Charles Sprague Pearce*The death of the first born |
"Rosina! L'hai promesso anche stamane...
Non pianger più!" Ma Rosa pianse ancora,
tra il suono a festa delle due campane.
"O Violetta, mi pareva or ora
fosse la gloria per un angiolino...
oh! come quando... Fu dopo l'aurora.
Sentii parlare ed un odor vicino.
Avean qualche garofano e viola:
una ghirlanda per il mio bambino.
E c'era il prete, il prete con la stola.
- Ma tutto ha qui! le robe sue ben fatte,
la sua cunella con le sue lenzuola,
e un petto ancora pieno del suo latte!
Non vuol venire. È tristo, che fa pena.
Oh! come è tristo! In vero è così poco
che ride un poco! Ci ha imparato appena! -
Ricordo un giorno lo sfasciavo, al fuoco,
e lo guardavo. Ei tese il dito a un occhio.
Lo vide lustro, gli pareva un gioco,
chi sa? vedeva un altro bel rabocchio
lì dentro. E io me lo tenea lontano,
lo patullavo in alto d'in ginocchio,
gli prendea la manina nella mano,
e la scoteva, gli facea le rise;
ed ecco, anch'egli si provò pian piano,
fece bel bello le fossette, e rise.
Rise. M'avea riconosciuta: ero io:
la mamma, ahimè!... Prima, diceva al seno,
con gli occhi e con le due manine, È mio!
Dopo, ero sua, tutta, né più né meno.
E, se vagiva e se piangeva, al suono
della mia voce si facea sereno.
Com'era savio! Come savio e buono!
A volte, quando era a dormir di giorno,
entravo, udito un grido, un tonfo, un tuono...
S'è desto? Nulla. Qualche mosca intorno
ai vetri... Alzavo il velo della culla.
Sul guancialino coi belli orli a giorno,
ridea tra sé, guardando in alto, a nulla.
Oh! non a nulla! Egli rideva, io penso,
con gli angioletti. Io ci sentii l'odore
di gigli, a volte; o un vago odor d'incenso.
Nella sua stanza essi venian nell'ore
calde che i bimbi dormono. Alla gola
uno lo vellicava con un fiore;
e tutti attorno alla cunella sola
facean i giochi, ed e' guardava attento,
come lassù si canta e suona e vola:
scoteano i loro cembali d'argento,
battean sui loro tamburelli vani...
Entravo, e via sparivano col vento:
rideva esso, annaspando con le mani.
Ma poi... piangeva. Mi si fece bianco
e stento, e quando lo attaccavo al petto,
succhiava un poco e poi pareva stanco.
Non mi voleva. E quasi avea dispetto
della sua mamma. Quante n'ho cantate,
di ninnenanne, senza toccar letto!
Me lo ninnavo in collo le nottate
intere al fresco, uscendo con lui fuori
al lucciolìo dell'odorosa estate.
Pensavo ai mesi ch'ebbi in me due cuori...
Come piangeva or l'uno e l'altro, accanto!
E tra quella allegria di grilli mori
come passava triste ora quel pianto!
- Ma che vuoi dunque? Andar con loro? E ch'io
ti lasci andare? A me tu lo domandi?
Per me t'ho fatto! - Eppure un giorno, addio!
- Hai pianto e pianto a ciò che ti rimandi
donde sei sceso. Ora ti lascio alfine! -
Restò con gli occhi aperti fissi grandi.
Gli misi la cuffietta con le trine;
la sua camicia, la sua vesticciola,
gli misi i fiori nelle sue manine.
L'accomodavo senza far parola,
quando d'un tratto udii parlar da basso.
Gli misi le scarpine con la suola
nova, pulita... O Dio, nemmeno un passo!
La terra, non l'avean toccata ancora!
oh! i miei piedini!... I bimbi della scuola
venner coi fiori un po' dopo l'aurora.
E c'era il prete, il prete con la stola.
Era pronto il bambino, era vestito.
Quando sonò la gloria alla chiesuola...
Che scampanìo festoso ed infinito!
L'angiolo andava a gli angioli, a cui tanto
avea sorriso tacito e romito.
E va, va pure, piccolo mio santo...
Cos'è la mamma? E che può darti? Il petto
e un po' di latte; il cuore, un cuore affranto;
e poi, cos'altro? Oh! niente, angiolo eletto.
Va dunque, e tu, veglia su lei, su loro.
E cosa ha fatto ella per te? T'ha fatte
due camicine: non un gran lavoro!
Lassù quell'uomo batte batte batte
sulle campane... Io guardo il bimbo, muto
con gli occhi aperti, gli occhi ancor di latte...
Ah! che capii, che non avea voluto,
che non voleva! Quel gran pianto, oh! era,
che non voleva, e mi chiedeva aiuto!
Nella cassina stava lì, di cera,
con le manine che facean Gesù,
con gli occhi aperti sino da ier sera:
guardava... - O mamma, che non mi vuoi più! -
Piangea più forte, ma s'alzò smarrita.
Sentiva, dentro, un rodere, un discreto
grattar all'uscio, all'uscio della vita;
ma così piano, ma così segreto,
così lontano... Avea tre mesi appena...
Era già buio, e tutto era già cheto.
L'uva era colta, e si dovea far cena.
2 commenti:
riesce sempre a tessere immagini così discrete, che rimangono nella memoria e che si trasformano in sentimenti. è triste questa storia di un bimbo che a soli tre mesi torna al cielo, ma l'immagine che lui voglia tornare tra gli angeli è intrisa di malinconica speranza.
una buona giornata a voi tutti.
La fine della storia che avevamo lasciato qualche giorno fa.
Il bambino avrebbe potuto essere un ragazzo biondo che pigiava l'uva. È straziante osservarlo e sopportare i ricordi.
Sempre delicati, sempre sacri, i gesti di accudimento dei piccoli perduti.
Buon marte.
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