Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

mercoledì 14 gennaio 2015

Inverno di Asclepiade

John William Godward
E' inverno e lunga la notte:
fra mezzo alle Pleiadi trascorre.
Dinanzi alla sua porta, i passi
più non conto, molle di pioggia,
roso dalla brama di lei,
che ordire ben sa l'inganno.
No, non è amore: un dardo rovente
Cipride m'infisse nelle carni.

Col suo riso protervo Didima
mi prese: ed ahimè, mi sciolgo
come cera al fuoco, se la guardo.
E' bruna: che importa? Neri
son anche i carboni, ma splendono
quando li accendi, come rose in fiore.

Bevi, Asclepiade: son lacrime, queste?
Che t'accade? Te solo non fiaccò
la Dea di Cipro; l'arco e i dardi
a te solo non serbò l'amaro Amore.
Pur vivo, tu giaci nella cenere?
Di Bacco beviamo lo schietto liquore.
L'aurora è appena sorta! Attendi
le lucerne della sera? Dolcemente,
beviamo. Breve ora, o misero, poi resta:
una notte senza tempo dormiremo.
(Lirici Greci)

3 commenti:

Juliet ha detto...

L'inverno di Asclepiade sa proprio di un magenta acceso,
ed è un piacere ritrovare la deliziosa continuità di questo blog.
Ben tornata francesca, o meglio, grazie di ospitarci di nuovo.. :)

Rose ha detto...

Si sbronzavano per amore anche a quei tempi!

Buon soba! Riprendiamoci dalla sbornia. :)

Francesca Vicedomini ha detto...

Juliet, questa e la casa di tutti, siamo tutti ospiti e ospitati.
Grazie di esserci, Rose già lo sa!