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Diego Rivera☼Guadalupe |
Il dodici di marzo, mentre stavo dormendo,
bussa alla mia porta Florecio Rivas.
Io so, io so qualcosa di ciò che vuol dirmi Florencio,
ma aspetta, siamo vecchi amici.
Si siede vicino alla lampada,
di fronte a me,
e mentre mi vesto lo guardo,
a volte, notando la sua calma preoccupazione.
Florencio Rivas è un uomo tranquillo e duro, e il suo carattere
è leale e impulsivo.
Il mio compare di tavolo da gioco e di affari
di bestiame disperso, è bianco di pelle,
azzurro di occhi, e sull'azzurro
di essi vi sono gocce d'indifferenza.
E' di profilo e la mano destra
sostiene la fronte; sulla parete la sua ombra nera, seduta.
Mi lascia fare, con la mia lentezza, e uscendo mi chiede
ilo mio
poncio di lana grossa.
- E' per un lungo viaggio, amico.
Ma l'uomo che appare tranquillo, questa notte ha ucciso
sua moglie, Irene.
Io l'ho scritto nelle scarpe che mi sto mettendo,
nella mia giacca bianca da contadino,
lo leggo scritto sulla parete,
sul soffitto.
Lui non mi ha detto nulla, mi aiuta
a sellare il mio cavallo,
mi precede al trotto,
non mi dice nulla.
Poi galoppiamo, galoppiamo fortemente attraverso
la costa solitaria, e il rumore degli zoccoli
fa tas, tas, tas, tas;
così fa tra le erbacce vicino alla riva
e batte contro le pietre della spiaggia.
Il mio cuore è pieno di interrogativi e di coraggio,
compagno Florencio.
Irene è più mia che tua e parleremo;
ma galoppiamo, galoppiamo senza parlarci,
vicini e guardando avanti,
perchè la notte è oscura e piena di freddo.
Ma questa porta la conosco, certo, e la spingo
e so chi mi attende dietro ad essa,
so chi mi attende; vieni anche tu,
Florencio.
Ma ormai è lontano e gli zoccoli del suo cavallo
corrono profondamente nella solitudine notturna;
egli va arrancando
ormai per le strade di Cantalao
fino a perdersi di nome,
fino ad allontanarsi senza ritorno.
♫♫♫♫♫♫
EL DOCE DE MARZO
El doce de marzo, estando yo durmiendo,
golpea en mi puerta Florencio Rivas.
Yo conozco, yo conozco algo
de lo que quieres hablarme,
Florencio, pero espérate, somos viejos amigos.
Se sienta junto a la làmpara, frente a mi
y mientras me visto lo miro a veces
notando su tranquila preocupacion.
Florencio Rivas es hombre tranquilo y duro
y su caracter es leal y de improviso.
Mi compadre de mesas de juego y asuntos
de animales perdidos, es blanco de piel, azul de ojos,
y en el azul de ellos gotas de indiferencia.
Tiene la nariz ladeada y su mano derecha
contra la frente y en la pared su silueta negra sentada.
Me deja hacer, con mi lentitud y al salir me pide
mi pocho de lana gruesa.
- Es para un viaje largo, niño.
Per èl que està tranquilo esta noche matò a su mujer,
Irene.
Yo lo tengo escrito en los zapatos que me voy poniendo,
en mi chaqueta blanca de campero,
lo leo escrito en la pared, en el techo.
El no me ha dicho nada, èl me ayuda a ensillar
mi caballo, èl se adelanta al trote, èl no me dice nada.
Y luego galopamos, galopamos fuertemente a travès de la costa
solitaria, y el ruido de lo cascos hace tàs, tàs, tàs, tàs;
asì hace entre las malezas aproximadas a la orilla y se
golpea contra las piedras playeras.
Mi corazòn esta lleno de preguntas y de valor, compañero Florencio.
Irene es màs mìa que tuya y hablaremos;
pero galopamos, galopamos, sin hablarnos,
juntos y mirando hacia adelante, porque la noche
es oscura y llena de frio.
Pero esta puerta la conozco, es claro, y la empuyo y sè
quièn me espera detràs de ella, sè quièn me espera,
ven tù tambièn, Florencio.
Pero ya està lejos y la pisadas de su caballo corren profundamente
en la soledad nocturnal;
èl ya va arrancando por lo caminos de Cantalao
hasta perderse de nombre,
hasta alejarse sin regreso.
(Todo el amor)