Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

sabato 24 aprile 2010

Monumento di Piero Calamandrei

Pedro Saenz/Tomba del poeta
 Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Si chiamava Angelo Zanoni,
tornava a salutare la madre
dopo la grecia,
dopo il rastrellamento di Buglio,
tornava come la rondine al nido,
l'uccisero
aveva poco più di 20 anni,
non l'ho conosciuto
ma è nel mio cuore

Anonimo del XX° Secolo

Francesca Vicedomini ha detto...

La catturarono il 7 agosto 1944. Tornava da una consegna di armi alla base di Castelmaggiore, e portava con sé documenti cifrati. Per i carnefici aveva una doppia colpa: si rifiutava di rivelare i nomi dei compagni ed era donna. Si alternarono su di lei in tanti, ognuno inventando nuovi tormenti e sevizie innominabili, ma la Mimma non parlava. La baldanza si tramutò in livore e frustrazione: avevano fatto parlare tanti uomini, spesso grandi e grossi, robusti come tori,cocciuti come muli, e quella lì… una donnina così esile, niente. Non apriva bocca. E li fissava con quei suoi grandi occhi che risaltavano sul viso magro e la fronte ampia… Li guardava con un muto disprezzo, tutto il disprezzo del mondo concentrato in quegli occhi. Così la accecarono.
Era ancora viva quando il 14 agosto gli aguzzini la scaraventarono sul marciapiede, al Meloncello, sotto la finestra dei genitori. Uno disse: "Ma ne vale la pena? Dacci qualche nome, e potrai entrare in casa, farti curare… Dietro questa finestra ci sono tua madre e tuo padre".Mimma non rispose. La finirono con una raffica di mitra, e se ne andarono imprecando.
Nell'Istituto della Resistenza ho letto la testimonianza di un compagno di Irma Bandiera che faceva parte del suo gruppo, un partigiano chiamato Cestino. Appresa la notizia della cattura, si pose il problema se abbandonare i rifugi da lei conosciuti. E' sempre stato così, in qualsiasi lotta di resistenza a dittature in qualsiasi parte del mondo. Tutt'al più, dal combattente caduto ci si aspetta qualche ora di silenzio, per dare il tempo agli altri di fuggire, ma poi non si può pretendere da nessuno che sopporti le torture fino alla morte. Cestino disse: "La conosco, la Mimma, lei non parlerà". E rimase dov'erano.
In memoria di Irma Bandiera detta Mimma
(Cacucci P., Ribelli!, Milano, Feltrinelli 2001, pp. 65 – 70)

Anonimo ha detto...

proprio a qualche metro da casa mia c'è una via intitolata ad Irma. qualche frammento rimane ancora.