Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

domenica 20 maggio 2007

Compianto per Ignazio Sanchez Mejias di F.G.Lorca

Richmond*Electra
3 • Corpo presente
È la pietra una fronte su cui gemono i sogni,
senz'acqua che si curvi né cipressi gelati.
Una spalla è la pietra per trasportare il tempo
con alberi di lacrime e con nastri e pianeti.
Ho visto piogge grigie correre incontro ai flutti,
sollevando le tenere lor braccia crivellate,
per non esser braccate dalla pietra distesa
che le membra disintegra senza assorbire il sangue.
Giacché la pietra coglie le semenze e le nubi,
gli scheletri di allodole e i lupi di penombra;
ma non offre dei suoni né cristalli né fuoco,
ma solo arene e arene, e arene senza muri
Giace ormai sulla pietra Ignazio uomo eletto.
È ormai finito; ed ora?
Guardate la figura:
la morte l'ha velato di dilavati zolfi
e gli ha messo una testa d'oscuro minotauro.
Tutto è finito.
Penetra la pioggia nella bocca.
Folle il vento abbandona il suo petto consunto,
e l'Amore, impregnato di lacrime gelate,ù
si scalda sulla cima delle stalle taurine.
Che dicono?
Un silenzio putrescente ristagna.
Eccoci con un corpo presente che si esala,
con una forma tersa, nido già d'usignoli,
che vediamo infittirsi di buchi senza fondo.
Chi sgualcisce il sudario?
È, falso quel che dice!
Qui nessuno che canti o pianga nel cantuccio
o conficchi gli sproni o cacci via il serpente:
altro qui non desidero che gli occhi spalancati
per veder questo corpo senza requie possibile.
Qui uomini di dura voce io voglio vedere,
che domano cavalli e dominano i fiumi:
uomini cui risuona lo scheletro
e cantando vanno con una bocca piena di sole e selci.
Io qui voglio vederli.
Davanti a questa pietra,
davanti a questo corpo con le redini rotte.
Io voglio che mi mostrino dov'è lo sbocco estremo
per questo capitano ancorato alla morte.
Io voglio che mi mostrino un pianto
come un fiume ricco di dolci nebbie e profonde riviere,
per trasportare il corpo d'Ignazio,
e che si perda senza ascoltare il doppio ansimare dei tori.
Si perda nell'arena rotonda della luna che sembra,
quando cresce, dolente bestia immobile;
si perda nella notte senza canto dei pesci
e nel pruneto bianco del fumo congelato.
Non voglio che gli coprano con fazzoletti il viso,
in modo che s'abitui alla morte che reca.
Vattene, Ignazio.
Il caldo bramito non ti dolga.
Dormi, vola, riposa.
Anche il mare perisce!

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