Questa mane è piovuto, e alla mia stanza sale
dalle aperte finestre quell’odore autunnale
dei boschi, che risuscita forme e sogni scordati:
abbadie scure e mute; monaci incappucciati;
vecchie selve, dimora favolosa di maghi
dalla bacchetta d’oro; grotte profonde, e laghi
tetri, dal fondo verde d’alighe lunghe e folte,
forse chiome ribelli di naiadi, sepolte
sotto quell’acque...
A quando a quando il sol percote
la parete di contro, e muta tinte e note
a quel mobile mondo di fantasmi... È fuggita
ogni strana sembianza; ecco il sole, la vita,
la giovinezza, il vero! Che risi seduttori
che inviti, in quel suo bianco raggio d’autunno!
"Fuori! -
(sembra dir) - "l’aria è fresca, i prati sono ancora
verdi, e Cerere amica d’auree messi colora
i campi; oggi risplendo a festa, ma non giuro
d’esser l’ugual, domani; lo sapete, è sicuro
solo l’istante, l’ora fugge e i maligni fati
v’invidiano le feste; dunque fuori! sui prati,
alle colline! Avanti! che l’inverno è alle porte
ed avrò un bel risplendere se le foglie sien morte
e la neve distesa sulle zolle deserte
di vita!"
E intanto fulgida dalle finestre aperte
entra un’ondata bianca e m’invade la stanza
e spia per ogni dove come un bimbo in vacanza;
fruga tra i libri, scherza sul minuto lavoro
degli stipi; a ogni ninnolo dà una pagliuzza d’oro
e ride...
Io vorrei correre ai colli alti, al divino
aer libero e fresco, ma... sovra il tavolino
un nero volumone mi guarda, fa il cipiglio,
m’ammonisce, borbotta. Come è ingrato il consiglio
che mi dà quel maestro inflessibile e grave!
il cielo è così bello! l’aria così soave!
forse... è l’ultimo giorno di festa.
O che mi serbi
tu, libro tenebroso? forse dei veri acerbi
e null’altro...
No! meglio l’istante spensierato,
il sogno, anche se breve, il fantasma, evocato
da un raggio bianco e un ramo di gocciole coperto...
corriamo ai prati, ai colli, all’aperto, all’aperto!
dalle aperte finestre quell’odore autunnale
dei boschi, che risuscita forme e sogni scordati:
abbadie scure e mute; monaci incappucciati;
vecchie selve, dimora favolosa di maghi
dalla bacchetta d’oro; grotte profonde, e laghi
tetri, dal fondo verde d’alighe lunghe e folte,
forse chiome ribelli di naiadi, sepolte
sotto quell’acque...
A quando a quando il sol percote
la parete di contro, e muta tinte e note
a quel mobile mondo di fantasmi... È fuggita
ogni strana sembianza; ecco il sole, la vita,
la giovinezza, il vero! Che risi seduttori
che inviti, in quel suo bianco raggio d’autunno!
"Fuori! -
(sembra dir) - "l’aria è fresca, i prati sono ancora
verdi, e Cerere amica d’auree messi colora
i campi; oggi risplendo a festa, ma non giuro
d’esser l’ugual, domani; lo sapete, è sicuro
solo l’istante, l’ora fugge e i maligni fati
v’invidiano le feste; dunque fuori! sui prati,
alle colline! Avanti! che l’inverno è alle porte
ed avrò un bel risplendere se le foglie sien morte
e la neve distesa sulle zolle deserte
di vita!"
E intanto fulgida dalle finestre aperte
entra un’ondata bianca e m’invade la stanza
e spia per ogni dove come un bimbo in vacanza;
fruga tra i libri, scherza sul minuto lavoro
degli stipi; a ogni ninnolo dà una pagliuzza d’oro
e ride...
Io vorrei correre ai colli alti, al divino
aer libero e fresco, ma... sovra il tavolino
un nero volumone mi guarda, fa il cipiglio,
m’ammonisce, borbotta. Come è ingrato il consiglio
che mi dà quel maestro inflessibile e grave!
il cielo è così bello! l’aria così soave!
forse... è l’ultimo giorno di festa.
O che mi serbi
tu, libro tenebroso? forse dei veri acerbi
e null’altro...
No! meglio l’istante spensierato,
il sogno, anche se breve, il fantasma, evocato
da un raggio bianco e un ramo di gocciole coperto...
corriamo ai prati, ai colli, all’aperto, all’aperto!
Nessun commento:
Posta un commento