saputo, 
ma gli antichi cipressi 
vidermi appena, ch'essi 
mossero il capo in segno di saluto...
Oh dolci autunni antichi! Innanzi al giorno
il mio buon nonno uscia
di casa e ascoltando in alto e intorno
se di buona passata indizio c'era,
s'affrettava per colle all'uccelliera.
Poi s'attendeva a por la copiosa
vendemmia dentro i tini con saggezza,
o in acconcia maniera
alla stura attendeasi, o ad altra cosa,
ch'ora io dir non saprei con sicurezza,
ma ch'util certo e delittevol era...
Per tal guisa in tranquille opere oneste
spendeano il giorno gli avi,
nè lo studio era l'ultima fra queste,
e il libro, non di sogni irriti o pravi
suscitatore, alle solinghe e lente
passeggiate compagno era sovente.
La serata oltremodo era gioconda:
gli augelli il mattin presi, unti e arrostiti,
per la cena imbanditi,
e colmo del vin nuovo era il bicchiere...
eran su la rotonda
polenta molle in lunghe e fitte schiere
Convenivan gli amici intorno all'otto.
Allora spesso il conversar festoso 
da scoppio fragoroso 
di risa era interrotto. 
Ma in disparte raccolti, aspri, accigliati, 
giocavano al tresette i più attempati. 
Si ballava talor, ma d' improvviso, 
senza apparato: i giovani eleganti 
meglio ne' modi assai che nel vestire;
le donne adorne solo di sorriso, 
senza trine o brillanti; 
e ognuno a mezzanotte era a dormire.
****************
PICCOLO MONDO

lunedì 14 ottobre 2013

Autobus! (una poesia inedita di Vladimir Majakovskij) di Stefano Benni

Andy Warhol
Poltrona dopo poltrona, fila dietro fila il 14 ottobre
i bolscevichi, uomini d’acciaio e di ferro
entrarono nel palazzo a cinque piani del comune di
Bologna
sedettero scambiandosi un sorriso. Lì decidevano 
senza indugi
sui problemi del giorno. Ecco è ora di incominciare 
ma perchè si ritarda?
Perchè 
il servizio d’ordine si è diradato come una difesa
dove è stato espulso lo stopper?
Perchè gli occhi sono più rossi
del prosciutto gambuccio? Perchè
Imbenič si mostra malsicuro?
Qualcosa è accaduto
ah, no! Come è possibile questo?
Il soffitto s’abbassò su di noi come un corvo
si chinarono le teste, si chinarono
tremando divennero buie
le luci dei lampadari, s’incantò
il trentarè giri di Sarti
Poi Imbenič si alzò
si riprese, ma non riuscì a inghiottire le lacrime
che solcavano le sue guance
e le lacrime lo tradirono brillandogli nei baffi
si confondono i pensieri e il sangue batte alle tempie:
“ieri, alle sei e cinquanta minuti
hanno arrostito il compagno autobus”
La notizia colpì Zangheri allo stadio
come una fucilata, e i consiglieri
che cento volte Tesini
avevano fissato negli occhi
si vergognavano del pianto davanti alle donne.
Il giorno entrerà nella dolente memoria
dei secoli. Lo sgomento strappò un gemito al ferro:
tra i bolscevichi passò il singhiozzo
della cupa oppressione. S’alzò un grido
“abbiamo perduto l’autobus
della rivoluzione”
**************
La poesia ricorda un episodio tragicomico della Bologna dopo il marzo 1977. Nel corso di incidenti in città un autobus andò a fuoco e il sindacato tranvieri ne portò la carcassa in piazza raccogliendo firme contro “la violenza”. Nessuna firma era stata raccolta, mesi prima, per lo studente Francesco Lorusso, ucciso dai carabinieri.
*************
PRIMA O POI L'AMORE ARRIVA

domenica 13 ottobre 2013

A mia madre tornando nella casa vuota di Alfonso Gatto

Christian Krohg
Fu in un giorno d'autunno che l'amore
mi disse a lungo che la lunga sera
del parlare tacendo era venuta
a zittire sugli alberi, la muta
eternità specchiava la peschiera
annerita dai boschi, nel chiarore
- visibile per sempre - la tua gota
struggente, il segno della casa vuota.
************
POESIE D'AMORE

sabato 12 ottobre 2013

Il miracolo di Colombo di Giovanni Papini

Arnold Böcklin*1882
Buio compatto ricopre ogni stella
e par che l’acqua in monti si converta.
Il re della sfidata caravella
trasogna in febbre sotto la coperta.

La disperata vociferazione
delle ciurme lo butta dal giaciglio.
Sale alla tolda: l’arido tifone
alto torreggia in faccia al suo naviglio;

un cono immenso unisce mare ed aria
e di salvezza non brilla spiraglio.
Ma tosto la sua tonaca terziaria
indossa e lega il pallido Ammiraglio;

la grande spada all’assisian capestro
appende e fra la muta meraviglia
issa a sommo dell’albero maestro
il regio gonfalone di Castiglia.

Poi le candele benedette accende
nei fanali di prua - come esorcista
del vecchio abisso - e dal cassone prende
il libro di Giovanni Evangelista.

E sullo spumeggiante turbinìo
lesse gridando: "In principio era il Verbo
e il Verbo era in principio appresso Iddio
e tutto quanto fu fatto dal Verbo.

Ed il Verbo era luce ed era vita
e sulla nostra terra s’incarnò…"
A quest’annunzio la bolgia infinita
già quasi vinta la furia placò.

Dopo che il portator di Cristo tutto
ebbe scandito il prologo a gran voce,
alzò la spada sull’enorme flutto
e per tre volte lo segnò di croce.

Subitamente la colonna nera
al triplice baleno si spezzò
e incalzato da un vento di preghiera
verso ponente il gran nembo piegò.

venerdì 11 ottobre 2013

Devi vivere in un paese che non è il tuo di Noy Chou

Antonino Gandolfo*Espulsa
Sai cosa significa essere un' estranea?
Sai come ci si sente in una classe dove tutti sono biondi e tu invece hai i capelli neri?
Sai cosa vuol dire quando l'insegnante chiede “Chi non è nato qui, alzi la mano!” e tu sei l'unica a farlo?
E poi, quando l'hai alzata, vedi che gli altri ti guardano e ridono?
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Sai cosa significa quando l'insegnante ti tratta come se anche tu fossi stata lì per tutta la tua vita?
Quando parla così veloce che non riesci a capire niente e gli chiedi per favore di andare più piano?
E quando lo chiedi, gli altri ti dicono “Se non riesci a capire, è meglio per te se provi in una classe più bassa”.
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Sai cosa significa stare dall'altra parte?
Quando indossi gli abiti che portavi nel tuo paese e tu li trovi carini, mentre gli altri pensano che tu sia pazza?
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Cosa significa essere una sfigata.
Cosa vuol dire quando qualcuno ti da' noia, senza che tu gli abbia fatto niente?
Quando gli dici di smetterla e lui risponde che non ti ha fatto niente.
E poi, visto che non la smette, ti alzi e lo dici all'insegnante.
E lui nega.
E l'insegnante domanda al tuo vicino di banco.
E lui risponde “E' vero, non gli stava facendo niente”.
Così ti prendono per bugiarda anche i professori.
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Sai com'è quando provi a parlare e non pronunci bene le parole?
Quando dicono di non capirti.
E ti ridono dietro, ma siccome non capisci, ti metti a ridere con loro.
E allora ti chiedono “Ma sei scema a prenderti per i fondelli da sola?”
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Sai cosa significa camminare per strada e avere gli occhi di tutti puntati addosso, solo che non te ne accorgi?
E quando lo capisci provi a nasconderti, ma non sai dove perché gli altri sono dappertutto?
Devi vivere in un paese che non è il tuo per capirlo.
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Questa poesia è stata scritta nel 1984 da Noy Chou.
A quel tempo, Noy si era trasferita dalla Cambogia a Boston e frequentava il liceo.
Con questi versi ha voluto far capire le sue difficoltà di giovane immigrata, sperando che tutti provassero ad essere più aperti verso gli altri, a prescindere dalla loro razza, cultura, identità e religione.

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A tutti quelli che piangono qualcuno perso per sempre, per guerre e odio e per brutali respingimenti.

giovedì 10 ottobre 2013

Nebbie e Piogge di Charles Baudelaire

Jean Beraud
Fini d'autunno, inverni, primavere
inzuppate di fango, voi stagioni
accidiose ! Io vi amo e vi son grato,
chè in un sudario vaporoso il cuore
involgete e il cervello in vaga tomba.
In questa larga piana dove scherza
il freddo vento e dove roca stride
la banderuola nelle notti lunghe,
la mia anima più che al tempo della
tiepida primavera aprirà larghe
l'ali di corvo. Nulla ora è più dolce
al cuore colmo di presenze funebri,
su cui da tempo scendono le brine,
quanto il perenne aspetto delle pallide
vostre tenebre, voi stagioni scialbe
dei nostri climi regine; ma dolce
più ancora, in una sera senza luna,
sopra un giaciglio offertoci dal caso,
questo dolore, uniti, addormentare.
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Brumes et pluies

Ô fins d'automne, hivers, printemps trempés de boue,
Endormeuses saisons! je vous aime et vous loue
D'envelopper ainsi mon coeur et mon cerveau
D'un linceul vaporeux et d'un vague tombeau.

Dans cette grande plaine où l'autan froid se joue,
Où par les longues nuits la girouette s'enroue,
Mon âme mieux qu'au temps du tiède renouveau
Ouvrira largement ses ailes de corbeau.

Rien n'est plus doux au cœur plein de choses funèbres,
Et sur qui dès longtemps descendent les frimas,
Ô blafardes saisons, reines de nos climats,

Que l'aspect permanent de vos pâles ténèbres,
— Si ce n'est, par un soir sans lune, deux à deux,
D'endormir la douleur sur un lit hasardeux.
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LES FLEURS DU MAL

mercoledì 9 ottobre 2013

Di ottobre di Cenne da la Chitarra

Tintoretto*1570
D’ottobre vi conseglio senza fallo
che ne la Falterona dimorate,
e de le frutta, che vi so', mangiate
a riglie grand’, e non vi canti gallo.

Chiare vi son l’acque come cristallo;
or bevete, figliuoli, e restorate;
uccellar bono v’è a’ varchi, en veritate,
ché farete nel collo nervo e callo,

in quell’aire ,che dè sottile e fina:
ben stanno en Pisa più chiari i pisani,
e ’l genovese lungo la marina.

Prendere ’l mi’ consegl’i non siate vani:
arosto vi darò mésto con strina,
che ’l sentiranno i piedi con le mani.

martedì 8 ottobre 2013

In riva al mare di Giosuè Carducci

Jean Louis Forain*1885
Tirreno, anche il mio petto è un mar profondo
E di tempeste, o grande, a te non cede:
L’anima mia rugge ne’ flutti, e a tondo
Suoi brevi lidi e il piccol cielo fiede.

Tra le sucide schiume anche dal fondo
Stride la rena: e qua e là si vede
Qualche cetaceo stupido ed immondo
Boccheggiar ritto dietro immonde prede.

La ragion da le sue vedette algenti
Contempla e addita e conta ad una ad una
Onde e belve ed arene in van furenti:

Come su questa solitaria duna
L’ire tue negre a gli autunnali venti
Inutil lampa illumina la luna.
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RIME NUOVE

lunedì 7 ottobre 2013

Sole d'ottobre di Sergio Solmi

Frank Weston Benson
Bianco sole d'ottobre appena vivo
che l'ora abbrividente oggi rallumini
il tuo volto di pace è fatto vano
teso il tempo scandisce la mia vita.
Chè le tue cieche braccia omai sol bramo,
le tue dolcezze sfinite, i tuoi baci
smemorati e pesanti,
l'ombra notturna che su noi si serra,
o amore, fresco sepolcro, tu dolce
buio come la terra.

domenica 6 ottobre 2013

Ritratto di Signora III di Thomas Stearns Eliot

Alfons Karpiński*1910
La notte d'ottobre discende; tornando come prima se
si esclude
Quasi un leggero senso di malessere
Salgo le scale e giro la maniglia, ed ho la sensazione
D'esser salito strisciando sulle mani
E sui ginocchi. « E così parti per l'estero; e quando
Pensi di ritornare? Ma è una domanda inutile.
Difficilmente saprai quando ritorni,
Troverai molte cose da imparare. »
Il mio sorriso cade pesantemente in mezzo al bric-à-brac.
 
« Forse mi potrai scrivere. »
La mia padronanza di me s'accende per un attimo;
Questo me l'aspettavo per davvero.
« Ultimamente me lo chiedevo spesso
(Ma i nostri inizi non sanno mai quale sarà la fine!)
Perché non siamo diventati amici. »
Mi sento come uno che sorrida, e volgendosi noti 
all'improvviso
La sua espressione riflessa in uno specchio.
La mia padronanza si spegne; noi siamo veramente al 
buio.

« Perché tutti l'avevano detto, tutti i nostri amici,
Erano tutti sicuri che i nostri sentimenti s' accordassero
Così intimamente! Anche per me è difficile capire.
Ora dobbiamo lasciarle al destino queste cose.
In tutti i casi, mi scriverai.
Forse non è troppo tardi.
Resterò qui a sedere, servendo il tè agli amici. »
 
E devo approfittare d'ogni forma mutevole se voglio
Trovare l'espressione... ballare, ballare
Come un orso ballerino,
Strillare come un pappagallo, schiamazzare come una 
scimmia.
Andiamo a prendere aria, in un'estasi di tabacco -
 
Bene! E cosa accadrebbe se un pomeriggio morisse,
Un pomeriggio grigio e fumoso, una sera gialla e rosa;
Se lei morisse e mi lasciasse qui seduto con la penna 
in mano
Con il fumo che scende giù dai tetti;
Pieno di dubbio, per un certo tempo
Senza sapere cosa provo o se comprendo
Né se sia saggio o pazzo, in ritardo o in anticipo...
Non avrebbe la meglio, dopo tutto?
Questa musica trova il tono giusto con un « morendo »
Ora che noi parliamo di morire -
E avrei il diritto di sorridere?
*************
Portrait of a Lady
The October night comes down; returning as before
Except for a slight sensation of being ill at ease 
I mount the stairs and turn the handle of the door 
And feel as if I had mounted on my hands and knees. 
"And so you are going abroad; and when do you 
return? 
But that's a useless question.  
You hardly know when you are coming back, 
You will find so much to learn."  
My smile falls heavily among the bric-à-brac.

 "Perhaps you can write to me." 
My self-possession flares up for a second; 
This is as I had reckoned. 
"I have been wondering frequently of late 
(But our beginnings never know our ends!)  
Why we have not developed into friends." 
I feel like one who smiles, and turning shall remark 
Suddenly, his expression in a glass. 
My self-possession gutters; we are really in the dark. 

"For everybody said so, all our friends, 
They all were sure our feelings would relate 
So closely! I myself can hardly understand. 
We must leave it now to fate. 
You will write, at any rate. 
Perhaps it is not too late. 
I shall sit here, serving tea to friends."
And I must borrow every changing shape  
To find expression...dance, dance 
Like a dancing bear, Cry like a parrot, chatter like an ape.
Let us take the air, in a tobacco trance- 
Well! and what if she should die some afternoon,  
Afternoon grey and smoky, evening yellow and rose; 
Should die and leave me sitting pen in hand 
With the smoke coming down above the housetops; 
Doubtful, for a while 
Not knowing what to feel or if I understand 
Or whether wise or foolish, tardy or too soon... 
Would she not have the advantage, after all? 
This music is successful with a "dying fall" 
Now that we talk of dying-  
And should I have the right to smile?

sabato 5 ottobre 2013

Sera d'ottobre a Viterbo di Alfonso Gatto

Paolo Baratta+1894
Una fontana povera nel largo
serale delle case e intorno il verde
degli alberi è più solo, uno spazzino
aiuta il vento delle foglie morte.
Oltre le mura vidi nella polvere
un piazzale deserto, il cielo rosa
con il fumo celeste della sera.
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POESIE 1929-1941

venerdì 4 ottobre 2013

Per Val d'Arno di Giosuè Carducci

Franco Gentilini
Né vi riveggo mai, toscani colli,
Colli toscani ove il mio canto nacque
Sotto i limpidi soli e tra le molli
Ombre de’ lauri a’ mormorii de l’acque,

Che dal lago del cor non mi rampolli
Il pianto. Ogni memoria altra si tacque
Da quando in te, che piú ridi e t’estolli,
Colle funesto, il fratel mio si giacque.

Oh che dolce sperar già ne sostenne!
Come da quella età che non rinverde
Volammo a l’avvenir con franche penne!

Tra ignavi studi il tempo or mi si perde
Nel dispetto e l’oblio, ma lui ventenne
Copre la negra terra e l’erba verde.
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LEVIA GRAVIA

giovedì 3 ottobre 2013

Mamma di Giovanni Cena

Carlo Fachenetti
Mamma, questa d'ottobre così gaia
giornata, sembra d'una primavera
ultima. Senti? rondinelle a schiera
empiono di bisbigli la grondaia.

Senti? Tutto è brusio. Biondo nell'aia
il sol, tiepido ancora. Ma l'intera
famiglia è qui d'intorno, e prega e spera
che dalla casa il reo morbo scompaia.

Oggi si spilla il vino e si ripone
il grano turco, a noi il buon Signore
nulla di queste cose diede, mamma.

Pur siamo lieti; poi che il buon Signore
ancor ci appresta molte cose buone:
la tua salute, il tuo sorriso, mamma.
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MADRE

mercoledì 2 ottobre 2013

Ho un angelo che mi guarda di Raffaele Carrieri

Gabriel Ferrier*Angelo custode
Ho un angelo che mi guarda
dietro la spalla stanca.
Un angelo senza bilancia
che non pesa la mia giornata.
Un angelo che non mi condanna
quando la rosa ferisco
quando fuggo la speranza
quando batto la fronte
sulla pietra del disinganno
quando inganno la morte
con rondini di carta.
Ho un angelo che mi salva
dietro la spalla stanca.
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LA CIVETTA

Mi permetto di dedicarla ai miei genitori
che sono stati nonni GRANDIOSI,
i nipoti li ricordano sempre....

martedì 1 ottobre 2013

Ottobre di Rocco Scotellaro

Gotch*Goldendream*1893
L'estate si trascina
i cardi inariditi
e la mosca pusillanime,
le strade sparse di paglia,
il vuoto alle finestre,
il prezzemolo verde ancora
e il garofano nei vasi
ora che Ottobre s'impone.
Ottobre è là: quella nuvola nera
attesa sulla collina
piegata dai tocchi della sera.
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E' FATTO GIORNO