Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

martedì 1 marzo 2011

Canzona de' cialdoni di Lorenzo De Medici

Ariadne/Lovis Corinth/1913
Giovani siam, maestri molto buoni,
donne, come udirete, a far cialdoni.
In questo carnascial siamo svïati
dalla bottega, anzi fummo cacciati:
non eron prima fatti che mangiati
da noi, che ghiotti siam, tutt'i cialdoni.
Cerchiamo avviamento, donne, tale,
che ci passiamo in questo carnasciale;
ma sanza donne inver si può far male:
e insegnerenvi come si fan buoni.
Metti nel vaso acqua, e farina drento
quanto ve n'entra, e mena a compimento:
quand'hai menato, e' vien come un unguento,
un'acqua quasi par di maccheroni.
Chi non vuole al menar presto esser stanco,
meni col dritto e non col braccio manco;
poi vi si getta quel ch'è dolce e bianco
zucchero; e fa' il menar non abbandoni.
Conviene, in quel menar, cura ben aggia,
per menar forte, che di fuor non caggia,
fatto l'intriso, poi col dito assaggia:
se ti par buon, le forme a fuoco poni.
Scaldale bene, e, se sia forma nuova,
il fare adagio ed ugner molto giova;
e mettivene poco prima, e pruova
come rïesce, e se li getta buoni.
Ma, se la forma sia usata e vecchia,
quanto tu vuoi, per metterne, apparecchia,
perché ne può ricevere una secchia;
e da Bologna i romaiuol' son buoni.
Quando l'intriso nelle forme metti
e senti frigger, tieni i ferri stretti,
mena le forme, e scuoti acciò s'assetti,
volgi sozzopra, e fien ben cotti e buoni.
Il troppo intriso fuori spesso avanza,
esce pe' fessi, ma questo è usanza:
quando ti par che sia fatto abbastanza,
apri le forme e cavane i cialdoni.
Nello star troppo scema, non già cresce:
se son ben unte, da sé quasi n'esce,
e 'l ripiegarlo allor facile rïesce
caldo, e in un panno bianco lo riponi.
Piglia le grattapugie od un pannuccio
ruvido, e netta bene ogni cantuccio;
la forma è quasi una bocca di luccio;
tien ne' fessi lo intriso che vi poni.
Esser vuole il cialdone un terzo o piùe
grosso, a ragione aver le parti sue:
ed a farli esser vogliono almen due,
l'un tenga, l'altro metta; e' fansi buoni.
Se son ben cotti, coloriti e rossi,
son belli, e quanto un vuol mangiarne puossi;
perché, se paion ben vegnenti e grossi,
strignendo e' son pur piccioli bocconi.
Donne, terrete voi e noi mettiamo;
se noi mettessin troppo forte o piano,
pigliate voi il romaiuolo in mano:
mettete voi, purché facciam de' buoni.

4 commenti:

Rose ha detto...

Anche una ricetta... Francesca e Lorenzo ci viziano!

Bouna serata.

Francesca Vicedomini ha detto...

Assomigliano ai bomboloni che mia mamma mi comprava (solo se facevo la brava) in piazza delle Erbe. Fritti da morirne, che buoni!
Buona ventosa e soleggiata giornata (è marzo!).

Rose ha detto...

Gnam! La ricetta dell'Artusi e un cialdone per Francesca!

Buona giornata!

Francesca Vicedomini ha detto...

Rose!
Mi vuoi tutta ciccia e brufoli!
Ma grazie però!