Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

giovedì 6 dicembre 2007

Orfano di Giovanni Pascoli

Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana dondola pian piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: Intorno al tuo lettino

c'è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nel bel giardino il bimbo s'addormenta.
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.
(In Hamburg è di Thaurow)

mercoledì 5 dicembre 2007

Natale di Alessandro Manzoni

Botticelli
Qual masso che dal vertice
Di lunga erta montana,
Abbandonato all'impeto
Di rumorosa frana,
Per lo scheggiato calle
Precipitando a valle,
Batte sul fondo e sta;
Là dove cadde, immobile
Giace in sua lenta mole;
Né, per mutar di secoli,
Fia che riveda il sole
Della sua cima antica,
Se una virtude amica
In alto nol trarrà:
Tal si giaceva il misero
Figliol del fallo primo,
Dal dì che un'ineffabile
Ira promessa all'imo
D'ogni malor gravollo,
Donde il superbo collo
Più non potea levar.
Qual mai tra i nati all'odio

Quale era mai persona
Che al Santo inaccessibile
Potesse dir: perdona?
Far novo patto eterno?
Al vincitore inferno
La preda sua strappar?
Ecco ci è nato un Pargolo,
Ci fu largito un Figlio:
Le avverse forze tremano
Al mover del suo ciglio:
All'uom la mano Ei porge,
Che si ravviva, e sorge
Oltre l'antico onor.
Dalle magioni eteree

Sporga una fonte, e scendeù
E nel borron de' triboli
Vivida si distende:
Stillano mele i tronchi;
Dove copriano i bronchi,
Ivi germoglia il fior.
O Figlio, o Tu cui genera
L'Eterno, eterno seco;
Qual ti può dir de' secoli:
Tu cominciasti meco?
Tu sei: del vasto empiro
Non ti comprende il giro:
La tua parola il fè.
E Tu degnasti assumere

Questa creata argilla?
Qual merto suo, qual grazia
A tanto onor sortilla?
Se in suo consiglio ascoso
Vince il perdon, pietoso
Immensamente
Egli è.
Oggi Egli è nato: ad Efrata,
Vaticinato ostello,
Ascese un'alma Vergine,
La gloria d'Israello,
Grave di tal portato:
Da cui promise è nato,
Donde era atteso uscì.
La mira Madre in poveri.
Panni il Figliol compose,

E nell'umil presepio
Soavemente il pose;
E l'adorò: beata!
Innanzi al Dio prostrata
Che il puro sen le aprì.
L'Angel del cielo, agli uomini
Nunzio di tanta sorte,
Non de' potenti volgesi
Alle vegliate porte;
Ma tra i pastor devoti,
Al duro mondo ignoti,
Subito in luce appar.
E intorno a lui per l'ampia

Notte calati a stuolo,
Mille celesti strinsero
Il fiammeggiante volo;
E accesi in dolce zelo,
Come si canta in cielo,
A Dio gloria cantar.
L'allegro inno seguirono,
Tornando al firmamento:
Tra le varcate nuvole
Allontanossi, e lento
Il suon sacrato ascese,
Fin che più nulla intese
La compagnia fedel.
Senza indugiar, cercarono

L'albergo poveretto
Que' fortunati, e videro,
Siccome a lor fu detto,
Videro in panni avvolto,
In un presepe accolto,
Vagire il Re del Ciel.
Dormi, o Fanciul; non piangere;
Dormi, o Fanciul celeste:
Sovra il tuo capo stridere
Non osin le tempeste,
Use sull'empia terra,
Come cavalli in guerra,
Correr davanti a Te.
Dormi, o Celeste: i popoli

Chi nato sia non sanno;
Ma il dì verrà che nobile
Retaggio tuo saranno;
Che in quell'umil riposo,
Che nella polve ascoso,
Conosceranno il Re.

martedì 4 dicembre 2007

Le strenne degli orfani di Arthur Rimbaud

I
La stanza è piena d'ombra; si sente vagamente
Il dolce e triste sussurrare di due bambini.
La loro fronte si reclina, ancora carica di sogni,
Sotto la lunga tenda bianca che trema e si solleva… -
Fuori gli uccelli si stringono intirizziti;
L'ala s'intorpidisce sotto il grigiore dei cieli;
E il nuovo Anno, dalla scia brumosa,
Trascinando le pieghe della sua veste nevosa,
Sorride piangendo, e rabbrividendo canta…
II
Ora i bambini, sotto la tenda ondeggiante,

Parlano a bassa voce come si fa nella notte scura.
Ascoltano, assorti, come un lontano mormorio…
Sussultano, spesso, alla chiara voce d'oro
Del timbro mattutino, che scandisce e scandisce ancora
Il suo ritornello metallico nel suo globo di vetro… -
Poi, la stanza e gelata…
Si vedono, buttati per terra,
Sparsi attorno ai letti, vestitini di lutto:
L'aspro vento d'inverno che geme sulla soglia
Soffia nella casa il suo affannoso respiro!
Si sente, in tutto ciò, che manca qualcosa… -
Non c'è dunque una madre per questi bambini,
Una madre dal fresco sorriso, dagli sguardi trionfanti?
Ha dunque dimenticato, a sera, sola e china,
Di ravvivare una fiamma strappata alle ceneri,
Di ammucchiare su di loro la lana e il piumino
Prima di lasciarli gridando: perdono.
Non ha previsto per nulla il freddo del mattino,
E non ha sbarrato la porta al vento invernale?... -
Il sogno materno, è il tiepido tappeto,
È il nido ovattato dove i bimbi acquattati,
Come graziosi uccelli a dondolo sui rami,
Dormono un dolce sotto pieno di candide visioni!... -
Ma questo, - è come un nido senza piume, senza calore,
Dove i piccoli han freddo, non dormono, hanno paura;
Un nido che il vento amaro deve aver ghiacciato…
Il vostro cuore ha capito: - quei bimbi sono senza madre.
Niente madre a casa! - e il padre è ben lontano!...
- Una vecchia domestica, allora, se ne prende cura.
I piccoli sono soli nella gelida casa;
Orfani di quattro anni, ecco che nel loro pensiero
Si desta, lentamente, un ricordo ridente…
È come un rosario che si sgrana pregando:
- Ah! che bel mattino, quel mattino delle strenne!
Ognuno, durante la notte, aveva sognato le sue,
In qualche sogno strano in cui si vedono giocattoli,
Confetti avvolti d'oro, gioielli sfavillanti,
Turbinare, danzare una danza sonora,
E poi sparire sotto le tende, e riapparire ancora!
Si svegliavano presto, si alzavano felici,
Le labbra golose, stropicciandosi gli occhi…
Andavano, coi capelli arruffati sulla testa,
Lo sguardo tutto raggiante, come nei grandi giorni di festa,
E i piedini nudi che sfioravano il pavimento,
A bussare dolcemente alla porta dei genitori…
Entravano!... E allora gli auguri… in pigiama,
I baci ripetuti, e l'allegria permessa!
Ah! erano così deliziose, quelle parole dette tante volte!
- Ma com'è cambiata, la casa di una volta:
Crepitava un gran fuoco, chiaro, nel caminetto,
Tutta la vecchia stanza ne era illuminata;
E i riflessi vermigli, fuori dal gran focolare,
Turbinavano amabilmente sui mobili lustri…
- L'armadio era senza chiavi!... senza chiavi il grande armadio!
Guardavano spesso la porta bruna e nera…
Senza chiavi!... com'era strano!... più volte fantasticavano
Sui misteri assopiti fra quei fianchi di legno,
Credevano di udire, dal fondo della toppa
Vuota, un rumore lontano, vago e lieto mormorio…
- La camera dei genitori è proprio vuota, oggi!
Sotto la porta non c'è alcun riflesso rossastro;
Spariti i genitori, le chiavi, il focolare:
Dunque, niente baci, niente dolci sorprese!
Oh! come sarà triste per loro il capodanno!
E tutti pensierosi, mentre dai loro occhioni azzurri
Silenziosamente scende una lacrima amara,
Mormorano: "Quando tornerà la mamma?". . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Adesso i piccoli sonnecchiano tristemente:
Direste, a vederli, che piangono dormendo,
Tanto han gli occhi gonfi e il respiro affannoso!
I bambini piccoli hanno il cuore così sensibile!
- Ma l'angelo delle culle viene ad asciugare i loro occhi,
E in quel sonno pesante infonde un sogno gioioso,
Un sogno così gioioso, che le loro labbra socchiuse,
Sorridendo, sembrano mormorare qualcosa…
- Sognano che, piegati sul braccino tondo,
Nel gesto del risveglio, sollevano la fronte,
E il loro vago sguardo si posa tutt'attorno…
Credono di dormire in un paradiso rosa…
Nel focolare pieno di bagliori canta allegramente il fuoco…
Dalla finestra si vede laggiù un bel cielo azzurro;
La natura di desta e di raggi s'inebria
La terra, seminuda, felice di rivivere,
Ha fremiti di gioia sotto i baci del sole…
E nella vecchia casa tutto è tiepido e vermiglio:
I cupi vestiti non sono più sparsi per terra,
Il vento sotto la porta ormai si è placato…
Si direbbe che una fata è passata di là!...
- I bambini, tutti felici, hanno lanciato due gridi…
Là,Vicino al letto materno, sotto un bel raggio rosa,
Là, sul grande tappeto, risplende qualcosa…
Sono medaglioni d'argento, neri e bianchi,
Di giaietto e madreperla, dai riflessi scintillanti;
Piccole cornici nere, corone di vetro,
Con tre parole incise in oro:
"A NOSTRA MADRE!"
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
(dipinto di Hughes)

La sera di Rainer Maria Rilke

LA SERA
Vien da lungi la Sera, camminando
per la pineta tacita, di neve.
Poi, contro tutte le finestre preme
le sue gelide guance; e, zitta, origlia.
Si fa silenzio, allora, in ogni casa.
Siedono i vecchi, meditando. I bimbi
non si attentano ancora ai loro giuochi.
Cade di mano alle fantesche il fuso.
La Sera ascolta, trepida, pei vetri;
tutti - all'interno - ascoltano la Sera.
(nell'anniversario della nascita 4 dicembre 1875)
(dipinto di C. Larssen)

lunedì 3 dicembre 2007

Le ciaramelle di Giovanni Pascoli

Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne' suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!
(Dipinto di Hitckock)

domenica 2 dicembre 2007

Gesù bambino di Paul Verlaine

Gesù bambino, come dobbiamo essere
Se vogliamo vedere Dio Padre:
accordaci allora di rinascere
come puri infanti, nudi, senz'altro rifugio

che una stalla, e senz'altra compagnia
che un asino e un bue, umile coppia;
d'avere infinita ignoranza

e l'incommensurabile debolezza
per cui l'umile infanzia è benedetta;
di non agire senza che nonnulla ferisca

la nostra carne tuttavia innocente
ancora perfino d'una carezza,
senza che il nostro misero occhio non senta

dolorosamente perfino il chiarore
dell'alba impallidire appena,
della sera che cade, suprema luce,

senza provare altra voglia
che d'un lungo sonno tiepido e smorto...
Come puri infanti che l'aspra vita

destina – a quale meta tragica
o felice? – folla asservita
o libera truppa, a quale calvario?

(Dipinto di Andrea Del Sarto)

sabato 1 dicembre 2007

Gli amici le portano un albero di Natale di William Butler Yeats

Perdona grande nemica,
Senza pensiero irato
Abbiam portato l'albero,
E qui e lì comprato
Per adornare ogni ramo,
E lei dal letto rimiri
Cose graziose che rallegrino
Una fantasiosa mente.
Un po' di grazia donale
Anche se un occhio ridente
Ha spiato il tuo volto
Che muore.
Dipinto di Casas Carbo