Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

domenica 31 ottobre 2010

Barometro basso di Robert Bridges

Grasset*Trois femmet et trois loups
 Il vento di scirocco prende forza di libeccio,
Le nubi corrono rapide sopra la luna,
La casa è sferzata come da un flagello,
Il comignolo trema sotto la raffica.
Una notte come questa, quando l'area allenta
La sua vigile stretta su sangue e cervello,
Vecchi terrori di dio o di fantasma
Tornano in vita strisciando dalle loro caverne;
E Ragione s'avvede d'abitare
Una casa infestata. Ignoti casigliani
Affermano il loro squallido diritto di peccato
Con un titolo più antico del suo.
Presenze incorporee, affollata
Profanazione e rimorso del Tempo,
Sfuggite all'oblio, ripetono
Gli orrori del delitto sconsacrato.
C'è chi tenta di placare con preghiere l'ombra
I cui passi invisibili calcano il pavimento,
La cui paurosa irruzione sale le scale
O forza la serratura della porta vietata.
C'è chi ha veduto cadaveri interrati da tempo
Sottrarsi alla santa vigilanza,
Pallide forme sepolcrali; e ha perfino udito
Gli striduli lamenti d'un'anima in pena,
Errabonda sin che l'alba non abbia varcato
La tenebra dogliosa, e la terra stretto
Più a sé il manto sparso d'uragano, e cacciato
I lugubri fantasmi nella tomba.

sabato 30 ottobre 2010

Tu ti spezzasti di Giuseppe Ungaretti

De Laszlo/Philippe Antoine Conte De Gramon morto nelle Ardenne/1928 I molti, immani, sparsi, grigi sassi
Frementi ancora alle segrete fionde
Di originarie fiamme soffocate
Od ai terrori di fiumane vergini
Ruinanti in implacabili carezze,
- Sopra l'abbaglio della sabbia rigidi
In un vuoto orizzonte, non rammenti?
E la recline, che s'apriva all'unico
Raccogliersi dell'ombra nella valle,
Araucaria, anelando ingigantita,
Volta nell'ardua selce d'erme fibre
Più delle altre dannate refrattaria,
Fresca la bocca di farfalle e d'erbe
Dove dalle radici si tagliava,
- Non la rammenti delirante muta
Sopra tre palmi d'un rotondo ciottolo
In un perfetto bilico
Magicamente apparsa?
Di ramo in ramo fiorrancino lieve,
Ebbri di meraviglia gli avidi occhi
Ne conquistavi la screziata cima,
Temerario, musico bimbo,
Solo per rivedere all'imo lucido
D'un fondo e quieto baratro di mare
Favolose testuggini
Ridestarsi fra le alghe.
Della natura estrema la tensione
E le subacquee pompe,
Funebri moniti.
Alzavi le braccia come ali
E ridavi nascita al vento
Correndo nel peso dell'aria immota.
Nessuno mai vide posare
Il tuo lieve piede di danza.
Grazia, felice,
Non avresti potuto non spezzarti
In una cecità tanto indurita
Tu semplice soffio e cristallo,
Troppo umano lampo per l'empio,
Selvoso, accanito, ronzante
Ruggito d'un sole d'ignudo.
(per la morte del figlio Antonietto)
(Il dolore 1939)

venerdì 29 ottobre 2010

La tovaglia di Giovanni Pascoli

Edwin Harris/Iris/1897 Le dicevano: - Bambina!
che tu non lasci mai stesa,
dalla sera alla mattina,
ma porta dove l'hai presa,
la tovaglia bianca, appena
ch'è terminata la cena!
Bada, che vengono i morti!
i tristi, i pallidi morti!
Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
Stanno lì sino al domani,
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. -
E` già grande la bambina:
la casa regge, e lavora:
fa il bucato e la cucina,
fa tutto al modo d'allora.
Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.
Oh! la notte nera nera,
di vento, d'acqua, di neve,
lascia ch'entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.
Dalla sera alla mattina,
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare.
Oh! non ricordano i morti,
i cari, i cari suoi morti!
- Pane, sì... pane si chiama,
che noi spezzammo concordi:
ricordate?... E` tela, a dama:
ce n'era tanta: ricordi?...
Queste?... Queste sono due,
come le vostre e le tue,
due nostre lagrime amare
cadute nel ricordare!
(Canti di Castelvecchio)

giovedì 28 ottobre 2010

Sulla spiaggia a Fontana di James Joyce

Fisher
Piange il vento e piangono le ghiaie,
malfermi i pali della gettata gemono;
un senile mare numera ogni singola
pietra imbellettata di argento.
Dal vento piangente e dal più freddo
mare grigio io caldo lo avviluppo,
e tocco la spalla tremante dall'osso sottile
e il suo braccio infantile.
Attorno a noi paura, calante
dall'alto ombra di paura: e nel mio cuore
quale interminata, fonda
fitta d'amore!

mercoledì 27 ottobre 2010

Saluto d'autunno di Giosuè Carducci

Emile Friant/L'amore in autunno/1888
Pe' verdi colli, da' cieli splendidi,
e ne' fiorenti campi de l'anima,
Delia, a voi tutto è una festa
di primavera: lungi le tombe!
Voi dolce madre chiaman due parvole,
voi dolce suora le rose chiamano,
e il sol vi corona di lume,
divino amico, la bruna chioma.
Lungi le tombe! Lontana favola
per voi la morte! Salite il tramite
de gli anni, e con citara d'oro
Ebe serena v'accenna a l'alto.
Giú ne la valle, freddi dal turbine,
noi vi miriamo ridente ascendere;
e un raggio del vostro sorriso
frange le nebbie pigre a l'autunno.

martedì 26 ottobre 2010

La distanza a cui i morti sono andati di Emily Dickinson

Pellizza da Volpedo/Al cimitero/1887 
La distanza a cui i morti sono andati
Dapprima non appare;
Il loro tornare sembra possibile
Per molto più di un ardente anno.
E poi, quello di averli seguiti,
Per noi più di un mezzo sospetto,
Tanto intimi siamo diventati
Della loro cara rimembranza.

lunedì 25 ottobre 2010

Taci, anima stanca di godere di Camillo Sbarbaro

Ambrose McEvoy/Lillah McCarthy Taci, anima stanca di godere
e di soffrire -all’uno,all’altro vai
rassegnata-
Ascolto e non mi giunge una tua voce
Non di rimpianto per la miserabile
giovinezza,non d’ira o di rivolta
e neppure di tedio.
Ammutolita
giaci col corpo in una disperata
indifferenza.
Non ci stupiremmo,
non è vero, mia anima, se adesso
il cuore s'arrestasse,se sospeso
ci fosse il fiato…
Invece camminiamo,
E gli alberi son alberi,le case
sono case, le donne
che passano son donne e tutto è quello
che è-quello che è.
La vicenda di gioia e di dolore
non ci tocca. Perduto ha la voce
la sirena del mondo,e il mondo è un grande
deserto.
Nel deserto
io guardo con asciutti occhi me stesso.
(Pianissimo/1914)