Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

sabato 31 dicembre 2011

L'attimo fuggente di Andrea Zanzotto

Joseph Christian Leyendecker*31 dicembre 1932
"Le front comme un drapeau perdu"
Ancora qui. Lo riconosco. In orbite
di coazione. Gli altri nell'incorposa
increante libertà. Dal monte
che con troppo alte selve m'affronta
tento vedere e vedermi,
mentre allegria irrita di lumi
san Silvestro, sparge laggiù la notte
di ghiotti muschi, di ghiotte correntie.
E. E, puro vento, sola neve, ch'io toccherò tra poco.
Ditemi che ci siete, tendetevi a sorreggermi.
In voi fui, sono, mi avete atteso,
non mai dubbio v'ha offesi.
Sarai, anima e neve,
tu: colei che non sa
oltre l'immacolato tacere.
Ravvia la mia dispersa fronte. Sollevami. E.
E' questo il sospiro che discrimina
che culmina, "l'attimo fuggente".
E' questo il crisma nel cui odore io dico:
sì, mi hai raccolto
su da me stesso e con te entro
nella fonte dell'anno.
(IX Egloghe)

venerdì 30 dicembre 2011

I giorni, i mesi, gli anni di Diego Valeri

Helen Parsons Sheperd*Bus Stop*1965
I giorni, i mesi, gli anni,
dove mai sono andati?
Questo piccolo vento
che trema alla mia porta,
uno a uno, in silenzio,
se li è portati via.
Questo piccolo vento
foglia a foglia mi spoglia
dell’ultimo mio verde
già spento. E così sia.

giovedì 29 dicembre 2011

Canzone di John Keats

Caspar David Friedrich
I
Nella notte cupa di dicembre
Tanto felice albero felice
Coi rami che non ricordano
La loro verde felicità:
Il vento non può dissolverli
Sibilando bianco tra loro,
Nè le fredde sgelate trattengono
I germogli di primavera.
II
Nella notte cupa di dicembre
Tanto felice felice ruscello
Per le acque che non ricordano
Lo sguardo caldo del sole
E nell'oblio trattengono
Tormenti di cristallo
Dolci senza lamenti
Al tempo ghiacciato.
III
Oh, fosse così per tanti
Ragazzi e dolci amanti!
Ve n'è mai stato uno
Che non ha pianto al passato?
Percepire il mutamento, sentirlo,
Sapere che nessuno può sanarlo,
Che i sensi non possono indurirlo.
Questo mai è stato detto in poesia.
*****************
SONG
I
In drear-nighted December,
Too happy, happy tree,
Thy branches ne'er remember
Their green felicity:
The north cannot undo them
With a sleety whistle through them;
Nor frozen thawings glue them
 From budding at the prime.
II
In drear-nighted December,
Too happy, happy brook,
Thy bubblings ne'er remember
Apollo's summer look;
But with a sweet forgetting,
They stay their crystal fretting,
Never, never petting
About the frozen time.
III
Ah! would 'twere so with many
A gentle girl and boy!
But were there ever any
Writhed not at passed joy?
To know the change and feel it,
When there is none to heal it,
Nor numbed sense to steel it,
Was never said in rhyme.

mercoledì 28 dicembre 2011

Cartolina di Giovanni Pascoli

Christmas time*Eastman Johnson*1864
A Orazio Bacci
Caro Orazio, i panforti, come scudi
omerici, d'argento cesellato,
brillano nella cantera, e dallato
hanno amaretti e cavallucci, studi
incliti di Sanesi pasticcieri.
Siena! dolce paese! Oh mi si dia
di veder la città de' miei pensieri!
So che vorrei fermarmi a mezza via,
tra Fiorenza gaietta e Siena austera,
o caro Orazio mio, nel tuo Castello.
Forse vi troverei la primavera,
ora che brullo dondola l'ornello.
Così soavi ha gli occhi la tua mamma,
che governa sue tre vite leggiadre,
così pura del tuo lare è la fiamma,
così paterno è il piglio di tuo padre,
ch'io mi crederei giunto ove ho il cammino:
alfine, Orazio mio, mi crederei
giunto, tra sì gran pene, al mio destino:
là dov'è babbo e mamma e tutti i miei.
Tutti, all'infuori delle due soavi
sorelle mie di sangue e cor, che adoro;
ed amo tanto te, perché pensavi
unicamente, col tuo dono, a loro.
Basta: la notte di Natale, quando
sono pel cielo tanti gli angioletti;
se qualche groppo ne verrà, cianciando,
come uno stormo, sopra i nostri tetti,
(candidi stanno, e poi qual va, qual viene,
e nuova schiera ad ora ad or s'aduna:
li crede il volgo nuvole serene
erranti in cielo al lume della luna)
se alcuno ne verrà, sì che nel viso
possa vederlo, io gli dirò che porti,
prima ancor che nel santo paradiso,
questa novella a casa de' miei morti:
che c'è una casa in questa dolce terra
che ci vuol bene per la sua bontà.
Quelli ne goderanno di sotterra
e Dio dal Cielo vi benedirà.
Livorno, 28 decembre 1889.
(Poesie varie)

martedì 27 dicembre 2011

Ritratto di signora I di Thomas Stearns Eliot

Rolf Armstrong*1918
Hai fornicato-
Ma fu in un altro paese,
E oltre tutto la ragazza è morta.
L'ebreo di Malta
I
Fra il fumo e la nebbia di un pomeriggio di dicembre
Tu lasci che la scena si accomodi da sola - e così
sembrerà -
Con un «Ti ho riservato questo pomeriggio»;
E quattro ceri nella stanza in ombra,
Quattro cerchi di luce sul soffitto,
Un'atmosfera da tomba di Giulietta
Pronta per tutte le cose da dire, o lasciate non dette.
Noi siamo stati, diciamolo, ad ascoltare l'ultimo polacco
Trasmetterci i Preludi coi suoi capelli e le punte delle
dita.
« Così intimo, questo Chopin, che penso la sua anima
Dovrebbe farsi risorgere solo fra amici
Non più di due o tre, che non tocchino il fiore
Già sgualcito e discusso nelle sale da concerto. »
- E così la conversazione scivola
Fra velleità e rimpianti con cura contenuti
In mezzo a toni lievi di violini
Confusi a remote cornette
E comincia.
«Tu non lo sai quanto gli amici vogliano dire per me,
E quanto raro, quanto raro e strano sia per me trovare
In una vita fatta di tante avversità e di tanti scopi,
(Perché davvero non mi piace... lo sapevi? non sei cieco!
E come sei acuto!)
Poter trovare un amico che abbia queste qualità,
Che abbia, e dia
Le qualità sulle quali l'amicizia vive.
Quanto per me significhi che io te lo ripeta -
Senza queste amicizie - che cauchemar la vita! »
Fra le spirali dei violini
E le ariette
Di cornette stridule
Nel mio cervello ha inizio un tam tam sordo
Che assurdamente martella un suo preludio.
Capriccioso monotono
Che alla fine è senz'altro come una "nota falsa".
- Andiamo a prendere aria, in un'estasi di tabacco,
Ammiriamo i monumenti,
Discutiamo gli ultimi avvenimenti,
Rimettiamo l'orologio con gli orologi pubblici.
Poi ci sediamo mezz'ora, per bere un bicchiere di
birra.
********************
PORTRAIT OF A LADY
Thou hast committed -
Fornication: but that was in another country,
And besides, the wench is dead.
The Jew of Malta
Among the smoke and fog of a December afternoon
You have the scene arrange itself - as it will seem to do -
With “I have saved this afternoon for you”;
And four wax candles in the darkened room,
Four rings of light upon the ceiling overhead,
An atmosphere of Juliet’s tomb
Prepared for all the things to be said, or left unsaid.
We have been, let us say, to hear the latest Pole
Transmit the Preludes, through his hair and fingertips.
“So intimate, this Chopin, that I think his soul
Should be resurrected only among friends
Some two or three, who will not touch the bloom
That is rubbed and questioned in the concert room.”
- And so the conversation slips
Among velleities and carefully caught regrets
Through attenuated tones of violins
Mingled with remote cornets
And begins.
“You do not know how much they mean to me, my
friends,
And how, how rare and strange it is, to find
In a life composed so much, so much of odds and ends,
(For indeed I do not love it … you knew? you are not blind!
How keen you are!)
To find a friend who has these qualities,
Who has, and gives
Those qualities upon which friendship lives.
How much it means that I say this to you -
Without these friendships - life, what cauchemar!”
Among the windings of the violins
And the ariettes
Of cracked cornets
Inside my brain a dull tom-tom begins
Absurdly hammering a prelude of its own,
Capricious monotone
That is at least one definite “false note.”
- Let us take the air, in a tobacco trance,
Admire the monuments,
Discuss the late events,
Correct our watches by the public clocks.
Then sit for half an hour and drink our bocks.
(Prufrock e altre osservazioni)

lunedì 26 dicembre 2011

Allora di Giovanni Pascoli

Victorians Christmas cards
Allora...in un tempo assai lunge
felice fui molto; non ora:
ma quanta dolcezza mi giunge
da tanta dolcezza d'allora!
Quell'anno! per anni che poi
fuggirono, che fuggiranno,
non puoi, mio pensiero, non puoi,
portare con te, che quell'anno!
Un giorno fu quello, ch'è senza
compagno, ch'è senza ritorno;
la vita fu vana parvenza
sì prima sì dopo quel giorno!
Un punto!... così passeggero,
che in vero passò non raggiunto,
ma bello così, che molto ero
felice, felice, quel punto!
(MYRICAE)

domenica 25 dicembre 2011

La stella di Betlemme di Agatha Christie Mallowan

Coles Phillips
Lode al gaio ceppo festivo!
Balzate, fiamme, balzate gioiose.
salute alla coppa colma di vino!
spumeggia allegro, roseo liquore.
Dorme nella mangiatoia il bambino.
Ragliare d’asini, muggire di buoi,
chiocciar di galline e canti di galli.
trabocca di gente stasera l’albergo,
in alto una stella splende e riluce,
prega il pastore accanto al suo gregge,
recano i Magi il dono regale,
cantano gli angeli in alto, nel cielo,
annunciano il dono divino d’amore.
Presto, bambini, svegliatevi tutti,
svegliatevi e udite l’angelico canto,
lasciate il sonno, è giunto ormai il giorno,
il giorno glorioso, è giunto Natale!
( La stella di Betlemme)

sabato 24 dicembre 2011

Buon Natale

Carl Larsson*Rose di Natale
A tutti voi carissimi e carissime, la vostra presenza assidua mi è sempre di sostegno. Ogni giorno spero di essere degna della vostra stima!
Un abbraccio e che i vostri desideri si avverino!!

Verso la Messa di mezzanotte di Maria Luisa Spaziani

Henry John Yeend King*The night before Christmas
Natale è un flauto d'alba, un fervore di radici
che in nome tuo sprigionano acuti di ultrasuono.
Anche le stelle ascoltano, gli azzurrognoli soli
in eterno ubriachi di pura solitudine.
Perché questo Tu sei, piccolo Dio che nasci
e muori e poi rinasci sul cielo delle foglie:
una voce che smuove e turba anche il cristallo,
il mare, il sasso, il nulla inconsapevole.
Invisibile aria: Tu impregni ciò che vive
e solo vive se di te si impregna.
Tu sei d'ogni radice l'alto mistero in musica
che innerva il tralcio- lazzaro e lo spinge a fiorire.
Natale 1977

venerdì 23 dicembre 2011

Notte di Natale di Diego Valeri

Gaudenzio Ferrari*Concerto d'angeli
...la tenebra s'appanna
d'un vago andare di bianchi veli:
lo specchio nero dei mille cieli
si colma d'ali che cadon giù.
Tutta la terra quanto è grande
trema e s'imbianca sotto quel volo,
fin che degli angeli lo stuolo
su lei si posa, pallido, e sta.
Si levano allora le campane
in vetta ai monti, in riva ai mari,
su dai villaggi solitari,
su dalle chiuse ardenti città,
e van tessendo tra casa e casa
una rete di canti e d'amore,
per dire a tutti che il Signore
è nato e tutti ci salverà.

giovedì 22 dicembre 2011

Torna Gesù di Luigi Pirandello

Norman Rockwell*1917
La memoranda notte è ormai vicina
e mi risuona ancora negli orecchi,
eco gentil dell’età mia bambina,
la voce de' miei vecchi:
Candido, roseo e biondo
come, nato da giorni, eri anche tu,
vien questa notte al mondo
il Bambino Gesú!
Ogn'anno, ogn'anno, in questo freddo mese,
per quanto stanca, l'anima risogna
la festa che a Gesú fa il mio paese.
Già suona la zampogna...
Ah, che profonda, arcana
malinconia, che nostalgia m'assal
della casa lontana,
del villaggio natal!
Rigide sere della pia novena
in cui, su ogni piazza, in ogni via,
fiamman, fuochi gregal, fasci d'avena;
mentre la litania
il vicinato intuona
raccolto innanzi a un rustico altarin,
e la zampogna suona,
tintinna l'acciarin.
Ed io, fanciullo, a la finestra dietro
me ne stavo, e schiarendo con un dito
timidamente l'appannato vetro,
rimiravo smarrito,
in un ’ansia segreta,
se in quella notte piena di mister
la fulgida cometa
apparisse davver...
E dubitavo allora, e ho dubitato
sempre, dappoi. S'inaridí l'istinto
della fede nel cuore: errai bendato
per questo labirinto
della vita mortale,
e te pure chiamai causa, Gesú,
d'una parte del male
che si soffre quaggiú.
Ma santa adesso appar la tua follia
anche al mio sguardo, o dolce Redentore.
E torna, io prego, a noi, torna, Messia,
a predicar l'amor;
torna con la man pura
a battere alle porte infime ancor,
dove una gente oscura
di fame e freddo muor!
Altri, del rosso tuo mantello avvolto,
d'odio nutrendo la gentil parola,
batte alle oscure case, e infosca il volto
de la miseria. Vola
il grido della guerra...
Pace tu sei, Gesú, tu sei pietà:
torna a rifare in terra d'amor la carità.

mercoledì 21 dicembre 2011

L'odore dell'inverno di Anton Cechov

Edgar Maxence*The snow queen
Il tempo dapprincipio fu bello,
calmo. Schiamazzavano i
tordi, e nelle paludi qualcosa di vivo
faceva un brusio, come se
soffiasse in una bottiglia vuota.
Passò a volo una beccaccia e
nell'aria con allegri rimbombi.
Ma quando nel bosco si fece
buio e soffiò da oriente un vento
freddo e penetrante, tutto tacque.
Sulle pozzanghere si allungarono
degli aghetti di ghiaccio.
Il bosco divenne squallido, solitario.
Si sentì l'odore dell'inverno.

martedì 20 dicembre 2011

Il Natale di Clemente Rebora

Dieric Bouts The elder*1445
Gesù, il Fedele, il Verace, è il Giudice
che prese a esprimere visibile
nel giorno del Santo Natale
l'inesprimìbile misericordia del Padre:
prese a raggiar malvisto nel volto sublime
la bellezza divina e materna compiendo:
e nuovo incanto di beltà pervase
con intimo fremito l'universo
fra linee terrene presagio di Cielo
per educarci lassù, al Paradiso;
ma prima ancora la Bontà rifulse,
accese d'esser buono il gran tormento,
accese d'esser buono un vasto incendio
che a somiglianza divina
cresce e arde per ogni cuore
in carità di Dio trasfigurato:
cura d'una vita monda,
sete d'innocenza,
anelito di vergine scienza,
e devota attenzione presso il Bimbo,
attenzione devota al Fanciullo
fatto emblema d'ogni cosa pura,
sciolto problema d'ogni vita piena;
e infine salvifico effetto
sopra l'intero creato
a salvare già qui tutto l'uomo,
ciò che è nato nel mondo perituro
e portarlo sicuro al giudizio;
Gesù il Fedele,
il solo punto fermo nel moto dei tempi, 
in sterminata serie di eventi:
il solo Santo che non manca mai,
che trascende dove ci comprende
e si fa dono in cima ai nostri guai
e pareggia la grazia col perdono:
vero Dio trasumanante
e a Deità aperto vero Uomo:
Egli, il Fedele per sempre,
Maestro vivente di Fede,
egli che viene a Natale in peccato
per meritarci in maestà di gloria,
continuo avvento al termine segnato:
se non'invano passiamo il breve tempo
come luce del Figlio Incarnato,
come frutti di dolce consiglio,
impegno amoroso di vita,
di vita dei singolo unanime nel segno,
vita raggiunta infinita,
in beata circolazione
dove l'impeto la porta
che ineffabilmente ovunque va non ritorna,
mai in desìo del Padre universalmente procede,
nel fulgore del fuoco
tutti insieme gloriando
quali figli di Dio,
alleluiando al Padre,
al Figlio e allo Spirito Santo
che universalmente procede,
tutti insieme in gioco giocondo festando
quali in gaudio rapiti figli di Dio
nell'impeto che procede
su per la multanime fiamma
di fratelli nella Mamma Celeste,
i Fratelli di Gesù il Fedele.
(Natale 1956)

lunedì 19 dicembre 2011

Canto di Natale di Gilbert Keith Chesterton

Eugene Grasset
Nel grembo di Maria giaceva il Bimbo
la sua chioma era simile a una luce
(stanco e disfatto è il mondo, ma qui tutto
proprio tutto va bene).
Sul seno di Maria giaceva il Bimbo
la sua chioma era simile a una stella
(sono astiosi e astuti tutti i re
ma qui sinceri i cuori).
Sul cuore di Maria giaceva il Bimbo
ed era la sua chioma come il fuoco
(stanco è il mondo, ma del mondo
è questo il desiderio).
Stava Cristo ai ginocchi di Maria
la sua chioma pareva una corona.
E tutti i fiori a lui guardavan su
tutte le stelle giù.
*****************
CHRISTMAS CAROL
The Christ-child lay on Mary's lap,
His hair was like a light.
(O weary, weary were the world,
But here is all aright.)
The Christ-child lay on Mary's breast,
His hair was like a star.
(O stern and cunning are the kings,
But here the true hearts are.)
The Christ-child lay on Mary's heart,
His hair was like a fire.
(O weary, weary is the world,
But here the world's desire.)
The Christ-child stood at Mary's knee,
His hair was like a crown,
And all the flowers looked up at him.
And all the stars looked down.

domenica 18 dicembre 2011

A Gesù bambino di Umberto Saba

Domenico Ghirlandaio*1492
La notte è scesa
e brilla la cometa
che ha segnato il cammino.
Sono davanti a Te, Santo Bambino!
Tu, Re dell’universo,
ci hai insegnato
che tutte le creature sono uguali,
che le distingue solo la bontà,
tesoro immenso,
dato al povero e al ricco.
Gesù, fa’ ch’io sia buono,
che in cuore non abbia che dolcezza.
Fa’ che il tuo dono
s’accresca in me ogni giorno
e intorno lo diffonda,
nel Tuo nome.

sabato 17 dicembre 2011

La neve di Gianni Rodari

Carl Larsson*Greta Arnbom
Che bella neve,
che invenzione la neve di lana e di cotone…
Non bagna i guanti né le mani senza guanti,
né i piedi senza scarpe,
né i nasi senza sciarpe,
né le teste senza cappello,
né i cappelli senza ombrello,
né le stufe senza carbone,
questa bellissima invenzione,
la neve di lana e di cotone.

venerdì 16 dicembre 2011

Carrettiere di Giovanni Pascoli

Victorian christmas cards
O carrettiere che dai neri monti
vieni tranquillo, e fosti nella notte
sotto ardue rupi, sopra aerei ponti;
che mai diceva il querulo aquilone
che muggia nelle forre e fra le grotte?
Ma tu dormivi, sopra il tuo carbone.
A mano a mano lungo lo stradale
venìa fischiando un soffio di procella:
ma tu sognavi ch'era di natale;
udivi i suoni d'una cennamella.
(L'ultima passeggiata XI*Myricae)

giovedì 15 dicembre 2011

Animula di Thomas Stearns Eliot

Charles Hoffbauer*In the restaurant*1907
"Esce di mano e Dio, l'anima semplicetta"
E volge a un mondo piatto di mutevoli luci e di rumore,
Alla luce e alla tenebra, alla secchezza o all'umido, al 
gelo o al calore;
Si muove tra le zampe di tavole e sedie,
Alzandosi o cadendo,afferrandosi a baci e balocchi,
Avanza ardita, all'improvviso allarma, si rifugia
Nell'angolo di un braccio o di un ginocchio, pronta a
farsi 
Rassicurare, prendendo diletto
Del fragrante brillìo dell'albero di Natale,
e diletto del vento,della luce del sole e del mare;
Studia sul pavimento il gioco della luce
E cervi in fuga attorno a un vassoio d'argento;
Confonde il fantastico e il vero,
Lieta di carte da gioco e re e regine,
Di ciò che fanno le fate e i servi dicono.
Il pesante fardello dell'anima che cresce
Rende perplessi e offende sempre più, di giorno in giorno;
Di settimana in settimana offende e sempre più
Rende perplessi con gli imperativi dell'essere e dell'apparire
E del si può e non si può, del desiderio come del ritegno.
Il dolore del vivere e la droga dei sogni
Piegano l'anima piccola che siede
Accanto alla finestra dietro l'encyclopaedia Britannica.
Esce di mano al tempo l'anima semplicetta
Irresoluta ed egoista, deforme, zoppiccante,
Incapace di spingersi in avant icome di retrocedere,
Timorosa della calda realtà, del bene offerto,
Negando il sangue come un importuno,
Ombra delle sue stesse ombre, spettro della sua tenebra,
Lasciando carte in disordine in una stanza polverosa;
Vivendo per la prima volta nel silenzio che segue al
viatico.
Prega per Guiterriez, avido di successo e di potere,
Per Boudin saltato in pezzi,
Per chi ha fatto una grande fortuna,
E per chi seguì la sua strada.
Prega per Floret, sbranato dai segugi  fra gli alberi di
tasso,
Prega per noi ora e nell'ora della nostra nascita.
***************************
'Issues from the hand of God, the simple soul'
To a flat world of changing lights and noise,
To light, dark, dry or damp, chilly or warm;
Moving between the legs of tables and of chairs,
Rising or falling, grasping at kisses and toys,
Advancing boldly, sudden to take alarm,
Retreating to the corner of arm and knee,
Eager to be reassured, taking pleasure
In the fragrant brilliance of the Christmas tree,
Pleasure in the wind, the sunlight and the sea;
Studies the sunlit pattern on the floor
And running stags around a silver tray;
Confounds the actual and the fanciful,
Content with playing-cards and kings and queens,
What the fairies do and what the servants say.
The heavy burden of the growing soul
Perplexes and offends more, day by day;
Week by week, offends and perplexes more
With the imperatives of 'is and seems'
And may and may not, desire and control.
The pain of living and the drug of dreams
Curl up the small soul in the window seat
Behind the Encyclopædia Britannica.
Issues from the hand of time the simple soul
Irresolute and selfish, misshapen, lame,
Unable to fare forward or retreat,
Fearing the warm reality, the offered good,
Denying the importunity of the blood,
Shadow of its own shadows, spectre in its own gloom,
Leaving disordered papers in a dusty room;
Living first in the silence after the viaticum.
Pray for Guiterriez, avid of speed and power,
For Boudin, blown to pieces,
For this one who made a great fortune,
And that one who went his own way.
Pray for Floret, by the boarhound slain between the yew trees,
Pray for us now and at the hour of our birth.
(Ariel Poems)

mercoledì 14 dicembre 2011

Quanto manca a Betlemme? di Frances Chesterton

Hans Thoma
Quanto manca a Betlemme?
Siete quasi alla meta.
Troveremo una stalla
sotto una stella cometa?
Il bimbo appena nato
potremo visitare?
Levando il chiavistello
ci lasceranno entrare?
L'asino, il bue, le pecore potremo accarezzare?
Gesù Bambino che dorme potremo contemplare?
Se lo accarezzeremo si sveglierà?
Saprà che siam venuti apposta fino qua?
I Re ricchi doni
e noi invece nulla,
solo sorrisi e lacrime offriamo alla tua culla.
Per tutti i bimbi stanchi pianger Maria dovrà.
Disteso sulla paglia il bimbo dorme già.
Dio in braccio alla madre,
bambini nel capanno
dormono come dorme chi ha il cuore senza affanno!
******
How far is it to Bethlehem?
How far is it to Bethlehem?
Not very far.
Shall we find the stable room
Lit by a star?
Can we see the little child,
Is he within?
If we lift the wooden latch
May we go in?
May we stroke the creatures there,
Ox, ass, or sheep?
May we peep like them and see
Jesus asleep?
If we touch his tiny hand
Will he awake?
Will he know we've come so far
Just for his sake?
Great kings have precious gifts,
And we have naught,
Little smiles and little tears
Are all we brought.
For all weary children
Mary must weep.
Here, on his bed of straw
Sleep, children, sleep.
God in his mother's arms,
Babes in the byre,
Sleep, as they sleep who find
Their heart's desire.

martedì 13 dicembre 2011

L'albero dei poveri di Gianni Rodari

Carl Larsson*Brita
Filastrocca di Natale,
la neve è bianca come il sale,
la neve è fredda, la notte è nera
ma per i bimbi è primavera:
soltanto per loro, ai piedi del letto
è fiorito un alberetto.
Che strani fiori, che frutti buoni
oggi sull'albero dei doni:
bambole d'oro, treni di latta,
orsi di pelo come d'ovatta,
e in cima, proprio sul ramo più in alto,
un cavallo che spicca il salto.
Quasi lo tocco... Ma no, ho sognato,
ed ecco, adesso, mi sono destato:
nella mia casa, accanto al mio letto
non è fiorito l'alberetto.
Ci sono soltanto i fiori di gelo
sui vetri che mi nascondono il cielo.
L'albero dei poveri sui vetri è fiorito:
io lo cancello con un dito.

lunedì 12 dicembre 2011

Natale di Salvatore Quasimodo

Gentile da Fabriano*1423
Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l'asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v'è pace nel cuore dell'uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?

domenica 11 dicembre 2011

Prologo di Natale di Ezra Pound

Edgar Maxence*Concerto angelico*1897
Prologo di Natale
Eco degli Angeli che cantano Exultasti
Nasce il silenzio da molte quiete
Così la luce delle stelle si tesse in corde
Con cui le Potenze di pace fanno dolce armonia.
Rallegrati, o Terra, il tuo Signore
Ha scelto il suo santo luogo di riposo.
Ecco, il segno alato
Si libra sopra quella crisalide santa.
L’invisibile Spirito della Stella risponde loro:
Inchinatevi nel vostro canto, potenze benigne.
Prostratevi sui vostri archi di avorio e oro!
Ciò che conoscete solo indistintamente è stato fatto
Su nelle corti luminose e azzurre vie:
Inchinatevi nella vostra lode;
Perché se il vostro sottile pensiero
Non vede che in parte la sorgente di misteri
Pure nei vostri canti, siete ordinati di cantare:
“Gloria! Gloria in excelsis
Pax in terra nunc natast”.
Angeli, che proseguono con il loro canto:
Pastori e re, con agnelli e incenso
Andate ed espiate l’ignoranza dell’umanità:
Con la vostra mirra rossa fate sapore dolce.
Ecco, che il figlio di Dio diventa l’elemosiniere di Dio.
Date questo poco
Prima che egli vi dia tutto.
*°*°*°*°
Echo of the angels singing "Exultasti:"
Silence is born of many peaceful things,
Thus is the starlight woven into strings
Whereon the Powers of peace make sweet accord.
Rejoice, oh Earth, thy Lord
Hath chosen Him is holy resting-place.
Lo, how the wingèd sign
Flutters above that hallowed chrysalis.
IN THE AIR
The invisible spirit of the star answer them:
Bend, in your singing, gracious potencies,
Bend low above your ivory bows and gold!
That which ye know but dimly hath been wrought
High in the luminous courts and azure ways:
Bend in your praise;
For though your subtle thought
Sees but in part the source of mysteries,
yet are ye bidden in your songs, sing this:
"Gloria! gloria in excelsis
Pax in terra nunc natast"
Angel continuing in song:
Sheperds and kings, with lambs and frankincense
Go and atone for mankind's ignorance:
Make ye soft savour from your ruddy myrrh.
Lo, how God's son is turned God's almoner.
Give ye this little
Wre he give ye all.
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sabato 10 dicembre 2011

La pecorella smarrita di Giovanni Pascoli

Giorgione*Natività
"Frate," una voce gli diceva: "è l'ora
che tu ti svegli. Alzati! La rugiada
è sulle foglie, e viene già l'aurora".
Egli si alzava. "L'ombra si dirada
nel cielo. Il cielo scende a goccia a goccia.
Biancica, in terra, qua e là, la strada".
S'incamminava. "Spunta dalla roccia
un lungo stelo. In cima dello stelo,
grave di guazza pende il fiore in boccia".
S'inginocchiava. "Si dirompe il cielo!
Albeggia Dio! Plaudite con le mani,
pini de l'Hermon, cedri del Carmelo!"
Tre volte il gallo battea l'ali. I cani
squittìano in sogno. Le sei ali in croce
egli vedea di seraphim lontani.
Sentiva in cuore il rombo della voce.
Su lui, con le infinite stelle, lento,
fluiva il cielo verso la sua foce.
Era il dì del Signore, era l'avvento.
Spariva sotto i baratri profondi
colmi di stelle il tacito convento. 
Mucchi di stelle, grappoli di mondi,
nebbie di cosmi. Il frate disse: "O duce
di nostra casa, vieni! Eccoci mondi".
In quella immensa polvere di luce
splendeano, occhi di draghi e di leoni,
Vega, Deneb, Aldebaran, Polluce...
E il frate udì, fissando i milïoni
d'astri, il vagito d'un agnello sperso
la tra le grandi costellazïoni
nella profondità dell'Universo...
II
E il dubbio entrò nel cuore tristo e pio.
"Che sei tu, Terra, perché in te si sveli
tutto il mistero, e vi s'incarni Dio?
O Terra, l'uno tu non sei, che i Cieli
sian l'altro! Non, del tuo Signor, sei l'orto
con astri a fiori, e lunghi sguardi a steli!
Noi ti sappiamo. Non sei, Terra, il porto
del mare in cui gli eterni astri si cullano...
un astro sei, senza più luce, morto:
foglia secca d'un gruppo cui trastulla
il vento eterno in mezzo all'infinito:
scheggia, grano, favilla, atomo, nulla!"
Così pensava: al sommo del suo dito
giungeva allora da una stella il raggio
che da più di mille anni era partito.
E vide una fiammella in un villaggio
lontano, a quelle di lassù confusa:
udì lontano un dolce suon selvaggio.
Laggiù da una capanna semichiusa
veniva il suono per la notte pura,
il dolce suono d'una cornamusa.
E risonava tutta la pianura
d'uno scalpiccio verso la capanna:
forse pastori dalla lor pastura.
E il frate al suono dell'agreste canna
ripensò quelle tante pecorelle
che il pastor buono non di lor s'affanna:
tra i fuochi accesi stanno in pace, quelle,
sicure là su la montagna bruna;
e il pastor buono al lume delle stelle
quaggiù ne cerca intanto una, sol una...
III
"Sei tu quell'una, tu quell'una, o Terra!
Sola, del santo monte, ove s'uccida,
dove sia l'odio, dove sia la guerra;
dove di tristi lagrime s'intrida
il pan di vita! Tu non sei che pianto
versato in vano! Sangue sei, che grida!
E tu volesti Dio per te soltanto:
volesti che scendesse sconosciuto
nell'alta notte dal suo monte santo.
Tu lo volesti in forma d'un tuo bruto
dal mal pensiero: e in una croce infame
l'alzasti in vista del suo cielo muto".
In cielo e in terra tremulo uno sciame
era di luci. Andavano al lamento
della zampogna, e fasci avean di strame.
Ma il frate, andando, con un pio sgomento
toccava appena la rea terra, appena
guardava il folgorìo del firmamento:
quella nebbia di mondi, quella rena
di Soli sparsi intorno alla Polare
dentro la solitudine serena.
Ognun dei Soli nel tranquillo andare
traeva seco i placidi pianeti
come famiglie intorno al focolare:
oh! tutti savi, tutti buoni, queti,
persino ignari, colassù, del male,
che no, non s'ama, anche se niun lo vieti.
Sonava la zampogna pastorale.
E Dio scendea la cerula pendice
cercando in fondo dell'abisso astrale
la Terra, sola rea, sola infelice.
(Nuovi poemetti)

venerdì 9 dicembre 2011

Natale di Diego Valeri

Sandro Botticelli*1500
Maria dentro la grotta si posò,
e Giuseppe a Betlemme si avviò.
Ma un momento senti, che mentre andava,
a mezzo il passo il piè gli si arrestava.
Vide attonita l'aria e il cielo immoto
e uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto;
e poi vide operai sdraiati a terra,
posata nel mezzo una scodella:
e chi mangiava, ecco, non mangia più
chi ha preso il cibo non lo tira su,
chi levava la man la tien levata,
e tutti al cielo volgono la faccia.
Le pecore condotte a pascolare
sono lì che non possono più andare;
fa il pastore per colpirle con la verga
e gli resta la man sospesa e ferma;
e i capretti che all'acqua aveano il muso
ber non possono al fiume in sé rinchiuso...
E poi Giuseppe vide in un momento
ogni cosa riprender movimento.
Tornò sopra i suoi passi, udi un vagito,
Gesù era nato, il fiore era fiorito.

giovedì 8 dicembre 2011

Il pianeta degli alberi di Natale di Gianni Rodari

Christmas*Lovis Corinth*1913
Dove sono i bambini che non hanno
L’albero di Natale
Con la neve d’argento, i lumini
E i frutti di cioccolata?
Presto, presto, adunata, si va
nel Pianeta degli alberi di Natale,
io so dove sta.
Che strano, beato pianeta
qui è Natale ogni giorno.
Ma guardatevi attorno:
gli alberi della foresta,
illuminati a festa,
sono carichi di doni.
Crescono sulle siepi i panettoni,
i platani del viale
sono platani di Natale.
Perfino l’ortica,
non punge mica,
ma tiene su ogni foglia
un campanello d’argento
che si dondola al vento.
In piazza c’è il mercato dei balocchi.
Un mercato coi fiocchi,
ad ogni banco lasceresti gli occhi.
E non si paga niente, tutto gratis.
Osservi, scegli, prendi e te ne vai.
Anzi, anzi, il padrone
Ti fa l’inchino e dice: "Grazie assai,
torni ancora domani, per favore:
per me sarà un onore"
Che belle le vetrine senza vetri!
Senza vetri, s’intende,
così ciascuno prende
quello che più gli piace: e non si passa
mica alla cassa, perché
la cassa non c’è.
Un bel pianeta davvero
Anche se qualcuno insiste
a dire che non esiste
Ebbene, se non esiste esisterà:
che differenza fa?

mercoledì 7 dicembre 2011

Sant'Ambrogio di Giuseppe Giusti

Christmas eve*Sir William Allan
Vostra Eccellenza, che mi sta in cagnesco
per que' pochi scherzucci di dozzina,
e mi gabella per anti-tedesco
perché metto le birbe alla berlina,
0 senta il caso avvenuto di fresco
a me che girellando una mattina
càpito in Sant'Ambrogio di Milano,
in quello vecchio, là, fuori di mano.
M'era compagno il figlio giovinetto
d'un di que' capi un po' pericolosi,
di quel tal Sandro, autor d'un romanzetto
ove si tratta di Promessi Sposi...
Che fa il nesci, Eccellenza? O non l'ha letto?
Ah, intendo; il suo cervel, Dio lo riposi, 
in tutt'altre faccende affaccendato,
a questa roba è morto e sotterrato.
Entro, e ti trovo un pieno di soldati,
di que' soldati settentrionali,
come sarebbe Boemi e Croati,
messi qui nella vigna a far da pali:
difatto se ne stavano impalati,
come sogliono in faccia a' generali,
co' baffi di capecchio e con que' musi,
davanti a Dio, diritti come fusi.
Mi tenni indietro, chè, piovuto in mezzo
di quella maramaglia, io non lo nego
d'aver provato un senso di ribrezzo,
che lei non prova in grazia dell'impiego.
Sentiva un'afa, un alito di lezzo;
scusi, Eccellenza, mi parean di sego,
in quella bella casa del Signore,
fin le candele dell'altar maggiore.
Ma, in quella che s'appresta il sacerdote
a consacrar la mistica vivanda,
di sùbita dolcezza mi percuote
su, di verso l'altare, un suon di banda.
Dalle trombe di guerra uscian le note
come di voce che si raccomanda,
d'una gente che gema in duri stenti 
e de' perduti beni si rammenti.
Era un coro del Verdi; il coro a Dio
là de' Lombardi miseri, assetati;
quello: "0 Signore, dal tetto natio",
che tanti petti ha scossi e inebriati.
Qui cominciai a non esser più io
e come se que' còsi doventati
fossero gente della nostra gente,
entrai nel branco involontariamente.
Che vuol ella, Eccellenza, il pezzo è bello,
poi nostro, e poi suonato come va;
e coll'arte di mezzo, e col cervello
dato all'arte, l'ubbie si buttan là.
Ma, cessato che fu, dentro, bel bello,
lo ritornava a star come la sa;
quand'eccoti, per farmi un altro tiro,
da quelle bocche che parean di ghiro,
un cantico tedesco, lento lento
per l'aër sacro a Dio mosse le penne;
era preghiera, e mi parea lamento,
d'un suono grave, flebile, solenne,
tal, che sempre nell'anima lo sento:
e mi stupisco che in quelle cotenne,
in que' fantocci esotici di legno,
potesse l'armonia fino a quel segno.
Sentia, nell'inno, la dolcezza amara
de' canti uditi da fanciullo; il core
che da voce domestica gl'impara,
ce li ripete i giorni del dolore:
un pensier mesto della madre cara,
un desiderio di pace e d'amore,
uno sgomento di lontano esilio,
che mi faceva andare in visibilio.
E, quando tacque, mi lasciò pensoso
di pensieri più forti e più soavi.
- Costor, - dicea tra me, - re pauroso
degi'italici moti e degli slavi,
strappa a' lor tetti, e qua, senza riposo
schiavi li spinge, per tenerci chiavi;
gli spinge di Croazia e dli Boemme,
come mandre a svernar nelle maremme.
A dura vita, a dura disciplina,
muti, derisi, solitari stanno,
strumenti ciechi d'occhiuta rapina,
che lor non tocca e che forse non sanno;
e quest'odio, che mai non avvicina
il popolo lombardo all'alemannoo,
giova a chi regna dividendo, e teme
popoli avversi affratellati 'insieme.
Povera gente! lontana da' suoi;
in un paese, qui, che le vuol male,
chi sa, che in fondo all'anima po' poi,
non mandi a quel paese il principale!
Gioco che l'hanno in tasca come noi.
Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale,
colla su' brava mazza di nocciòlo,
duro e piantato lì come un piòlo.

martedì 6 dicembre 2011

La mangiatoia di Ai Qing

Henry Raymond Thompson*Holy night
Per l'anniversario della nascita di un Nazareno
Perché nevica ancora?
I passeri sulla staccionata guardano il cielo
il cielo è così buio
qualcuno passa oltre la mangiatoia
alla mangiatoia, il pianto di una donna
come se le lacrime di dolore e vergogna
di tutta una notte
ancora non bastassero a inumidire
la terra inaridita dell'inverno!
Qualcuno passa oltre la mangiatoia
dalla mangiatoia vengono lamenti che strappano il cuore
ah, con innumerevoli dita
la folla segna la fanciulla-madre
sprezzata come immondizia
nessuno è disposto a portarle un catino per il sangue
a versarle un secchio di acqua calda.
II vento penetra nelle crepe del muro di terra
è il ghigno del freddo invernale
lei lotta lotta lotta
la testa appoggiata alla staccionata
guardate, tra i capelli scarmigliati
scintillano febbricitanti gli occhi luminosi
questa donna di Betlemme scacciata,
esposta alla pubblica infamia
vittima del disprezzo della folla
tutto il corpo in un bagno di sudore.
Vento soffia ancora con forza
perché ti sei placato?
Ascoltate i teneri vagiti
il sangue della puerpera
la mangiatoia mai prima fiorita
ha cosparso di splendidi fiori
la piccola vita
dà nuova forza alla madre
nella paglia di riso quattro membra si muovono
qualcuno passa oltre la mangiatoia
rivolge sguardi obliqui
qualcuno passa oltre la mangiatoia
si allontana sdegnoso
qualcuno passa oltre la mangiatoia
muove gelide risa
il bimbo primogenito
col suo pianto spaurito
viene a conoscere questo mondo straniero
dalla nebbia del malessere
Maria si risveglia
china il viso di cenere
e parla tra le lacrime
che scorrono ininterrotte
«Bambino mio
a Betlemme
noi saremo scacciati
noi andiamo
raminghi a farti crescere.
Oggi ci incamminiamo
ricordati che sei
nato nella mangiatoia
figlio di una donna reietta
che ti ha dato la vita nel dolore e nell' oppressione,
quando ne avrai le forze
dovrai con le tue lacrime
lavare i peccati degli uomini».
Dolorosamente si leva
avvolge il neonato nel suo petto
e desolata lascia la mangiatoia
fiocchi di neve turbinano sui suoi capelli sparsi
in silenzio
va via.
Natale 1936
(Racconto di Natale)

lunedì 5 dicembre 2011

Il vischio di Giovanni Pascoli

Dante Gabriel Rossetti*Hanging the mistletoe*1860
I
Non li ricordi più, dunque, i mattini
meravigliosi? Nuvole a' nostri occhi,
rosee di peschi, bianche di susini,
parvero: un'aria pendula di fiocchi,
o bianchi o rosa, o l'uno e l'altro: meli,
floridi peri, gracili albicocchi.
Tale quell'orto ci apparì tra i veli
del nostro pianto, e tenne in sé riflessa
per giorni un'improvvisa alba dei cieli.
Era, sai, la speranza e la promessa,
quella; ma l'ape da' suoi bugni uscita
pasceva già l'illusïone; ond'essa
fa, come io faccio, il miele di sua vita.
II
Una nube, una pioggia... a poco a poco
tornò l'inverno; e noi sentimmo, chiusi
per lunghi giorni, brontolare il fuoco.
Sparvero i bianchi e rossi alberi, infusi
dentro il nebbione; e per il cielo smorto
era un assiduo sibilo di fusi;
e piovve e piovve. Il sole (onde mai sorto?)
brillò di nuovo al suon delle campane:
tutto era verde, verde era quell'orto.
Dove le branche pari a filigrane?
Tutti i petali a terra. E su l'aurora
noi calpestammo le memorie vane
ognuna con la sua lagrima ancora.
III
Ricordi? Io dissi: «O anima sorella,
vivono! E tu saprai che per la vita
si getta qualche cosa anche più bella
della vita: la sua lieve fiorita
d'ali. La pianta che a' suoi rami vede
i mille pomi sizïenti, addita
per terra i fiori che all'oblìo già diede...
Non però questa (io m'interruppi), questa
che non ha frutti ai rami e fiori al piede».
Stava senza timore e senza festa,
e senza inverni e senza primavere,
quella; cui non avrebbe la tempesta
tolto che foglie, nate per cadere.
IV
Albero ignoto! (io dissi: non ricordi?)
albero strano, che nel tuo fogliame
mostri due verdi e un gialleggiar discordi;
albero tristo, ch'hai diverse rame,
foglie diverse, ottuse queste, acute
quelle, e non so che rei glomi e che trame;
albero infermo della tua salute,
albero che non hai gemme fiorite,
albero che non vedi ali cadute;
albero morto, che non curi il mite
soffio che reca il polline, né il fischio
del nembo che flagella aspro la vite...
ah! sono in te le radiche del vischio!
V
Qual vento d'odio ti portò, qual forza
cieca o nemica t'inserì quel molle
piccolo seme nella dura scorza?
Tu non sapevi o non credevi: ei volle:
ti solcò tutto con sue verdi vene,
fimo si fece delle tue midolle!
E tu languivi; e la bellezza e il bene
t'uscìa di mente, né pulsar più fuori
gemme sentivi di tra il tuo lichene.
E crebbe e vinse; e tutti i tuoi colori,
tutte le tue soavità, col suco
de' tuoi pomi e il profumo de' tuoi fiori,
sono una perla pallida di muco.
VI
Due anime in te sono, albero. Senti
più la lor pugna, quando mai t'affisi
nell'ozïoso mormorio dei venti?
Quella che aveva lagrime e sorrisi,
che ti ridea col labbro de' bocciuoli,
che ti piangea dai palmiti recisi,
e che d'amore abbrividiva ai voli
d'api villose, già sé stessa ignora.
Tu vivi l'altra, e sempre più t'involi
da te, fuggendo immobilmente; ed ora
l'ombra straniera è già di te più forte,
più te. Sei tu, checché gemmasti allora,
ch'ora distilli il glutine di morte.
(Il bordone-L'aquilone)
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