Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

venerdì 19 marzo 2010

A mio padre di Camillo Sbarbaro

Brodky/con la figlia/1911 Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t'amerei.
Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
che la prima viola sull' opposto
muro scopristi dalla tua finestra
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell'altra volta mi ricordo
che la sorella mia piccola ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia aveva fatto non so che).
Ma raggiuntala che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo ch' era il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

C’è tutto l’amore per scelta e non per obbligo familiare, in questa poesia di Sbarbaro; probabilmente, gli vorrebbe bene anche se fosse un estraneo, perché il padre è un uomo buono, ingenuo e capace di entusiasmarsi per cose di poco conto.

Unknown ha detto...

Scopro per caso il tuo blog e non ne esco più! Posso metterti fra il blogroll del mio blog www.appigli.net? Grazie. Noemi

Francesca Vicedomini ha detto...

Noemi, mi fai un piacere assoluto, grazie. Ciao

Yuria, Sbarbaro è un poeta ingiustamente dimenticato...