Emile Friant♠1897 |
"Canto
secondo"
I
Italy
allora n'ebbe tanta pena.
Povera Molly! E venne un vento buono che spazzò l'aria che tornò serena.
II
Vieni,
poor Molly! Vieni! Dove sono
le nubi? In cielo non c'è più che poca nebbia, una pace, un senso di perdono,
di
quando il bimbo perdonato ha roca
ancor la voce; all'angolo degli occhi c'era una stilla, e cade, mentre gioca.
Vieni,
poor Molly! Porta i tuoi balocchi.
Dove sono le nubi nere nere? qualche lagrima sgocciola dai fiocchi
delle
avellane, e brilla nel cadere.
III
Porta
the doll, la bambola, che viene,
povera Doll, anch'essa dal paese lontano, ed essa ti capisce bene.
E quando
tu le parli per inglese,
presso le guance pallide ti pone le sue color di rosa d'ogni mese.
Dal
suo lettino lucido, d'ottone,
levala su, che l'uggia non la vinca. Non dorme, vedi. Vedi, dal cantone
sgrana
que' suoi due fiori di pervinca.
IV
O Moll
e Doll, venite! Ora comincia
il tempo bello. Udite un campanello che in mezzo al cielo dondola? È la cincia.
O Moll
e Doll, comincia il tempo bello.
Udite lo squillar d'una fanfara che corre il cielo rapida? È il fringuello.
Fringuello
e cincia ognuno già prepara
per il suo nido il mustio e il ragnatelo; e d'ora in ora primavera a gara
cantano,
uno sul pero, uno sul melo.
V
Altre
due voci ora dal monte al piano
s'incontrano: uno scampanare a festa, con un altro più piano e più lontano.
L'una
tripudia, e i mille echi ridesta
del monte, bianco ancora un po' di neve. Di tanto in tanto ecco la voce mesta;
ecco
un rintocco, appena appena un breve
colpo, che pare così lungo al cuore! No, non vorrebbe, o gente, no; ma deve.
C'è
là chi sposa, ma c'è qua chi muore.
VI
Buoni
villaggi che vivete intorno
al verde fiume, e di comune intesa vi dite tutto ciò che fate il giorno!
Si
levano. Ora vanno tutti in chiesa,
ora son tutti a desinare, ed ora c'è in ogni casa la lucerna accesa.
Poi
quando immersi ad aspettar l'aurora
sembrano tutti, ecco più su più giù, più qua più là, le loro voci ancora.
Pensano
a quelli che non sono più...
VII
Lèvati,
Molly. Gente ode parlare
la tua parlata. Sono qui. Cammina, se vuoi vederle. Hanno passato il mare.
Fanno
un brusìo nell'ora mattutina!
Ma il vecchio Lupo dorme e non abbaia. È buona gente e fu già sua vicina.
Vengono
e vanno, su e giù dall'aia
alla lor casa che da un pezzo è vuota. Oh! la lor casa, sotto la grondaia,
non
gli par brutta, ben che sia di mota!
VIII
Sweet...
Sweet... Ho inteso quel lor dolce grido
dalle tue labbra... Sweet, uscendo fuori, e sweet sweet sweet, nel ritornare al nido.
Palpiti
a volo limpidi e sonori,
gorgheggi a fermo teneri e soavi, battere d'ali e battere di cuori!
In
questa casa che tu bad chiamavi,
black, nera, sì, dal tempo e dal lavoro, son le lor case, là sotto le travi,
di
mota sì, ma così sweet per loro!
IX
O rondinella
nata in oltremare!
Quando vanno le rondini, e qui resta il nido solo, oh! che dolente andare!
Non
c'è più cibo qui per loro, e mesta
la terra e freddo è il cielo, tra l'affanno dei venti e lo scrosciar della tempesta.
Non
c'è più cibo. Vanno. Torneranno?
Lasciano la lor casa senza porta. Tornano tutte al rifiorir dell'anno!
Quella
che no, di' che non può; ch'è morta.
X
Quando
tu sei venuta, o rondinella,
t'hanno pur salutata le campane;
ti
venne incontro il nonno con l'ombrella,
ti s'è strusciato alle gambine il cane.
Pioveva;
ma tu, bimba, eri coperta;
trovasti in casa il latte caldo e il pane.
Il
tuo nonno ansimava su per l'erta,
la tua nonna pregava al focolare.
Brutta
la casa, sì, ma era aperta,
o mia figliuola nata in oltremare!
XI
Ha
la pena da parte, oggi, e la vita
gli sente, e il capo, alla tua nonna, e il cuore; e siede al focolare infreddolita.
Ieri
si colse malva ed erbe more.
Oggi sta peggio. Ha due rosette rosse, che non le ha fatte il fuoco che rimuore.
Molly,
tu vieni e guardi. Ecco, ha la tosse
che avevi tu. Tosse ogni tanto un po'. Sta lì nel canto come non ci fosse.
E non
tesse e non fila. Oggi non può.
XII
Ha
tessuto e filato, anche ha zappato,
anche ha vangato, anche ha portato, oh! tanto che adesso stenta a riavere il fiato!
O dolce
Molly, tu le porti accanto
Doll nel lettino lucido, e tu resti con loro... Tanto faticato e pianto!
pianto
in vedere i figli o senza vesti
o senza scarpe o senza pane! pianto poi di nascosto, per non far più mesti
i figli
che... diceano addio, col canto.
XIII
Addio,
dunque! Ed anch'essa Italy, vede,
Italy piange. Hanno un po' più fardello che le rondini, e meno hanno di fede.
Si
muove con un muglio alto il vascello.
Essi, in disparte, con lo sguardo vano, mangiano qua e là pane e coltello.
E alcun
li tende, il pane da una mano,
l'altro dall'altra, torbido ed anelo, al patrio lido, sempre più lontano
e più
celeste, fin che si fa cielo.
XIV
Cielo,
e non altro, cielo alto e profondo,
cielo deserto. O patria delle stelle! O sola patria agli orfani del mondo!
Vanno
serrando i denti e le mascelle,
serrando dentro il cuore una minaccia ribelle, e un pianto forse più ribelle.
Offrono
cheap la roba, cheap le braccia,
indifferenti al tacito diniego; e cheap la vita, e tutto cheap; e in faccia
no,
dietro mormorare odono: Dego!
XV
Ma
senti, Molly? Dopo pioggie e brume
e nevi e ghiacci, con la sua gran voce canta passando a' piè dei monti il fiume.
Passa
sotto la gran Pania alla Croce
cantando, ed una lunga nube appare, bianca di sole, al suo passar veloce.
Passa
cantando: Al mare! Al mare! Al mare!
e l'Alpe azzurra ne rimbomba in cerchio, e il cielo azzurro vede là fumare
l'alito
che si lascia addietro il Serchio.
XVI
O fiumi,
o delle rupi e dei ghiacciai
figli rubesti, che precipitate a pazza corsa senza posar mai,
con
l'eterno fragor delle cascate,
ruzzando come giovani giganti, senza perché, per atterrir le fate
delle
montagne; e trascinate infranti
boschi e tuguri, urtate le città, struggete i campi, sempre avanti, avanti,
avanti,
pieni di serenità...
XVII
Acqua
perenne, ottima e pessima, ora
morte ora vita, acqua, diventa luce! acqua, diventa fiamma! acqua, lavora!
Lavora
dove l'uomo ti conduce;
e veemente come l'uragano, vigile come femmina che cuce,
trasforma
il ferro, il lino, il legno, il grano;
manda i pesanti traini come spole labili; rendi l'operare umano
facile
e grande come quel del Sole!
XVIII
La
madre li vuol tutti alla sua mensa
i figli suoi. Qual madre è mai, che gli uni sazia, ed a gli altri, a tanti, ai più, non pensa?
Siedono
a lungo qua e là digiuni;
tacciono, tralasciati nel banchetto patrio, come bastardi, ombre, nessuni:
guardano
intorno, e quindi sé nel petto,
sentono su la lingua arida il sale delle lagrime; infine, a capo eretto,
escono,
poi fuggono, poi: - Sii male... -
XIX
Non
maledite! Vostra madre piange
su voi, che ai salci sospendete i gravi picconi, in riva all'Obi, al Congo, al Gange.
Ma
d'ogni terra, ove è sudor di schiavi,
di sottoterra ove è stridor di denti, dal ponte ingombro delle nere navi,
vi
chiamerà l'antica madre, o genti,
in una sfolgorante alba che viene, con un suo grande ululo ai quattro venti
fatto
balzare dalle sue sirene.
XX
Non
piangere, poor Molly! Esci, fa piano,
lascia la nonna lì sotto il lenzuolo di tela grossa ch'ella fece a mano.
T'amava,
oh! sì! Tu ne imparavi a volo
qualche parola bella che balbetti: essa da te solo quel die, die solo!
Lascia
lì Doll, lasciali accosto i letti,
piccolo e grande. Doll è savia, e tace, né dorme: ha gli occhi aperti e par che aspetti
che
li apra l'altra, ch'ora dorme in pace.
XXI
Prima
d'andare, vieni al camposanto,
s'hai da ridire come qua si tiene.
Stridono
i bombi intorno ai fior d'acanto,
ronzano l'api intorno le verbene.
E qui
tra tanto sussurrìo riposa
la nonna cara che ti volle bene.
O Molly!
O Molly! prendi su qualcosa,
prima d'andare, e portalo con te.
Non
un geranio né un bocciuol di rosa,
prendi sol un non-ti-scordar-di-me! «Ioe, bona cianza!...» «Ghita, state bene!... «Good bye». «L'avete presa la ticchetta?» «Oh yes». «Che barco?» «Il Prinzessin Irene».
L'un
dopo l'altro dava a Ioe la stretta
lunga di mano. «Salutate il tale». «Yes, servirò». «Come partite in fretta!»
Scendean
le donne in zoccoli le scale
per veder Ghita. Sopra il suo cappello c'era una fifa con aperte l'ale.
«Se
vedete il mi' babbo... il mi' fratello...
il mi' cognato...» «Oh yes». «Un bel passaggio vi tocca, o Ghita. Il tempo è fermo al bello».
«Oh
yes». Facea pur bello! Ogni villaggio
ridea nel sole sopra le colline. Sfiorian le rose da' rosai di maggio.
Sweet
sweet... era un sussurro senza fine
nel cielo azzurro. Rosea, bionda, e mesta, Molly era in mezzo ai bimbi e alle bambine.
Il
nonno, solo, in là volgea la testa
bianca. Sonava intorno mezzodì. Chiedeano i bimbi con vocìo di festa:
«Tornerai,
Molly?» Rispondeva: - Sì! -
(Primi Poemetti)
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1 commento:
Sembra di vederli.
Mi si è stretto il cuore.
Un abbraccio.
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