Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

venerdì 31 ottobre 2008

Oh lasso me!, quanto forte divaria di Fazio degli Uberti

Oh lasso me!, quanto forte divaria
Como da Milano in tutte l'overe.
Là è bel tempo e qui pur sento piovere;
là si è sana e qui è inferma l'aria;
là è prudenzia e qui tutta contraria;
là è ricchezza e qui le genti povere;
là si pò ire e qui non si pò movere
per li gran poggi e laghi che la svaria
là si son donne delicate e morbide,
vezzose nel parlar, più vaghe e tenere
che qual par figlia e qual soror di Venere;
e qua son vizze, magre, secche e torbide,
col gavon grosso e con la buccia rancica:
ortica pare a chi lor carne brancica.
Dolcetto o scherzetto?

giovedì 30 ottobre 2008

Nella nebbia di Giovanni Pascoli

Millais/October E guardai nella valle: era sparito
tutto! sommerso! Era un gran mare piano,
grigio, senz'onde, senza lidi, unito.
E c'era appena, qua e là, lo strano

vocìo di gridi piccoli e selvaggi:
uccelli spersi per quel mondo vano.
E alto, in cielo, scheletri di faggi,

come sospesi, e sogni di rovine
e di silenzïosi eremitaggi.
Ed un cane uggiolava senza fine,

né seppi donde, forse a certe péste
che sentii, né lontane né vicine;
eco di péste né tarde né preste,

alterne, eterne. E io laggiù guardai:
nulla ancora e nessuno, occhi, vedeste.
Chiesero i sogni di rovine: - Mai

non giungerà? - Gli scheletri di piante
chiesero: - E tu chi sei, che sempre vai? -
Io, forse, un'ombra vidi, un'ombra errante

con sopra il capo un largo fascio. Vidi,
e più non vidi, nello stesso istante.
Sentii soltanto gl'inquïeti gridi

d'uccelli spersi, l'uggiolar del cane,
e, per il mar senz'onde e senza lidi,
le péste né vicine né lontane.

da Primi poemetti

mercoledì 29 ottobre 2008

Tardò finchè lei cessò di sapere di Emily Dickinson

Lucian Levy Dhurmer/Mistery 1896
Tardò finché lei cessò di sapere -
Tardò finché nella sua veste di neve
L'amoroso seno giacque -
Un'ora dopo il fuggente respiro -
Solo un'ora più tardi della Morte -
Oh indugiante Ieri!
Avesse potuto immaginare quell'esito -
Avesse potuto un solo araldo di gioia
Scalare la collina lontana -
Non avesse avuto l'estasi un passo così lento
Chissà se il volto che s'arrese
Non sarebbe ancora imbattuto?
Oh se ci fossero moribondi
Affatto dimenticati dalla Vittoria
Nel suo giro imperiale -
Mostrate loro questa mite e ornata creatura
Che non poté fermarsi per essere un re -
Dubbiosa di essere incoronata!

martedì 28 ottobre 2008

Madonna sète bella e bella tanto di Ludovico Ariosto

Rembrandt
 Madonna, sète bella e bella tanto,
ch'io non veggio di voi cosa più bella;
miri la fronte o l'una e l'altra stella
che mi scorgon la via col lume santo;
miri la bocca, a cui sola do vanto
che dolce ha il riso e dolce ha la favella,
e l'aureo crine, ond'Amor fece quella
rete che mi fu tesa d'ogni canto;
o di terso alabastro il collo e il seno
o braccia o mano, e quanto finalmente
di voi si mira, e quanto se ne crede,
tutto è mirabil certo; nondimeno
non starò ch'io non dica arditamente
che più mirabil molto è la mia fede.
Sonetto XXV

lunedì 27 ottobre 2008

La musica di Charles Baudelaire

Strudwyck/Music
Spesso la musica mi porta via come fa il mare.
Sotto una volta di bruma o in un vasto etere
metto vela verso la mia pallida stella.
Petto in avanti e polmoni gonfi come vela
scalo la cresta dei flutti accavallati
che la notte mi nasconde;
sento vibrare in me tutte le passioni
d'un vascello che dolora, il vento gagliardo,
la tempesta e i suoi moti convulsi
sull'immenso abisso mi cullano.
Altre volte, piatta bonaccia,
grande specchio della mia disperazione!

domenica 26 ottobre 2008

Le mie lettere! di Elizabeth B. Browning

Jean Edmond Aman
Le mie lettere! Carta morta, bianca, muta!
Ma vive e vibranti tra le mani che
Trepide stanotte il nastro sciolgono
Lasciandole cadere giù, sulle ginocchia.
Questa dice:- un tempo lui desiderò
Avermi per amica; qui fissava un giorno
In primavera, per venire a toccarmi la mano.
Un nulla, ma io piansi.
Qui - il foglio splende -
Diceva: Cara, ti amo; ed io tremai e caddi come
Se il futuro di Dio tuonasse sul mio passato.
Qui: sono tuo!
E restando sul mio cuore
Affannato, l'inchiostro è scolorito.
Questa…Oh, amore, le tue parole non avrei
Capito, se adesso rivelassi quanto dice.
Sonetto XXVIII

sabato 25 ottobre 2008

Temporale di Giovanni Pascoli

Auburtin Un bubbolìo lontano. . .
Rosseggia l'orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un'ala di gabbiano.
da Myricae/In campagna XII