Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

domenica 20 aprile 2008

La canzone disperata di Pablo Neruda

Jacob CollinsLa canzone disperata
Emerge Il tuo ricordo dalla notte in cui sono.
Il fiume congiunge al mare il suo lamento ostinato.
Abbandonato come le banchine all'alba.
È l'ora di partire, oh abbandonato!
Piovono sul mio cuore fredde corolle.
Oh sentina di macerie, feroce covo di naufraghi!
In te si accumularono le guerre e i voli.
Da te spiegarono le ali gli uccelli del canto.
Tutto hai inghiottito, come la lontananza.
Come il mare, come il tempo.
Tutto in te fu naufragio!
Era l'ora felice dell'assalto e del bacio.
L'ora dello stupore che splendeva come un faro.
Ansia di timoniere, furia di palombaro cieco,
torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio!
Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita.
Esploratore perduto, tutto in te fu naufragio!
Ti attaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio.
Ti abbatté la tristezza, tutto in te fu naufragio!
Feci indietreggiare la muraglia d'ombra, andai oltre il desiderio e l'atto.
Oh carne, carne mia, donna che amai e persi,
te, in quest'ora umida, evoco e canto.
Come un bicchiere ospitasti l'infinita tenerezza,
e l'infinito oblio ti frantumò come un bicchiere.
Era la nera, nera solitudine delle isole,
e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia.
Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta.
Era il dolore e la rovina, e tu fosti il miracolo.
Ah donna, non so come hai potuto contenermi
nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia!
Il mio desiderio di te fu il più terribile e breve,
il più inquieto ed ebbro, il più avido e teso.
Cimitero di baci, c'è ancora fuoco nelle tue tombe,
ancora bruciano i grappoli sbecchettati dagli d'uccelli.
Oh la bocca mordicchiata,
le membra baciate ,oh i denti famelici, oh i corpi intrecciati.
Oh l'amplesso folle di speranza e di vigore
in cui ci congiungevamo e ci disperavamo.
E la tenerezza, lieve come l'acqua e farina.
E la parola appena iniziata sulle labbra.
Quello fu il mio destino e con esso viaggiò il mio
desiderio,con esso crollò il mio desiderio, tutto in te fu naufragio!
Oh sentina di macerie, in te tutto crollava,
quale dolore non esprimesti, quali onde non ti affogarono.
Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti.
In piedi come un marinaio a prua della nave.
Ancora fioristi in canti, ancora straripasti in correnti.
Oh sentina di macerie, pozzo aperto e amaro.
Pallido palombaro cieco, sciagurato fromboliere,
esploratore perduto, tutto in te fu naufragio!
È l'ora di partire, l'ora fredda e dura
che la notte ferma su ogni orologio.
Il cinturone rumoroso del mare cinge la costa.
Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli neri.
Abbandonato come le banchine all'alba.
Solo l'ombra tremante si ritorce tra le mani.
Ah più in là di qualsiasi cosa.
Ah ben più in là.
È l'ora di partire.
Oh abbandonato!

2 commenti:

Jonathan Livingston ha detto...

...salve Francesca. Quando si dice, la casualità! Cercavo nel web "la canzone disperata" di Neruda, perché sparita dalla mia libreria. Così ho incontrato il suo blog: che a prima vista ho subito percepito come il più consono alle mie esigenze di appassionato di poesia. Sono contento che Fato abbia avuto una distrazione a mio favore...mi sono iscritto e non tarderò a farle visita...vivissimi complimenti per la sua passionalità verso la poesia...con grande stima Sergio...

Francesca Vicedomini ha detto...

Grazie Sergio per la stima, è un piacere fare la tua conoscenza, lo è sempre fra spiriti simili.
Mi scuserai per le immagini, come ho scritto in testa al blog, purtroppo un bel giorno mi sono sparite. Capricci di Picasa, ora le sto rimettendo una a una, per ora ho finito D'Annunzio, quindi il cammino è ancora lungo, spero mi terrai compagnia. (Ti ho dato del tu, ti prego di fare altrettanto!)