Hans Flato Tristi venti scacciati dal mare
agitavano la città notturna.
Da nere gole aperte tra le case
rompevano, invisibili
ombre, con schianti ed urla;
si gettavano per le vie deserte
ferme nel bianco gelo dei fanali,
urtavano alle porte
sbarrate, s'abbrancavano alle morte
rame d'alberi dolenti,
scivolavano lungo muri lisci,
dileguavano via, serpenti,
con fischi lunghi e lenti strisci...
Ora mi sporgo nell'attonita pace
della grigia mattina: tutto tace.
Teso il cielo di pallide bende.
Il gran cipresso, assorto, col suo verde
strano, nell'alta luce. Un coccio lustra
tra la terra bruna dell'orto.
Finestre senza tende, cupe,
guardano intorno. Non c'è voce umana,
grido d'uccello, rumore di vita,
nell'aria vasta e vana.
C'è solo una colomba,
tutta nitida e bionda,
che sale a passi piccoli la china
d'un tetto, su tappeti
fulvi di lana vellutata, e pare
una dolce regina
di Saba
che rimonti le silenziose scale
della sua fiaba.
agitavano la città notturna.
Da nere gole aperte tra le case
rompevano, invisibili
ombre, con schianti ed urla;
si gettavano per le vie deserte
ferme nel bianco gelo dei fanali,
urtavano alle porte
sbarrate, s'abbrancavano alle morte
rame d'alberi dolenti,
scivolavano lungo muri lisci,
dileguavano via, serpenti,
con fischi lunghi e lenti strisci...
Ora mi sporgo nell'attonita pace
della grigia mattina: tutto tace.
Teso il cielo di pallide bende.
Il gran cipresso, assorto, col suo verde
strano, nell'alta luce. Un coccio lustra
tra la terra bruna dell'orto.
Finestre senza tende, cupe,
guardano intorno. Non c'è voce umana,
grido d'uccello, rumore di vita,
nell'aria vasta e vana.
C'è solo una colomba,
tutta nitida e bionda,
che sale a passi piccoli la china
d'un tetto, su tappeti
fulvi di lana vellutata, e pare
una dolce regina
di Saba
che rimonti le silenziose scale
della sua fiaba.
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