Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

domenica 30 dicembre 2007

Natale al caffè Florian di Alfonso Gatto

Boldini*La femme in rouge
La nebbia rosa
e l’aria dei freddi vapori
arrugginiti con la sera,
il fischio del battello che sparve
nel largo delle campane.
Un triste davanzale,
Venezia che abbruna le rose
sul grande canale.
Cadute le stelle, cadute le rose
nel vento che porta il Natale.

sabato 29 dicembre 2007

Nuttata 'E Natale di Salvatore Di Giacomo

Duccio di Buoninsegna*Natività
Dint'a na grotta scura dormeno 'e zampugnare:
dormeno, appese a 'e mura,
e ronfeno, 'e zampogne
quase abbuffate ancora
'a ll'urdema nuvena;
e, ghianca, accumparesce e saglie ncielo,
dint' 'a chiara nuttata, 'a luna chiena.
Dormeno: a mezzanotte
cchiù de n'ora ce manca;
e se sparano botte,
s'appicceno bengala,
e se canta e se sona
per tutto 'o vicenato...
Ma 'o Bammeniello nun è nato ancora,
e nun s'è apierto ancora 'o Viscuvato.
Fora, doppo magnato,
esce nfucata, 'a gente:
ccà d' 'o viento gelato,
p' 'e fierre d' 'a cancella,
trase 'a furia ogne tanto...
E c' 'o viento, e c' 'o friddo
ncopp' 'a paglia pugnente, a ppare a ppare,
dormeno, stracque e strutte, 'e zampugnare..

Paesaggio invernale di Rainer Maria Rilke

PAESAGGIO INVERNALE
Respirano lievi gli altissimi
abeti racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo, via via.
Le candide strade si fanno più zitte;
Le stanze raccolte, più intente.
Rintoccano l'ore. Ne vibra
percosso ogni bimbo, tremando.
Di sovra gli alari, lo schianto d'un ciocco
che in lampi e faville rovina.
In niveo brillar di lustrini,
il candido giorno là fuori s'accresce,
divien sempiterno Infinito.
(Nell'anniversario della morte 29 dicembre 1926)
Dipinto di Courbet

venerdì 28 dicembre 2007

Di un Natale metropolitano di Eugenio Montale


Un vischio, fin dall'infanzia sospeso grappolo
di fede e di pruina sul tuo lavandino
e sullo specchio ovale ch'ora adombrano
i tuoi ricci bergére fra santini e ritratti
di ragazzi infilati un po' alla svelta
nella cornice, una caraffa vuota,
bicchierini di cenere e di bucce,
le luci di Mayfair, poi a un crocicchio
le anime, le bottiglie che non seppero aprirsi,
non più guerra né pace, il tardo frullo
di un piccione incapace di seguirti
sui gradini automatici che ti slittano in giù…
(Dipinto di Sala)

Io lo ricordo, amata, io lo ricordo di Sergej Esenin

Marc Chagall
Io lo ricordo, amata, io lo ricordo,
Lo splendore dei tuoi capelli;
Non fu allegra vicenda, né leggera,
Per me l'abbandonarti.
Delle notti autunnali mi ricordo,
Del murmure nell'ombra di betulle:
E se allora più corti erano i giorni,
Più a lungo dava luce a noi la luna.
Ed io ricordo che tu mi dicevi:
"Questi anni azzurri se ne andranno via,
E tu, mio amato, dimenticherai,
Per sempre, per un'altra".
Ma oggi il tiglio che va rifiorendo
Di nuovo ha ricordato ai sentimenti
Come teneramente cospargevo
A quel tempo i tuoi riccioli di fiori.
E il cuore, non disposto a raffreddarsi,
E amando un'altra con malinconia,
Va ricordando con quell'altra te,
Come un lungo racconto prediletto.
(Nell'anniversario della morte 28 dicembre 1925)

giovedì 27 dicembre 2007

La nascita di Gesù di Rainer Maria Rilke

Se in te semplicità non fosse,
come T'accadrebbe il miracolo
di questa notte lucente? Quel Dio,
vedi, che sopra i popoli tuonava
si fa mansueto e viene al mondo in te.
Più grande forse lo avevi pensato?
Se mediti grandezza: ogni misura umana
dritto attraversa ed annienta
l’inflessibile fato di lui. Simili
vie neppure le stelle
hanno. Son grandi, vedi, questi re;
e tesori, i più grandi agli occhi loro,
al tuo grembo dinanzi essi trascinano.
Tu meravigli forse a tanto dono:
ma fra le pieghe del tuo panno guarda,
come ogni cosa Egli sorpassi già.
Tutta l'ambra imbarcata dalle terre più remote,
i gioielli aurei, gli aromi
che penetrano i sensi conturbanti:
tutto questo non era che fuggevole
brevità: d’essi, poi, ci si ravvede;
ma è gioia - vedrai - ciò che Egli dà.
(Natività di Luca di Tommè)

mercoledì 26 dicembre 2007

Dio in fasce di Federico Garcia Lorca

Domenico di Bartolomeo
E così, Dio scomparso, che voglio averti.
Piccolo cembalo di farina per il neonato.
Brezza e materia unite nell'espressione esatta
per amor della carne che non sa il tuo nome.
E così, forma breve d'inafferrabile rumore,
Dio in fasce, Cristo minuscolo ed eterno,
mille volte ripetuto, morto, crocifisso,
dall'impura parola dell'uomo che suda.

martedì 25 dicembre 2007

In Occidente di Giovanni Pascoli

IN OCCIDENTE
I
Grande, lungo le molte acque, al sussurro
del fiume eterno, sopra i sette monti,
bianca di marmo in mezzo al cielo azzurro,
Roma dormiva. Agli archi quadrifronti

battea la luna; e il Tevere sonoro
fiorìa di spuma percotendo ai ponti.
Alto fulgeva col suo tetto d'oro

il Capitolio: ma la notte mesta
adombrava la Via Sacra del Foro.
Nell'ombra un lume: il fuoco era di Vesta,

che tralucea. Nel tempio le Vestali
dormian ravvolte nella lor pretesta.
Era la notte dopo i Saturnali.

Nelle celle de' templi, sui lor troni,
taceano i numi, soli ed immortali.
Intorno alla Dea Madre i suoi leoni

giacean nel sonno. Gli ebbri Coribanti
dormian con nell'orecchio ululi e tuoni.
Rosso di sangue uno giaceva avanti

la Dea. Dischiuso il tempio era di Giano.
Esso attendeva, coi serrami infranti,
l'aquile che predavano lontano.
II
Roma dormiva, ebbra di sangue. I ludi

eran finiti. In sogno le matrone
ora vedean gladiatori ignudi.
Ne' triclini ai dormenti le corone

eran cadute, e s'imbevean le rose
nel sangue che fluì dal mirmillone.
Dormivan su le umane ossa già rose,

le belve in fondo degli anfiteatri;
e gli schiavi tornati erano cose.
Dopo la breve libertà, negli atrï

giacean gli ostiari alla catena, quali
cani la cui leggera anima latri.
Era la notte dopo i Saturnali;

ed ogni schiavo dalla tarda sera
dormiva, udendo ventilar grandi ali,
e gracidare. Erano cigni a schiera

sul patrio fiume... No: su l'Esquilino
erano corvi in una nube nera...
Ei tesseva e stesseva il suo destino:

vedea sua madre; poi sentia la voce
del banditore: apriva al suo bambino
le braccia, e le sentia fitte alla croce.
III
Roma dormiva. Uno vegliava, un Geta

gladïatore. Egli era nuovo, appena
giunto: il suo piede, bianco era di creta.
L'avean, col raffio, tratto dall'arena

del circo; e nello spolïario immondo
alcun nel collo gli aprì poi la vena,
Rantolava; il silenzio era profondo:

il cader lento d'una goccia rossa
solo restava del fragor del mondo.
Ma d'uomini gremita era la fossa

in cui giaceva. All'occhio suo, tra un velo,
parea scoprirne e ricoprirne l'ossa.
Ed era solo, e l'uomo che col gelo

lo pungea di sua cute, più lontano
gli era del più lontano astro del cielo;
più della terra sua, più del suo piano

lunghesso l'Istro, e de' suoi bovi ch'ora
sdraiati ruminavano pian piano,
e de' suoi figli ch'attendean l'aurora,

piccoli nella lor nomade cuna,
e del suo plaustro, ch'era sua dimora,
là fermo e nero al lume della luna.
IV
E venne bianco nella notte azzurra

un angelo dal cielo di Giudea,
a nunzïar la pace; e la Suburra
non l'udiva; e nel tempio alto di Rhea

bandì la pace; e non alzò la testa
quell'uomo rosso ai piedi della Dea;
e vide, un fuoco, e disse, PACE; e Vesta

ardeva, e le Vestali al focolare
sedeano avvolte nella lor pretesta;
e vide un tempio aperto, e dal sogliare

mormorò, PACE; e non l'udì che il vento
che uscì gemendo e portò guerra al mare.
E l'angelo passò candido e lento

per i taciti trivi, e dicea, PACE
SOPRA LA TERRA!... Udì forse un lamento...
Vegliava, il Geta... Entrò l'angelo: PACE!

disse. E nella infinita urbe de' forti
sol quegli intese. E chiuse gli occhi in pace·
Sol esso udì; ma lo ridisse ai morti,

e i morti ai morti, e le tombe alle tombe
e non sapeano i sette colli assorti,
ciò che voi sapevate, o catacombe.

(Angelo di Thayer)

lunedì 24 dicembre 2007

In Oriente di Giovanni Pascoli

Si vegliava sui monti.
Erano pochi
pastori che vegliavano sui monti
di Giuda. Quasi spenti erano i fuochi.
Altri alle tombe mute, altri alle fonti
garrule, presso. Il plenilunio bianco
battea dai cieli sopra le lor fronti.
Ognun guardava ai cieli, come stanco,
stanco nel cuore; ognuno avea vicino
il dolce uguale ruminar del branco.
Sostava sino all'alba del mattino
il cuor del gregge, sazio di mentastri;
ma il cuore de' pastori era in cammino
sempre; ch'erano erranti come gli astri,
essi: avean la bisaccia irta di peli
al collo, e tra i ginocchi i lor vincastri,
e cinti i lombi, e nella mano steli
d'issopo. E alcuno, come è lor costume,
cantava, fiso, come stanco, ai cieli.
E il canto, sotto i cieli arsi dal lume,
a piè dell'universo, era sommesso,
era non più che un pigolìo d'implume
caduto, sotto il suo grande cipresso.
II
Maath cantava: - O tu che mai non poni
il tuo vincastro, e che pari nell'alto
le taciturne costellazïoni,
Dio! che la nostra vita cader d'alto
fai, come pietra, dalla tua gran fionda...
la pietra cade sopra il Mar d'asfalto.
Pietra ch'è nel Mar morto e non affonda,
la vita! Cosa grave che galleggia,
e va e va dove la porta l'onda!
O Dio, noi siamo come questa greggia
che va e va, né posso dir che arrivi,
nemmen se giunga al pozzo della reggia! -
Addì cantava: - Tu, sola tu, vivi,
o greggia, che non mai dalle tue strade
vedi la Morte ferma là nei trivi.
Vedo qualche smarrito astro che cade:
muore anche l'astro. Ma tu, pago il cuore,
stai ruminando sotto le rugiade.
O greggia, solo chi non sa, non muore!
Tu non odi l'abisso che rimbomba
presso il tuo dente, e strappi lieta il fiore
del loto eterno ai sassi della tomba.
III
E un canto invase allora i cieli:
PACE
SOPRA LA TERRA!
E i fuochi quasi spenti
arsero, e desta scintillò la brace,
come per improvvisa ala di venti
silenzïosi, e si sentì nei cieli
come il soffio di due grandi battenti.
Erano in alto nubi, pari a steli
di giglio, sopra Betlehem; già pronti
erano, in piedi, attoniti ed aneli,
i pastori guardando di sui monti,
e chi presso le tombe, onde una voce
uscìa di culla, e chi presso le fonti,
onde un tumulto scaturìa di foce:
e un angelo era, con le braccia stese,
tra loro, come un'alta esile croce,
bianca; e diceva: "Gioia con voi! Scese
Dio sulla terra." Ed a ciascuno il cuore
sobbalzò verso: il bianco angelo, e prese
via per vedere il Grande che non muore,
come l'agnello che pur va carponi;
il Dio che vive tutto in sé, pastore
di taciturne costellazioni.
IV
Mossero: e Betlehem, sotto l'osanna
de' cieli ed il fiorir dell'infinito,
dormiva. E videro, ecco, una capanna.
Ed ai pastori l'accennò col dito
un angelo: una stalla umile e nera,
donde gemeva un filo di vagito.
E d'un figlio dell'uomo era, ma era
quale d'agnello. Esso giacea nel fieno
del presepe, e sua madre, una straniera,
sopra la paglia. Era il suo primo, e il seno
le apriva; e non aveva ella né due
assi: all'albergo alcun le disse: È pieno.
Nella capanna povera le sue
lagrime sorridea sopra il suo nato,
su cui fiatava un asino ed un bue.
- Noi cercavamo Quei che vive... - entrato
disse Maath. Ed ella con un pio
dubbio: - Il mio figlio vive per quel fiato...
- Quei che non muore... - Ed ella: - Il figlio mio
morrà (disse, e piangeva su l'agnello
suo tremebondo) in una croce... - Dio... -
Rispose all'uomo l'Universo: È quello!
(Presepe di Dosso Dossi)

domenica 23 dicembre 2007

Luce in me di Gandhi

La luce che è in me splende
continuamente: Non c'è salvezza
per nessuno di noi se non nella
verità e nella nonviolenza. So che
la guerra è un male, il più antico
dei mali; so anche che questo male
deve scomparire. Credo fermamente
che una libertà conquistata con lo
spargimento di sangue o con la frode
non è autentica libertà.
E con ciò auguro un Buon Natale e un buon anno a tutti
ed in particolar modo agli amici che con pazienza seguono questo blog.
Francesca

Facciata natalizia napoletana di Alfonso Gatto

Giovanni di Paolo*Natività
Ai poveri balconi delle case felici
zeppe di strilli, inferme, in alto alle cornici,
ove il cielo dei fili si perde nell'albore
murario delle cupole e nel freddo del cuore,-
e Napoli nell'agro falsetto trova il piglio
grinzoso, la sua matria ridicola di figlio
di scena è la facciata ove il Natale mostra
i melloni, le sorbe, l'uva dei merletti
di carta, i fichi d'India.
(E' la nomenclatura
del far tutto con cura.)
Qui sbiadiva la nostra
fanciullezza pensosa: la stanza,
i vecchi letti,
il Vesuvio dipinto sul mare di Bengala.
Era l'aria festiva, era l'aria di tutti,
la porta sulla scala aperta ai pastori
che piangevano i lutti,
il bambino che viene
in braccio alle novene.
Era un vederci fuori
di noi, "al vento, al gelo",
per restar dentro, al fiato
di quel primo passato
ove albeggiava il cielo.
Ho dipinto un ricordo, il ricordo ha la mano
paffuta di geloni per quel mangiare poco
in mostra sui balconi, ma dipingo per gioco.

sabato 22 dicembre 2007

Ritorno per un dolce Natale di Ada Negri

Disse la madre: Lasciate socchiusa la porta, ch'egli verrà.
Fu lasciata socchiusa la porta: egli entra, disceso dall'eternità.
Per strade di neve e di fango gli fu guida la stella in cammino
nei cieli sol quando rinasce, dentro una stalla, Gesù Bambino.
Riaccosta l'uscio in silenzio, appende in silenzio al gancio il mantello
(fiori e bruciacchi di schrapnell nella divisa ridotta un brandello:
ma ben calca sugli occhi l'elmetto, che la fronte non sia veduta,
e siede, al suo posto, nel cerchio della famiglia pallida e muta.
-Mamma, perché non ti vedo la veste di raso dal gaio colore?
- E' in fondo all'armadio, è in fondo all'armadio:
domani la metto, mio dolce amore.
- Babbo, perché così curvo, perché tante rughe intorno ai tuoi occhi?
- Son vecchio, ormai: vecchio e stanco; ma tutto passa, se tu mi tocchi:
- Sorellina dal piede leggero, perché un nastro nero fra i riccioli biondi?
- T'inganni, ha il colore del cielo, ha il colore dei mari profondi.
Intanto, dalle campane della Messa di Mezzanotte
gigli e gigli di pace e d'amore fioriranno nella santa notte.
Ed ecco al "Gloria" drizzarsi nell'alta e sottile persona il soldato,
togliendo dal capo l'elmetto, piamente, con gesto pacato.
Scoperta arderà in mezzo alla fronte l'ampia stimmate sanguinosa:
corona di re consacrato, fiamma eterna, divina rosa.
Ma sotto il diadema del sangue egli il capo reclinerà
come chi nulla ha dato, come chi nulla avrà.
(Madonna del Mantegna)

Vorrei di Samuel Beckett

Singer Sargent*Spanish woman
Vorrei che il mio amore morisse
che piovesse sul cimitero
e sui vicoli dove passo
piangendo quella che credette di amarmi
1948.
(Da 4 poesie)
(Nell'anniversario della morte 22 dicembre 1989)

venerdì 21 dicembre 2007

Natale de guerra di Trilussa

Natale de guerra
Ammalappena che s'è fatto giorno
la prima luce è entrata ne la stalla
e er Bambinello s'è guardato intorno.
- Che freddo, mamma mia! Chi m'aripara?
Che freddo, mamma mia! Chi m'ariscalla?
- Fijo, la legna è diventata rara
e costa troppo cara pè compralla...
- E l'asinello mio dov'è finito?
- Trasporta la mitraja
sur campo de battaja: è requisito.
- Er bove? - Pure quello…
fu mannato ar macello.
- Ma li Re Maggi arriveno? - E' impossibbile
perchè nun c'è la stella che li guida;
la stella nun vò uscì: poco se fida
pè paura de quarche diriggibbile...-
Er Bambinello ha chiesto:- Indove stanno
tutti li campagnoli che l'antr'anno
portaveno la robba ne la grotta?
Nun c'è neppuro un sacco de polenta,
nemmanco una frocella de ricotta...
- Fijo, li campagnoli stanno in guerra,
tutti ar campo e combatteno. La mano
che seminava er grano
e che serviva pè vangà la terra
adesso viè addoprata unicamente per ammazzà la gente...
Guarda, laggiù, li lampi
de li bombardamenti!
Li senti, Dio ce scampi,
li quattrocentoventi
che spaccheno li campi?-
Ner dì così la Madre der Signore
s'è stretta er Fijo ar core
e s'è asciugata l'occhi cò le fasce.
Una lagrima amara pè chi nasce,
una lagrima dòrce pè chi more...
(Natività di Botticelli)

La notte de Pasqua Befania di G. G. Belli

Von Stuck*Children
"Mamma! mamma! - Dormite. - Io nun ho sonno.
Fate dormì chi l’ha, sor demonietto.
Mamma, me voj’arzò. - Giù, stamo a letto.
Nun ce posso stà più; qui me sprofonno.
Io nun ve vesto. - E io mò chiamo nonno.
Ma nun è giorno. - E che m’avevio detto
che ciamancava poco? Ebbè? v’aspetto?
Auffa li meloni e nu’ li vonno!
Mamma, guardat’ un po’ si ce se vede?
Ma te dico ch’è notte. Ajo! - Ch’è stato?
Oh dio mio!, m’ha pijato un granchio a un piede.
Via, statte zitto, mò attizzo er lumino.
Sì, eppoi vedete un po’ che m’ha portato
la befana a la cappa der cammino."
(G.G. Belli nell'anniversario della morte 21 dicembre 1863)

giovedì 20 dicembre 2007

Natale di Giuseppe Ungaretti


Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Napoli, il 26 dicembre 1916
Dipinto di Collier

mercoledì 19 dicembre 2007

Più felice sono quando più lontana di Emily Bronte

Millais*Never merry
Più felice sono quando più lontana
porto la mia anima dalla sua dimora d'argilla,
in una notte di vento quando la luna brilla
e l'occhio vaga attraverso mondi di luce.
Quando mi annullo e niente mi è accanto
né terra, né mare, né cieli tersi
e sono tutta spirito, ampiamente errando
attraverso infinite immensità.
(Nell'anniversario della morte 19 dicembre 1848)

La Befana di Guido Gozzano

Anonimo valenciano
Discesi dal lettino
son là presso il camino,
grandi occhi estasiati,
i bimbi affaccendati
a metter la scarpetta
che invita la Vecchietta
a portar chicche e doni
per tutti i bimbi buoni.
Ognun, chiudendo gli occhi,
sogna dolci e balocchi;
e Dori, il più piccino,
accosta il suo visino
alla grande vetrata,
per veder la sfilata dei Magi,
su nel cielo,
nella notte di gelo.
Quelli passano intanto
nel lor gemmato manto,
e li guida una stella nel cielo,
la più bella.
Che visione incantata
nella notte stellata!
E la vedono i bimbi,
come vedono i nimbi
degli angeli festanti
ne' lor candidi ammanti.
Bambini!
Gioia e vita son la vision sentita
nel loro piccolo cuore
ignaro del dolore.
(Nell'anniversario della nascita 19 dicembre 1883

martedì 18 dicembre 2007

La Notte Santa di Guido Gozzano

Anonimo tedesco
Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti.
Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell'osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.
Il campanile scocca lentamente le sei. -
Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po' di posto per me e per Giuseppe? -
Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe
Il campanile scocca lentamente le sette. -
Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto! -
Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.
Il campanile scocca lentamente le otto. -
O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire?
Non ci mandate altrove! -
S'attende la cometa.
Tutto l'albergo ho pieno d'astronomi e di dotti,
qui giunti d'ogni dove.
Il campanile scocca lentamente le nove. -
Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci! -
Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...
Il campanile scocca lentamente le dieci. -
Oste di Cesarea... -
Un vecchio falegname?
Albergarlo?
Sua moglie?
Albergarli per niente?
L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell'alta e bassa gente.
Il campanile scocca le undici lentamente.
La neve! - ecco una stalla! -
Avrà posto per due? -
Che freddo! -
Siamo a sosta -
Ma quanta neve, quanta!
Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
Maria già trascolora, divinamente affranta...
Il campanile scocca La Mezzanotte Santa.
È nato! Alleluja! Alleluja!
È nato il Sovrano Bambino.
La notte, che già fu sì buia,
risplende d'un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaje suonate;
squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!
Non sete, non molli tappeti, ma,
come nei libri hanno detto da quattro mill'anni i
Profeti, un poco di paglia ha per letto.
Per quattro mill'anni s'attese
quest'ora su tutte le ore.
È nato!
È nato il Signore!
È nato nel nostro paese!
Risplende d'un astro divino
La notte che già fu sì buia.
È nato il Sovrano Bambino.
È nato!
Alleluja! Alleluja!

lunedì 17 dicembre 2007

Adeste Fideles di Anonimo

Leighton*Stella di Betlemme
Adeste Fideles
Laeti triumphantes
Venite, venite in Bethlehem
Natum videte
Regem angelorum
Venite adoremus
Dominum
Cantet nunc io
Chorus angelorum
Cantet nunc aula caelestium
Gloria, gloria
In excelsis
Deo Venite adoremus
Dominum
Ergo qui natus
Die hodierna
Jesu, tibi sit gloria
Patris aeterni
Verbum caro factus
Venite adoremus Dominum

domenica 16 dicembre 2007

Tu scendi dalle stelle di S.Alfonso Maria De Liguori

Simone dei Crocifissi
Tu scendi dalle stelle,
O Re del Cielo,
e vieni in una grotta,
al freddo al gelo.
O Bambino mio Divino
Io ti vedo qui a tremar,
O Dio Beato
Ah, quanto ti costò
l'averci amato!
A te, che sei del mondo
il Creatore,
non hai panni né fuoco;
O mio Signore!
Caro eletto Pargoletto,
Quanto questa povertà'
più m' innamora!
Giacché nel nostro amor
tu soffri ancora!

Marinaio a terra di Rafael Alberti

Federico Barocci
Come son solo...
Come son solo a volte, sono solo
e anche povero, triste e dimenticato!
Mi piacerebbe chiedere l'elemosina
sulle spiagge natie e fra i miei campi.
Date a colui che torna almeno un tozzo
di mite luce e un cielo tranquillo.
Per carità. Voi non mi conoscete....
Io non vi chiedo molto....
Un'elemosina.
(nell'anniversario della nascita 16 dicembre 1902)

sabato 15 dicembre 2007

Natale di Guido Gozzano

Francisco Bayeu Y Subìas
La pecorina di gesso,
sulla collina in cartone,
chiede umilmente permesso
ai Magi in adorazione.
Splende come acquamarina
il lago, freddo e un po' tetro,
chiuso fra la borraccina,
verde illusione di vetro.
Lungi nel tempo, e vicino
nel sogno (pianto e mistero)
c'è accanto a Gesù Bambino,
un bue giallo, un ciuco nero.

venerdì 14 dicembre 2007

Bianco Natale di Anonimo

Linda Nelson Stock
Col bianco tuo candor neve
sai dar la gioia ad ogni cuor.
E' Natale ancora, la grande festa
che sa tutti conquistar.
Un canto vien dal ciel lento,
e con la neve dona a noi,
un Natale pieno d'amor,
un Natale di felicità.
Quel lieve tuo candor, neve
discende lieto nel mio cuor
nella notte Santa, il cuore esulta
d'amor, è Natale ancor.
E viene giù dal ciel, lento
un dolce canto ammaliator,
che mi dice, spera anche tu
è Natale non soffrire più.
Tu neve scendi ancor lenta
per dare gioia ad ogni cuor
è Natale spunta la Pace Santa
l’Amor che sa conquistar.
Tu dici nel cader neve
il Cielo devi ringraziar!
Alza gli occhi guarda lassù
é Natale non si soffre più.

Senza rancore di Paul Eluard


Will Bradley
Lacrime dalle palpebre, dolori dei dolenti,
dolori che non contano e lacrime incolori.
Non chiede nulla, lui, non è insensibile,
triste nella prigione e triste quand'è libero.
È un tempo tetro, è una notte nera
da non mandare in giro neanche un cieco. I forti
siedono, il potere è in pugno ai deboli,
e in piedi è il re, vicino alla regina assisa.
Sorrisi e sospiri, insulti imputridiscono
nella bocca dei muti e negli occhi dei vili.
Non toccare nulla! Qui brucia, là arde;
codeste mani son per le tasche e le fronti.
Un'ombra...
Tutta la sciagura del mondo
e il mio amore addosso
come una bestia nuda.
Nell'anniversario della nascita 14 dicembre 1895

giovedì 13 dicembre 2007

Sul mare luccica-Santa Lucia di Nisa e Calzia


Sul mare luccica (Santa Lucia)
Sul mare luccica
l'astro d'argento.
Placida è l'onda;
prospero è il vento.Venite all'agile
Barchetta mia!
Santa Lucia, Santa Lucia
Con questo zeffiro
così soave,oh! com'è bello
star sulla nave!
Su passeggeri
venite via!
Santa Lucia, Santa Lucia.
In' fra le tende
bandir la cena,
in una sera
così serena.
Chi non dimanda,
chi non desia;
Santa Lucia! Santa Lucia!
Mare sì placido,vento sì caro,
scordar fa i triboli
al marinaro.
E va gridando
con allegria:
Santa Lucia! Santa Lucia!
O dolce Napoli,
O suol beato,
Ove sorridere,
Dove il creato,
Tu sei l'impero
Dell'armonia,
Santa Lucia, Santa Lucia!
Or che tardate,bella è la sera.
Spira un auretta
fresca e leggiera.Venite all'agile
barchetta mia!
Santa Lucia, Santa Lucia.
Dipinto di John Byam Shaw

mercoledì 12 dicembre 2007

Astro del ciel di Mohr e Gruber


Astro del ciel
Astro del ciel, Pargol divin,

mite Agnello, Redentor,
Tu che i vati da lungi sognar
Tu che angeliche voci nunziar,
luce dona alle menti,
pace infondi nei cuor!
Astro del ciel, Pargol divin,
mite Agnello, Redentor,
Tu di stirpe regale decor,
Tu virgineo, mistico fior,
luce dona alle menti,
pace infondi nei cuor!
Astro del ciel, Pargol divin,
mite Agnello, Redentor,
Tu disceso a scontare l'error,
Tu sol nato a parlare d'amor,
luce dona alle menti,
pace infondi nei cuor!
Dormi, Bambin, dormi, Gesù.
Su nel cielo cantano
ninna nanna gli angeli in coral
Bambino dai riccioli d’or;
dormi, o caro Gesù;
dormi, Bambino Gesù.
(dipinto di De Champaigne)

martedì 11 dicembre 2007

Sogno di Natale di Luigi Pirandello


SOGNO DI NATALE

Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo,
lassù; innanzi a un Presepe,
laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena;
eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori...
E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini,
eran deserte nella rigida notte.
E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie,da questa casa a quella,
per godere della raccolta festa degli altri;
mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo:
- Buon Natale -
(nell'anniversario della morte 10 dicembre 1936)
Luigi Pirandello

lunedì 10 dicembre 2007

Questi sono i giorni e Il Salvatore di Emily Dickinson


Dipinto di Aert Claesz Van Leyden
Questi sono giorni che amano la Renna
E che la nordica stella adorna
Questo è l'obiettivo del Sole
E la Finlandia dell'anno
*******
Il Salvatore dev'essere stato
Un docile Gentiluomo -
A venire fin qui in un così freddo
Giorno
Per Compagni di poco conto -
La Strada per Betlemme
Da quando Lui e io eravamo
Ragazzi
Fu spianata, non fosse per quello sarebbe
Un miliardo di
Miglia accidentate -
(Nell'anniversario della nascita 10 dicembre 1830)

domenica 9 dicembre 2007

Natale del 1833 di Alessandro Manzoni


Brueghel il vecchio
Sì che Tu sei terribile!
Sì che in quei lini ascoso,
In braccio a quella Vergine,
Sovra quel sen pietoso,
Come da sopra i turbini
Regni, o Fanciul severo!
E' fato il tuo pensiero,
È legge il tuo vagir.
Vedi le nostre lagrime,

Intendi i nostri gridi;
Il voler nostro interroghi,
E a tuo voler decidi.
Mentre a stornar la folgore
Trepido il prego ascende
Sorda la folgor scende
Dove tu vuoi ferir.
Ma tu pur nasci a piangere,

Ma da quel cor ferito
Sorgerà pure un gemito,
Un prego inesaudito:
E questa tua fra gli uomini
Unicamente amata,
Nel guardo tuo beata,
Ebra del tuo respir,
Vezzi or ti fa; ti supplica

Suo pargolo, suo Dio,
Ti stringe al cor, che attonito
Va ripetendo: è mio!
Un dì con altro palpito,
Un dì con altra fronte,
Ti seguirà sul monte.
E ti vedrà morir.
Onnipotente...

sabato 8 dicembre 2007

Il mago di Natale di Gianni Rodari


S'io fossi il mago di Natale
farei spuntare un albero di Natale
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento,
ma non l'alberello finto,
di plastica, dipinto
che vendono adesso all'Upim:
un vero abete, un pino di montagna,
con un po' di vento vero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere,
e sui rami i magici frutti: regali per tutti.
Poi con la mia bacchetta me ne andrei
a fare magie
per tutte le vie.
In via Nazionale
farei crescere un albero di Natale
carico di bambole
d'ogni qualità,
che chiudono gli occhi
e chiamano papà,
camminano da sole,
ballano il rock an'roll
e fanno le capriole.
Chi le vuole, le prende:
gratis, s'intende.
In piazza San Cosimato
faccio crescere l'albero
del cioccolato;
in via del Tritone
l'albero del panettone
in viale Buozzi
l'albero dei maritozzi,
e in largo di Santa Susanna
quello dei maritozzi con la panna.
Continuiamo la passeggiata?
La magia è appena cominciata:
dobbiamo scegliere il posto
all'albero dei trenini:
va bene piazza Mazzini?
Quello degli aeroplani
lo faccio in via dei Campani.
Ogni strada avrà un albero speciale
e il giorno di Natale
i bimbi faranno
il giro di Roma
a prendersi quel che vorranno.
Per ogni giocattolo
colto dal suo ramo
ne spunterà un altro
dello stesso modello
o anche più bello.
Per i grandi invece ci sarà
magari in via Condotti
l'albero delle scarpe e dei cappotti.
Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono
che posso fare?
Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.
(Dipinto di Norman Rockwell)