Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

sabato 25 settembre 2010

Ritmo d'autunno (parte prima) di Federico Garcia Lorca

Julio Romero De Torres
A Manuel Angeles
Amarezza d'oro del paesaggio.
Il cuore ascolta.
Nell'umida tristezza
il vento disse:
-Sono tutto di stelle liquefatte,
sangue dell'infinito.
Col mio attrito metto a nudo i colori
dei fondali addormentati.
Me ne vado ferito da mistici sguardi,
e porto i sospiri
in bolle invisibili di sangue
verso il trionfo sereno
dell'amore immortale pieno di Notte.
I bambini mi conoscono,
e mi rempio di tristezza.
Per le fiabe di regine e di castelli
sono coppa di luce. Sono turibolo
di splendidi canti
che scesero avvolti in azzurre
trasparenze di ritmo.
Nella mia anima si persero
solenni corpo ed anima di Cristo,
e fingo la tristezza della sera
freddo e malinconico
il bosco innumerabile.
Porto le caravelle dei sogni
verso l'ignoto.
E ho l'amarezza solitaria
di non sapere la mia fine e il mio destino.
Le parole del vento erano dolci,
con profondità di gigli.
Il mio cuore si addormentò nella tristezza
del crepuscolo.
Sulla scura terra della steppa
i vermi dissero i loro deliri.
-Sopportiamo tristezze
ai margini della strada.
Sappiamo dei fiori dei boschi,
del canto monocorde dei grilli,
della lira senza corde che tocchiamo,
del sentiero nascosto che seguiamo.
Il nostro ideale non arriva alle stelle,
è sereno, semplice.
Vorremmo fare miele, come api,
e avere una voce dolce o un grido forte,
o camminare tranquilli sulle erbe,
o allattare con seni i nostri figli.
Beati quelli che nascono farfalle
o hanno luce di luna nel vestito.
Beati quelli che potano la rosa
e raccolgono il grano!
Beati quelli che non temono la morte
perchè hanno il Paradiso,
e l'aria che corre dietro a ciò che vuole
certa d'infinito!
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