martedì 7 dicembre 2010
lunedì 6 dicembre 2010
Prega, amico, per la casa insonne di Marina Cvetaeva
![]() |
Marianne Stokes/Candlemas Day 1901 |
dove ancora non dormono.
Forse - bevono vino,
forse - siedono così.
O semplicemente - le due
mani non staccano.
In ogni casa, amico,
c'è una finestra così.
Non candele o lampade hanno acceso il buio:
ma gli occhi insonni!
Grido di distacchi e d'incontri:
tu, finestra nella notte!
Forse, centinaia di candele,
forse, tre candele...
Non c'è, non c'è per la mia
mente quiete.
Anche nella mia casa
è entrata una cosa come questa.
Prega, amico, per la casa insonne,
per la finestra con la luce.
dicembre 1916
domenica 5 dicembre 2010
sabato 4 dicembre 2010
4 dicembre di Anne Sexton
John Mellencamp
E dov'è che ci siamo conosciuti?
A Londra, in Carnaby Street?
Fu Parigi, sulla Rive Gauche,
Quel "là" cui posso essere grata?
No. Eravamo ad Harvard Square,
All'edicola in lacrime entrambi.
A quel "là" posso essere grata -
Il giorno che Jack Kennedy moriva.

A Londra, in Carnaby Street?
Fu Parigi, sulla Rive Gauche,
Quel "là" cui posso essere grata?
No. Eravamo ad Harvard Square,
All'edicola in lacrime entrambi.
A quel "là" posso essere grata -
Il giorno che Jack Kennedy moriva.
E un'ora dopo era morto,
Le cervella schizzate dalla mente brillante.
E piangendo bevemmo un whiskey liscio,
E il mondo ancora ricorda la data.
Entrambi scrivemmo poesie, ma non ci riuscimmo
E insieme piangemmo tutta la notte
E fra teneri sospiri ci innamorammo
La sera che i grandi comandano morte.
Le cervella schizzate dalla mente brillante.
E piangendo bevemmo un whiskey liscio,
E il mondo ancora ricorda la data.
Entrambi scrivemmo poesie, ma non ci riuscimmo
E insieme piangemmo tutta la notte
E fra teneri sospiri ci innamorammo
La sera che i grandi comandano morte.
venerdì 3 dicembre 2010
3 dicembre di Vittorio Sereni
Juan Gris
All'ultimo tumulto dei binari
hai la tua pace, dove la città
in un volo di ponti e di viali
si getta alla campagna
e chi passa non sa
di te come tu non sai
degli echi delle cacce che ti sfiorano.
Pace forse è davvero la tua
e gli occhi che noi richiudemmo
per sempre ora riaperti
stupiscono
che ancora per noi
tu muoia un poco ogni anno
in questo giorno.
(Frontiera)

hai la tua pace, dove la città
in un volo di ponti e di viali
si getta alla campagna
e chi passa non sa
di te come tu non sai
degli echi delle cacce che ti sfiorano.
Pace forse è davvero la tua
e gli occhi che noi richiudemmo
per sempre ora riaperti
stupiscono
che ancora per noi
tu muoia un poco ogni anno
in questo giorno.
(Frontiera)
giovedì 2 dicembre 2010
La ghiandaia ha scosso le sue nacchere di Emily Dickinson
William Adolphe Bouguereau/Genevieve Bouguereau/1850 |
Metti il manicotto per l'Inverno
La Stola che ignora la sua voce
È impudente verso la natura
Di Bruni Giorni è la compagna
Il suo Loto è la castagna
Il Grillo mette giù una linea nera
Nulla di più dalla vostra per adesso
mercoledì 1 dicembre 2010
Dicembre di Diego Valeri
Hans Flato
Tristi venti scacciati dal mare
agitavano la città notturna.
Da nere gole aperte tra le case
rompevano, invisibili
ombre, con schianti ed urla;
si gettavano per le vie deserte
ferme nel bianco gelo dei fanali,
urtavano alle porte
sbarrate, s'abbrancavano alle morte
rame d'alberi dolenti,
scivolavano lungo muri lisci,
dileguavano via, serpenti,
con fischi lunghi e lenti strisci...
Ora mi sporgo nell'attonita pace
della grigia mattina: tutto tace.
Teso il cielo di pallide bende.
Il gran cipresso, assorto, col suo verde
strano, nell'alta luce. Un coccio lustra
tra la terra bruna dell'orto.
Finestre senza tende, cupe,
guardano intorno. Non c'è voce umana,
grido d'uccello, rumore di vita,
nell'aria vasta e vana.
C'è solo una colomba,
tutta nitida e bionda,
che sale a passi piccoli la china
d'un tetto, su tappeti
fulvi di lana vellutata, e pare
una dolce regina
di Saba
che rimonti le silenziose scale
della sua fiaba.

agitavano la città notturna.
Da nere gole aperte tra le case
rompevano, invisibili
ombre, con schianti ed urla;
si gettavano per le vie deserte
ferme nel bianco gelo dei fanali,
urtavano alle porte
sbarrate, s'abbrancavano alle morte
rame d'alberi dolenti,
scivolavano lungo muri lisci,
dileguavano via, serpenti,
con fischi lunghi e lenti strisci...
Ora mi sporgo nell'attonita pace
della grigia mattina: tutto tace.
Teso il cielo di pallide bende.
Il gran cipresso, assorto, col suo verde
strano, nell'alta luce. Un coccio lustra
tra la terra bruna dell'orto.
Finestre senza tende, cupe,
guardano intorno. Non c'è voce umana,
grido d'uccello, rumore di vita,
nell'aria vasta e vana.
C'è solo una colomba,
tutta nitida e bionda,
che sale a passi piccoli la china
d'un tetto, su tappeti
fulvi di lana vellutata, e pare
una dolce regina
di Saba
che rimonti le silenziose scale
della sua fiaba.
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